Deze zinderende Italiaanse familiesaga begint met Maurizio, een jonge soldaat tijdens de Eerste Wereldoorlog. Simpelweg omdat hij bang is, deserteert hij van het front bij Caporetto, in het uiterste noordoosten van Italië. Hij zoekt zijn toevlucht op een boerderij in Friuli en leert daar Nadia kennen. Als zij zwanger van hem raakt, wordt de rusteloze Maurizio door haar vader gedwongen voor het gezin te zorgen. Het is de aanloop naar een meeslepend verhaal over vier generaties Sartori, dat de auteur deels baseerde op de geschiedenis van zijn eigen familie. Via hun lotgevallen lezen we over de meest cruciale episodes uit de Italiaanse geschiedenis, van de partizanengevechten tijdens de Tweede Wereldoorlog tot de economische hoogtijdagen van Milaan, van de demonstraties en het terrorisme in de jaren zeventig tot de op drift geraakte Erasmusstudenten in de eenentwintigste eeuw.
Giorgio Fontana è uno scrittore italiano. Cresce a Caronno Pertusella, paese industriale in provincia di Varese, e studia Filosofia all'Università Statale di Milano, laureandosi con una tesi sul realismo interno di Hilary Putnam. Nel 2007 pubblica il romanzo d'esordio Buoni propositi per l'anno nuovo (Mondadori), cui segue Novalis (Marsilio 2008). Con il reportage narrativo sugli immigrati a Milano Babele 56. Otto fermate nella città che cambia (Terre di Mezzo 2008), è finalista al Premio Tondelli 2009. Nel 2011 pubblica per Zona il saggio La velocità del buio. Per legge superiore, uscito a fine ottobre 2011 per Sellerio, ha vinto il Premio Racalmare - Leonardo Sciascia 2012, il Premio lo Straniero 2012 e la XXVI edizione del Premio Chianti. Il libro ha avuto sei ristampe ed è stato tradotto in Francia (Seuil), Germania (Nagel&Kimche) e Olanda (Wereldbibliotheek). Il suo ultimo romanzo, che chiude il dittico su magistratura e giustizia iniziato con Per legge superiore, è Morte di un uomo felice (Sellerio 2014[2]). Il libro è vincitore del Premio Campiello 2014 e del Premio Loria 2014 ed è in corso di traduzione in Francia, Germania e Olanda. Fontana ha pubblicato articoli e saggi su diverse testate, fra cui "il manifesto", "Lo Straniero", Opendemocracy.net, "Il primo amore", Berfrois, "Wired" ecc. Dal 2005 al 2010 è stato condirettore del pamphlet letterario "Eleanore Rigby". Attualmente vive e lavora come content manager a Milano. Collabora con "IL", "TuttoLibri", l'inserto "La Lettura" del Corriere della Sera e altre riviste.
Il mio primo incontro con Giorgio Fontana, allo stato attuale una delle letture più belle di quest’anno. E l’ultimo grandioso romanzo che ricordo di aver letto nella beatitudine del periodo pre-Coronavirus, quando la mente era ancora quasi del tutto spoglia da ogni ansia e inquietudine, e quindi ben ricettiva a una bella lettura come questa. Il grande libro del “prima”, se non sarà azzardato distinguere, nella nostra vita, da questo punto di vista, un “prima” e un “dopo”. E così mi sono ritrovata a divorarlo, in quella che era la mia tranquillità quotidiana e felice, e che spero di ritrovare completamente del tutto. Una pagina dopo l’altra, un capitolo dopo l’altro, entusiasta, mai sazia. Famelica. “Prima di noi” racconta la storia di una famiglia, i Sartori, le cui vicende si intrecciano a quelle del nostro paese, nel corso del Novecento: le due guerre mondiali, il fascismo, il dopoguerra, il Sessantotto, le lotte sindacali, la strage di Piazza della Loggia, Berlinguer, l’attentato a Falcone, la rinascita e il consumismo degli anni ’90, la crisi dei giorni nostri. La guerra e la fuga, le partenze e il dolore, la politica e l’amore per la letteratura, il viaggio e la malattia. E una serie di personaggi solidi e vivi, perfettamente delineati, dei quali è difficile non innamorarsi. Così come è difficile annoiarsi nonostante la quantità di pagine e di fatti narrati: la vicenda, narrata con sensibilità e intelligenza, si segue con passione, dall’inizio alla fine. Chi è Giorgio Fontana? Milanese, classe ’81, giornalista e insegnante di scrittura creativa, vincitore, nel 2014, del Premio Campiello con “Morte di un uomo felice” (che a questo punto vorrei assolutamente leggere). E’ stato per me una grandissima scoperta. Il libro del “prima”, divorato, amato, gustato fino alle fine.
