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205 pages, Paperback
First published January 1, 1977
Dopo mezzo chilometro di strada, Pinocchio è perduto. Gli sono venuti incontro due personaggi che partecipano dell’eterno. Essi sono l’errore, la frode, la benevolenza, l'indulgenza, la ferocia. Sono il Gatto e la Volpe. La Volpe di sveltissimo piede è zoppa; l'occhiuto Gatto è cieco. Provvidenza capovolta, i due fraudolenti si assistono fraternamente. Conoscono tutte le virtù, praticandone il negativo. La Volpe zoppa è così garbata. […] la Volpe maliziosa ma non curiosa sguaiatamente ride: dove appare la sua natura goffamente ferina, la sua vanità da usuraia; mentre il Gatto, uso agli umani, ride nascosto e attenua il riso pettinando i baffi; sappiamo che il Gatto è un raffinato e sapientemente crudele, e che la Volpe e abbiettamente ipocrita, miserabile odiatrice dei miserabili.
Mi avvedo di inclinare al moralismo. In realtà, la Volpe è un modo vizioso di usare le virtù. Ma il modo vizioso include un modo vizioso di usare lo stile. La Volpe è insolente. La sua insolenza è infondata, e tuttavia, poiché la Volpe è condannata all’astuzia, funziona. L'irritato Pinocchio esibisce le sue monete, e per un attimo Volpe e Gatto, che hanno una bigotta inclinazione ai miracoli, cessano di essere zoppi e ciechi.
***
L’apparizione effimera e centrale della Fata ci induce a chiedere che mai sia, costei, in quell’isola in cui ha riparato; dovunque sia, in questo libro senza Re, essa è la Regina, la Regina solitaria ed infeconda, la Signora degli animali, la vecchina, la donnina stanca sotto il peso delle brocche, la padrona della Lumaca, la Bambina morta; ma, anche, la metafisica adescatrice di un fratellino, un figlio. Ogni volta che si approssima all’umano, essa è «quasi» qualcosa: quasi una sorellina, quasi una mamma. Ma quello che regge e nasconde nelle sue mani mai descritte è la morte, il Transito per sé e per gli altri. Come Regina è metamorfica ed occulta. Si nasconde, si trasforma, si umilia. Appare e scompare, lunghi iati dividono i segmenti della sua esistenza.
Fin dalle prime battute del suo Pinocchio, il «parallelista» Manganelli esplora angoli riposti del testo, particolari apparentemente insignificanti, alla scoperta di ciò che il libro «dice» ben oltre le intenzioni di chi l'ha scritto. Una lettura meticolosa e scaltra, condotta alla luce della convinzione che «un grande libro genererà infiniti libri, e così a loro volta questi ultimi: né vi sarà mai l'ultimo». Fino a scoprire che la Fatina è meno limpida e monda di quanto si creda, meno nobili le intenzioni del Grillo Parlante e, soprattutto, che Pinocchio è l'unico personaggio della fiaba a non mentire mai.