Visualizza wikitesto di Bombe del 1992-1993

{{Incidente
|titolo = Stragi del 1992-1993
|immagine = 
|didascalia = 
|nazione = ITA
|obiettivo = opere d'arte nazionali, politici, magistrati e persone impegnate nell'antimafia
|luogo = [[Lazio]], [[Lombardia]], [[Sicilia]], [[Toscana]]
|data = [[1992]]-[[1993]]
|ora = 
|tipologia = [[autobomba|autobombe]], [[esplosione|esplosioni]]
|vittime = 21
|feriti = 117
|esecutori = [[Salvatore Riina]], [[Bernardo Provenzano]], [[Giuseppe Graviano]], [[Matteo Messina Denaro]], [[Leoluca Bagarella]] ed altri
|sospetti = vari
|motivazione = ritorsioni contro l'inasprimento della lotta dello [[Italia|Stato italiano]] nei confronti di [[Cosa nostra]]
|evento = Attentato
|arma = Armi da fuoco ed esplosivi ([[Semtex]] e [[Trinitrotoluene|TNT]])
}}

La [[locuzione]] '''bombe del 1992-1993''' indica un periodo della [[storia della Repubblica Italiana]] caratterizzato da una serie di [[attentato|attentati]] con ordigni da parte dell'[[Criminalità organizzata|organizzazione criminale]] [[Sicilia|siciliana]] di tipo [[Mafia|mafioso]] [[Cosa nostra]], realizzati in [[Italia]] durante i primi [[anni 1990|anni novanta]] del [[XX secolo]], precisamente tra il [[1992]] ed il [[1993]].

Ciò che contraddistinse il periodo fu la natura particolarmente violenta delle azioni, per le quali furono utilizzate anche [[autobomba|autobombe]]. Vennero attaccati membri delle [[forze di polizia italiane|forze di polizia]] ([[Giuliano Guazzelli]], [[Giovanni Lizzio]]), della [[magistratura italiana|magistratura]] ([[Giovanni Falcone]], [[Paolo Borsellino]]) ed esponenti politici ([[Salvo Lima]]), ma anche il [[patrimonio culturale]], personalità non coinvolte direttamente nel contrasto alla mafia (come il giornalista [[Maurizio Costanzo]]) e anche semplici cittadini, con l'obiettivo di indebolire, colpire e ricattare lo Stato ed influenzare il [[Governo italiano|governo]] e la [[società civile]], al fine di creare le condizioni per realizzare una [[trattativa Stato-mafia]].

La sfida diretta da parte della mafia sortì tuttavia una reazione decisa da parte dello Stato, che portò all'[[Operazione Vespri siciliani]] e all'[[Operazione Belva|arresto di Salvatore Riina]], capo assoluto di [[Cosa nostra]].

== Storia ==
=== Le condanne del maxiprocesso di Palermo e la pianificazione ===
{{Vedi anche|Maxiprocesso di Palermo}}
L'avvio della stagione degli attentati venne deciso nel corso di alcune riunioni ristrette della "[[Commissione interprovinciale|Commissione regionale]]" di "[[Cosa nostra]]" avvenute nei pressi di [[Enna]] nel settembre-ottobre [[1991]] (a cui parteciparono [[Salvatore Riina]], [[Bernardo Provenzano]], [[Giuseppe Madonia (1946)|Giuseppe "Piddu" Madonia]], [[Benedetto Santapaola]]<ref name="CAPACI" />), in cui venne stabilito un programma di azioni terroristiche contro lo Stato, che sarebbero state rivendicate con la sedicente sigla "Falange Armata"<ref name="CAPACI">{{Cita news|url=http://www.ipezzimancanti.it/download/sentenza%20stralcio%20appello.pdf|titolo=Sentenza d'appello del processo stralcio per le stragi di Capaci e via d'Amelio}}</ref><ref name="autogenerato1">{{Cita news|url=http://www.genovaweb.org/indagine-SISTEMI-CRIMINALI.pdf|titolo=Richiesta di archiviazione nei confronti di Gelli Licio+13 - Procura della Repubblica di Palermo}}</ref><ref name="autogenerato2">{{Cita news|url=http://www.parlamento.it/application/xmanager/projects/parlamento/Reso.steno.26.3.2012Int..pdf|titolo=Audizione del procuratore Sergio Lari dinanzi alla Commissione Parlamentare Antimafia - XVI LEGISLATURA}}</ref>; subito dopo, durante una riunione della "[[Commissione (mafia)|Commissione provinciale]]" svoltasi nel dicembre [[1991]] (a cui parteciparono [[Salvatore Riina]], [[Clan Motisi|Matteo Motisi]], [[Giuseppe Farinella]], [[Giuseppe Graviano]], Carlo Greco, [[Pietro Aglieri]], [[Michelangelo La Barbera]], [[Salvatore Cancemi]], [[Giovanni Brusca]], [[Raffaele Ganci]], [[Nino Giuffrè]], Giuseppe Montalto e Salvatore Madonia<ref name="CAPACI" />), venne deciso ed elaborato un piano stragista "ristretto", che prevedeva l'assassinio di nemici storici di Cosa nostra (i giudici [[Giovanni Falcone]] e [[Paolo Borsellino]]) e di personaggi rivelatisi "inaffidabili", primo fra tutti l'onorevole [[Salvo Lima]], ma anche i politici [[Calogero Mannino]], [[Claudio Martelli]], [[Salvo Andò]], [[Carlo Vizzini]] e [[Sebastiano Purpura]].<ref name=CAPACI /><ref name=autogenerato2 />

Il 30 gennaio [[1992]] la [[Corte di cassazione]] confermò la sentenza del [[Maxiprocesso di Palermo|Maxiprocesso]] che condannava Riina e molti altri ''boss'' all'[[ergastolo]]<ref>[http://archivio.lastampa.it/LaStampaArchivio/main/History/tmpl_viewObj.jsp?objid=1004477 Archivio - LASTAMPA.it<!-- Titolo generato automaticamente -->] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20131019110307/http://archivio.lastampa.it/LaStampaArchivio/main/History/tmpl_viewObj.jsp?objid=1004477|data=19 ottobre 2013}}</ref>: in seguito a tale sentenza, nel febbraio-marzo [[1992]] si tennero sia una riunione plenaria della "Commissione regionale" (a cui parteciparono Riina, Provenzano, [[Giuseppe Madonia (1946)|Giuseppe "Piddu" Madonia]], [[Benedetto Santapaola]] e Salvatore Saitta<ref name="CAPACI" />) sia alcune riunioni ristrette della "[[Commissione (mafia)|Commissione provinciale]]" (a cui parteciparono Riina, [[Salvatore Biondino]], [[Raffaele Ganci]], [[Giovanni Brusca]], [[Michelangelo La Barbera]], [[Matteo Messina Denaro]], [[Salvatore Cancemi]]<ref name=CAPACI />), in cui si decise di dare inizio agli attentati e si stabilirono nuovi obiettivi da colpire.<ref name=autogenerato2 />

=== I mancati attentati ai danni di Falcone, Martelli e Costanzo ===
Nello stesso periodo, un gruppo di fuoco composto da mafiosi di [[Brancaccio (Palermo)|Brancaccio]] e della [[provincia di Trapani]] ([[Giuseppe Graviano]], [[Matteo Messina Denaro]], [[Vincenzo Sinacori]], [[Lorenzo Tinnirello]], [[Cristofaro Cannella]], [[Francesco Geraci (mafioso)|Francesco Geraci]]) si spostò a [[Roma]] per uccidere il [[Ministri della giustizia della Repubblica Italiana|ministro della giustizia]] [[Claudio Martelli]], il giudice antimafia [[Giovanni Falcone]] ed il presentatore televisivo [[Maurizio Costanzo]], per via del suo forte impegno antimafia più volte espresso nelle sue trasmissioni<ref name=autogenerato3>{{Cita news|url=http://www.misteriditalia.it/stragi1993/lasentenza/10VALUTPROVE.pdf|titolo=Valutazione delle prove - Sentenza del processo di 1º grado per le stragi del 1993}}</ref><ref name=autogenerato4>{{Cita news|url=http://www.ipezzimancanti.it/download/Tagliavia%20sentenza.pdf|titolo=Sentenza del processo di 1º grado a Francesco Tagliavia per le stragi del 1993}}</ref>; l'esplosivo e le armi (fucili, [[Pistola|pistole]], [[AK-47|Kalašnikov]]) necessarie per questi attentati vennero procurate da [[Matteo Messina Denaro]] ed affidate a Giovanbattista Coniglio (mafioso di [[Mazara del Vallo]]), il quale le nascose in un'intercapedine ricavata nel suo [[camion]] per trasportarle a [[Roma]], dove vennero scaricate e occultate nello scantinato dell'abitazione di Antonio Scarano (spacciatore di droga di origini calabresi legato a Messina Denaro), che procurò anche un appartamento per ospitare il gruppo di fuoco<ref name=autogenerato3 />. Dopo alcuni appostamenti nel centro di [[Roma]], il gruppo non rintracciò il giudice Falcone e il ministro Martelli, decidendo quindi di ripiegare su Costanzo, che riuscirono a seguire per alcune sere dopo le registrazioni della trasmissione ''[[Maurizio Costanzo Show]]''<ref name=autogenerato3 />. Tuttavia Riina ordinò a Sinacori di sospendere tutto e tornare in [[Sicilia]], perché “avevano trovato cose più importanti giù”.<ref name=autogenerato3 />

=== L'omicidio Lima e l'allarme lanciato dal Viminale ===
{{Vedi anche|Salvo Lima}}
[[File:Omicidio di Salvo Lima (1992).webp|thumb|L'omicidio di [[Salvo Lima]] (12 marzo [[1992]]).]]

