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La ragazza con la Leica

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ROMANZO VINCITORE DEL PREMIO STREGA 2018

«Così era finita Gerda Taro, per non aver voluto abbandonare il fronte quando non c’era più nessuna speranza, ed era rimasta ferita a morte come tanti altri, in una strada polverosa; lasciò nelle sue foto testimonianza dell’enorme delitto che era stata la guerra. Aveva dedicato la sua splendida vita a un degno compito, a una giusta causa persa.»

Questo libro racconta la vita di questa ragazza ribelle, l'amore con Robert Capa, l'avventura di fotografare e la gioia di vivere nella Parigi degli anni Trenta.Il 1° agosto 1937 una sfilata piena di bandiere rosse attraversa Parigi. È il corteo funebre per Gerda Taro, la prima fotografa caduta su un campo di battaglia. Proprio quel giorno, avrebbe compiuto ventisette anni. Robert Capa, in prima fila, è distrutto: erano stati felici insieme, lui le aveva insegnato a usare la Leica e poi erano partiti tutti e due per la Guerra di Spagna. Nella folla seguono altri che sono legati a Gerda da molto prima che diventasse la ragazza di Capa: Ruth Cerf, l’amica di Lipsia, con cui ha vissuto i tempi più duri a Parigi dopo la fuga dalla Germania; Willy Chardack, che si è accontentato del ruolo di cavalier servente da quando l’irresistibile ragazza gli ha preferito Georg ­Kuritzkes, impegnato a combattere nelle Brigate Internazionali. Per tutti Gerda ­rimarrà una presenza più forte e viva della celebrata eroina antifascista: Gerda li ha spesso delusi e feriti, ma la sua gioia di ­vivere, la sua sete di libertà sono scintille capaci di riaccendersi anche a distanza di decenni. Basta una telefonata intercontinentale tra Willy e Georg, che si sentono per tutt’altro motivo, a dare l’avvio a un romanzo caleidoscopico, costruito sulle fonti originali, del quale Gerda è il cuore pulsante. È il suo battito a tenere insieme un flusso che allaccia epoche e luoghi lontani, restituendo vita alle istantanee di questi ragazzi degli anni Trenta alle prese con la crisi economica, l’ascesa del nazismo, l’ostilità verso i rifugiati che in Francia colpiva soprattutto chi era ebreo e di sinistra, come loro. Ma per chi l’ha amata, quella giovinezza resta il tempo in cui, finché Gerda è vissuta, tutto sembrava ancora possibile.

335 pages, Paperback

First published September 7, 2017

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About the author

Helena Janeczek

28 books59 followers
Helena Janeczek (Monaco di Baviera, 1964) è una scrittrice e giornalista tedesca naturalizzata italiana.
Nata a Monaco nel 1964 da una famiglia di ebrei originari della Polonia e naturalizzati tedeschi attualmente vive in Italia dal 1983, dove ha pubblicato una raccolta di poesie in tedesco ed è lettrice per Mondadori della sezione Letteratura straniera.

Lezioni di tenebra - ampiamente autobiografico - è uscito in prima edizione per Mondadori nel 1997 ed è stato ripubblicato nel 2011 da Guanda. Il libro ha vinto il Premio Bagutta Opera Prima. Del 2002 è il romanzo Cibo. Segue, per il Saggiatore, Bloody Cow, storia di Clare Tomkins, la prima vittima della malattia di Creutzfeldt-Jakob, comunemente nota come "mucca pazza".

Per Guanda ha pubblicato il suo ultimo libro Le rondini di Montecassino, per raccontare la presenza di polacchi, pachistani (e altre nazionalità dimenticate) a una delle battaglie più cruente della seconda guerra mondiale. Di recente il romanzo è stato tradotto in altre lingue.

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Profile Image for Malacorda.
558 reviews292 followers
July 6, 2018

Ho terminato la lettura giusto stanotte, mentre il libro veniva insignito del premio. Direi che sono state premiate le indubbie capacità dell'autrice: per la realizzazione di quest'opera sono state necessarie una notevole tecnica costruttiva e una imponente quantità di ricerca. Peccato che la godibilità del risultato finale non renda giustizia a tale mole di lavoro. Un romanzo atipico costruito più che altro con suggestioni, rievocazioni, ricordi di aneddoti, sensazioni, istantanee della mente. Un po' biografia, un po' racconto di quegli anni e di quel contesto che si svolge a partire dal pretesto della biografia. L'ho apprezzato, lo trovo scritto con una certa qual grazia anche un po' sofisticata, però non mi ha emozionata, non ha saputo far scattare quel tanto in più di empatia nei confronti dei protagonisti.

I piani temporali sfalsati, che si incastrano gli uni dentro gli altri come in una matrioska, sono costruiti con attenzione eppure non risultano facili e immediati da seguire come invece avviene, ad esempio, in Sebald o anche in Enìa, tanto per citare quelli che ho letto più di recente. Anche il periodare è molto strutturato, a tratti talmente arrotolato su se stesso da non essere più tanto ben chiaro chi sia il soggetto della frase.

Ho amato invece il modo suggestivo in cui il prologo mi ha rapidamente ricondotta alla Barcellona del '36, dove ero appena stata con il romanzo della Rodoreda: autrici e stili diversissimi, ma l'atmosfera ricostruita ha chiari tratti in comune.
E con stupore ho ritrovato una comunanza di atmosfere e scorci tra la terza parte, che si volge a Roma nel '60, e il romanzo di Zeichen La Sumera, il quale ha la medesima ambientazione.

Tornando alla Janeczek: si tratta di un romanzo improprio in quanto non racconta veramente, non mette le cose in ordine cronologico, ma si limita a rievocare immagini (non a caso è un libro che vuol parlare di due fotografi...) e ricostruire per suggestioni trasversali tra anni trenta e sessanta, tra il passato e il presente di coloro i quali rievocano, ripensano la figura di Gerda Taro. Dunque, una struttura volutamente fumosa, approssimativa, frammentaria, anche incompleta: può piacere o meno, ma è fuori dubbio che la cosa sia voluta dall'autrice ed efficacemente ottenuta.

E con la stessa efficacia il lavoro di ricerca delle fonti storiche - negli archivi, nelle università, nei luoghi realmente frequentati dalla protagonista - risulta sapientemente diluito con l'invenzione dell'autrice stessa, la mescolanza viene proposta nelle giuste dosi e rende scorrevole la lettura, e tuttavia non basta ancora per far sentire davvero il lettore come parte di un qualcosa.

Di man in mano che procede con il tratteggio, l'autrice arriva a fare anche una buona ricostruzione del fermento politico e culturale dell'epoca in Francia e in Germania.

L'aspetto più succoso dell'opera, comunque, non è tanto quello legato alla biografia di Gerda Taro e Robert Capa, quanto l'analisi di quel profilo, di quel prototipo di personalità (individuabile in questo caso in Gerda) come è capitato a tutti di incrociarne almeno una volta nella vita: di quelle persone carismatiche e attrattive come calamite, volitive, forti eppure fragili al tempo stesso, che non mettono alcun impegno per piacere agli altri eppure piacciono sempre a tutti, o in alternativa suscitano invidia. E come diretta conseguenza, l'analisi dei tipi di reazioni che personaggi di tale calibro suscitano in coloro che stanno attorno: partner, spasimanti, amici, familiari.

L'epilogo, che si propone come un qualcosa di speculare al prologo, perde invece del tutto quell'aria evocativa e diviene più strettamente saggistico e documentaristico, e mi ha lasciata così con un po' di amaro in bocca. Pur riconoscendo tutto il valore del lavoro svolto, resta il fatto che il piacere della lettura non trova in questo romanzo la sua massima soddisfazione.
Profile Image for Gabril.
913 reviews221 followers
July 2, 2018
Non è un romanzo, è un documentario.
Non ti prende la storia, ti frastornano i dati, le sequenze della Storia. I fotogrammi che ritornano, spiegati e dispiegati.
La struttura è la seguente: cornice didascalica a commento di alcune foto (che rappresentano forse l’unico aspetto emozionante); tre protagonisti che ricordano e mostrano altrettante prospettive/congetture su Gerda e sulla situazione vissuta da lei e altri personaggi negli anni Trenta, a Parigi, con tutto ciò che si può immaginare. Sui tre sguardi vigila il narratore, esterno e onnisciente: sceneggiatore e commentatore di immagini/situazioni. Non c’è alcuna differenza nel linguaggio e nello stile; l’uso dell’indiretto libero pare sufficiente al programma narrativo dell’autrice per accedere ai (pochi) pensieri/sentimenti dei protagonisti.