Iponatriemia (intossicarsi bevendo troppa acqua dalla stessa Fontana)
896 pagine, prima di noi c’è stato il Conte di Montecristo, e neppure Dumas (è vero che scriveva a cottimo) è riuscito a ottimizzarle tutte. La prima cosa da fare è complimentarsi per la cura sintattica e grammaticale, l’opera deve esser stata sottoposta ad un lavoro coordinato di editing che non ha lasciato nessun refuso, io immagino che a ciò abbia contribuito in modo decisivo la materia prima fornita dallo scrittore. La seconda cosa è porsi la domanda (retorica) “Si tratta di un’opera ambiziosa?” Il piacere con il quale ho letto il libro è andato man mano scemando fino a diventare fastidio. Se i Sartori della prima parte ricordano i Peruzzi del Canale Mussolini, quelli dell’ultima sembrano un prestito di Bartolomei. Nel frattempo sono descritti quasi cento anni, si attraversano due guerre, divorzio, aborto, sindacalismo, anni di piombo. È un libro che privilegia l’aspetto politico di ogni periodo che descrive, i personaggi sono ritagliati nel tessuto di quel preciso contesto, sono soprattutto animali politici.
Nella nota finale dell’autore c’è un passaggio decisivo Le storie di Maurizio Sartori e Gabriele Sartori si ispirano, pur romanzandole quasi del tutto, alle vite di mio bisnonno Giovanni Fontana e di mio nonno Luigi Fontana. Senza i racconti orali, i diari e gli scritti di quest’ultimo, Prima di noi non sarebbe mai nato: il mio debito nei suoi confronti è incalcolabile.
Ecco, il libro ha funzionato ottimamente finché ha ricalcato la traccia biografica, poi finiti quelli che ci hanno preceduto, arrivato ai giorni nostri, è diventato prevedibile, noioso, ha parzialmente abbandonato la storia per occuparsi di filosofia (probabile competenza accademica dell’autore); ha parzialmente abbandonato l’Italia per spostarsi in Irlanda (probabile Erasmus dell’autore). La politica no, quella non l’ha abbandonata, di quella c’è l’intera parabola, dall’interventismo fascista al disimpegno odierno. È un romanzo politicizzato in questo senso, molti lo apprezzeranno per questo motivo, io ne sono stato esasperato. Nelle ultime duecento pagine l’unica mia curiosità riguardava l’età di colui che lo aveva composto e non come sarebbe andato a finire (Giorgio Fontana 22 aprile 1981) Ne consiglio la lettura? Credo che potrebbe piacere ad una buona fetta di lettori. Lo rileggerei? No, sicuramente. La colonna sonora l’ho pescata fra numerose eterogenee citazioni. Non conoscevo questo brano Fleet Foxes - White Winter Hymnal https://www.youtube.com/watch?v=DrQRS...
Quattro generazioni, dalla Grande Guerra a poco fa. Incrocia le tappe obbligate della nostra (dis)educazione politica, morale e sociale: Pinelli, Calabresi, Piazza della Loggia, Moro, Berlinguer, Falcone. L’essere fascisti, comunisti, democristiani, anarchici, radicali. Il Friuli e le fabbriche e i condomini tutti uguali dell’hinterland milanese. Gli scioperi, i cortei, le occupazioni. Le turbe degli adolescenti, la paura di crescere, le crisi esistenziali, i bilanci. L’amore e l’abbandono. Wittgenstein e Nietzsche. Le partenze verso un altrove, per tornare o per non tornare mai. Il Non ci vediamo tutti insieme da – quanto?. Il dolore. Il nonostante tutto. Il segreto che deve restare un segreto. La pietà.
Prima di noi conferma la cifra della scrittura di Fontana, sempre attenta e calibrata. Lineare, pulita, razionale. È il suo lavoro di più ampio respiro, il più ambizioso. Il racconto corale, avvolgente e riuscito di cento anni italiani, tra il Po’ e le Alpi. [74/100]
Prima di noi è una saga familiare che attraversa tutto il ‘900 per approdare al 2012. Undici personaggi principali che costituiscono i rami di questo albero genealogico.
Dalla paura solida e concreta della guerra a quell’ansia che pervade questo mondo contemporaneo e che si cela dentro la visione di un futuro sempre più sfumato:
” Non sarò mai nulla, non troverò mai nulla, non avrò mai il mio posto nel mondo.”