Il 12 marzo [[1992]] un gruppo di fuoco composto da mafiosi di [[Partanna-Mondello]] e [[San Lorenzo (Palermo)|San Lorenzo]] ([[Salvatore Biondino]], [[Francesco Onorato]], [[Salvatore Biondo]], [[Simone Scalici]], [[Giovan Battista Ferrante]], [[Giovanni D'Angelo]]) compì l'omicidio dell'onorevole [[Salvo Lima]] a [[Mondello]], alla vigilia delle [[Elezioni politiche in Italia del 1992|elezioni politiche]]<ref>{{Cita news|url=http://www.laprivatarepubblica.com/overruling/Lima%20-%20Cassazione%20-%2013-6-2003.pdf|titolo=Sentenza della Corte di Cassazione per l'omicidio Lima}}</ref>: due giorni dopo, una telefonata anonima arrivata alla sede [[ANSA]] di [[Torino]] rivendicò l'omicidio Lima a nome della sigla "Falange Armata".<ref>{{Cita web|url=https://archivio.corriere.it/Archivio/interface/landing.html|titolo=Archivio Corriere della Sera|sito=archivio.corriere.it|accesso=4 agosto 2022}}</ref>

Il 13 marzo, all'indomani dell'omicidio Lima, il [[giudice istruttore]] bolognese Leonardo Grassi trasmise al ministro dell'interno [[Vincenzo Scotti]] un'informativa contenente una fonte anonima (che poi si scoprì essere Elio Ciolini, arrestato per [[calunnia]] nell'ambito delle indagini per la [[strage di Bologna]]) in cui faceva riferimento «''a fatti intesi a destabilizzare, nel periodo marzo-luglio di quest'anno, l'ordine pubblico nel nostro Paese in un quadro di "riordinamento politico" della [[Destra (politica)|destra]] europea deciso a [[Zagabria]] nel settembre del 1991 e di accreditamento in Italia di un nuovo ordine generale''».<ref name="autogenerato1" /> Il 16 marzo successivo, Scotti e il capo della polizia [[Vincenzo Parisi]] inviarono ben tre [[Circolare|circolari]] a tutte le [[Prefettura (Italia)|prefetture italiane]] in cui si allertava del pericolo di «''una campagna terroristica con omicidi esponenti [[Democrazia Cristiana|Dc]], [[Partito Socialista Italiano|Psi]] e [[Partito Democratico della Sinistra|Pds]], nonché sequestro e omicidio futuro presidente della Repubblica''», indicando come possibili obiettivi [[Giulio Andreotti]] e [[Giuliano Amato]].<ref name=":0">{{Cita news|autore=Giuseppe F. Mennella|url=https://archivio.unita.news/assets/main/1992/03/21/page_003.pdf|titolo=Scotti si assolve: «Colpa del giudice»|pubblicazione=L'Unità|data=21 marzo 1992}}</ref> Le circolari furono rese pubbliche dall'agenzia [[ANSA]] ed Andreotti definì l'allarme lanciato dal [[Viminale (colle)|Viminale]] «''una patacca»'' mentre il Presidente della Repubblica uscente [[Francesco Cossiga]] parlò di «''allarme eccessivo''».''<ref>{{Cita news|autore=P. Cascella, G. Sgherri, G. Tucci|url=https://archivio.unita.news/assets/main/1992/03/20/page_001.pdf|titolo=«Ma quale golpe, è una patacca»|pubblicazione=L'Unità|data=20 marzo 1992}}</ref>''<ref name="autogenerato1" /> Il 20 marzo, Scotti e Parisi furono chiamati a riferire sul contenuto dell'informativa alle [[Commissione Affari costituzionali, della Presidenza del consiglio e interni della Camera dei deputati|Commissioni Affari Costituzionali di Camera]] e [[Commissione Affari costituzionali del Senato della Repubblica|Senato]] riunite in seduta comune, in cui si giustificarono affermando di aver saputo in ritardo che la fonte anonima fosse il depistatore Ciolini.<ref name=":0" />

=== L'omicidio Guazzelli ===
{{Vedi anche|Giuliano Guazzelli}}
Il [[4 aprile]] successivo, il giorno prima delle elezioni politiche, un gruppo di fuoco composto da mafiosi di [[Porto Empedocle]], [[Realmonte]] e [[Santa Elisabetta (Italia)|Santa Elisabetta]] ([[Gerlandino Messina]], Alfonso Falzone, Giuseppe Fanara, Joseph Focoso, Calogero Castronovo) uccise a colpi di pistola e Kalashnikov il maresciallo dei carabinieri [[Giuliano Guazzelli]] mentre percorreva la [[Strada statale 115 quater Sud Occidentale Sicula|SS 115 Agrigento-Porto Empedocle]], all'altezza del [[Viadotto Akragas|viadotto Morandi]]<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2017/09/01/il-maresciallo-della-garfagnana-nella-terra-dei-gattopardiFirenze08.html|titolo=Il maresciallo della Garfagnana nella terra dei Gattopardi - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|lingua=it|accesso=2021-10-17}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/04/05/una-pioggia-di-piombo-contro-il-carabiniere.html|titolo=UNA PIOGGIA DI PIOMBO CONTRO IL CARABINIERE - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|lingua=it|accesso=2021-10-17}}</ref>: il giorno seguente, una telefonata anonima a nome della sigla "Falange Armata" arrivata alla sede [[ANSA]] di [[Bari]] rivendicò l'omicidio Guazzelli.<ref>{{Cita libro|nome=Massimiliano|cognome=Giannantoni|nome2=Paolo|cognome2=Volterra|titolo=L’operazione criminale che ha terrorizzato l’Italia. La storia segreta della Falange Armata|url=https://books.google.it/books?id=Oh9UAgAAQBAJ&pg=PT77&lpg=PT77&dq=guazzelli+falange+bari&source=bl&ots=BfztCAxgua&sig=ACfU3U2GOWtq-x-JPBeGnvx_NmeNLrLgVQ&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwj67OqwrdLzAhUIDuwKHbjlCxEQ6AF6BAgNEAI#v=onepage&q=guazzelli%20falange%20bari&f=false|accesso=2021-10-17|data=2014-01-09|editore=Newton Compton Editori|lingua=it|ISBN=978-88-541-6317-1}}</ref>

===Stragi di Palermo===
====Capaci====
{{Vedi anche|Strage di Capaci}}
[[File:Stragecapaci.jpg|thumb|left|La [[strage di Capaci]] (23 maggio 1992)]]

Il 23 maggio seguente un gruppo di fuoco composto da mafiosi di [[San Giuseppe Jato]], [[Altofonte]], [[Corleone]], [[Porta Nuova (Palermo)|Porta Nuova]], [[Noce (Palermo)|Noce]], [[San Lorenzo (Palermo)|San Lorenzo]], [[Capaci]] e [[Mistretta]] ([[Giovanni Brusca]], Antonino Gioè, [[Gioacchino La Barbera]], [[Pietro Rampulla]], [[Leoluca Bagarella]], Domenico e [[Raffaele Ganci]], [[Salvatore Cancemi]], [[Giovan Battista Ferrante]], Salvatore Biondo, Antonino Troia, Giovanni Battaglia) compì un attentato dinamitardo lungo l'[[autostrada A29 (Italia)|autostrada A29]], nella zona di [[Capaci]], nella quale rimasero uccisi il giudice Falcone, la moglie [[Francesca Morvillo]] e tre agenti di scorta, mentre una decina di persone restarono ferite:<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1993/novembre/13/duro_giorni_film_della_strage_co_0_9311136390.shtml duro' 5 giorni il " film " della strage] Corriere della Sera, 13 novembre 1993</ref> la sera stessa dell'attentato, una telefonata anonima rivendicò la strage a nome della sigla "Falange Armata".<ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/05/24/una-strage-come-in-libano.html UNA STRAGE COME IN LIBANO - La Repubblica.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>

In seguito alla [[strage di Capaci]], l'8 giugno il [[Consiglio dei ministri]] ([[governo Andreotti VII]]) approvò il [[decreto-legge]] 8 giugno 1992, n. 306 detto "[[Vincenzo Scotti|Scotti]]-[[Claudio Martelli|Martelli]]" (anche "decreto Falcone"), che inasprì le prescrizioni dell'[[articolo 41 bis]] in tema di "carcere duro" riservato ai detenuti per reati di [[mafia]]:<ref name=autogenerato2 /> il giorno successivo, una telefonata anonima arrivata alla sede [[ANSA]] di [[Palermo]] a nome della sigla "Falange Armata" minacciò che "il carcere non si doveva toccare".<ref name=autogenerato2 /><ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/06/10/catania-nuove-minacce-al-giudice-lima.html?ref=search A CATANIA NUOVE MINACCE AL GIUDICE LIMA - La Repubblica.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>

Secondo le dichiarazioni dei [[collaboratori di giustizia]] rese alcuni anni dopo, gli omicidi di Lima e Falcone furono eseguiti proprio in quel periodo per danneggiare il senatore [[Giulio Andreotti]], il quale era considerato uno dei candidati più accreditati per l'[[Elezione del Presidente della Repubblica Italiana del 1992|elezione a Presidente della Repubblica]]; durante i giorni delle votazioni di maggio, la strage di Capaci orientò la scelta dei parlamentari verso [[Oscar Luigi Scalfaro]].<ref name=autogenerato1 /><ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1996/agosto/28/Andreotti_fece_avvertire_Violante_bomba_co_0_9608286084.shtml " Andreotti fece avvertire Violante: la bomba di Capaci è contro di me "] Corriere della Sera, 28 agosto 1996</ref>

===Via d'Amelio===
{{Vedi anche|Strage di via D'Amelio}}
[[File:Strage di Via d'Amelio.jpg|thumb|La [[strage di via d'Amelio]] (19 luglio 1992)]]

A fine giugno Riina fece sospendere la preparazione di un attentato contro l'onorevole [[Calogero Mannino]] ed insistette particolarmente per accelerare l'uccisione del giudice [[Paolo Borsellino]], eseguendola con modalità eclatanti. Il 19 luglio un gruppo di fuoco formato da mafiosi di [[Brancaccio (Palermo)|Brancaccio]], [[Corso dei Mille-Sant'Erasmo|Corso dei Mille]], [[Noce (Palermo)|Noce]] e [[San Lorenzo (Palermo)|San Lorenzo]] ([[Giuseppe Graviano]], Cristofaro Cannella, Francesco Tagliavia, Lorenzo Tinnirello, Stefano e Domenico Ganci, [[Salvatore Biondino]], [[Giovan Battista Ferrante]], [[Salvatore Biondo]]) compì un attentato dinamitardo in [[Strage di via D'Amelio|via D'Amelio]] a Palermo, in cui rimasero uccisi il giudice Borsellino e cinque agenti di scorta, causando il ferimento di ventitré persone.<ref name=autogenerato2 />

[[File:Andò Vespri Siciliani.jpg|thumb|left|L'allora ministro della difesa, [[Salvo Andò]], passa in rassegna le truppe impegnate nell'[[operazione Vespri siciliani]].]]

Il giorno stesso, una telefonata anonima a nome della sigla "Falange Armata" giunse alla sede [[ANSA]] di Palermo e rivendicò la strage.<ref>{{Cita news|url=http://www.ipezzimancanti.it/download/Borsellino%20primo%20rapporto%20ps.pdf|titolo=Primo rapporto della squadra mobile di Palermo sulla strage di via d'Amelio}}</ref> In seguito all'attentato di via d'Amelio, il decreto "Scotti-Martelli" venne convertito subito in legge e il regime del 41 bis applicato a circa 500 mafiosi già detenuti, 100 dei quali vennero trasferiti in blocco nelle carceri insulari dell'[[carcere dell'Asinara|Asinara]] e di [[Isola di Pianosa (Toscana)|Pianosa]]; nei giorni successivi, il nuovo esecutivo ([[governo Amato I]]) diede il via all'[[Operazione Vespri siciliani]], con cui vennero inviati 7000 uomini dell'esercito in [[Sicilia]] per presidiare gli obiettivi sensibili.<ref>[http://www.esercito.difesa.it/Attivita/OperazioniinTerritorioNazionale/Pagine/VespriSiciliani.aspx Esercito Italiano- "Vespri Siciliani"<!-- Titolo generato automaticamente -->] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20131207083703/http://www.esercito.difesa.it/Attivita/OperazioniinTerritorioNazionale/Pagine/VespriSiciliani.aspx |data=7 dicembre 2013 }}</ref>