Risultato: mestiere (tanto); costruzione e analisi (chirurgica). E per chi legge: piattezza, noia (è soggettivo, lo so, ma tento una giustificazione plausibile a una percezione fin troppo precisa).
Di Gerda infine non sappiamo nulla, o molto poco. Anzi: che era libera, sì, in tutti i sensi, e soprattutto nel senso che le piaceva flirtare, e le piaceva rischiare. Contrapporsi, partecipare alle barricate. Era temeraria, forse incosciente. La sua fine è terribile, ma qui non commuove.
La sua vicenda umana è dispersa e frammentata in mille rivoli, non è veramente raccontata mai.

Di Gerda mi rimane alla fine qualche fotografia: l’unico approccio emotivo e intimo che l’autrice si e ci concede. Anzi no: alla fine appare in prima persona, svela il collegamento alla sua storia personale, unica concessione alla memoria toccante e viva della sofferenza di una generazione e di un popolo.

Speravo che il libro di Janeczek, autrice di sostanza, fosse il miglior candidato allo Strega. Delusione cocente, ahimè. Il romanzo di Balzano, pur con tutti i suoi difetti, ha il merito di partecipare il lettore alla Storia attraverso la rielaborazione narrativa di un suo frammento. La ragazza con la Leica invece è un saggio meticcio, di sicuro un romanzo mancato.
Profile Image for Stella.
38 reviews44 followers
July 8, 2018
Sono arrivata alla fine sollevata: finalmente, mi sono detta. Che pena leggere questo libro, sono stata tentata persino di abbandonarlo. La figura di Gerda Taro è certamente affascinante, anzi, strepitosa, un’eroina da libro o da film in modo naturale; il contesto storico è quanto mai interessante e avvincente. Tutto ciò, nel libro della Janeczek, dopo un incipit strepitoso, precipita in un succedersi di eventi confusamente ricostruiti in modo non cronologico e da prospettive differenti, con salti temporali continui, sottintesi storici (e per fortuna che io la storia la conosco abbastanza bene per motivi di lavoro, diciamo!), personaggi che spuntano fuori come funghi, espressioni in tutte le lingue (senza traduzione, bisogna essere poliglotti per capire bene tutti i vocaboli usati), cronaca che in modo disordinato si mescola all’invenzione, supposizioni e ipotesi a cavallo fra romanzo e ricostruzione storica. L’impressione finale è di essere stata dentro ad un frullatore, di esserne uscita molto frastornata e nemmeno così colpita dalla figura di Gerda Taro. Questo mi impressiona: il romanzo non sa, nonostante le migliori intenzioni, creare empatia e coinvolgimento emotivo verso Gerda. Di certo l’autrice la stima, ma non sa restituirne il profilo in modo efficace, perché io, a lettura ultimata, la cosa principale che so dire di Gerda è che piaceva tanto agli uomini e che, in modo intelligentemente libero, ci sguazzava dentro. Peccato. Mi è parso un progetto ambizioso (anche nella lingua, che alla fine risulta contorta quanto il contenuto) che ha travolto l’autrice stessa. Peccato, lo ripeto. Io penso che il premio Strega sia stato assegnato alle intenzioni più che all’esito....
Profile Image for Davide.
498 reviews123 followers
December 24, 2018
Congetture su Gerda
[aggiornamento luglio 2018]

Tre fotografie mentali incorniciate da descrizioni-interpretazioni-reinvenzioni di fotografie reali. Così è fatto il libro. Si parte e si arriva – in un Prologo e un Epilogo che hanno lo stesso titolo: Coppie, fotografie, coincidenze – dalle e alle fotografie. La protagonista – o meglio il vuoto centrale, l’assenza che mette in moto tutto – è una fotografa e quindi tutto nasce e si conclude intorno a queste immagini.
Subito, in apertura, ci si arrovella a partire dalla lettura intensa di due fotografie quasi identiche, di una coppia di miliziani, giovani, belli, innamorati, in una pausa della guerra civile spagnola; doppio oggetto e doppio sguardo fotografico: i due ritratti nella foto assomigliano ai due che li fotografano, Robert Capa e Gerda Taro.

description
Questi sono i due fotografi, non i miliziani

Potremmo quindi anche intitolare: Del riguardare le stesse fotografie; anzi: Del riguardare ancora una volta quelle stesse fotografie viste mille volte. Come dice una voce che ho sentito, o forse inventato: “Alla non so quantesima volta in cui ho rivisto quella foto ho notato che…”

Quell'immagine è la Vita: esuberante, irrefrenabile riso; ma ora è morta, e lontana nel tempo.
Il libro lavora su questo. Al centro c'è un'assenza.
Ancora una volta, come nei libri precedenti che ho letto di Janeczek (mi manca solo Cibo, che forse è diverso proprio in questo) si tratta di lavorare su “quello che rimane”.

Tutte le persone che ho sentito (o letto) parlare di questo libro hanno preferito la cornice alla parte centrale. E si può anche essere d’accordo, ma è lì in mezzo che Janeczek scommette molto. La narrazione multifocale (le tre parti centrali assumono punti di vista molto prossimi a tre persone strettamente legate a Gerda: Willy Chardack, Ruth Cerf e Georg Kuritzkes) cerca di scattare e sviluppare una sequenza di fotografie mentali, secondo la logica associativa, episodica del ricordo. Come dice l’autrice stessa: si tratta di seguire una plausibilità psicologica, non una linearità delle vicende. All’inizio riemerge quello che non pone particolari problemi, poi anche quello che si ricorda meno volentieri.
Per questo probabilmente un recensore non pienamente persuaso (Cortellessa) ha parlato di “strada neomodernista”, per la struttura multiprospettica come quella di Dos Passos (che fa capolino nel libro, letto e apprezzato appunto da Gerda), ma direi anche per l'immersione nei processi mentali dei personaggi-punto di vista (non si arriva comunque a forme estreme di flusso di coscienza: rispetto alle esperienze dei classici del modernismo siamo comunque a un livello di leggibilità piuttosto alto).
Al centro appunto (non) c’è Gerda Taro, già morta, fin dall’inizio, viva solo nelle foto scattate o nelle foto mentali immaginate dalla scrittura.

Ma perché Gerda? Probabilmente l'autrice risponderebbe: perché è un fantasma che si impone, un fantasma che ricollega persone, desideri, ideali e luoghi. Così affascinante e insieme così sfuggente. E il libro è anche proprio la ricerca di questo fascino.

Sì, ma perché proprio Gerda? Dopo Lezioni di tenebra, il libro della madre, e dopo Le rondini di Montecassino, il libro del padre, questo che libro è?

Si potrebbe vedere un arco dalle Lezioni alla Ragazza passando per le Rondini: dalla memoria tutta mediata dal personale nel primo libro al ricordo ricostruito quanto più puntigliosamente è possibile su tutte le fonti disponibili. La protagonista delle Lezioni non fa ricerche, nemmeno legge testimonianze o vede film in numero particolarmente intenso rispetto alla Shoah, non ci pensa nemmeno a andare a verificare puntualmente con risorse esterne il poco che viene raccontato dalla madre; mentre la “narratrice nascosta” della Ragazza cerca con ogni mezzo di avvicinarsi ai tre punti di vista, ai tre testimoni, cerca di ottenere ogni particolare informativo che li riguarda e di entrare nella loro anima per rendere addirittura la personale forma della logica associativa e episodica dei ricordi. E le Rondini è una specie di via di mezzo.