” Sei disoccupata? Vuol dire che hai fallito. Non guadagni abbastanza? Sei un’incapace.”
La storia della famiglia Sartori prende il largo in Friuli e approda in Lombardia. Maurizio Sartori apre lo scenario con una fuga, una diserzione dall'assurda carneficina dei campi di battaglia: è' la prima guerra mondiale ma potrebbe essere qualsiasi altro incomprensibile conflitto. Maurizio è un uomo che custodisce una rabbia atavica e tenderà un filo sul futuro attraverso ciò che gli riesce meglio: scappare.
(quasi) novecento pagine che sono scivolate, catturandomi completamente dall’inizio alla fine. Un romanzo dove la scrittura scorrevole non coincide. assolutamente, con una qualità dozzinale, anzi..
Non solo la grande Storia ma un’immersione nel “come eravamo”, gesti e abitudini del vivere comune attraverso n Novecento che si scaglia alla sua fine con grande velocità in questo XXI° secolo così intriso di contraddizioni.
Parole, immagini e personaggi trovano posto dentro di me per depositarsi. Leggo questa lunga storia e non è scontato pensare alle proprie radici.
Chi c’era prima di me?
La storia di ogni famiglia non è disegnata con linee rette: sono parabole con delle curve cieche che nascondono qualcosa che forse non sapremo mai e che ci fanno capire che il passato, in realtà, non ti sta dietro alle spalle ma davanti.
” In quei momenti si immaginava come la polena di un veliero. Per decenni, per quasi un secolo la famiglia Sartori aveva costruito una nave partendo dal poco legno disponibile: di generazione in generazione era uscita dal fango e dall’oscurità alzando alberi, tessendo vele, rinforzando lo scafo e accumulando cordame. E infine ecco lei, l’ultimo elemento del processo, una decorazione lignea apposta sulla prua, perfettamente modellata ma in fondo inutile – e con gli occhi aperti sullo scoglio contro cui si sarebbe infranta. Possibile, si diceva, che il passato avesse una tale forza sul presente? Il potere di ciò che accadde prima di noi è tale da forgiare un destino? O era soltanto colpa sua?”
Una stellina per il libro, l'altra è per l'impegno.
La delusione più cocente del 2020 è italiana, giovane, recente e me la sono trascinata dietro per quasi tutto il mese di agosto, pagina dopo pagina dopo pagina dopo pagina ( sono tante ): mai una volta che abbia gettato un'occhiata al volume chiuso pensando "Non vedo l'ora di avere un attimo libero per prenderlo in mano, chissà cosa farà mamma Sartori, chissà se la moglie scoprirà il tradimenti del marito, chissà se quell'altro verrà licenziato!" ~ Prima di noi è un libro infarcito di personaggi, di generazioni che si srotolano lungo la storia d'Italia, pieno di mille episodi e fatti e vite. Pieno ma fondamentalmente vuoto. Vuoto perché l'interesse che Fontana è riuscito a suscitare in me è, come nello stralcio di una recensione altrui che avevo trovato qui, pari a quello di uno sconosciuto che si ritrova alla festa di compleanno di un vecchio che racconta tutta la sua vita, ma tu non hai niente a che fare con quel vecchio e la sua famiglia, e il racconto, che potrebbe comunque essere interessante e coinvolgente anche se ascoltato da un esterno, ha invece la pecca di respingerti, di non appassionarti, di farti morire di noia, accasciato su un tavolo nell'angolo. ~ Questo libro non decolla MAI, il ritmo piatto e l'approccio distaccato sono presenti dalle prime pagine, non ho mai trovato un guizzo di umanità, un'impennata di vitalità, anche le prevedibili morti non hanno apportato un briciolo di drammaticità, anzi sono state trattate con una freddezza che ancora mi sconcerta. ~ 900 pagine che contengono numerose vite, NESSUNA approfondita, frammenti di esistenze provvisorie leggere come piume, pronte a volare via appena girata la pagina. ~ L'ho trovato banale, prevedibile, con personaggi che sai già che ruolo occuperanno nel romanzo prima ancora che nascano ( perché sai già che nasceranno ). ~ I dialoghi mi sono apparsi spesso forzati e inverosimili, e quando si tocca il tasto dialoghi mal riusciti per me son dolori 😅 Pieno di stereotipi, PIENO! ( Milano città grigia dove sono tutti di corsa? Mentre tizio guarda pensieroso il Duomo? Dai Fontana, non farmi rizzare i capelli! - Questa mi ha fatto sorridere, la scrivo per sdrammatizzare un po'... Ma ce ne sono a bizzeffe ) ~ Ho avvertito il lavoro di ricerca che c'è stato, certo, ma ho trovato le nozioni semplicemente appiccicate ai personaggi, un compito scolastico sicuramente ben riuscito, A+. ~ C'era un potenziale pazzesco, generazioni e generazioni attraverso la nostra storia, chi non sarebbe attratto da una trama simile? Fontana ha fatto bene a essere ambizioso e non boccio in toto la sua scrittura. Per me, però, prima ancora della difficile prova dei dialoghi, prima ancora di pretendere una scrittura che si distingua dalle altre, c'è una aspetto fondamentale, FONDAMENTALE, senza il quale anche un libro con la prosa più raffinata e la storia più incredibile non va da nessuna parte: il FUOCO. La passione. Non devo avere la sensazione che sia stato scritto per altri motivi, che siano economici, di gloria o per mostrarmi quanto sei stato bravo a fare le tue ricerche. Il libro deve prendere fuoco sotto le mie dita. Prima di noi è DI GHIACCIO.