===L'omicidio Lizzio===
{{Vedi anche|Giovanni Lizzio}}

Il 27 luglio, appena una settimana dopo la strage di via d'Amelio, un gruppo di fuoco della Famiglia di [[Catania]] (Natale Di Raimondo, Francesco Squillaci e Umberto Di Fazio) uccise a colpi di pistola l'Ispettore capo [[Giovanni Lizzio]] a causa delle sue indagini anti-[[Pizzo (mafia)|racket]] che avevano portato in carcere diversi mafiosi catanesi.<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/07/29/punito-per-aver-sfidato-il-racket.html|titolo=PUNITO PER AVER SFIDATO IL RACKET - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|lingua=it|accesso=2023-02-10}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/07/28/ucciso-il-poliziotto-antiracket.html|titolo=UCCISO IL POLIZIOTTO ANTIRACKET - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|lingua=it|accesso=2023-02-10}}</ref> L'omicidio fu ordinato da [[Benedetto Santapaola]] ("rappresentante" della Famiglia di Catania) per compiacere Riina, che voleva allargare anche nella città etnea la campagna di attentati ai danni di esponenti delle istituzioni.<ref name="lasentenza" />

=== Il tentato omicidio di Germanà ===
Il 14 settembre un gruppo di fuoco composto da mafiosi di [[Corleone]], [[Altofonte]], [[Brancaccio (Palermo)|Brancaccio]] e [[Castelvetrano]] ([[Leoluca Bagarella]], [[Gioacchino La Barbera]], [[Giuseppe Graviano]] e [[Matteo Messina Denaro]]) tentò di uccidere con fucili Kalashnikov sul lungomare di [[Mazara del Vallo]] il commissario Calogero Germanà (detto "Rino") per via del sue indagini antimafia insieme a Borsellino.<ref>{{Cita web|url=https://www.adnkronos.com/lex-questore-germana-al-processo-depistaggio-borsellino-io-un-miracolato_75u9Q14pZccKWLayrv1EEA|titolo=Borsellino: Germanà, io miracolato e quello strano trasferimento|autore=|sito=Adnkronos|data=2020-12-14|accesso=2021-10-14}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/12/30/bagarella-sbaglio-mira-il-commissario-si.html|titolo=' BAGARELLA SBAGLIO' MIRA IL COMMISSARIO SI SALVO' ' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|lingua=it|accesso=2021-10-14}}</ref> Germanà riuscì a salvarsi miracolosamente, abbandonando l'auto sulla quale viaggiava e gettandosi in mare tra i bagnanti mentre gli sparavano.<ref>{{Cita web|url=https://espresso.repubblica.it/attualita/cronaca/2012/03/20/news/borsellino-un-altro-mistero-1.41494/|titolo=Borsellino, un altro mistero|sito=L&apos;Espresso|data=2012-03-20|lingua=it|accesso=2021-10-14}}</ref>

=== L'omicidio Salvo e il proiettile al Giardino di Boboli ===
Il 17 settembre un gruppo di fuoco composto da mafiosi di [[San Giuseppe Jato]], [[Corleone]] e [[Altofonte]] ([[Giovanni Brusca]], [[Leoluca Bagarella]], [[Antonino Gioè]], [[Santino Di Matteo]], [[Gioacchino La Barbera]]) compì l'omicidio di [[Ignazio Salvo]], imprenditore e mafioso di [[Salemi]] che era stato legato all'onorevole Lima e ritenuto anche lui ormai inaffidabile.<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1996/gennaio/12/Omicidio_Salvo_ergastoli_co_0_9601123659.shtml Omicidio Salvo: 3 ergastoli] Corriere della Sera, 12 gennaio 1996</ref> Nello stesso periodo, Riina incaricò Brusca di organizzare un altro attentato dinamitardo contro il giudice [[Pietro Grasso]] poiché, a suo dire, ci voleva un altro "colpettino" per "ammorbidire" lo Stato: tuttavia l'attentato non andò in porto per problemi tecnici.<ref name=autogenerato2 /> Inoltre, tra ottobre e novembre, [[Giovanni Brusca]] e Antonino Gioè incaricarono Santo Mazzei (mafioso di [[Catania]]) di collocare un proiettile d'artiglieria nel [[Giardino di Boboli]] a [[Firenze]] al fine di creare allarme sociale e panico, così da condizionare le istituzioni nella prospettiva di benefici per i detenuti in regime carcerario di cui all'[[articolo 41 bis]]:<ref>"Ipotetiche radici terroristiche in ambienti carcerari" vennero affacciate anche nel giugno 1993, ad un mese dalle stragi di Firenze, Milano e Roma: [https://patrimonio.archivio.senato.it/inventario/scheda/terrorismo-e-stragi-x-xiii-leg/IT-SEN-114-016321/seduta-n-2-4#lg=1&slide=0 Commissione stragi, XI legislatura, Processi verbali Ufficio di presidenza, Seduta n. 2 (30 giugno 1993)], p. 3, in Archivio storico del Senato, ASSR, Terrorismo e stragi (X-XIII leg.), 3.2.2.</ref> il proiettile però fu rinvenuto solo in un momento successivo, perché la telefonata anonima fatta da Mazzei stesso per rivendicare il fatto a nome della sigla "Falange Armata" non fu recepita.<ref>{{Cita news|url=http://www.misteriditalia.com/stragi1993/lasentenza/17LatrattativaGioeBelliniproiettileBoboli.pdf|titolo=La trattativa tra Gioè-Bellini/Il proiettile nel Giardino di Boboli - Sentenza del processo di 1º grado per le stragi del 1993|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131110201622/http://www.misteriditalia.com/stragi1993/lasentenza/17LatrattativaGioeBelliniproiettileBoboli.pdf|dataarchivio=10 novembre 2013}}</ref>

=== La continuazione degli attentati ===
{{Vedi anche|Operazione Belva}}

Il 15 gennaio [[1993]] Riina venne arrestato insieme a [[Salvatore Biondino]].<ref name=autogenerato2 /> Nei giorni successivi i ''boss'' [[Raffaele Ganci]], [[Michelangelo La Barbera]] e [[Salvatore Cancemi]] si incontrarono con [[Giovanni Brusca]] per organizzare altri possibili attentati in Sicilia contro uomini dello Stato; tuttavia Ganci, La Barbera e Cancemi decisero che "era opportuno stare fermi".<ref name=lasentenza>{{Cita news|url=http://www.misteriditalia.com/stragi1993/lasentenza/19Lastrategiamafiosa.pdf|titolo=La deliberazione della campagna stragista - Sentenza del processo di 1º grado per le stragi del 1993|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131227233619/http://www.misteriditalia.com/stragi1993/lasentenza/19Lastrategiamafiosa.pdf|dataarchivio=27 dicembre 2013}}</ref>

Tra gennaio e aprile avvennero una serie di incontri nei pressi di [[Santa Flavia]] e [[Bagheria]], a cui parteciparono Brusca, [[Leoluca Bagarella]], [[Antonino Gioè]], [[Gioacchino La Barbera]], [[Giuseppe Graviano]] e [[Matteo Messina Denaro]], in cui si discusse di attentati da compiere fuori dalla Sicilia poiché Ganci, Cancemi e La Barbera non erano d'accordo: in particolare, durante gli incontri, si parlò di attentati contro la [[Torre di Pisa]] o spargere siringhe infette nelle spiagge di [[Rimini]] per creare allarme sociale: si programmò di eliminare alcuni [[Corpo di polizia penitenziaria|agenti penitenziari]] in servizio al carcere di Pianosa, ritenuti responsabili di sevizie nei confronti dei detenuti.<ref name=lasentenza /> Bagarella informò anche il ''boss'' [[Bernardo Provenzano]], che si disse "d'accordo a continuare come prima".<ref name=lasentenza /> Il 19 marzo la [[Direzione Investigativa Antimafia|DIA]] arrestò Antonino Gioè e Gioacchino La Barbera nel covo di via Ughetti a Palermo; nelle intercettazioni ambientali ascoltate dagli agenti, parlavano del loro coinvolgimento nella strage di Capaci e dei programmati attentati contro gli agenti penitenziari in servizio a Pianosa.<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/04/28/uccidete-quelle-dodici-guardie.html|titolo=' UCCIDETE QUELLE DODICI GUARDIE' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|lingua=it|accesso=2023-01-26}}</ref> Ad aprile, durante un altro incontro a Santa Flavia a cui parteciparono Leoluca Bagarella, Filippo Graviano, Giuseppe Graviano e Messina Denaro, venne organizzato un nuovo attentato contro [[Maurizio Costanzo]].<ref name=lasentenza /> A metà maggio Cancemi, Ganci e La Barbera incontrarono Provenzano, il quale riferì che "tutto andava avanti".<ref name=lasentenza />

=== Il fallito attentato a Costanzo ===
{{Vedi anche|Attentato di via Fauro}}
Nello stesso periodo un gruppo di fuoco composto da mafiosi di [[Brancaccio (Palermo)|Brancaccio]] e [[Corso dei Mille-Sant'Erasmo|Corso dei Mille]] (Cristofaro Cannella, Cosimo Lo Nigro, Salvatore Benigno, Giuseppe Barranca, Francesco Giuliano) si portò a Roma per compiere l'attentato a Costanzo, venendo ospitato nuovamente da Scarano nell'appartamento di suo figlio;<ref name=autogenerato3 /> sempre Scarano procurò anche un garage presso un centro commerciale a [[Tor Bella Monaca]], dove Lo Nigro e Benigno portarono una [[Fiat Uno]] rubata durante un appostamento nel centro di Roma, che provvidero a imbottire con l'esplosivo già occultato nello scantinato dell'abitazione di Scarano.<ref name=autogenerato3 /> Nella stessa sera l'autobomba venne parcheggiata in via Ruggiero Fauro, nei pressi degli studi televisivi dove Costanzo registrava le puntate del [[Maurizio Costanzo Show]], ma inizialmente non esplose per un difetto del congegno.<ref name=autogenerato3 />

La sera del 14 maggio Lo Nigro e Benigno innescarono l'esplosione al passaggio dell'auto di Costanzo, che rimase fortunatamente illeso: Benigno infatti schiacciò il pulsante del telecomando con qualche istante di ritardo, perché aspettava Costanzo su un'auto diversa da quella che sopraggiunse;<ref name=autogenerato3 /> l'esplosione causò il ferimento di ventiquattro persone, nonché gravi danni agli edifici circostanti e alle auto parcheggiate nelle vicinanze.<ref name=autogenerato4 /> Qualche ora dopo, una telefonata anonima rivendicò l'attentato di via Fauro a nome della sigla "Falange Armata".<ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/05/28/ma-chi-si-cela-dietro-la-sigla.html?ref=search MA CHI SI CELA DIETRO LA SIGLA ' FALANGE ARMATA' ? - La Repubblica.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>

=== Gli attentati a Firenze, a Roma e a Milano ===
{{Vedi anche|Strage di via dei Georgofili|Strage di via Palestro|Attentati alle chiese di Roma}}
[[File:Attentato-via-palestro.jpg|thumb|Il [[Padiglione d'Arte Contemporanea di Milano]] devastato dall'[[Strage di via Palestro|esplosione in via Palestro]] (28 luglio 1993)]]

Sempre a metà maggio, Lo Nigro, Giuliano e [[Gaspare Spatuzza]] provvidero a macinare e confezionare l'esplosivo necessario per gli attentati successivi, presso una casa fatiscente a [[Corso dei Mille-Sant'Erasmo|Corso dei Mille]] messa a disposizione da Antonino Mangano (capo della [[Famiglia (mafia)|Famiglia]] di [[Roccella (Palermo)|Roccella]]);<ref name=autogenerato3 /><ref name=autogenerato4 /> una parte dell'esplosivo venne affidata a Pietro Carra (autotrasportatore che gravitava negli ambienti mafiosi di Brancaccio), il quale lo occultò in un doppiofondo ricavato nel suo camion per trasportarlo a Roma, presso un magazzino sulla [[via Ostiense]] messo a disposizione da Emanuele Di Natale (amico di Scarano), dove Lo Nigro, Spatuzza e Benigno provvidero a scaricarlo e nasconderlo per utilizzarlo in un secondo momento.<ref name=autogenerato3 /><ref name=autogenerato4 />