Quindi perché Gerda e Robert? La risposta possibile a quest’ultima congettura direi che si trova nelle ultime righe del libro; quindi .

description
Nella serie Netflix Marseille il sindaco interpretato da Depardieu si chiama Robert Taro, caso o omaggio?

p.s.
Il libro ha vinto il premio Strega 2018. E io sono contento, perché viene premiata una scrittrice vera. È anche una cosa un po' strana per me; non mi era mai capitato: non sono un lettore molto reattivo alle novità, e non ho mai considerato significativo il premio Strega nella scelta delle mie letture (adesso per curiosità e soprattutto per amore di elenchi, liste e statistiche sono andato a vedere: mi sembra di averne letti una dozzina di premiati Strega, ma in maggioranza sono quelli degli anni 50 e 60...)
Profile Image for Come Musica.
1,901 reviews562 followers
August 1, 2018
E finalmente l’ho finito!
Una palla mostruosa!
Ho dato 2 perché ci sono alcuni periodi belli, ma per il resto, raccontato in modo così asettico che non prende per niente. Immeritato premio Strega 2018.
Profile Image for Tyrone_Slothrop (ex-MB).
790 reviews101 followers
October 23, 2018
Wonder Woman mi è antipatica

Inutile e superficiale agiografia di una figura storica che avrebbe meritato un libro scritto da qualcuno con più talento. Purtroppo Janeczek infarcisce queste pagine con dialoghi da fiction RAI, descrizioni colme di name dropping , luoghi comuni banali sulla storia, parole straniere inutili e vagamente spocchiose. Tutto questo contribuisce a creare una atmosfera da intellettuale da salotto televisivo (o da storica pop) che stanca: molto presto la scrittura si percepisce come artificiosa e scontata, effetto che rende la lettura davvero noiosa. E purtroppo ne fa le spese la stessa Gerda Taro che risulta estremamente antipatica, saccente, arrogante e egocentrica (cosa che dubito davvero sia stata...).
Come sempre, non mi interessa il cosa si scrive, ma il come ed in questo caso c'è davvero poco da salvare. Le uniche parti interessanti sono forse inizio ed epilogo dove si tenta di costruire narrazione osservando delle foto - ma in realtà l'unico elemento davvero interessante sono le foto che parlano molto di più e molto meglio di quello che riesce a fare l'autrice.
Profile Image for piperitapitta.
1,026 reviews421 followers
October 18, 2018
Slightly out of focus

Quando tutti vanno in una direzione e solo tu, o quasi, vai nell'altra, non sempre pensi a te stessa come a una mosca bianca, perché è proprio in situazioni come questa, in cui molti hanno espresso (e molto ben argomentato), parere negativo, che ti trovi a interrogarti se la tua natura non sia più quella di pecora nera.
La verità è che a me questo libro è piaciuto davvero, pur con tutte le difficoltà di lettura già espresse da molti: è un pastiche letterario, è vero, non è un romanzo in senso stretto, non è una biografia, non è un saggio storico, non è una raccolta di testimonianze; ma è di tutto un po', pur essendo, principalmente, un romanzo.
Ma è proprio quest'anima impura, che del romanzo ha nel suo nucleo l'impianto - e lo testimoniano i tanti dialoghi, già di per sé "invenzione" - ad avermi appassionata.

Non conoscevo la storia di Gerda Taro, nata Gerta Pohorylle a Stoccarda nel 1910, ebrea e comunista, morta nel 1937 a Brunete, dove si era recata per uno dei suoi reportage fotografici, durante la guerra civile spagnola, schiacciata da un carro armato mentre seguiva i miliziani; morta di una morte orrenda, perché non morì subito, ma fu trasportata tenendosi le viscere fra le mani nel più vicino ospedale da campo, giudicata spacciata, pietosamente imbottita di morfina mentre, nel delirio prima della morte, a ventisette anni non ancora compiuti, continuava a preoccuparsi per le sorti della sua macchina fotografica. La Leica.
Non sapevo che fosse diventata un'icona - per tanti motivi, a partire dal fatto che fosse donna - che fosse la compagna di Robert Capa (e anche di lui, in fondo, sapevo pochissimo), ungherese - il vero nome era Endre Ernő Friedmann - morto in Indocina nel 1954, dopo aver messo il piede su una mina, sulla collina dove era salito al termine di una battaglia per scattare le ultime foto -, così come non sapevo nulla delle polemiche nate intorno alla foto del miliziano che muore e al successivo e recente e incredibile ritrovamento della valigia contente le migliaia di negativi delle foto scattate dal fotografo, da Gerda e da Chim, che mette fine alla stessa.

Sapevo poco o nulla, e Janeczek , con il suo raccontare “leggermente fuori fuoco”, come “Slightly out of focus”, il titolo del diario-romanzo in cui Capa racconta della sua partecipazione alla Seconda Guerra Mondiale con il quale cita Life, che commentò quanto le [sue] foto fossero “slightly out of focus (leggermente fuori fuoco)” a causa del tremito della mano del fotografo, ha saputo descrivermi un mondo trascinandomi dentro per cerchi non sempre concentrici, è vero (ma tutti, a modo loro, satelliti di quel pianeta unico e capace di creare una sua propria orbita, che è stata Gerda Taro), attraverso le tre partiture che insieme compongono la vita della fotografa narrate dal punto di vista delle tre persone a lei vicine (ma anche attraverso le storie degli altri fotografi David-Chim-Seymour, Fred Stein, Henri Cartier-Bresson e del fratello Cornell dello stesso Capa), in varie fasi della sua breve esistenza: l’amica militante di Lipsia Ruth Cerf, Willy Chardack, il chirurgo e spasimante borghese, Georg Kuritzkes, il fidanzato rivoluzionario (come sono definiti dalla stessa autrice), permettono di realizzare un ritratto a tutto tondo della ragazzina che fu a Lipsia e della giovane donna che diventò a Parigi (risoluta e volitiva, mi ha fatto pensare molto a Gilgi, la giovane donna viennese raccontata nel suo romanzo da Irmgard Keun), della fotografa che si spinse sul campo di battaglia in Spagna, della donna idealista innamorata della vita e forte oppositrice delle ingiustizie sociali che lottò per farsi accettare in situazioni che erano ancora appannaggio esclusivo degli uomini trascinata dai suoi ideali, della vulcanica creatura che regalò a sé e a Endre un nome, Robert Capa, che divenne marchio esclusivo, per una coppia, prima, e per un fotoreporter di guerra, poi, tra i più grandi che la fotografia mondiale ricordi. Ma è anche il modo, che ho apprezzato particolarmente, per far entrare il lettore, non solo in una vicenda privata, raccontandone in maniera lineare gli avvenimenti, ma anche quello per permettergli di allargare lo sguardo e osservare molto di quello che, contemporaneamente, succedeva altrove: in Germania, in Italia, in Francia, negli Stati Uniti: in ogni luogo, vicino o lontano, dove Gerda Taro era riuscita a propagare la propria irresistibile luce.
Ecco, mi è sembrato un libro molto bello, difficile da definire per la sua costruzione narrativa ostica e inconsueta e per la scrittura impervia e ricercata dell’autrice, ma affascinante, documentato oltre ogni immaginazione (sei sono gli anni di cui l’autrice ha avuto bisogno per portare a termine le sue ricerche e le fasi di scrittura), che nasce anche da un’esigenza non solo di approfondire la storia di una protagonista dimenticata della guerra civile spagnola, ma anche per poter colmare, in parte, una necessità privata di cui preferisco non anticipare nulla. Ma sono cosciente di essere - al di là del premio Strega - una voce fuori da coro, che si è presa parecchi mesi da quando l'ha finito per scriverne in maniera più diffusa, ma che ci teneva a farlo.

Qui uno stralcio di una bella intervista a Helena Janeczek

«La ragazza con la Leica potrebbe essere definito un romanzo storico o una biografia romanzata: come si è svolto lo studio su fonti e documenti e quanto tempo ti ha richiesto?

Credo che “biografia romanzata” possa essere una descrizione fuorviante per il lettore, cosa che in maniera più contenuta vale forse anche per “romanzo storico”. “Biografia romanzata” designa un libro che si prende la libertà di romanzare la vita di un personaggio, senza però scostarsi troppo dalla traccia cronologica e contenutistica che la biografia “secca” gli fornisce. Con “romanzo storico” si può intendere tutto ciò che rientra nella definizione manzoniana di “componimento di storia e d’invenzione”, ma spesso il termine fa venire in mente una narrazione molto classica che, senza fratture temporali e prospettiche, senza divagazioni che non servano a dipingere lo sfondo storico, immerge il lettore nel corso degli eventi. Qui invece i tre narratori sono coprotagonisti a tutti gli effetti e, in più, non sono personaggi d’invenzione: quindi calarsi nei loro punti di vista ha richiesto una quantità enorme di ricerca in più. Ho lavorato per sei anni a questo libro, senza in mai smettere di fare verifiche. Mi sono basata sulle biografie di Taro e di Capa, ho consultato libri e archivi fotografici, saggi storici, diari e memorie, ogni tipo di materiale che si trova in internet (audio, video, vecchie agende telefoniche, ecc.). Ho viaggiato per archivi (Lipsia, Roma) e per visitare i luoghi che racconto. La fedeltà alle fonti è rigorosa, l’invenzione riguarda piuttosto la struttura, le prospettive, la combinazione della storia di Gerda con le storie dei suoi amici.»