“Potevano fuggire dove gli pareva o stare fermi, ma la realtà non sarebbe cambiata. Il mondo sembrava fatto per combatterli. Il mondo era più forte di loro, o forse loro erano così testardi e stupidi da non sapere come viverci in pace. Eppure non si arrendevano. Nemmeno difronte alla sventura, alla malattia, alla solitudine…”
Ecco i Sartori, ed ecco la storia di una famiglia dispiegata in quattro generazioni, dal primo decennio del 1900 al primo del 2000. Un romanzo storico italiano, una saga, un’impresa di circa novecento pagine. Tutte impeccabili, molte intense, da rileggere. “Il miglior romanzo italiano degli ultimi dieci anni” scrive Francesco Cataluccio. Voce autorevole a cui mi sento di fare timida eco. Sì. Questo è un grande romanzo. Che prima ti avvolge e ti avviluppa e poi ti inghiotte, ti immerge nel dolore e nel disincanto, ti commuove e ti ubriaca nella nostalgia di qualcosa che poteva essere e non è stato. È come uno specchio rivolto verso l’anima, il cuore e non so che altro. La mente anche, sì, senza dubbio.
Perché è impossibile non pensare a ciò che eravamo e a ciò che siamo diventati, a tutti gli ideali traditi, ai miti infranti, sogni di generazioni sbriciolati e dissipati nella povere. Passando dalla Resistenza alla Rivoluzione e arrivando all’individualismo edonista e intriso di tristezza. Eppure ciascuno, pur essendo figlio del proprio tempo, forgiato dagli errori dei padri, erede del pieno e del vuoto delle precedenti generazioni, ha pur sempre se stesso, un essere umano nuovo, una scommessa da vincere o perdere, un gioco da ritentare e ricominciare ancora. Ciascuno ha la gioia e il dolore di sempre -l’universale esperienza umana- ma singolare per chi si affaccia per la prima volta al mondo: l’amore, la malattia, la speranza, il disincanto, la fede, il lutto.
Non si arrendevano. E non soltanto perché i Sartori sono friulani e sentono inscritta nella tempra del carattere la loro origine, ma soprattutto perché sono uomini e donne anche profondamente diversi, ma che di tempo in tempo cercano di rispondere alla domanda fondamentale, quella sul senso. Rischiando, sbagliando strada, soffrendo, disperandosi...ricominciando da capo.
Esserci. Qui, ora, e in relazione agli altri. Nella Storia. Testimoniare. E così rendere la memoria utile a rispondere a quell’unica sostanziale imprescindibile interrogazione su se stessi e sul mondo.
Un buon lavoro, interessante, a tratti appassionante, al di là del gusto personale e delle varie considerazioni che seguono.
Ha una sua estetica, che può piacere o meno. Procede per immagini, talvolta istantanee, in ossequio disciplinato alla tecnica narrativa di: mostrare, non narrare ("show, don't tell").
Si fa leggere, perciò, fino in fondo. È un dato reale che una scrittura piana, lineare, diretta e rapida, aiuti a procedere senza fatica interpretativa, nella curiosità dei fatti, qualsiasi lettore.
Il racconto si struttura su un ragionamento, sfogliato da tutti i personaggi fino a sfinirsi (e talvolta a sfinire). Non produce risposte, né ipotesi. È riduttivo dire che "va a tesi", quindi; tuttavia una tesi, sempre la stessa, è chiaramente identificabile lungo tutto il cammino, incarnata in forme varie. Come filo conduttore.