Il 23 maggio Barranca, Lo Nigro, Spatuzza e Giuliano si portarono a [[Prato (Italia)|Prato]], venendo ospitati nell'appartamento di Antonino Messana (cognato di Giuseppe Ferro, capo della Famiglia di [[Alcamo]]), che inizialmente aveva rifiutato, ma poi aveva ceduto alle minacce di Gioacchino Calabrò (capo della Famiglia di [[Castellammare del Golfo]]) e Giorgio Pizzo (mafioso di Brancaccio):<ref name=autogenerato3 /> nei giorni successivi, Carra trasportò un'altra parte dell'esplosivo a [[Galciana]] (frazione di Prato), dove venne raggiunto da Lo Nigro, Spatuzza e Giuliano, i quali prelevarono l'esplosivo e lo scaricarono nel garage di Messana, accompagnati da Vincenzo Ferro (figlio di Giuseppe) con la sua auto.<ref name=autogenerato3 />

La sera del 26 maggio Giuliano e Spatuzza rubarono una [[Fiat Fiorino]] e provvidero a sistemare l'esplosivo al suo interno, sempre nel garage di Messana; la sera stessa Giuliano e Lo Nigro andarono a parcheggiare l'autobomba in [[via dei Georgofili]], nei pressi della [[Galleria degli Uffizi]], e innescarono l'esplosione,<ref name="autogenerato3" /> che provocò il crollo dell'adiacente [[Torre dei Pulci]], l'uccisione dei coniugi Fabrizio Nencioni e Angela Fiume con le loro figlie Nadia (nove anni) e Caterina (cinquanta giorni di vita), e dello studente universitario Dario Capolicchio (ventidue anni), nonché il ferimento di una quarantina di persone:<ref name="autogenerato4" /> la mattina successiva all'[[Strage di via dei Georgofili|attentato]], due telefonate anonime giunsero alle sedi [[ANSA]] di [[Firenze]] e [[Cagliari]] che rivendicavano la strage a nome della sigla "Falange Armata".<ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/05/28/hanno-colpito-firenze-al-cuore.html?ref=search HANNO COLPITO FIRENZE AL CUORE - La Repubblica.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>

A fine maggio Lo Nigro, Giuliano, Spatuzza e Salvatore Grigoli (mafioso di [[Roccella (Palermo)|Roccella]]) macinarono e confezionarono altro esplosivo presso la casa fatiscente di Mangano e poi in un magazzino sempre a Corso dei Mille (preso in affitto da Grigoli stesso), dove, insieme all'esplosivo, tagliarono anche dei tondini di ferro che dovevano servire ad amplificare l'effetto distruttivo dell'ordigno.<ref name="autogenerato3" />

A giugno Spatuzza giunse a Roma per organizzare un altro attentato e compì un primo sopralluogo presso lo [[Stadio Olimpico (Roma)|Stadio Olimpico]], accompagnato da Scarano.<ref name="autogenerato3" /><ref name="autogenerato4" /> A metà luglio, Lo Nigro e Spatuzza, accompagnati da Scarano con la sua auto, effettuarono vari sopralluoghi nella zona di [[Trastevere]] durante la popolare "[[Festa de Noantri]]" per individuare un luogo da colpire: furono scelte le chiese di [[San Giorgio al Velabro]] e [[San Giovanni in Laterano]].<ref name="autogenerato3" /> Nello stesso periodo Spatuzza e Giuliano si portarono ad [[Arluno]], in provincia di Milano, dove Carra e Lo Nigro portarono l'altra parte dell'esplosivo, che provvidero a scaricare insieme a Giovanni Formoso (mafioso di [[Misilmeri]]);<ref name="autogenerato4" /> Spatuzza e Giuliano rubarono anche una [[Fiat Uno]] a [[Milano]] e la affidarono a Formoso per imbottirla di esplosivo.<ref name="autogenerato4" />
[[File:ATTENTATOLATERANO8280793.jpg|thumb|left|Gli [[attentati alle chiese di Roma]], con la facciata del [[Palazzo del Laterano]] danneggiata e tutte le finestre divelte (28 luglio 1993)]]

Il 26 luglio Lo Nigro, Spatuzza e Giuliano si portarono a Roma e nella serata del giorno successivo rubarono altre due [[Fiat Uno]], accompagnati da Benigno e Scarano: le due auto rubate furono portate nel magazzino di Di Natale sulla via Ostiense, dove Lo Nigro e Benigno provvidero a imbottirle con l'esplosivo precedentemente serbato lì.<ref name="autogenerato3" /> La sera stessa Lo Nigro portò la prima autobomba davanti a San Giorgio al Velabro mentre Spatuzza, Benigno e Giuliano portarono la seconda a San Giovanni in Laterano, accendendo le rispettive [[miccia|micce]]:<ref name="autogenerato3" /> le esplosioni, che avvennero a distanza di quattro minuti l'una dall'altra, provocarono ventidue feriti ma nessuna vittima, nonché gravi danneggiamenti alle due chiese.<ref name="autogenerato4" /> Nel primo pomeriggio del 28 luglio [[papa Giovanni Paolo II]] visitò ambedue i siti colpiti da esplosioni.<ref>{{cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/07/29/la-via-crucis-del-papa-tra-le.html|autore=Marco Politi|titolo=La Via Crucis del Papa tra le macerie|sito=repubblica.it|data=29 luglio 1993|accesso=9 marzo 2020}}</ref> Una delle possibili spiegazioni in ordine all'individuazione degli obiettivi è stata che potesse trattarsi di un'intimidazione nei confronti dei [[alte cariche dello Stato della Repubblica Italiana|massimi esponenti istituzionali]] dell'[[XI legislatura della Repubblica Italiana|epoca]], il [[Presidente del Senato della Repubblica|Presidente del Senato]] [[Giovanni Spadolini]] e il [[Presidente della Camera dei deputati (Italia)|Presidente della Camera]] [[Giorgio Napolitano]],<ref>{{cita news|url=https://www.repubblica.it/politica/2014/10/16/news/rischio_attentato_napolitano-98276847/?refresh_ce|titolo=Stato-mafia, allarme Sismi nel '93: "Rischio attentato a Napolitano"|sito=repubblica.it|data=16 ottobre 2014|accesso=9 marzo 2020}}</ref> oppure che potesse trattarsi di un sinistro avvertimento al [[Città del Vaticano|Vaticano]] per il discorso contro la mafia pronunciato da [[Papa Giovanni Paolo II|Giovanni Paolo II]] durante la sua visita ad [[Agrigento]] nel maggio precedente.<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1995/03/06/la-mafia-contro-il-papa-ruini.html|titolo=LA MAFIA CONTRO IL PAPA? RUINI: ' E' POSSIBILE ... ' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|lingua=it|accesso=2022-03-10}}</ref>
[[File:SANGIORGIO1310793A.jpg|thumb|La facciata della chiesa di [[San Giorgio al Velabro]] distrutta dall'esplosione (28 luglio 1993)]]

Mezz'ora prima degli attentati alle chiese di Roma, la [[Fiat Uno]] già rubata da Spatuzza e Giuliano esplose in [[Strage di via Palestro|via Palestro]] a Milano, uccidendo il vigile urbano Alessandro Ferrari, i vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno (intervenuti per una fuoriuscita di fumo biancastro dall'autobomba) e l'immigrato marocchino Moussafir Driss (che dormiva su una panchina), causando inoltre il ferimento di dodici persone, nonché gravi danni all'adiacente [[Padiglione d'arte contemporanea di Milano|Padiglione di arte contemporanea]] e alla [[Galleria d'arte moderna (Milano)|Galleria d'arte moderna]]:<ref name="autogenerato4" /> il giorno successivo, Spatuzza spedì due lettere anonime a nome della sigla "Falange Armata" alle redazioni dei quotidiani "[[Il Messaggero]]" e "[[Corriere della Sera]]", minacciando nuovi attentati ed altre vittime innocenti.<ref name="autogenerato3" /><ref name="autogenerato4" /><ref name="autogenerato5">{{Cita news|url=http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/023/016t01_RS/00000023.pdf|titolo=Relazione della Commissione Parlamentare Antimafia XVI LEGISLATURA}}</ref>

=== I falliti attentati allo stadio Olimpico di Roma e contro Salvatore Contorno ===
{{Vedi anche|Fallito attentato allo stadio Olimpico di Roma}}

A settembre, Carra trasportò l'esplosivo misto ai tondini di ferro a Roma, dove Spatuzza, Scarano, Lo Nigro e Giuliano provvidero a scaricarlo e nasconderlo presso un capannone dove lavorava il figlio di Scarano;<ref name=autogenerato3 /> Luigi Giacalone (mafioso di [[Roccella (Palermo)|Roccella]]) portò lì anche una [[Lancia Thema]] rubata a Palermo.<ref name=autogenerato3 /> Il mese successivo Spatuzza, Grigoli, Benigno, Giuliano, Lo Nigro e Giacalone vennero ospitati in una villetta a [[Torvaianica]] prestata a Scarano dal suo amico Alfredo Bizzoni, dove vennero raggiunti da [[Giuseppe Graviano]], che fece tornare Grigoli e Giuliano a Palermo poiché "erano troppi".<ref name=autogenerato3 /> Il gruppo venne informato da Scarano che il collaboratore di giustizia [[Salvatore Contorno]] abitava a [[Formello]], in [[provincia di Roma]], dove Spatuzza andò a compiere degli appostamenti, riuscendo a rintracciarlo.<ref name=autogenerato3 /><ref name=autogenerato4 /> Nello stesso periodo, Spatuzza e Scarano compirono un secondo sopralluogo allo [[Stadio Olimpico (Roma)|Stadio Olimpico]], seguendo due [[Autobus|pullman]] dei [[Arma dei Carabinieri|Carabinieri]] per conoscerne i movimenti e preparare un eventuale altro attentato.<ref name="autogenerato3" />

Il 23 gennaio [[1994]] Giacalone, Benigno, Spatuzza e Lo Nigro provvidero a sistemare l'esplosivo all'interno della Lancia Thema, sempre presso il capannone: Scarano accompagnò Lo Nigro e Benigno, che portarono l'autobomba di fronte a un presidio dei Carabinieri in viale dei Gladiatori, nei pressi dello Stadio Olimpico dove si stava disputando la partita di calcio Roma-Udinese. Spatuzza e Benigno si appostarono su una collinetta sovrastante lo Stadio in attesa della fine della partita per procurare l'esplosione al passaggio dei pullman dei Carabinieri, ma il telecomando non funzionò e quindi l'autobomba non esplose.<ref name=autogenerato4 /> Nei giorni successivi Scarano fece rimuovere la Lancia Thema dal [[carro attrezzi]] di un amico e poi provvide a farla rottamare presso un altro conoscente, dopo che Lo Nigro e Giacalone ebbero prelevato e nascosto l'esplosivo in una villetta di [[Capena]], presa in affitto da Scarano.<ref name=autogenerato3 /><ref name=autogenerato4 />