Robert Capa e Gerda Tardo, Parigi 1935. Foto di Fred Stein


Morte di un miliziano, Robert Capa


Gerda Taro
Profile Image for Arybo ✨.
1,427 reviews166 followers
July 8, 2018
Tre punti di vista, tre modi di narrare. Una sola protagonista, Gerda, con molteplici interessi. Fotografia, storia, politica, guerra: tutto si mescola negli occhi di chi ripensa a questa donna combattiva, esuberante, tenace. Presente e passato, legati attraverso il vincolo di una macchina fotografica e dei suoi rullini. Rullini che raccontano di gioia istantanea o infinita disperazione, negli occhi di giovani al parco o negli occhi di soldati al fronte.

Non è una lettura facile, la prima parte narrata da Willy è spesso ostica. La narrazione procede più spedita quando a “parlare” sono Ruth e Georg. Il prologo e l’epilogo meritano di essere letti: dico di più, dovrebbero far parte di un album fotografico con le didascalie scritte da Helena Janeczek.

Ps. Se siete interessati a tematiche simili a quelle del libro consiglio Tina di Cacucci. Anche qui fotografia, politica e guerra si mescolano, in una narrazione a tratti aulica.

Pps. Senza saperlo, ho letto a distanza di poco tempo gli ultimi due vincitori del premio Strega. Ecco, questi ultimi due vincitori mi hanno fatto vivere emozioni e mi hanno fatto riflettere. Questi due libri rappresentano le due anime che vivono in me: da una parte, l’anima vivace ed intraprendente, che ama l’avventura e la natura, e che passerebbe giornate intere tra i pascoli della montagna (una sorta di Anna dai Capelli Rossi riveduta e corretta, insomma, fantasticante e sognante); dall’altra parte l’anima meditabonda, quella più attaccata ai fatti e alla vita reale, che indaga sul presente e sul passato per capire l’animo umano. Queste due anime sono i miei due fuochi, rappresentati da Le otto montagne e La ragazza con la Leica. Certo, nel mio cuore il libro di Cognetti ha un posto speciale perché riporta alla mente ricordi dell’infanzia, ma ammetto che il mio cervello (la mia anima meditabonda) è rimasto “a bocca aperta” dalla bravura della Janeczek, che è riuscita a racimolare milioni di informazioni e, nello stesso tempo, realizzare una narrazione a tre voci, con tre personalità diverse, che si focalizzano su un’altra unica personalità, quella di Gerda.
Non so se questo libro meritasse lo Strega, so solo che vi ho trovato dietro un lavoro documentario coi fiocchi che, da solo, meriterebbe un premio.
Profile Image for Frabe.
1,148 reviews52 followers
July 30, 2020
Questo romanzo è un mosaico fatto di tessere singolarmente buone ma disposte male, per cui l'insieme è eccessivo, confuso, spossante. Tra i “ringraziamenti e note” in fondo al libro c'è un “grazie a chi ha cercato di mettere un freno alla mia smania di documentazione, ricordandomi che stavo scrivendo un romanzo”: qualcuno ci ha provato, a contenere l'autrice – “togli”, “metti ordine” –, ma non è stato ascoltato. (Se ha vinto lo Strega 2018 chiaramente c'è del buono... ma nella mia lettura è rimasto in secondo piano, dietro l'irritazione.)
Profile Image for Gauss74.
450 reviews88 followers
May 17, 2019
Ho sempre guardato con diffidenza ai titoli che emergevano vincitori dai grandi premi letterari, Strega e Campiello su tutti: forse mi sbagliavo. Infatti proprio quest'anno che le scelte editoriali di uno dei più grandi operatori nel mondo degli audiolibri mi hanno avvicinato a questi premi, ho fatto interessantissimi incontri tra cui "Le assaggiatrici" di Rosella Postorino e questo "la ragazza con la Leica" della Janeczek.

E' un romanzo che parte da una struttura biografica (la dirompente e brevissima vita della fotografa di guerra Gerda Taro e dei suoi amici e compagni tra cui spicca Robert Capa) per arrivare a raccontare l' Europa degli anni 30, che stava vivendo i suoi ultimi aliti di democrazia prima di cedere alla marea dirompente del fascismo.

Chi ha avuto modo di entrare in contatto con Helena Janeczek (è molto attiva in rete) o col suo ambiente (Loredala Lipperini su tutti), non fa fatica a capire la scelta. la Taro è una donna che si erge a protagonista in un mondo ed in un tempo più maschilisti che mai (l' Europa dei fascismi) grazia ad un carattere ribelle e spumeggiante che la tiene sempre al di sopra delle righe, supportato da un inesauribile amore per la vita: e poco importa se questa paladina del femminismo finirà per pagare le conseguenze di tanto sfacciato ardimento finendo schiacciata sotto un cingolato nella guerra civile spagnola.

Dietro il racconto della giovane vita di Gerda, divista tra l'infanzia in germania, la decisiva esperienza parigina e l' attività di fotografa di guerra, appare un magistrale ritratto dell' Europa degli anni trenta che si avviava alla catastrofe; un ritratto che conduce inevitabilmente ad amare ed attualissime riflessioni. da dove viene il dirompente successo del fascismo in Europa? Chi ha avuto paura? Chi non ha voluto vedere? Il racconto della vita nei caffè parigini degli esuli fuggiaschi dalle dittature nascenti racconta di una mentalità fin troppo snob, che persegue una grande purezza ideologica di sinistra ma che non vive e non condivide le sofferenze della gente. Sempre pronti ad esaltarsi nelle piazze e negli scioperi, Gerda ed i suoi amici insieme a tutta la elite di sinistra parigina non capiscono e non vogliono condividere le sofferenze del popolo schiacciato dalla crisi economica. E chi ha fame non sa che farsene di attività culturali d'avanguardia o di servizi fotigrafici: appoggerà sempre chi gli riempie lo stomaco. Il paragone con certa sinistra italiana che ha sacrificato la vicinanza ai deboli alle ambizioni di governo è fin troppo facile. Come ho avuto occasione di ascoltare, a Roma negli anni settanta i volontari del PCI portavano cibo e legna per la stufa agli anziani dei sobborghi che non se lo potevano permettere o non ne avevano la forza: oggi la legna la portano i ragazzi di casa pound mentre i militanti di sinistra fanno le occupazioni nelle scuole o partecipano a non si sa quale attività culturale. Per chi volete che votino? Leggendo questo libro ho avuto occasione di capire come certe malsane idee abbiano potuto far presa e come lo stiano facendo adesso.
la fotografia. "La ragazza con la Leica" è un libro che celebra questa forma d'arte modernissima ed efficace, raccontando l'indomabile passione di Gerda, di Robert capa e dei loro amici. Mi sarebbe piaciuto che ci fssero state più illustrazione in un libro che racconta la vita dei fotografi di guerra, ma il racconto resta comunque molto efficace, in ogni caso.

Non c'è niente da dire, Helena Janeczek sa scrivere. Pur avendo compiuto l'ardita scelta di scrivere in un italiano aprolisso e ricco, la lettura è sempre piana e scorrevole, i periodi sono molto lunghi ma sempre molto chiari. Il lavoro di puliture che c'è stato dietro secondo me è stato importante. La gestione dei continui flashback e del cambio di punto di vista è magistrale ed equilibratissima. E' un modo di scrivere molto difficile ma che l'autrice ha gestito molto bene.

Forse, questo libro è un po' troppo lungo. E' vere che se non si vuole scadere nel romanzesco i grandi eventi vanno centellinati o, meglio, costruiti sommando l'una sull'altra centinaia di piccole gocce di storia quotidiana. Ma davvero per troppe pagine, soprattutto nella terza parte, non succede niente e certe digressioni non si capisce a cosa servano. ma è davvero l'unica nota stonata di un grande libro, che mi è piaciuto moltissimo e che davvero merita il premio che gli è stato assegnato.
Profile Image for María P..
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April 24, 2019
Siempre me ha gustado mucho el mundo de la fotografía y Robert Capa era para mí un personaje de lo más misterioso, tanto que nunca imaginé que detrás de este nombre se encontraban dos personas: Gerda Taro y André Friedmann. Fue gracias a la sinopsis de este libro que descubrí esto y el motivo principal por el que decidí leerlo, quería saber más sobre Gerda. Me da mucha pena tener que escribir una reseña más bien negativa, y es que esperaba encontrar un buen libro sobre la historia de esta increíble mujer, pero lo he terminado con la sensación de haber leído de todo, menos de la que supuestamente era la protagonista de la historia.