Ho idea che si fondi anche su una speranza inespressa, sotterranea, di cui credo di avvertire l'aura. Sfiorata, ma non detta, per ritegno. Ripeto: è una mia idea. Forse figlia delle aspettative.
Ha il pregio di essere un romanzo, e non la solita 'storia puntiforme' estrapolata, isolata, dal flusso della vita.
Ha tuttavia il difetto di mostrarsi talvolta anche come un prodotto di buon mestiere, che non perde mai di vista una collocazione ben precisa, non solo commerciale. In breve: qua e là appare più tecnico che appassionato.
Le parti più riuscite sono quelle sorrette dalla memoria sociale e storica del nonno e del bisnonno. Non solo per i fatti che vi si narrano, ma per quel respiro immanente ereditato, che oggi non trova più albergo nei pensieri di nessuno, assente nella seconda parte del romanzo.
È cioè figlio di un tempo ostinatissimo, incapace di astrazione. Forse resterà a riprova di un'epoca, di una realtà.
L'età dell'autore (42) è vantaggio e limite. Produce uno stile accattivante, rapido, che invoglia la lettura vorace. Ha energia. La sa trasmettere. Alla distanza, però, detto stile a me si rivela leggero, fumettistico, un po' rapido per (le ambizioni di) un romanzo di così grande respiro.
Merita tuttavia attenzione (e apprezzamento) il lavoro. La facilità nello scrivere, l'abilità a sceneggiare, la felicità di un'idea non producono da sole un romanzo di ...un secolo e mille pagine.
Ho vissuto questi giorni nell'attesa che fosse notte per continuare a leggerlo. Libro in cui "tutto si tiene", libro che riesce a essere lieve e a vocazione popolare, pur concedendosi anche sprazzi di alta letteratura. C'è tuttavia qualcosa che non mi ha convinto fino in fondo, in definitiva riflettendoci credo che la prima parte sia più riuscita della seconda (anche il tempo dei capitoli progressivamente di comprime, come uno specchio del tempo storico che da eroico si appiattisce), ma forse sono proprio le passioni tristi che caratterizzano la seconda parte del romanzo ciò che mi ha lasciato questo senso di scontentezza.
Iniziato con molto entusiasmo (mi piacciono le saghe), letto con piacere e terminato rapidamente, nonostante la mole di pagine e di... generazioni. La scrittura è immediata, scorre bene, veloce e fluida, eppure...
Eppure vi ho trovato banalità e luoghi comuni, scorrettezze lessicali ed errori fastidiosi, almeno al mio orecchio, che hanno evidenziato poca cura nell'uso della lingua italiana da parte dell'autore (inaspettatamente anche di Sellerio).
E poi, con lo scorrere degli anni, mi è sembrato che le storie perdessero mordente, riprendendo incisività solo alla fine, con una discreta chiusura del tempo (un secolo, quattro generazioni). Come se l'autore avesse avuto in mente l'inizio e la fine delle sue storie, ma abbia poi faticato a riempire gli anni intermedi, farcendoli anche di episodi senza importanza, forzature ed eccessi, e di troppi discorsi sociali, politici, filosofici... a livello per lo più didattico. Alla fine ho provato la sensazione di un prodotto spesso "costruito" senza sufficiente passione, con poca spontaneità, forse per bagliori commerciali.
Insomma, non mi ha pienamente convinto, Giorgio Fontana. Peccato: aveva in mano un'ottima storia, ma, secondo me, non ha saputo ben controllare e sfruttare appieno le sue storie.
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P.S. Per chiarire aggiungo, in seconda battuta, solo alcuni dei casi di "fastidiosità" (per il mio orecchio) che ho trovato scritte (a parte le tante parole straniere evitabili e altre del lessico giovanile, non contemplate dal dizionario italiano, ma qui usate comunemente nel testo narrativo): "settimana prossima", "settimana scorsa", "per tutta sera"... senza articolo determinativo; "fare un sorso", "fare gara"; e che dire di... "il buon vecchio carpe diem", "il buon vecchio cono", "la cara vecchia Milano", persino "il caro vecchio schifo"...? Poi all'ennesima volta che ho letto "ovvio", "ovviamente", "semplicemente"... del tutto pleonastici avrei scaraventato Fontana dalla finestra! La pagina 635 è una sintesi di banalità.