Il 27 gennaio a [[Milano]] venne arrestato [[Giuseppe Graviano]] insieme al fratello [[Filippo Graviano|Filippo]].<ref name=autogenerato2 /> A marzo [[Leoluca Bagarella]] chiese a [[Giovanni Brusca]] di procurargli dell'esplosivo diverso da quello usato nei precedenti attentati, per evitare che gli inquirenti facessero collegamenti;<ref name=autogenerato3 /> l'esplosivo venne direttamente confezionato da Grigoli, Lo Nigro, Giuliano e Spatuzza nel magazzino a [[Corso dei Mille-Sant'Erasmo|Corso dei Mille]], poiché non c'era bisogno di macinarlo, ed affidato sempre a Carra, che lo trasportò alla villetta di [[Capena]], dove venne scaricato e nascosto da Giacalone, Giuliano, Benigno e Grigoli, i quali compirono un altro appostamento a [[Formello]] e decisero di effettuare l'attentato contro Contorno collocando l'esplosivo telecomandato ai margini della strada che percorreva abitualmente.<ref name=autogenerato3 />

Durante il primo tentativo, Benigno e Lo Nigro azionarono il telecomando, ma l'esplosione non avvenne perché la [[gelatine (esplosivi)|gelatina]] utilizzata con l'esplosivo risultò avariata e quindi Giuliano venne mandato a [[Palermo]] per procurarsi altro esplosivo e nuovi detonatori.<ref name=autogenerato3 /> Carra compì quindi un altro viaggio a [[Capena]] con il suo [[camion]] per trasportare il nuovo esplosivo, sempre procurato da Brusca: Lo Nigro e Grigoli assemblarono l'esplosivo usato in precedenza con quello nuovo e lo collocarono in un tratto stradale diverso da quello precedente, nascosto in un canale di scolo.<ref name=autogenerato3 /> La mattina del 14 aprile, Lo Nigro e Benigno si appostarono su una collinetta nelle vicinanze per azionare il telecomando, ma Contorno non passò.<ref name=autogenerato3 /> La stessa sera, Grigoli e Giacalone andarono sul posto per recuperare l'esplosivo ma si accorsero che questo era stato scoperto dai Carabinieri, avvertiti dalla telefonata di un cittadino insospettito da movimenti sospetti nella zona.<ref name=autogenerato3 /><ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1994/aprile/15/trappola_esplosiva_per_Contorno_co_8_940415200.shtml Trappola esplosiva per Contorno] Corriere della Sera, 15 aprile 1994</ref>


== Cronologia degli attentati ==
{| class="wikitable"
|- bgcolor="#cccccc"
!Data
!Attentato
!Luogo
!Obiettivi
!Vittime
|-
|12 marzo 1992
|Omicidio di [[Salvo Lima]]
|[[Palermo]]
| colspan="2" |[[Salvo Lima]]
|-
|4 aprile 1992
|Omicidio di [[Giuliano Guazzelli]]
|[[Agrigento]]
| colspan="2" |[[Giuliano Guazzelli]] 
|-
|23 maggio 1992
|[[Strage di Capaci]]
|[[Isola delle Femmine]] (PA)
|[[Giovanni Falcone]]
|5 (tra cui Giovanni Falcone)
|-
|19 luglio 1992
|[[Strage di via D'Amelio]]
|[[Palermo]]
|[[Paolo Borsellino]]
|6 (tra cui Paolo Borsellino)
|-
|27 luglio 1992
|Omicidio di [[Giovanni Lizzio]]
|[[Catania]]
| colspan="2" |[[Giovanni Lizzio]]
|-
|14 settembre 1992
|Fallito attentato a Rino Germanà 
|[[Mazara del Vallo]] (TP)
|Rino Germanà 
|Nessuna vittima 
|-
|17 settembre 1992
|Omicidio di [[Ignazio e Antonino Salvo|Ignazio Salvo]]
|[[Santa Flavia]] (PA)
| colspan="2" |[[Ignazio Salvo]]
|-
|14 maggio 1993 
|[[Attentato di via Fauro|Fallito attentato di via Fauro]]
|[[Roma]]
|[[Maurizio Costanzo]]
|Nessuna vittima
|-
|27 maggio 1993
|[[Strage di via dei Georgofili]]
|[[Firenze]]
|[[Galleria degli Uffizi]]
|5
|-
|27 luglio 1993
|[[Strage di via Palestro]]
|[[Milano]]
|[[Padiglione d'arte contemporanea di Milano]]
|5
|-
|28 luglio 1993
|[[Attentati alle chiese di Roma|Autobomba a San Giovanni in Laterano]]
|[[Roma]]
|[[Basilica di San Giovanni in Laterano]]
|Nessuna vittima
|-
|28 luglio 1993
|[[Attentati alle chiese di Roma|Autobomba a San Giorgio in Velabro]]
|[[Roma]]
|[[Chiesa di San Giorgio in Velabro]]
|Nessuna vittima
|-
|23 gennaio [[1994]]
|[[Fallito attentato allo stadio Olimpico di Roma|Fallito attentato allo Stadio Olimpico]]
|[[Roma]]
|[[Stadio Olimpico (Roma)|Stadio Olimpico]] 
|Nessuna vittima
|-
|14 aprile 1994
|Fallito attentato a [[Salvatore Contorno|Totuccio Contorno]]
|[[Formello]] (RM)
|[[Salvatore Contorno|Totuccio Contorno]]
|Nessuna vittima
|}

== Le indagini e i processi ==
[[File:Piero Luigi Vigna.jpg|thumb|Il procuratore [[Piero Luigi Vigna]]]]

Nel [[1994]] la [[Procura della Repubblica|Procura]] di Firenze acquisì tutte le indagini sugli attentati di Roma, Firenze e Milano, che vennero condotte dal procuratore capo [[Piero Luigi Vigna]] e dai sostituti procuratori [[Francesco Fleury]], [[Gabriele Chelazzi]] e [[Giuseppe Nicolosi (magistrato)|Giuseppe Nicolosi]]<ref name=autogenerato9>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/12/24/attentati-93-cinque-bombe-una-sola.html?ref=search ATTENTATI ' 93 CINQUE BOMBE UNA SOLA STRATEGIA - La Repubblica.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>: l'inchiesta si basò soprattutto su analisi di tabulati telefonici ed, in particolare, sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Vincenzo Sinacori, Francesco Geraci, [[Salvatore Grigoli]], Pietro Romeo, Antonio Scarano, Emanuele Di Natale, Alfredo Bizzoni, Pietro Carra, Vincenzo e Giuseppe Ferro, Giovanni Ciaramitaro, Antonio Calvaruso, Emanuele e [[Pasquale Di Filippo]], [[Giuseppe Monticciolo]], Umberto Maniscalco, Tullio Cannella, [[Calogero Ganci]], [[Salvatore Cancemi]] e [[Giovanni Brusca]], che consentirono di ricostruire le modalità di esecuzione delle stragi.<ref name=autogenerato4 /><ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1995/02/05/ecco-boss-della-strage.html?ref=search 'ECCO I BOSS DELLA STRAGE' - La Repubblica.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>

Nel [[1996]] iniziò il processo per gli attentati del 1993 e, durante il dibattimento, le posizioni degli imputati [[Salvatore Riina]], [[Giuseppe Graviano]], Alfredo Bizzoni e [[Giuseppe Monticciolo]] vennero stralciate dal processo principale<ref name="/archivio/repubblica">[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2000/01/22/per-le-autobombe-del-93-ergastolo.html?ref=search Per le autobombe del ' 93 ergastolo a Riina e Graviano - La Repubblica.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>. Infine, nel giugno [[1998]], la [[Corte d'assise (Italia)|Corte d'Assise]] di Firenze condannò in primo grado all'ergastolo [[Leoluca Bagarella]], Giuseppe Barranca, Francesco Giuliano, [[Filippo Graviano]], Cosimo Lo Nigro, Antonino Mangano, [[Matteo Messina Denaro]], [[Bernardo Provenzano]], [[Gaspare Spatuzza]], Salvatore Benigno, Gioacchino Calabrò, Cristofaro Cannella, Luigi Giacalone e Giorgio Pizzo mentre i collaboratori di giustizia Giuseppe Ferro, Salvatore Grigoli e Antonio Scarano vennero condannati a diciotto anni di carcere, l'altro collaboratore [[Giovanni Brusca]] a vent'anni, Vincenzo Ferro a sedici anni, Pietro Carra a quattordici anni, Emanuele Di Natale a undici anni, Aldo Frabetti a dodici anni, Antonino Messana a ventuno anni e Vittorio Tutino a ventotto anni, mentre Massimo Scarano e Giuseppe Santamaria vennero assolti.<ref>{{Cita news|url=http://www.misteriditalia.com/stragi1993/lasentenza/22DISPOSITIVO.pdf|titolo=Dispositivo della sentenza di 1º grado per le stragi del 1993|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140524022448/http://www.misteriditalia.com/stragi1993/lasentenza/22DISPOSITIVO.pdf|dataarchivio=24 maggio 2014}}</ref>

Nel gennaio [[2000]] la [[Corte d'assise (Italia)|Corte d'Assise]] di Firenze condannò in primo grado all'ergastolo [[Salvatore Riina]] e [[Giuseppe Graviano]], mentre il collaboratore di giustizia Giuseppe Monticciolo venne condannato a sette anni di carcere e l'altro collaboratore Alfredo Bizzoni a un anno e mezzo<ref name="/archivio/repubblica" />. Nel febbraio [[2001]] la [[Corte d'assise d'appello]] di Firenze confermò tutte le precedenti condanne e le assoluzioni di primo grado, annullando però la condanna all'[[ergastolo]] per Cristofaro Cannella che venne ridotta a trent'anni di carcere<ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2001/02/14/autobombe-della-mafia-15-ergastoli.html?ref=search Autobombe della mafia, 15 ergastoli - La Repubblica.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>. Nel maggio [[2002]] la [[Corte di cassazione]] confermò le sentenze.<ref>[http://www.repubblica.it/online/cronaca/riinadue/cassa/cassa.html?ref=search Confermati gli ergastoli per le bombe del 1993 - La Repubblica.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>

Nel [[2002]], in base alle ricostruzioni dei collaboratori di giustizia Pietro Carra e Antonio Scarano, la Procura di Firenze dispose l'arresto dei fratelli Tommaso e Giovanni Formoso, identificati dalle indagini come coloro che compirono materialmente la [[strage di via Palestro]]<ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2002/01/16/via-palestro-due-ordini-di-cattura.html?ref=search Via Palestro due ordini di cattura - La Repubblica.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>. Nel [[2003]] la [[Corte d'assise (Italia)|Corte d'Assise]] di Milano condannò i fratelli Formoso all'[[ergastolo]]<ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/12/10/due-ergastoli-per-via-palestro-la-base.html?ref=search Due ergastoli per via Palestro la base era un pollaio di Caronno - La Repubblica.it]</ref> e tale condanna venne confermata nei due successivi gradi di giudizio<ref>[http://www.repubblica.it/2005/b/sezioni/cronaca/palestro/palestro/palestro.html?ref=search Strage via Palestro Confermati gli ergastoli - La Repubblica.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>. Nel [[2008]] Spatuzza iniziò a collaborare con la giustizia e le sue dichiarazioni fecero riaprire le inchieste su tutte le stragi del biennio [[1992]]-[[1993|93]]: in particolare, Spatuzza smentì la versione data precedentemente dai collaboratori di giustizia Vincenzo Scarantino e Salvatore Candura sull'esecuzione della [[strage di via d'Amelio]], autoaccusandosi del furto della [[Fiat 126]] utilizzata nell'attentato<ref name=autogenerato2 />; inoltre Spatuzza chiarì la provenienza dell'esplosivo usato in tutte le stragi ed accusò Francesco Tagliavia e Marcello Tutino (mafiosi di Corso dei Mille e Brancaccio) di aver avuto un ruolo nell'esecuzione delle stragi di [[Strage di via dei Georgofili|via dei Georgofili]] e [[Strage di via Palestro|via Palestro]].<ref name=autogenerato4 />

