LELLIA CRACCO RUGGINI
SPAZI URBANI CLIENTELARI E CARITATIVI
Trattare della gestione degli spazi evergetici e caritativi a Roma nell'età imperiale significa impostare un discorso che non può non tenere conto anche della realtà demografica1, dei bisogni collettivi che ne discendono, delle risorse e delle strutture organizzative private e pubbliche che funsero da canali di trasmissione, e dunque, per via indiretta, pure di quei circuiti commerciali e annonarii che qui verranno poi lasciati deliberatamente da parte. Ma il nodo più complesso sta nell'individuare quali siano le vie da percorrere per cogliere le specificità quantitative di questi spazi - sfuggenti per la maggior parte - e le specificità qualitative - senza dubbio meno avare di suggestioni, per quanto non ancora adeguatamente esplorate2 - che hanno caratterizzato Roma in quanto « megalopoli », sia nel rapporto (variabile nel tempo) con la sua funzione di città capitale del mondo mediterraneo, sia in relazione e a confronto con altri centri che le si andarono affiancando con un peso politico talora concorrenziale, pur senza raggiungerne mai l'enorme sviluppo agglomera- tivo demografico e urbanistico (penso in particolare, per l'Italia, a
1 Fra i contributi più recenti cfr. C. Nicolet, Plèbe et tribus : les statues de Lucius Antonius et le testament d'Auguste, in MEFRA 97, 1985, p. 799-839 e spec. 809 ; E. Lo Cascio, The Size of the Roman Population : Beloch and the Meaning of the Augustan Census Figures, in JRS 84, 1994, p. 23-40 ; vd. pure Id., La dinamica della popolazione in Italia da Augusto al III secolo, in 'L'Italie d'Auguste à Dioctétien'. Actes du Coll. Int. (École française de Rome, 25-28 mars 1992), Roma, 1994, p. 91-125 ; Catherine Virlouvet, La consommation de céréales dans la Rome du Haut-Empire : les difficultés d'une approche quantitative, in Histoire et mesure 10, 1995, p. 261-275 ; e inoltre i contributi di Chr. Bruun, A. Chastagnol, F. Coarelli, e E. Lo Cascio in questa stessa sede.
2 In riferimento alle specificità qualitative, cfr. le notazioni di J. K. Davies, nella ree. a A. Wallace-Hadrill (ed.), Patronage in Ancient Society, Londra e New York, 1990, in JRS 84, 1994, p. 185-196, sull'importanza che avrebbe il definire, se possibile, i confini fra patronato (incluso quello sui collegia), evergetismo e carità. In quanto alle specificità quantitative - irrimediabilmente sempre oscillanti e incerte nell'ambito della storia antica - non si può non concludere, con Whitta- ker, che "almost all important questions are important precisely because they are not susceptible to quantitative answers" : cfr. C. R. Whittaker, Chiometrics and the Historian, in Id., Land, City and Trade in the Roman Empire, Variorum Reprints, Aldershot (Hampsh.) e Brookfield (Vermont), 1993, XV (versione inglese di Id., La chiometrìa e lo storico, in Opus 5, 1986, p. 127-132).