El libro está dividido en cinco partes, de las cuales dos son el prólogo y el epílogo y en las tres restantes se relata la historia desde la perspectiva de tres personas importantes en la vida de Gerda Taro: Willy Chardack, enamorado de Gerda; Ruth Cerf, su mejor amiga; y George Kuritzkes, un antiguo amor. De estas partes, las que me han gustado un poco más han sido el prólogo y el epílogo, donde se analizan algunas fotos de la pareja y que me ha resultado muy interesante, y la parte narrada por Ruth, porque es donde más se habla sobre cómo era Gerda y su relación con André Friedman. Aún así, mi sensación general con el libro es que la verdadera protagonista de la historia se ve eclipsada por otros personajes que para mí son menos importantes. De vez en cuando la mencionan porque sucede algo que les recuerda a ella, pero digamos que el libro no se centra por completo en Gerda, sino más bien en lo que pasaba a su alrededor. Quizás esperaba encontrar un relato más cercano a la biografía, pero sobretodo mucho más centrado en el personaje por el que se está escribiendo el libro. A pesar de todo esto, no deja de ser bastante interesante y peculiar, si lo que se busca es una historia ajena a Robert Capa y Gerda Taro.

En general me ha resultado una lectura muy densa, quizás porque la autora incluye demasiada información que no ha captado mi atención. Y aquí es donde se encuentra el principal problema que he tenido con esta historia, el estilo narrativo, que a ratos me ha parecido bastante caótico y confuso. Creo que la autora ha decidido contar esta historia de una forma que no le hace justicia a Gerda, puesto que considero que el foco debería de haber estado puesto en ella y no tanto en las personas que la rodeaban. A pesar de esto, también tengo que reconocer el magnífico trabajo de documentación que se ha llevado a cabo.

En conclusión, creo que es una historia que podría haber sido muchísimo más interesante si la autora hubiera encontrado otra forma de narrarla. Es una pena que un personaje tan interesante, como lo es Gerda Taro, se vea tan eclipsada por otros que en mi opinión tienen menos que ofrecer.
Profile Image for Alessia Scurati.
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October 15, 2018
Sarà che ancora prima di iniziarlo mi ero imbattuta in una serie di critiche non positive, quindi le mie aspettative non erano altissime. Però a me è piaciuto.
Mi è piaciuta questa storia di Gerda raccontata a tre voci più una cornice. Mi è piaciuta nell’essere caleidoscopica senza probabilmente mai centrare del tutto il personaggio, ma a ragione, secondo me, dato che la Freulein Taro mi ha dato l’impressione di avere a che fare con il principio di indeterminazione di Heisenberg: accertare esattamente chi fosse mettendola sotto un fascio di luce non garantisce che ne esca un ritratto veritiero. Meglio allora avere più fari accesi su questa figura per disegnarne una possibilità, come fa l’autrice.
Mi ha preso dall’inizio la narrazione. È vero, non è sequenziale, a tratti è difficile seguirla, però è sempre affascinante e una volta che si entra nella storia di Gerda Taro e di coloro che come un coro sono chiamati a rievocarla, non si molla il colpo fino alla fine.
È un romanzo che richiede tempo e pazienza per essere apprezzato, e stranamente - dato che io sono una da fumettoni a consumo immediato, a volte - mi sono letteralmente lasciata prendere per mano. Lo definirei: ritmo di narrazione da passeggiata, con pause sedute su una panchina e accelerazioni varie. Non è roba da mezzi pubblici.
Mole di lavoro e documentazione impressionante, davvero si è preparata tanto Helena Janeczek per creare un’opera così.
Mi è piaciuta e mi ha colpito molto questa lettura, in positivo.
Profile Image for Alfonso D'agostino.
851 reviews69 followers
April 2, 2018
(da http://capitolo23.com/2018/04/02/la-r...)

02 Apr 2018
Giuro. No, davvero, giuro: da pagina 9 a pagina 19 (nell’edizione cartacea, ovviamente) troverete il più bel prologo che riesca a ricordare nelle letture degli ultimi… uhm… almeno quindici anni. Sono venti facciate praticamente perfette: intense, commuoventi, evocative. Magnifiche. Ma magnifiche davvero, giuro.

la ragazza con la Leica

Non è che poi il volume peggiori, eh. La qualità della scrittura di Helena Janeczek è semplicemente altissima, e La ragazza con la Leica è una gran bella lettura, che mi sento di consigliare. Nel racconto della vita di Gerda Taro, per anni celebre solo come compagna di Robert Capa ma fotografa di livello altissimo, si intravede perfettamente l’intenzione di rievocare un’epoca storica, un altro mondo, un contesto sociale e politico irripetibile nella sua specifica tragicità. Gerda colpiva direttamente al tessuto miocardico, è più che evidente, e nonostante i flashback narrativi non rendano particolarmente agevole la lettura, il segno che ha lasciato nei protagonisti della scena culturale e artistica a lei coevi è stato talmente marcato da condizionarne le vite, gli affetti, le Storie.

No, il libro non peggiora. Eppure, come sempre capita quando “i primi cinque minuti di un film” – “una splendida finta prima del tiro” – “l’inizio di un aneddoto” sono seguiti da qualcosa che non ne raggiunge l’incredibile eccellenza di partenza, resta un filino di amaro in bocca.

Ma quelle prime pagine, ragazzi, giuro. Quelle prime pagine…
Profile Image for Virginia.
34 reviews6 followers
November 28, 2017
Inizia bene, in maniera suggestiva, ma poi si perde. Linguaggio arzigogolato e snervante. Abbandonato dopo nemmeno 100 pagine
Profile Image for Elalma.
841 reviews94 followers
June 5, 2018
Gerda Taro non era solo una bella ragazza e una brava fotografa. Era probabilmente una donna coraggiosa che amava combattere le ingiustizie, e questo è il ritratto che ne esce dall'accurata ricostruzione di Helena Janeczek. L'impianto del romanzo è senza dubbio riuscito: la figura della fotografa è ricostruito grazie alle testimonianze (di finzione) delle persone che l'hanno avuta vicino. Però ho fatto fatica a tenere desta l'attenzione, come fosse tutto troppo sfumato, poco incisivo. Insomma, non mi ha convinto del tutto
Profile Image for Tanabrus.
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August 16, 2018
Questo libro, a metà strada tra la biografia e il romanzo, è la biografia romanzata di Gerda Taro.
Una vita raccontata non da un narratore esterno ma attraverso i ricordi di tre persone che avevano avuto importanza per Gerda, e per le quali Gerda era stata molto importante.

Willy, il Bassotto, ovvero Willy Chardack, fuggito dalla Germania prima in Francia e poi, una volta precipitata la situazione, in America. Dove collaborerà alla creazione del pacemaker.
Ruth Cerf, l'amica, la modella, l'aspirante crocerossina rimasta però sempre in disparte.
Georg Kuritzkes, a lungo suo fidanzato prima nei burrascosi anni tedeschi e poi nel trasferimento in Italia, poi amico e compagno di battaglia, infine membro del primo FAO.

Le Gerda raccontate dai ricordi di queste tre persone diverse tra loro (e con il racconto di Ruth sfasato temporalmente rispetto agli altri, mostrandoci la donna subito dopo il funerale dell'amica e mostrandoci così anche la reazione di Capa alla morte dell'amata) non sono diverse tra loro, il soggetto è sempre la stessa forza irresistibile e impetuosa in grado di travolgere tutto e tutti. Ma ogni punto di vista aggiunge elementi che contibuiscono a rendere più nitido il ritratto, sovrapponendosi a quanto si sapeva e rendendo il ritratto più preciso.

E ne viene fuori la storia di una ragazza forte e decisa, quasi incosciente nella sua determinazione. Una ragazza molto più avanti della sua epoca, finita in mezzo a un gruppo di ragazzi più piccoli che l'avrebbero accompagnata per il resto della vita (tra i quali le tre voci narranti) e l'avrebbero anche segnata, iniziandola all'attività politica che la porterà poi tra i vari gruppi comunisti, fino alla decisione di seguire la guerra in spagna.