In seguito alle dichiarazioni di Spatuzza, nel [[2011]] la Corte d'Assise di Firenze condannò Francesco Tagliavia all'ergastolo<ref name=autogenerato4 />, sentenza diventata definitiva nel [[2017]]<ref>{{Cita web|url=http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/02/20/strage-di-via-dei-georgofili-cassazione-conferma-lergastolo-per-boss-tagliavia/3403412/|titolo=Strage di via dei Georgofili, Cassazione conferma l'ergastolo per boss Tagliavia|sito=Il Fatto Quotidiano|data=20 febbraio 2017|lingua=it|accesso=8 marzo 2022}}</ref>; nel [[2012]], sempre sulla base delle accuse di Spatuzza, la Procura di Firenze dispose l'arresto del pescatore Cosimo D'Amato, cugino di Cosimo Lo Nigro, il quale era accusato di aver fornito l'esplosivo, estratto da residuati bellici recuperati in mare, che venne utilizzato in tutti gli attentati del [[1992]]-[[1993|93]]<ref name=autogenerato5 />; l'anno successivo, il [[giudice dell'udienza preliminare]] di Firenze condannò D'Amato all'ergastolo con il [[rito abbreviato]]<ref>[http://firenze.repubblica.it/cronaca/2013/05/23/news/stragi_del_93_ergastolo_per_il_pescatore_che_forn_il_tritolo-59465939/ Stragi del '93, ergastolo per il pescatore che fornì il tritolo - La Repubblica.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>; la condanna venne confermata in appello nel [[2014]]<ref>{{Cita web|url=https://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Cronache_e_politica/Stragi-ergastolo-pescatore/07-07-2014/1-A_013412832.shtml|titolo=Stragi '93: ergastolo per il pescatore, Corriere della Sera - Ultime Notizie|accesso=2022-03-11}}</ref> e, due anni dopo, in Cassazione<ref>{{Cita web|url=https://firenze.repubblica.it/cronaca/2016/01/18/news/firenze_confermato_l_ergastolo_per_d_amato_forni_il_tritolo_per_le_stragi_di_mafia_del_92-93-131551202/|titolo=Firenze, confermato l'ergastolo per D'Amato: fornì il tritolo per le stragi di mafia del '92-93|sito=la Repubblica|data=18 gennaio 2016|lingua=it|accesso=11 marzo 2022}}</ref>; nel [[2015]] lo stesso D'Amato iniziò a collaborare con la giustizia e confermò il suo coinvolgimento nella fornitura di esplosivi.<ref>{{Cita web|url=http://www.ansa.it/sicilia/notizie/2015/09/28/mafia-strage-capaci.-si-pente-damato_3e2678e0-8e58-4ea6-b5a9-1c1013fe2aa0.html|titolo=Strage di Capaci, si pente Cosimo D'Amato, il pescatore che reperì il tritolo - Sicilia|sito=ANSA.it|data=28 settembre 2015|lingua=it|accesso=11 marzo 2022}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://palermo.gds.it/articoli/cronaca/2015/09/28/strage-di-capaci-il-pescatore-damato-nuovo-collaboratore-di-giustizia-ca02cc61-5db1-4807-894e-55e8ae2c4813/|titolo=Strage di Capaci, il pescatore D’Amato collaboratore di giustizia|sito=Giornale di Sicilia|data=28 settembre 2015|lingua=it|accesso=11 marzo 2022}}</ref>

Nel [[2014]] la [[Direzione distrettuale antimafia]] di Milano emise un'ordinanza di [[Custodia cautelare in carcere|custodia cautelare]] nei confronti di Marcello Tutino per il reato di [[strage]] perché accusato da Spatuzza di essere stato il "basista" dell'attentato di via Palestro.<ref>{{Cita web|url=https://milano.repubblica.it/cronaca/2014/01/13/news/strage_di_via_palestro_c_un_arresto_e_1_collaboratore_dei_fratelli_graviano-75790854/|titolo=Strage di via Palestro, un altro arresto:"Tutino mise l'esplosivo nella Fiat Uno"|sito=la Repubblica|data=13 gennaio 2014|lingua=it|accesso=8 marzo 2022}}</ref> L'anno successivo, la [[Corte d'assise]] di Milano assolse Tutino perché le sole dichiarazioni di Spatuzza furono considerate insufficienti per una condanna;<ref>{{Cita web|url=https://milano.repubblica.it/cronaca/2015/09/17/news/strage_di_via_palestro_i_giudici_il_pentito_spatuzza_e_attendibile_ma_non_ci_sono_riscontri_-123067811/|titolo=Via Palestro, "Spatuzza? Attendibile ma senza prove": ecco perché Tutino fu assolto|sito=la Repubblica|data=17 settembre 2015|lingua=it|accesso=8 marzo 2022}}</ref> l'assoluzione venne confermata in appello e in [[Corte suprema di cassazione|Cassazione]].<ref>{{Cita web|url=https://milano.repubblica.it/cronaca/2018/07/12/news/milano_strage_via_palestro_definitiva_assoluzione_per_tutino-201556236/|titolo=Milano, strage di via Palestro: diventa definitiva l'assoluzione per il presunto basista Tutino|sito=la Repubblica|data=12 luglio 2018|lingua=it|accesso=8 marzo 2022}}</ref>

=== Indagine "Mandanti occulti" ===
{{quote|Una certezza: Cosa nostra non si è mossa da sola. Se guardo ai risultati di questa offensiva, devo constatare che sul piano politico vi è stata una tenuta delle istituzioni. Nessuna richiesta avanzata dalla mafia è stata esaudita. Il 41 bis e le misure di prevenzione oggi sono provvedimenti molto più rigidi di prima. Allora dobbiamo guardare ai “deviati”. Quello è un periodo di “deviazione”. Il 1993 è anche l’anno dello scandalo dei fondi neri del Sisde, del tentato golpe di Saxa Rubra, dell’esplosivo sul rapido Siracusa-Torino piazzato da un funzionario dei Servizi di Genova, di un ordigno inerte in via dei Sabini a Roma, del black-out a Palazzo Chigi di cui parla il presidente Ciampi. Insomma, c’erano pezzi dei Servizi che ragionavano ancora come se il Muro di Berlino non fosse crollato. [[Mani pulite]] aveva demolito la Prima Repubblica e qualcuno aveva interesse che le richieste di Cosa nostra fossero accolte per dare peso a una organizzazione mafiosa che iniziava a globalizzarsi. Che era ricca, economicamente forte. In grado di consentire relazioni anche internazionali...|Intervista a Pier Luigi Vigna, ''[[La Stampa]]'', 30 maggio 2010<ref>{{cita news|url = https://www.lastampa.it/cronaca/2010/05/30/news/vigna-in-quelle-stragi-1.37015787/amp/|titolo = Vigna: "In quelle stragi|pubblicazione = La Stampa|data = 30 maggio 2010|accesso = 2 novembre 2022}}</ref>}}
Nel [[1994]] la Procura di Firenze aprì un secondo filone d'indagine parallelo per accertare le responsabilità negli attentati del 1993 di eventuali suggeritori o concorrenti esterni all'organizzazione mafiosa (i cosiddetti "mandanti occulti" o "a volto coperto"), che venne condotta sempre dal procuratore capo Vigna e dai sostituti procuratori Fleury, Chelazzi e Nicolosi:<ref name=autogenerato9 /> nel [[1996]] vennero iscritti nel registro degli indagati [[Silvio Berlusconi]] e [[Marcello Dell'Utri]] sotto le sigle “Autore 1” e “Autore 2” per concorso in strage, in seguito alle dichiarazioni ''de relato'' dei collaboratori di giustizia Pietro Romeo, Giovanni Ciaramitaro e [[Salvatore Cancemi]];<ref name=autogenerato4 /><ref name=autogenerato5 /> tuttavia nel [[1998]] il [[giudice per le indagini preliminari]] di Firenze archiviò l'inchiesta su “Autore 1” e “Autore 2” al termine delle indagini preliminari poiché non si era potuta trovare la conferma delle chiamate ''de relato'' e delle intuizioni logiche, sebbene si evidenziasse nel decreto di archiviazione che vi era «''un'obiettiva convergenza degli interessi politici di Cosa nostra rispetto ad alcune qualificate linee programmatiche della nuova formazione''» (ovvero [[Forza Italia (1994)|Forza Italia]]) e che durante le indagini «''l'ipotesi iniziale abbia mantenuto e semmai incrementato la sua plausibilità''».<ref name=autogenerato5 />

Nel [[2003]] la Procura di Firenze iscrisse nel [[registro degli indagati]] l'ex senatore democristiano [[Vincenzo Inzerillo]] (già condannato per [[concorso esterno in associazione di tipo mafioso]]),<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/2003/maggio/22/Una_lettera_prima_morire_lasciato_co_0_030522005.shtml Una lettera prima di morire: lasciato solo dalla Procura] Corriere della Sera, 22 maggio 2003</ref> il quale era accusato dal collaboratore di giustizia Vincenzo Sinacori di aver partecipato ad un incontro nell'ottobre [[1993]] con [[Leoluca Bagarella]], [[Giuseppe Graviano]] e [[Matteo Messina Denaro]] per "''dirgli che con le stragi non si concludeva niente e che si doveva fare un'altra strategia, fare un movimento politico''";<ref name=lasentenza /><ref>{{Cita web|url=https://archivio.unita.news/assets/main/2003/05/22/page_008.pdf|titolo=Stragi del ’93, indagato ex senatore Dc|autore=Giorgio Sgherri|editore=L'Unità|data=22 maggio 2003}}</ref> tuttavia l'indagine a carico di Inzerillo venne archiviata.<ref name=autogenerato10>{{Cita web |url=http://firenze.repubblica.it/dettaglio/stragi-del-93-senza-mandanti-occulti-e-i-pm-di-firenze-archiviano-il-caso/1427342 |titolo=Stragi del '93 senza mandanti occulti e i pm di Firenze archiviano il caso - La Repubblica.it<!-- Titolo generato automaticamente --> |accesso=14 aprile 2014 |dataarchivio=15 aprile 2014 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140415045601/http://firenze.repubblica.it/dettaglio/stragi-del-93-senza-mandanti-occulti-e-i-pm-di-firenze-archiviano-il-caso/1427342 |urlmorto=sì }}</ref> Infine nel [[2008]] la Procura di Firenze archiviò definitivamente l'inchiesta sui "mandanti occulti" poiché le indagini non avevano trovato ulteriori risultati investigativi.<ref name=autogenerato10 />