Bellissimo romanzo corale, che narra la storia di una famiglia nel corso un secolo, dalla prima guerra mondiale ai giorni nostri. Le quasi 900 pagine non pesano, anzi, la prosa è molto scorrevole ed è un'opera che si fa leggere in fretta. Interessanti le caratterizzazioni di ogni personaggio. Ho apprezzato anche che gli avvenimenti storici d'Italia (e non solo) non facessero semplicemente da contorno alle vicende, ma fossero invece fondamentali per comprendere l'evoluzione dei vari protagonisti. Consigliatissimo.
forse un centinaio di pagine sono anche salvabili, ma su 880 è davvero troppo poco. una famiglia talmente banale e poco interessante che non basta l'affetto di chi la racconta per renderla tollerabile. mi sono sentito ad una festa di novant'anni di un nonno dove qualcuno della famiglia prende la parola e racconta, racconta e io, che non sono di famiglia e che non conosco nessuno, soffoco di noia, da solo, al tavolino. I personaggi sono così mal descritti che ogni volta che compariva un nome mi chiedevo Oddio, chi è? per 880 pagine.
11/2020- Giorgio Fontana, Prima di Noi. Farei un torto a questo romanzo se mi limitassi a dire che è una delle migliori letture di quest'anno. Un po' perché il 2020 è stato disgraziato anche sotto questo aspetto, un po' perché credo che mi porterò dietro la storia della famiglia Sartori per tanti anni a venire. Non fatevi ingannare dal tema abusato della saga familiare, non fatevi irretire dalle 700 pagine (su kindle), non fatevi contagiare dalla diffidenza verso il coro pressoché unanime di recensioni positive: perché stavolta sono meritate, tutte quante. Le ho lette prima di iniziare il romanzo e le ho dimenticate via via, da tanto mi appassionavo ad una storia che parlava di un popolo che amiamo (i Friulani) e di epoche che prendevano spessore con i racconti dei miei nonni, le testimonianze dei miei genitori, la presa diretta della mia esperienza, in un gioco di specchi che funziona proprio perché verosimile nella sua umanità, sincero negli errori che sappiamo di aver fatto tutti, lontano da ogni accento trionfale eppure a suo modo epico nel raccontare la storia di una famiglia che potrebbe essere la mia o la vostra, in anni che sono stati i miei o i vostri. E di farlo stando alle spalle di ogni personaggio, ma non per abbandonarlo ad un ritratto verista, impietoso: ma per sorreggerlo, nei momenti di debolezza e di cedimento. Fontana ama i suoi personaggi, di un amore maturo, proprio più di un nonno che di un genitore, di chi non ha il dovere di educare, ma solo di narrare e di farlo con accenti di una compassione universale e virile. Col risultato che non c'è un personaggio, di questa famiglia, a cui non ci si affezioni e non c'è pagina di questa storia che non si imprima nella nostra memoria. Date un senso a queste ultime settimane di riposo forzato e leggetelo tutti.
Questo libro è una rara occasione in cui non ho voluto aspettare che qualcun altro lo leggesse prima di me, che qualcun altro me lo consigliasse. Per una volta mi sono lasciata guidare dall’istinto, dal titolo, dalla copertina. Ho fatto bene?
Il libro è un mattone, quasi 900 pagine. E se da un lato la stazza fa paura (credo, a qualcuno), la sfida è nel mistero delle meraviglie che potrebbe celare al suo interno.
Durante tutto il libro sono descritti molti avvenimenti della nostra storia ma non si ha mai la sensazione di affollamento. Ogni evento ha il suo momento ed ogni azione ha una sua reazione nel tempo, come una robusta catena o meglio un filo di Arianna che attraversa il 900 italiano, con mille deviazioni ma senza nodi o interruzioni.
I protagonisti camminano con i piedi ben piantati a terra ed i pensieri e le idee nel proprio tempo. Sono personaggi solidi e c’è una parte di noi che si riflette in ognuno di loro. Un pensiero, una passione, un difetto, ognuno una scintilla che si accende durante la lettura. È qualcosa di magico.
Fino a un paio di anni fa non pensavo di essere tipo da classiconi e saghe ed epopee famigliari, ma eccomi qua, il cuore e la testa pieni delle paure, delle fughe e dei ritorni della famiglia Sartori, mai stata più felice di aver ascoltato l’istinto.
Le stelle sarebbero 4,5 ma arrotondo in basso perché, dovendolo confrontare con altre opere di scrittori italiani, l'unica opera che mi viene in mente è "La storia" di Elsa Morante e il livello, seppur simile, non è lo stesso. Non so se esista un genere simile, ma a me sembra un romanzo di formazione di una nazione. Si passa dalla necessità di soddisfare i bisogni primari (la sopravvivenza innanzitutto) durante la prima guerra mondiale, alla difesa della libertà di pensiero, quindi alla difesa della dignità, eccetera eccetera. Più interessante, per me, nelle prime parti, poi il racconto sembra perdere un pelino di profondità. Al di là del numero di stelle, è un grande libro.