Ma insieme alla storia di questa ragazza coraggiosa e idealista, gli affreschi che vengono dipinti ci mostrano anche altro. Ci mostrano la Germania della salita al potere di Hitler, con gli scontri tra le opposizioni dei gruppi di sinistra e il regime sempre più saldo al potere, una Germania che raramente ci viene raccontata. Ci mostrano la Parigi popolata dagli sfollati e dagli esiliati in fuga da quella Germania, una città colta ma travolta da una mole di immigrati tale da scatenare reazioni conservatrici e di chiusura nei loro confronti. Ci mostra una Napoli fascista ma non troppo, dove il fuggiasco Georg può ancora nascondersi tranquillamente mentre medita di unirsi alle brigate internazionali per aiutare la popolazione spagnola.
Ci mostra la nascita e il successo di Robert Capa.
E ci mostra il dopo. Ci mostra la vita di chi era scappato in America in cerca di salvezza, solo per essere etichettato come proveniente da una nazione nemica e venire messo sotto accusa per i trascorsi comunisti, anche se i comunisti erano gli unici oppositori ai fascisti.
Ci mostra l'esistenza di chi è sopravvissuto a questi orrori, e cerca di tirare avanti fino a quando qualcosa non provoca una valanga di ricordi dolorosi.
Ci mostra l'Italia della ricostruzione, del dopo fascismo, della Dolce Vita patinata a un passo dalla miseria.
Interludio ed epilogo fanno invece vita a parte, sono più oggettivi e distaccati, partendo dall'analisi di qualche fotografia per svelare fatti della vita di Gerda o il mistero delle foto di Gerda e Capa.



Avevo sentito parlare spesso male di questo libro, ma francamente non ne ho capito il motivo.
Ammetto che la terza parte risulta un po' più lenta delle altre, con Georg che spazia troppo nel presente rispetto agli altri, ma niente di troppo pesante.
L'unico problema che ho trovato è semmai che a volte i ricordi sono sfasati temporalmente, da un intermezzo all'altro si passa a un anno diverso, magari nel brano di ricordo precedente Gerda era viva, in quello dopo è già morta invece, e la cosa a volte spiazza non poco.

Ma a parte questo è una bellissima lettura, scorrevole e piacevole.
Profile Image for Sandra The Old Woman in a Van.
1,326 reviews67 followers
November 15, 2019
I can give this author the benefit of the doubt and say the translation was the issue. Or that the literary value was way beyond my appreciation level. But I did not enjoy this read. I finished it t because it is for a Book club I love but I had to force myself to read 50-60 pp/day like it was a dreaded school assignment. To me it was like a shitty first draft that needed serious support during and revision so the reader could follow what was going on.

In truth, there was some interest in exploring the political left that demonstrated the most opposition to the rising fascist governments in 1930’s Europe. Ironic that those groups, largely communist, were the groups vilified post war. So that was interesting. And occasionally there was a paragraph I could follow easily and more rarely a page or two, but mostly I struggled just to connect the dots of the narrative. Reading should not be this hard.

My book club meets tomorrow and perhaps I will be enlightened by others as to why I should appreciate this book more. I kind of doubt it though.
Profile Image for Moira Allbritton.
472 reviews11 followers
November 17, 2019
I barely finished and wanted to quit.

I never know how to assign credit/blame when reading a translation.

Problematic for this reader:

*Unidentifiable pronouns;
*Characters that were difficult to track;
*Characters that I didn't care about enough to struggle with text;
*Not enough background information for a reader unfamiliar with historical events;
*Disjointed chronology; and
*Multiple (but not woven) POV.

Liked some of the writing and appreciated some of the broad themes of defining "feminism" and the role of journalism.

I think the author tried to do too much. Either a narrative nonfiction or a historical novel might have worked. This didn't.
Profile Image for Utti.
474 reviews35 followers
July 14, 2018
Valutare un libro è un'impresa sempre complessa. Ci sono le volte in cui il giudizio è univoco: "un capolavoro" oppure "un libro che avrei fatto meglio a non aprire", ma sono poche.
Nella maggior parte delle occasioni la sensazione che un libro lascia è frutto di un insieme eterogeneo di aspetti: la validità della trama, quanto la storia raccontata fa risuonare la nostra sensibilità, la capacità dell'autrice o dell'autore di tenere incollati alle pagine, la fluidità della sintassi e così via.

Per "La ragazza con la Leica" della Janeczek sbilanciarsi è più difficile del normale. Penso che il banale elenco di pregi e difetti possa rendere più giustizia al libro di altre soluzioni.

Pregi
1. La storia raccontata dall'autrice è quella di una donna sconosciuta ai più: Gerda Taro, compagna del fotografo Robert Capa nel periodo della rivoluzione spagnola. Gerda era una donna fuori dal comune, autonoma, intraprendente e talentuosa, capace di muoversi in un ambiente ostile con una grazia imprevista.
Insieme a Gerda conosciamo il primo Capa, Fred Stein,...
Insomma: la storia della ragazza con la Leica merita di essere raccontata e diffusa e quindi merito all'autrice per l'enorme lavoro di documentazione.
2. Il racconto a tre voci parallele ci dà il tempo di conoscere la protagonista un passo alla volta, senza troppa fretta. In questo modo partiamo dalla donna, passiamo all'amica e infine arriviamo all'amata e alla donna militante.
3. Gli spunti di approfondimento sono immensi: guerra civile spagnola, primi fotografi di guerra, fughe dall'Europa nel periodo nazista. Quanto mi sono sentita bisognosa di sapere di più pagina dopo pagina.

Difetti
1. Perché scrivere un libro così involuto? I periodi sono lunghissimi, ricchi di subordinate, senza che queste scelte aggiungano alcun valore al racconto. A volte mi sembrava di rimanere senza fiato al termine di una frase.
Jelena sii più gentile con i tuoi lettori!
2. Il racconto corale a tre voci, per quanto originale, è estremamente faticoso da ricollegare. Forse sarebbe bastata una pagina in cui riassumere i principali protagonisti, ma ho avuto la sensazione di perdere alcuni legami e passaggi.
3. O si scrive un romanzo o si scrive un saggio. L'autrice è rimasta a cavallo dei due generi e alla fine del libro mi sono rimasti dei dubbi: cosa di ciò che ho letto è storia e cosa libera interpretazione dai documenti?

E quindi? Rimango a metà: esistessero le mezze stelle avrei dato 2.5 stelle per rimanere nel mezzo. Mi sono sbilanciata su 3 perché posso l'impegno possa essere premiato, ma che fatica!
Profile Image for Gaetano Laureanti.
482 reviews74 followers
October 8, 2017
La ragazza del titolo è una delle prime fotoreporter di guerra conosciute, nome d’arte Gerda Taro.

Il suo nome, pseudonimo di Gerta Pohorylle, si associa a quello del suo più famoso compagno Robert Capa, pseudonimo di André Friedmann. Fotografi entrambi, accomunati dalla passione per la libertà e per il fotogiornalismo e, purtroppo, da una fine tragica che li colpirà, in tempi diversi, entrambi in zone di guerra (lei in Spagna a 26 anni nel 1937 e lui nel 1954, a 40 anni, in Vietnam).

Da Parigi alla Spagna del 1936 diventano testimoni della terribile guerra civile in corso:

Da quando la Repubblica spagnola era sotto attacco, la sola bravura era trovarsi al momento giusto nel posto giusto per catturare una realtà che doveva scuotere, tenere viva la protesta, forzare l’intervento del mondo libero.

Il libro è un romanzo che prende spunto dalla storia documentata per farci conoscere questa donna straordinaria, avvolta da un alone da pasionaria, antifascista militante, ma anche amante dell’avventura e della vita, difficile da far rientrare in una “qualsiasi griglia mentale”.

L’ho trovato interessante anche se un po’ confusionario; l’autrice, in una visione caleidoscopica degli avvenimenti, degli spazi temporali e dei personaggi, ci narra di un gruppo di ragazzi degli anni Trenta alle prese con le passioni giovanili, l’ascesa del nazismo e la dilagante crisi economica.

A venir fuori dalle pagine del libro è proprio la passione di quei ragazzi poi diventati adulti, ognuno con la sua storia, accomunati ed affascinati dalla conoscenza comune di Gerda che segnerà, anche nel ricordo di lei, le loro vite.