Nel 2008 Berlusconi e Dell'Utri furono nuovamente indagati dalla Procura di Firenze per il reato di concorso in strage a seguito della collaborazione di [[Gaspare Spatuzza]], il quale raccontò che [[Giuseppe Graviano]] nel [[1994]] gli avrebbe confidato che "''avevano il Paese nelle mani''" grazie ai contatti appunto con Berlusconi e Dell'Utri ma tale indagine è stata archiviata nel [[2011]] per mancanza di prove<ref>{{Cita web|url=http://www.corriere.it/politica/17_ottobre_31/ex-premier-dell-utri-berlusconi-stragi-firenze-c0b0e6ec-bdbe-11e7-b457-66c72633d66c.shtml|titolo=Berlusconi e Dell’Utri di nuovo indagati a Firenze per le stragi del 1993|autore=Giovanni Bianconi|sito=Corriere della Sera|data=2017-10-30|lingua=it|accesso=2023-09-14}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2017/10/31/mafia-stragi-93-berlusconi-e-dellutri-indagati-a-firenze_0cb24952-5cc4-4159-b7b2-9472c85ee142.html|titolo=Mafia: stragi '93, Berlusconi e Dell'Utri indagati a Firenze - Notizie - Ansa.it|sito=Agenzia ANSA|data=2017-10-31|lingua=it|accesso=2023-09-14}}</ref>. Nel [[2017]] la Procura di Firenze, nelle persone del procuratore capo Giuseppe Creazzo e dei sostituti procuratori Luca Turco e Luca Tescaroli, ha ottenuto dal [[Giudice per le indagini preliminari|GIP]] la riapertura del fascicolo a carico di Berlusconi e Dell'Utri per concorso in strage e ha delegato gli accertamenti alla [[Direzione Investigativa Antimafia]], basandosi sulle parole del boss [[Giuseppe Graviano]], intercettato in carcere mentre parlava di una "cortesia" fatta a Berlusconi.<ref>{{Cita web|url=https://www.repubblica.it/politica/2017/10/31/news/mafia_e_stragi_del_93_berlusconi_indagato-179825283/|titolo=Mafia e stragi del '93, Berlusconi indagato|sito=la Repubblica|data=31 ottobre 2017|lingua=it|accesso=29 novembre 2020}}</ref> Le intercettazioni di Graviano sono confluite negli atti del [[processo sulla trattativa Stato-mafia]].<ref>{{Cita web|url=http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/06/09/trattativa-graviano-intercettato-in-carcere-berlusca-mi-ha-chiesto-questa-cortesia-stragi-93-non-era-la-mafia/3647555/|titolo=Trattativa, Graviano intercettato in carcere: "Berlusca mi ha chiesto questa cortesia. Stragi '93? Non era la mafia"|sito=Il Fatto Quotidiano|data=9 giugno 2017|lingua=it|accesso=29 novembre 2020}}</ref> Nel [[2021]] l'indagine della Procura di Firenze ebbe un nuovo impulso a seguito della testimonianza di Graviano,<ref>{{Cita web|url=https://www.rainews.it/tgr/toscana/video/2021/04/tos-strage-via-dei-georgofili-graviano-mafie-baiardo-berlusconi-dell-utri-procura-firenze-bombe-creazzo-turco-tescaroli-131a2970-ee95-48d4-b4c2-e15cd8207a5e.html|titolo=Strage di via dei Georgofili. I Pm a Palermo per sopralluoghi - TGR Toscana|sito=TGR|accesso=2021-08-07}}</ref> il quale ammise esplicitamente per la prima volta di aver incontrato Berlusconi per tre volte nei primi anni '90, confermando quanto emerso dalle sue intercettazioni in carcere, e fece velate allusioni ad "''imprenditori del Nord''" che non volevano che le stragi finissero.<ref>{{Cita web|url=https://espresso.repubblica.it/inchieste/2021/03/05/news/giuseppe_graviano_silvio_berlusconi-290292205/|titolo=Il boss Giuseppe Graviano ha parlato con i pm dei soldi di Silvio Berlusconi|sito=L&apos;Espresso|data=5 marzo 2021|lingua=it|accesso=7 agosto 2021}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/02/07/mafia-graviano-da-latitante-ho-incontrato-berlusconi-almeno-3-volte-me-lo-ha-presentato-mio-nonno-negli-anni-80-tramite-mio-cugino-avevamo-un-rapporto-bellissimo-nel-1993-abbiamo-cenato-insie/5699030/|titolo=Mafia, Graviano: "Da latitante ho incontrato Berlusconi almeno 3 volte. Me lo ha presentato mio nonno negli anni '80. Tramite mio cugino avevamo un rapporto bellissimo, nel 1993 abbiamo cenato insieme"|sito=Il Fatto Quotidiano|data=7 febbraio 2020|lingua=it|accesso=7 agosto 2021}}</ref>

=== La "trattativa Stato-mafia" ===
{{vedi anche|Trattativa Stato-mafia}}
Nel 1998 la sentenza di primo grado per le stragi del 1993 accertò che, nel periodo tra le stragi di [[Strage di Capaci|Capaci]] e [[Strage di via d'Amelio|via d'Amelio]], i vertici del [[Raggruppamento Operativo Speciale|ROS]] dell'epoca (il colonnello [[Mario Mori]] e il capitano Giuseppe De Donno) contattarono [[Vito Ciancimino]] per "fermare le stragi e avere informazioni" mentre, negli stessi mesi, il maresciallo Roberto Tempesta stabilì un altro contatto con il ''boss'' [[Antonino Gioè]] attraverso [[Paolo Bellini]] (ex [[Terrorismo nero|terrorista nero]] e confidente del [[SISMI]]) al fine di recuperare alcuni pezzi d'arte rubati.<ref name=autogenerato2 /><ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1995/luglio/29/Torre_Pisa_nel_mirino_della_co_0_9507291422.shtml Torre di Pisa nel mirino della mafia] Corriere della Sera, 29 luglio 1995</ref> Secondo i collaboratori di giustizia [[Giovanni Brusca]] e [[Salvatore Cancemi]], Riina preparò un elenco di richieste che riguardavano benefici per i mafiosi detenuti e la revisione del Maxiprocesso (il cosiddetto "papello") poiché "qualcuno, da parte delle istituzioni, si era fatto sotto e c'era una trattativa in corso".<ref name=autogenerato2 /><ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1998/01/24/ciancimino-si-offri-di-far-catturare-riina.html Ciancimino si offrì di far catturare Riina - La Repubblica.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>

Nel [[2002]] il collaboratore di giustizia [[Nino Giuffrè|Antonino Giuffrè]] dichiarò che, nell'ottobre-novembre [[1993]], i fratelli [[Filippo Graviano|Filippo]] e [[Giuseppe Graviano]] trattarono con [[Silvio Berlusconi]] attraverso l'imprenditore Gianni Ienna al fine di ottenerne benefici giudiziari e la revisione del [[Articolo 41-bis|41 bis]], in cambio del loro appoggio elettorale a [[Forza Italia (1994)|Forza Italia]];<ref>[http://www.repubblica.it/online/cronaca/giuffredue/verbale/verbale.html Giuffré: il boss Graviano era il tramite con Berlusconi], La Repubblica, 3 dicembre 2002</ref> secondo Giuffrè, nello stesso periodo [[Bernardo Provenzano]] attivò alcuni canali per arrivare a [[Marcello Dell'Utri]] e Berlusconi, al fine di presentare una serie di richieste su alcuni argomenti che interessavano [[Cosa nostra]].<ref>[http://www.repubblica.it/online/cronaca/giuffredue/patto/patto.html Giuffrè, gli obiettivi della confessione], La Repubblica, 4 dicembre 2002</ref> Anche altri collaboratori di giustizia (Tullio Cannella, [[Angelo Siino]], [[Giovanni Brusca]], [[Salvatore Grigoli]], Maurizio Avola, Salvatore Cucuzza, Giuseppe Ferro<ref name=autogenerato1 /><ref name=autogenerato4 />) parlarono dell'appoggio fornito da Cosa nostra a [[Forza Italia (1994)|Forza Italia]] alle [[Elezioni politiche in Italia del 1994|elezioni del 1994]].<ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/03/29/la-sicilia-si-consegna-forza-italia.html LA SICILIA SI CONSEGNA A FORZA ITALIA - La Repubblica.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref><ref>[http://palermo.repubblica.it/cronaca/2011/11/13/news/berlusconi_e_il_granaio_sicilia_storia_d_amore_e_di_promesse_tradite-24945887/ Berlusconi e il "granaio" Sicilia - storia d'amore e di promesse tradite - La Repubblica.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref><ref>[http://www.repubblica.it/2008/11/sezioni/politica/forza-congresso/voti-forza-italia/voti-forza-italia.html Forza Italia, storia dei suoi voti. Tra il 21% e il 29%, mai come la Dc - La Repubblica.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref> Nel 2008 l'altro collaboratore di giustizia [[Gaspare Spatuzza]] dichiarò che nell'ottobre 1993 [[Giuseppe Graviano]] gli confidò, durante una conversazione in un bar di [[Via Veneto (Roma)|via Veneto]] a [[Roma]], di aver ottenuto tutto quello che voleva grazie ai contatti con [[Marcello Dell'Utri]] e, tramite questi, con Berlusconi.<ref name=autogenerato4 />

Nel [[2009]] [[Massimo Ciancimino]] (figlio di Vito) dichiarò che nel giugno [[1992]] fece da tramite tra il padre e il ROS per giungere ad un accordo mirato alla cessazione delle stragi e alla consegna dei latitanti, che avrebbe avuto la copertura politica degli allora ministri [[Nicola Mancino]] e [[Virginio Rognoni]];<ref name=autogenerato2 /><ref name=autogenerato6>{{Cita news|url=http://www.parlamento.it/application/xmanager/projects/parlamento/file/repository/commissioni/bicamerali/antimafiaXVI/STENOGRAFICI/Resosteno_19.03.11.pdf|titolo=Audizione del procuratore Francesco Messineo dinanzi alla Commissione Parlamentare Antimafia - XVI LEGISLATURA}}</ref> inoltre [[Massimo Ciancimino]] sostenne di avere ricevuto il "papello" con le richieste di Riina da Antonino Cinà (medico e mafioso di [[San Lorenzo (Palermo)|San Lorenzo]]) con l'incarico di consegnarlo al padre, che però scrisse un altro papello che doveva essere sempre indirizzato a Mancino e Rognoni (il cosiddetto "contro-papello") poiché le richieste di Riina erano, a suo dire, improponibili: sempre secondo Ciancimino, nel settembre [[1992]] lui e il padre ripresero i contatti con il colonnello Mori e il capitano De Donno per individuare il covo di Riina e per questo aprirono una seconda trattativa con [[Bernardo Provenzano]], che sarebbe durata fino a dicembre, quando [[Vito Ciancimino]] venne arrestato;<ref name=autogenerato6 /> secondo le confidenze del padre, nei mesi successivi la trattativa continuò ed ebbe [[Marcello Dell'Utri]] come nuovo interlocutore.<ref>[http://www.repubblica.it/2009/10/sezioni/cronaca/mafia-10/dellutri-provenzano/dellutri-provenzano.html Ciancimino jr e il biglietto del boss. Dell'Utri parlò con Provenzano - La Repubblica.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>