Saga familiare. Excursus e panoramica dalla prima guerra mondiale alle prima decade degli anni duemila. Personaggi che riescono ad incarnare perfettamente i tipi di persone con un mirabile lavoro di caratterizzazione. Si legge con voracità. Un capolavoro di cui consiglio vivamente la lettura!
Non so se sono molto convinta di queste quattro stelle, la scrittura di Fontana mi lascia sempre un po' a bocca asciutta perché mi sembra a tratti arida, come se volesse rimanere volontariamente sulla superficie delle cose, senza mai scendere davvero in profondità. Per un libro con una struttura del genere, se l'autore fosse rimasto meno in superficie, probabilmente non sarebbero bastate tremila pagine. Alla fine la storia tra alti e bassi si fa leggere, ma rimango un po' perplessa per alcune scelte stilistiche e di trama, comunque un bel mattonazzo estivo.
Seconda tappa del #gdlmachefamiglia, gruppo di lettura sulle saghe famigliari autoconclusive, ideato da me e da Silvia di @soltantoparolealvento. Questa lettura ci accompagnato per due mesi, essendo un libro 882 pagine, e però, però, però... Poteva essere un bellissimo libro di 400/500 pagine. Ma veniamo alla storia, che inizia quando il primo dei Sartori fuggì dall'esercito dopo la ritirata di Caporetto e incontrò una ragazza in un casale di campagna. Poi un figlio perduto in nordafrica, due uomini sopravvissuti e le loro nuove famiglie, per arrivare i giorni nostri: quelli di una giovane donna che visita la tomba del bisnonno, quasi a chiudere un cerchio. Quattro generazioni, dal 1917 al 2012, che si spostano dal Friuli rurale alla Milano contemporanea affrontando due guerre mondiali e la ricostruzione, la ricerca del successo personale o il sogno della rivoluzione, la cattedra in una scuola e la scrivania di una multinazionale punto è circa un secolo, che mai diventa breve: per i Sartori contiene tutto, la colpa, la vergogna, la rabbia, la frenesia, il viaggio. Sempre lo scontro è quasi mai la calma o la sensazione definitiva della felicità. Ma i Sartori non ne hanno bisogno, e forse nella felicità neppure credono. Una scrittura indubbiamente scorrevole, che però si è arenata nella parte centrale, nel dilungarsi troppo sul periodo anni 50-70. Ho fatto fatica, molta fatica, e infatti mi sono aiutata con l'audiolibro, che mi ha reso questo libro più piacevole. Peccato però che più si moltiplicavano i personaggi, più io non volevo saperne altro di questa storia. E se una già la pensa così su questo tipo di libro, direi che non ci siamo. Vengono affrontati molti temi importanti, oltre alle questioni politiche del secolo passato. Dall'orgoglio friulano, da ribadire con un bel bicchiere di grappa, all'emarginazione dovuta all'orientamento sessuale. Tutto questo intrecciato a rapporti famigliari difficili, dissapori mai sopiti.
Va riconosciuto a Fontana di aver scritto davvero un ottimo romanzo, si può concordare con Missiroli: leggiamo davvero un gran bel romanzo italiano... http://www.piegodilibri.it/recensioni...
“Prima di noi” è un libro che inizia molto bene, ho apprezzato la parte fino alla fine della seconda guerra mondiale. Peccato che poi lo sviluppo della narrazione avvenga in maniera sempre più fredda e distaccata. Ho gradito il fatto che la storia del ‘900 italiano sia rimasta sullo sfondo, in modo tale da non appesantire la lettura, lasciando in primo piano le vicende familiari dei Sartori. Tuttavia, i personaggi sono davvero mal approfonditi e si muovono sulla superficie come burattini privi di anima. Persino le morti avvengono in maniera fredda, scompaiono come un lampo, senza un minimo di racconto che le accompagni. A un certo punto mi sono detta... ma come, e Renzo? Che fine ha fatto? Fatto scomparire così, nel nulla, dimenticato in fondo al cassetto. Posso dire di aver apprezzato il personaggio di Maurizio con i suoi tormenti, e quello di Gabriele con il suo amore per la poesia e per Margherita, trattati con un minimo di caratterizzazione in più. Per il resto, man mano che procedevo durante la lettura il mio senso di noia e freddezza aumentava, pagina dopo pagina non avevo più interesse a leggere delle vicende dei Sartori. Più volte ho pensato di abbandonare la lettura, ma per rispetto del lavoro svolto da Fontana ho preferito continuare e concludere...seppur con grande sforzo. Le situazioni e i nuovi arrivati in casa Sartori risultavano sempre più buttati lì, con vicende a tratti fastidiose e raccontate con l’acceleratore tanto da risultare poco credibili. Vedi Libero e la moglie (a Marta va il premio per miglior personaggio idiota della storia! O forse va a Libero?), vedi Eloisa che passa da un estremo all’altro, vedi Letizia, vedi Dario (!!!). Speravo un po’ nella parte finale: orsù Fontana! Dammi un po’ di sentimento! Fammi sentir battere il cuore dei tuoi personaggi almeno sul finale! Ti prego! Dammi vita! Ma niente da fare. Freddo glaciale. Peccato, ma per me questo libro è stata una grande delusione.