E la storia descritta nel romanzo non può non far pensare ai nostri tempi, con la disoccupazione, l’intolleranza verso i profughi e persino quelle foto delle guerrigliere spagnole che somigliano tanto alle combattenti siriane di oggi.
Profile Image for Laura Gotti.
509 reviews616 followers
Read
August 29, 2018
A me dispiace per la Janeczek, per la Taro e pure per il premio Strega, ma sant'iddio la noia, la noia. Leggo le prime dieci pagine e sono gasatissima: le foto, la scrittura quasi perfetta, il racconto e mi vedo già novella eroina con la Leica al collo mentre affronto le barricate.
Poi o io sono solo novella stupida o io non ho capito nulla.

E' indubbio il lavoro di ricerca e pure la capacità di scrittura ma io ogni tre pagine mi ero persa e non capivo più né di che stesse parlando né di chi.

Leggo che l'intento era una biografia romanzata e credo sia poco riuscito. Gli sbalzi temporali, l'elenco di fatti, nomi, amici e figuranti rende il tutto inutilmente complicato e noioso.

Quindi, mi dispiace per tutti, ma io dopo 200 pagine ho avanzato il mio diritto di lettrice, con buona pace delle giuria dello Strega.

Neppure un bicchiere di rosso ha salvato la novella stupida da questa lettura.
Profile Image for Giusy Pappalardo.
172 reviews21 followers
November 17, 2017
La storia inizia con una foto, anzi no, la storia inizia e finisce con una foto, anzi no, inizia alla fine, con una valigia che contiene circa quattromilacinquecento negativi. Un salvataggio, una fuga, un patrimonio, testimonianza di anni difficili, in cui giovani uomini e giovani donne fuggivano dall'insorgere dei nazionalismi.
È un gran bel libro questo. È un romanzo storico, scritto benissimo, con un ritmo sempre sostenuto, che racconta di Gerda Taro, ma non solo di lei, narra di tutto quell'ambiente a cui lei apparteneva e di quanto dobbiamo a chi ha saputo resistere e trovare linfa creativa in quella resistenza.
Di Gerda ti innamori man mano che leggi le pagine. Gerda viene narrata attraverso i ricordi di chi l'ha amata, l'amica del cuore, l'amante rivoluzionario, l'amico che deve accontentarsi di essere solo un amico. Libera, estroversa, anticonformista, elegante e curata, antifascista, piena di vitalità, forse un tantino spericolata. È lei il centro del libro ma non c'è solo lei, e non c'è solo Capa che senza Gerda, probabilmente non sarebbe diventato Robert Capa. Si amavano, litigavano, erano liberi, sarebbero rimasti insieme anche loro se fossero sopravvissuti, come tutte le coppie nate in quel terribile periodo? Credevano in qualcosa. Questa era la loro forza.
Nel romanzo, attraverso la memoria si torna alla fuga a Parigi, alla difficoltà degli anni trenta, alla prima grande guerra contro il fascismo in Spagna, all'idea di mostrare al mondo cosa sta accadendo, rischiando la vita, perdendo la vita per farlo. Ma questo libro è di più. È un affresco della Parigi degli anni trenta e del dopoguerra, di Roma e di uno scorcio di USA negli anni 60, del Messico rifugio di artisti e intellettuali fuggiti dal nazifascismo. Un mondo lontano ma molto vivo nella nostra memoria grazie al materiale prezioso che ci è pervenuto. Mi è piaciuto molto il modo in cui viene raccontata la figura di Gerda e di un periodo storico fondamentale. Un libro su una donna volitiva e generosa, una di quelle donne che hanno spianato un po' di strada per tutte noi. Ho amato molto la parte dedicata alla fuga dalla Francia di chi ormai sapeva di non avere altra possibilità di salvezza con l'arrivo dei tedeschi, il cenno a W. Benjamin, alla sua corrispondenza con la Arendt. Siamo figli di quella Europa lì. Siamo figli di quella Storia e non dovremmo mai dimenticarlo.
Profile Image for Lorenzo G. Muci.
8 reviews2 followers
March 9, 2018
L'idea di fondo potrebbe essere interessante: partire da alcune foto e da una ricerca archivistica per costruire una narrazione romanzata delle vicende dei fotografi Gerda Taro, Robert Capa e di un gruppo di amici tra Parigi, la Germania, la Spagna alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale.
Il romanzo è però estremamente prolisso, i salti temporali sono troppi e a tratti riesce ostico seguire quanto raccontato. Peccato, perché le prime pagine promettevano bene...
Profile Image for Aurora.
216 reviews4 followers
June 20, 2022
A me dispiace tanto dover dare una recensione negativa ad un romanzo del genere, perché l' idea di fondo è buona e ha una grande importanza, parlare di donne coraggiose e dimenticate dalla storia, come Gerda Taro, ma purtroppo, scrivere una biografia non è così facile. La nota positiva di questo libro che mi ha spinto volerlo leggere, era appunto, la biografia di questa gran donna che girava con la macchina fotografica, che non era neanche sua, ma presa in prestito, appunto, la Leica, più conveniente della reflex dei tempi. Ma, Gerda Taro non era una semplice fotografa e basta, le sue foto erano di denuncia sociale, contro la guerra e l' oppressione fascista, ed è stata uccisa per questo. Tuttavia, il problema di fondo di questa biografia è che esula dalla Gerda Taro fotografa, slittando l' attenzione su aspetti della sua vita meno interessanti e anche meno lusinghieri, non perché fosse una donna libera sessualmente, non è quello il punto, anzi grande storia di emancipazione femminile, ma il problema di fondo è porre l' attenzione sui suoi spasimanti, su tutti gli uomini che la bramassero e dar a loro la parola, fare trasparire Gerda dagli sguardi maschili e non da una luce femminile, con una soffermazione di dettagli da Gossip amorosi nell' epoca della resistenza, che in un libro di questo genere, sono irrilevanti e sminuiscono la figura di Gerda Taro. Perché le donne devono essere sempre associate all' aspetto sessuale, o devono essere definite e guardate da un occhio maschile, soprattutto, in un libro dove l' obbiettivo era quello di parlare di altro? Speravo che questo libro non prendesse questa rotta, essendo scritto da una donna e invece... Ovviamente, sono certa che questo non fosse l'intento della scrittrice, ma, purtroppo, volente o non nolente è questo a mio avviso il risultato. Paradossalmente, il titolo è la ragazza con la Leica, ma in realtà viene veramente dato poco spazio a Gerda Taro in questo libro, dato che vengono raccontati spezzoni di vita degli uomini con cui lavorava, che le giravano attorno e sinceramente non ne ho capito il senso e lo scopo. Poche sono veramente le parti in cui si parla del coraggio e la determinazione di Gerda, mentre ci sono tante pagine sul nulla di fondo, di personaggi di cui non ti interessa assolutamente nulla, anzi, ti infastidiscono, perché narrando di loro, si perde di vista la vera protagonista. Poi, mi sarei aspettata in un libro del genere, un' accurata documentazione, una spiegazione degli eventi storici sulla guerra, e invece anche quello diventa marginale e non capisco perché. Mi ha fatto veramente arrabbiare questo libro, l' ho letto fino alla fine nella speranza di ricredermi, ma ha continuato per tutto il tempo ad essere caotico e divagante.
Profile Image for Giorgio.
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October 26, 2017
Non è una biografia, non è una parabola femminista, non un atto d’amore per la fotografia né un affresco narrativo degli anni Trenta del secolo scorso: La ragazza con la Leica è un po’ di tutte queste cose assieme.
I protagonisti sono realmente esistiti : seguiamo pagina dopo pagina le vicissitudini dei giovani Robert Capa e Gerda Taro, coppia leggendaria, lei allieva-fotografa di lui che presto non ha più niente da invidiargli, e le storie dei loro amici, sullo sfondo reale degli anni della guerra civile spagnola, della Parigi rifugio di tanti militanti, del dilagante antisemitismo. D’altra parte ci si perde nel flusso del tempo con Gerda e la sua banda, e ci si identifica liberamente nei personaggi e nelle storie.
La ragazza con la Leica si apre con una precisa e poetica descrizione di due fotografie sullo stesso soggetto scattate da Robert e Gerda. Janeczek spiega perché dietro l’una ci può essere solo la mano di lei, rivelatrice della sensibilità di quella ragazza libera, autonoma, che va spregiudicatamente incontro alla vita, senza sapere che morirà a nemmeno 27 anni, il 26 luglio del 1937, falciata da un carro armato a Brunete. La sua esistenza è il fil rouge del libro, una presenza diffusa tra le pagine, ma in maniera non canonica. Le tre parti di cui si compone il lavoro raccontano piuttosto il mondo che ruota attorno a Gerda, attraverso due amori che con rimpianto pensano a lei, e la sua migliore amica, Ruth, forse più bella eppure meno affascinante.
Gerda Taro si chiamava Gerda Pohorylle, come Robert Capa è nella realtà l’ungherese André Friedmann: fu lei a trovare gli indovinati pseudonimi. Nata a Stoccarda in una famiglia di ebrei polacchi “piccoloborghesi”, come li bolla tra sé e sé un po’ sprezzante il suo amore comunista Georg Kuritzkes, mostra di aver subito le idee chiare, come quando riesce a salvarsi dal carcere dopo l’arresto per volantinaggio antinazista a Lipsia, dove era andata a studiare. A quel punto la mèta diventa Parigi, come lo sarà per il “suo” forografo.
Vi approdano in tanti, assetati di libertà, di diritti: sognano la rivoluzione. Lì c’è anche William Chardack, la prima voce narrante del libro, preso e mollato da Gerda per Georg appunto. È una telefonata tra i due uomini, ormai adulti e disincantati negli anni Sessanta, a far dipanare la storia, avanti e indietro tra i ricordi. William è a New York, scienziato affermato, Georg a Roma, medico alla Fao. Accurate e intense le descrizioni (e le ricostruzioni) degli ambienti, dei personaggi, perlopiù scanzonati ma convinti dei loro ideali, decisi a sconfiggere i fascisti in quella Spagna dove «combattevano anche per la libertà dei ladri».
La ragazza con la Leica colpisce anche per l’attualità che a tratti rivela e in cui si intravvedono problemi dei nostri giorni, come le forme di razzismo e nazionalismo patite dai rifugiati e dagli ebrei negli anni Trenta, a ricordarci che non abbiamo imparato nulla .
Profile Image for Elena Favaro.
344 reviews11 followers
July 6, 2018
Difficilmente abbandono un libro. Questo proprio non sono riuscita a finirlo... l'ho trovato pretenzioso e per nulla interessante. Non mi capacito sia arriato a vincere lo Strega...
Profile Image for Simona.
943 reviews218 followers
July 28, 2019
Quello che si apprezza maggiormente di un'opera di questo genere è sicuramente la dettagliata e preziosa ricerca storica condotta dalla scrittrice per raccontare la figura di Gerda Taro.
Grazie ai suoi amici che le sono sempre stati accanto, la scrittrice ricostruisce la sua figura, il suo lavoro di fotografa caduta durante la Guerra Spagnola e il suo amore per Robert Capa, fotografo che le ha insegnato a usare la leica, la macchina fotografica con cui ha immortalato molti scatti.
Personalmente, mi sarei aspettata qualche accenno riguardo la sua personalità, il suo carattere mai domo e temerario che non è sceso a compromessi, ricordata da tutti come una presenza importante e viva.
Non è un romanzo, ma neanche una biografia, bensì una commistione di generi che non si riesce bene a definire dove la lettura appare fredda e poco coinvolgente per il lettore.
Profile Image for Susanne Probst.
104 reviews8 followers
January 30, 2021
Helena Janeczek bringt uns mit ihrem preisgekrönten biografischen Roman eine ganz außergewöhnliche, willensstarke und mutige Frau näher: die Kriegsfotografin Gerda Taro.

