SegWit
Segregated Witness, o SegWit (in italiano traducibile come: Testimone segregato), è il nome usato per un cambio soft fork (diramazione leggera dal progetto) dovuto a problemi di scalabilità nel formato delle transazioni della criptovaluta Bitcoin, che è stata anche implementata sulle criptovalute Litecoin, DigiByte e Vertcoin.[1]
Il titolo formale "Segregated Witness (Consensus layer)" ha il numero di proposta di miglioramento Bitcoin BIP141.[2]. Ha come scopo di risolvere il problema criptografico della malleabilità.[3] È stato anche pensato per mitigare il problema di limite di grandezza della blockchain che riduce la velocità delle transazioni in bitcoin. Riesce in questo intento suddividendo la transazione in 2 segmenti, rimuovendo la firma di sblocco (dato "testimone") dalla porzione originale e aggiungendolo in fondo come struttura separata[4]. La sezione originale continuerebbe a trattenere i dati dell'inviante e del ricevitore e la nuova struttura "testimone" conterebbe gli script e le firme. Il segmento dati originale sarebbe contato normalmente ma il segmento "testimone" sarebbe in effetti contato come un quarto della sua grandezza reale.
La Segregated Witness viene attivata il 24 agosto 2017[5].
L'8 novembre 2017, gli sviluppatori di SegWit2x annunciano che l'hard fork pianificato per il 16 novembre 2017 è stato cancellato a causa della mancanza di consenso.[6][7]
Note
- ^ SegWit, Explained, Cointelegraph, 20 aprile 2017. URL consultato il 20 dicembre 2017.
- ^ All Bitcoin Improvement Proposals, including BIP141
- ^ What the 'Bitcoin Bug' Means: A Guide to Transaction Malleability
- ^ Investopedia: SegWit (Segregated Witness)
- ^ Segregated Witness activation monitor on xbt.eu, su xbt.eu. URL consultato il 25 febbraio 2018 (archiviato dall'url originale il 7 marzo 2018).
- ^ Alyssa Hertig, 2x Called Off: Bitcoin Hard Fork Suspended for Lack of Consensus, su coindesk.com, CoinDesk, 8 novembre 2017. URL consultato l'8 novembre 2017.
- ^ Paul Vigna, Bitcoin Dodges Split That Threatened Its Surging Price, su wsj.com, The Wall Street Journal, 8 novembre 2017. URL consultato l'8 novembre 2017.