La storia della famiglia Sartori. Dal 1917 al 2012. Quattro generazioni. Undici personaggi principali. Un librone. Un romanzone. La scrittura scorre veloce e l’Italia del secolo scorso fa da sfondo alla storia di questa famiglia. Eppure...non riesci ad affezionarti. Non so spiegarmi meglio, non credo sia il ritmo, che c’è e porta avanti il libro, e neanche il modo di scrivere, bello, visivo e scorrevole. Forse è il carattere dei friulani che tiene lontano il lettore...non lo so. Ma quando mi trovo a leggere una saga familiare così, cerco qualcuno a cui affezionarmi e che mi porta a prendere il libro in mano per continuare a leggerlo. Qui invece tutti i personaggi sono paritari e portano avanti la storia capitolo per capitolo. Credo sia una cosa voluta. E alla fine il libro è un buon libro e sono contenta di averlo letto. Forse cercavo più profondità nei personaggi, ma purtroppo non l’ho trovata. Sicuramente è un problema di cosa io cerco nel romanzo. Più Ottocento in un romanzo scritto nel 2020? Può darsi. Fontana, comunque ti leggerò ancora. Bravo.
Approfittando di qualche giorno di calma inattesa (viva la DAD!), ho deciso di leggere "Prima di noi" di Giorgio Fontana, un romanzo del quale, in questi due anni trascorsi dalla sua pubblicazione, ho sempre sentito tessere lodi sperticate. Da brava amante delle saghe familiari, quindi, ho deciso di buttarmi e dare una chance a questo libro anche, se lo ammetto, lo avevo sempre guardato con una certa diffidenza. Ebbene, la lettura si è rivelata un fiasco totale: troppi personaggi e poco caratterizzati, contesto storico superficiale e liquidato, di volta in volta, in poche righe. Insomma, la scelta di Fontana di raccontare un secolo di storia d'Italia attraverso gli occhi di una famiglia, è stata fallimentare! Unico pregio, che vale mezzo voto in più, la scrittura dell'autore.
Possibile, si diceva, che il passato avesse una tale forza sul presente? Il potere di ciò che accade prima di noi è tale da forgiare un destino? O era soltanto colpa sua?
Una saga familiare friulana, più che italiana, che trasporta sin dalla prima pagina nella vita della famiglia Sartori. La penna è buonissima, il materiale anche, si nota lo studio attento per potersi definire romanzo realista prima che storico, forse qui l'unica falla. Con l'ultima generazione Sartori, che per età coincide con quella dell'autore, la qualità cala, i personaggi sono funzionali solo per una nota autobiografica e per il compimento del cerchio. Le stelle ci sono tutte perché anche se le ultime 100 pagine potevano diventare 10, le precedenti 700 sono state una scoperta e un insegnamento.
Dal mio punto di vista è Il romanzo familiare italiano. Vero, all'inizio si comincia in sordina e sembra proprio la storia raccontata da un anziano signore col quale non si ha nessun legame, ma più ci si avvicina ai giorni nostri e più si finisce per immedesimarsi davvero con i protagonisti. Il novecento italiano (e i primi anni duemila), viene narrato attraverso gli occhi della famiglia Sartori. Non è solo la loro storia però; viene infatti ripercorsa la storia italiana e i suoi cambiamenti politici, sociali e antropologici. Trovo che possa essere utile persino a livello scolastico leggere la storia di coloro per l'appunto venuti prima di noi. Emozionante, per come il cerchio si chiude nel finale c'è qualcosa che mi ricorda Cent'anni di solitudine.