Gerda Taro war eine deutsche Fotografin, die zusammen mit ihrem Partner Robert Capa die Schrecken und Grausamkeiten des Spanischen Bürgerkrieges dokumentierte.
Sie war die erste Frau, die an einer Kriegsfront fotografierte.

Sie wurde 1910 in Stuttgart als Gerta Pohorylle geboren. Die Tochter jüdischer Eltern verbrachte den Großteil ihrer Kindheit und Jugend in ihrer Geburtsstadt.
Mit 19 Jahren zog die energiegeladene junge Frau mit ihrer Familie nach Leipzig, wo sie für den Sozialismus entbrannte.
Anfang der 1930-er Jahre flüchtete sie vor den Nationalsozialisten nach Paris, wo sie sich erst mit Schreibarbeiten über Wasser hielt und dann ihre Leidenschaft fürs Fotografieren entdeckte.
Schließlich lernte sie den ebenfalls jüdischen Flüchtling Endre Ernő Friedmann, einen ungarischen Fotografen, kennen- und lieben.
Die beiden lebten und arbeiteten fortan zusammen und legten sich die Pseudonyme Gerda Taro und Robert Capa zu, eine Marketingstrategie, die ihren Ruf und ihre Einkünfte aufmöbeln sollte.

Ihren Einsatz im Spanischen Bürgerkrieg überlebte Gerda nicht. Sie wurde auf der Flucht aus der Kampfregion von einem Panzer überrollt und verstarb 1937 an ihren Verletzungen.
Obwohl Zehntausende trauerten und obwohl es einen Trauerzug und ein Grabmal gab, wurde Gerda Taro danach über Jahrzehnte hinweg vergessen... bis 2007 in New York unzählige Negative, seltene und wertvolle historische Zeitzeugnisse, in einem Koffer gefunden wurden.

Die Autorin übersetzt die Biographie einer außergewöhnlichen, klugen, engagierten und starken Frau in ein berührendes, informatives und absolut lesenswertes literarisches Werk.

In drei Teilen und aus drei Perspektiven bringt sie uns das Schicksal dieser schönen Frau näher.
Willy, der Herzspezialist, Ruth, die Freundin und Georg, der Arzt und Revolutionär, kommen zu Wort.

Besonders abwechslungsreich und authentisch wird die Lektüre durch Rückblenden, Erinnerungen, eingestreute Fotografien und diese Erinnerungsfetzen von den o. g. alten Freunden.

Ich empfehle diesen berührenden, informativen und unterhaltsamen Roman der 1964 in München geborenen Schriftstellerin Helena Janeczek sehr gerne weiter.
Sie hat mit ihrem Werk, in dem sie gekonnt Fiktion mit historischen und biografischen Fakten verwebt, meinen Horizont erweitert und mir vergnügliche Lesestunden beschert. Ihre Sprache ist ein Hochgenuss, der über manche Aus- oder Abschweifung hinwegtröstet.




Profile Image for Arnault Duprez.
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August 9, 2018
L’ho finito, prima di scrivere qualcosa in proposito ho aspettato di digerirlo ma non di metabolizzarlo. È un libro decisamente complesso e non di facile lettura. Credo che sia principalmente dovuto alla tecnica di scrittura dei continui flashback di chi racconta la storia di Gerda Taro Pohorylle. Il premio Strega è più che meritato. Il libro è articolato in tre parti: uno spasimante; un’amica attivista e un ex fidanzato. L’ambiente è quella della diaspora ebrea della Parigi negli anni 30 all’ascesa del nazismo in Germania. La storia mi porta a mente altri libri che vanno da “Indésirables” di Diane Ducret, dove si parla del campo di Gars nei Pirenei francesi dove furono internati molti sopravvissuti della guerra di Spagna, “Paris a moveable fest” di Hemingway e “An autobiography of Alice B Toklas” di Gerturde Stein per il contorno e l’ambiente culturale che vi era a Parigi in quegli anni e ho ritrovato qualche tratto, magari sono solo mie idee, della “Suite Française” della Nemirovsky per le bassezze e le grandezze che fanno di contorno ai grandi drammi umani. La stesura del libro è stata corredata da un lavoro di ricerca non comune. Ne esce la figura di una donna non comune, “vanesia ma non sciocca” per citare un passo, capace di aggirarsi nei luoghi più cupi di una guerra civile appoggiata dai governi fascisti del continente dove il bersaglio principale non erano quanto i belligeranti ma la popolazione civile e di tornare a Parigi per riprendere una vita “normale”. Il libro mi è piaciuto ma, purtroppo, sono stato felice di finirlo. Considerazione finale, chi tenta di ridurre Gerda alla mera figura della ragazza di Robert Capa, pecca di maschilismo cieco. Cercate su Youtube un film, “The mexican suitcase”, vi dirà qualcosa di più su questo periodo e sulla storia dei personaggi. Mi piace quest’epitaffio, citazione del fidanzato, ultimo a prendere la parola: “Avevamo un’amica in comune che è morta in Spagna. Oggi nessuno sa più chi era Gerda Taro. Si è perso traccia persino del suo lavoro fotografico, perché Gerda era una compagna, una donna, una donna coraggiosa e libera, molto bella e molto libera, diciamo libera sotto ogni aspetto.” Aggiungo, che quest’ultima frase non suoni come un giudizio. L’avrebbe odiato.
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