In seguito alle dichiarazioni di Massimo Ciancimino, i magistrati di [[Caltanissetta]] e di [[Palermo]] raccolsero le testimonianze degli ex onorevoli [[Claudio Martelli]], [[Luciano Violante]], dell'avvocato [[Fernanda Contri]] e della dottoressa Liliana Ferraro, i quali dichiararono che nell'estate del 1992 vennero avvicinati dall'allora colonnello Mori e dal capitano De Donno che cercavano "copertura politica" per i loro contatti con Ciancimino, di cui era stato informato anche il giudice [[Paolo Borsellino]] nel periodo precedente alla sua morte.<ref name=autogenerato2 /><ref name=autogenerato6 />

La Procura di [[Palermo]] e la [[Commissione parlamentare antimafia]] presieduta dal senatore [[Giuseppe Pisanu]] ipotizzarono anche che, sebbene "dopo dieci anni di permanenza nell’incarico una sostituzione ai vertici del D.A.P. sarebbe da considerarsi normale", sulla sostituzione avvenuta nel giugno [[1993]] del direttore [[Nicolò Amato]] e del vicedirettore Edoardo Fazzioli "avrebbero influito in parte dei dissidi imprecisati con l’allora Presidente della Repubblica [[Oscar Luigi Scalfaro]]", sempre radicalmente negati da quest'ultimo:<ref name=autogenerato5 /><ref name=autogenerato6 /> al loro posto vennero nominati il dottor Adalberto Capriotti come nuovo direttore e il dottor [[Francesco Di Maggio]] come vicedirettore;<ref name=autogenerato5 /><ref name=autogenerato6 /> il 26 giugno il dottor Capriotti inviò una nota all'allora ministro della Giustizia [[Giovanni Conso]] in cui spiegava la sua nuova linea di silente non proroga di 373 provvedimenti di sottoposizione al 41 bis in scadenza a novembre, che avrebbero costituito "un segnale positivo di distensione";<ref name=autogenerato2 /><ref name=autogenerato5 /><ref name=autogenerato6 /> tuttavia, tra il 20 e il 27 luglio, il DAP prorogò numerosi provvedimenti di sottoposizione al 41 bis in scadenza che riguardavano alcuni detenuti mafiosi di elevata pericolosità e, proprio in quei giorni, avvennero gli attentati in [[Strage di via Palestro|via Palestro]] e alle chiese di Roma;<ref name=autogenerato5 /><ref name=autogenerato6 /> il 2 novembre il ministro Conso non rinnovò circa 300 provvedimenti al 41 bis in scadenza per, a suo dire, "fermare le stragi."<ref name=autogenerato5 /><ref name=autogenerato6 />

Nel giugno [[2012]] la Procura di Palermo chiuse le indagini sulla "trattativa";<ref>[http://palermo.repubblica.it/cronaca/2012/06/14/news/chiuse_indagini_su_trattativa_stato-mafia_i_pm_dell_utri_mediatore_con_i_boss-37166169/ Chiuse indagini su trattativa Stato-mafia I pm: "Dell'Utri mediatore con i boss" - La Repubblica.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref> nel [[2013]] il [[giudice dell'udienza preliminare]] di Palermo dispose il rinvio a giudizio per [[Salvatore Riina]], [[Bernardo Provenzano]], [[Giovanni Brusca]], [[Leoluca Bagarella]], [[Antonino Cinà]], [[Nicola Mancino]], [[Antonio Subranni]], [[Mario Mori]], Giuseppe De Donno, [[Calogero Mannino]] e [[Marcello Dell'Utri]], con le accuse di violenza o minaccia a corpo politico e [[falsa testimonianza]].<ref>[http://www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca/trattativa_stato_mafia_il_gup_ha_deciso_rinvio_a_giudizio_per_tutti_i_10_imputati/notizie/256575.shtml Trattativa Stato-mafia, il gup ha deciso: rinvio a giudizio per tutti i 10 imputati] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20211130160951/https://www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca/trattativa_stato_mafia_il_gup_ha_deciso_rinvio_a_giudizio_per_tutti_i_10_imputati/notizie/256575.shtml |date=30 novembre 2021 }} Il Messaggero, 7 marzo 2013</ref>

Il 4 novembre [[2015]] il [[giudice dell'udienza preliminare]] di [[Palermo]], Marina Petruzzella ha assolto [[Calogero Mannino]] (giudicato con il [[rito abbreviato]]) dall'accusa a lui contestata per "''non aver commesso il fatto''".<ref>{{Cita web|url=https://gds.it/articoli/cronaca/2015/11/04/mannino-unodissea-giudiziaria-di-oltre-20-anni-1b2e6b86-46fa-45e3-8f12-8117af0edb96/|titolo=Mannino, un'odissea giudiziaria di oltre 20 anni|sito=Giornale di Sicilia|lingua=it|accesso=2021-10-14}}</ref> La sentenza di assoluzione è stata confermata in appello il 22 luglio 2019<ref>{{cita news|autore=[[Salvo Palazzolo]]|url=https://palermo.repubblica.it/cronaca/2019/07/22/news/trattativa_stato-mafia_sentenza_appello_mannino-231733438/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S1.8-T1|titolo=Trattativa Stato-mafia, Mannino di nuovo assolto. In appello confermata la sentenza del gup|pubblicazione=[[La Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]]|data=22 luglio 2019|accesso=22 luglio 2019}}</ref> e anche dalla Corte di Cassazione l'11 dicembre 2020.<ref>{{Cita web|url=https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/11/trattativa-stato-mafia-confermata-in-cassazione-lassoluzione-dellex-ministro-calogero-mannino/6033664/|titolo=Trattativa Stato mafia, confermata in Cassazione l'assoluzione dell'ex ministro Calogero Mannino|sito=Il Fatto Quotidiano|data=2020-12-11|lingua=it-IT|accesso=2021-10-14}}</ref>

Per gli imputati giudicati con il rito ordinario, Il [[20 aprile]] [[2018]] la [[Corte d'assise]] di Palermo, presieduta dal dott. Alfredo Montalto, pronunciò la sentenza di primo grado, con la quale vennero condannati a dodici anni di carcere [[Mario Mori]], [[Antonio Subranni]], [[Marcello Dell'Utri]], [[Antonino Cinà]], ad otto anni [[Giuseppe De Donno (carabiniere)|Giuseppe De Donno]] e [[Massimo Ciancimino]] (per lui il reato venne prescritto), a ventotto anni [[Leoluca Bagarella]]; vennero inoltre prescritte, come richiesto dai pubblici ministeri, le accuse nei confronti di [[Giovanni Brusca]], e venne assolto [[Nicola Mancino]].<ref>{{Cita web|url=https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/04/20/trattativa-stato-mafia-la-sentenza-mori-e-dellutri-condannati-a-12-anni/4305623/|titolo=Trattativa Stato-Mafia, sentenza storica: Mori e Dell'Utri condannati a 12 anni. Di Matteo: "Ex senatore cinghia di trasmissione tra Cosa nostra e Berlusconi"|sito=Il Fatto Quotidiano|data=2018-04-20|lingua=it-IT|accesso=2021-10-14}}</ref> 

Il 23 settembre 2021 la [[Corte d'assise d'appello]] di Palermo ribaltò la sentenza di primo grado e assolse Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno perché ''"il fatto non costituisce reato"'' e l'ex senatore Marcello Dell'Utri ''"per non aver commesso il fatto"'', mentre confermò la prescrizione per [[Giovanni Brusca]] e la condanna a dodici anni del capomafia [[Antonino Cinà]] e ridusse a ventisette anni la pena al boss [[Leoluca Bagarella]].<ref>[https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2021/09/23/trattativa-stato-mafia-assolti-carabinieri-e-dellutri-_8bdcf107-b4e0-468b-b365-d260041d912c.html Trattativa Stato-mafia: assolti carabinieri e Dell'Utri]</ref>

Il 27 aprile 2023 la [[Corte suprema di cassazione|Corte di Cassazione]] ha confermato l'assoluzione nei confronti di Mori, De Donno e Subranni, però con la formula "''per non avere commesso il fatto''", ed anche quella per Dell'Utri, mentre per Bagarella e Cinà ha dichiarato la [[Prescrizione (ordinamento penale italiano)|prescrizione]] del reato.<ref>{{Cita web|url=https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2023/04/27/trattativa-stato-mafia-confermata-assoluzione-per-ex-ros-_cc49619c-6887-4583-a30d-3c3f7ed5323a.html|titolo=Stato-mafia: confermate le assoluzioni per Mori, Subranni, De Donno e Dell'Utri - Cronaca|sito=Agenzia ANSA|data=2023-04-27|lingua=it|accesso=2023-04-29}}</ref>

=== Indagine "Sistemi criminali" ===
Nel [[1998]] la Procura di Palermo, nelle persone dei [[Pubblico ministero (ordinamento italiano)|PM]] [[Antonio Ingroia]] e [[Roberto Scarpinato]],<ref>{{Cita web|url=https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2018/04/20/stato-mafia-in-principio-era-sistemi-criminali_746327d4-7164-4cda-a0c4-182dd53fad45.html|titolo=Stato-mafia: in principio era 'sistemi criminali' - Politica|sito=Agenzia ANSA|data=2018-04-20|lingua=it|accesso=2022-11-02}}</ref> iscrisse nel [[registro degli indagati]] i ''boss'' mafiosi [[Salvatore Riina]], [[Giuseppe Graviano|Giuseppe]] e [[Filippo Graviano]], [[Nitto Santapaola]], Eugenio Galea, [[Aldo Ercolano]], il ''Gran Maestro'' [[Licio Gelli]], gli ex deputati [[Stefano Menicacci]] e [[Paolo Romeo (politico)|Paolo Romeo]], l'estremista nero [[Stefano Delle Chiaie (politico)|Stefano Delle Chiaie]], il commercialista Giuseppe Mandalari e i faccendieri [[Rosario Pio Cattafi]], Filippo Battaglia e Giovanni Di Stefano, con l'accusa di aver "''costituito, organizzato, diretto e/o partecipato ad un'associazione'' [il cosiddetto "sistema criminale"] ''promossa e costituita in Palermo anche da esponenti di vertice di Cosa nostra, ed avente ad oggetto il compimento di atti di violenza con fini di eversione dell'ordine costituzionale, allo scopo - tra l'altro - di determinare, mediante le predette attività, le condizioni per la secessione politica della Sicilia e di altre regioni meridionali dal resto d'Italia, anche al fine di agevolare l'attività dell'associazione mafiosa Cosa nostra e di altre associazioni di tipo mafioso ad essa collegate sui territori delle regioni meridionali del paese''".<ref name=autogenerato1 />

Infatti l'indagine condotta dalla Procura di Palermo si basava sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia [[Leonardo Messina]], Filippo Malvagna, Giuseppe Pulvirenti, Francesco Pattarino, Maurizio Avola, Vincenzo Sinacori, Tullio Cannella, Gioacchino Pennino, [[Salvatore Cancemi]], [[Giovanni Brusca]], Angelo Siino, Antonino Galliano ma anche dei collaboratori Pasquale Nucera e Filippo Barreca (ex affiliati della [['Ndrangheta]]), Gianfranco Modeo e Marino Pulito (ex affiliati alla [[Sacra Corona Unita]]), nonché quelle di Massimo Pizza (ex faccendiere e massone):<ref name=autogenerato1 /> secondo tali dichiarazioni, nel [[1990]]-[[1991|91]] venne organizzato un piano eversivo-terroristico, in cui convergevano esponenti mafiosi, 'ndranghetisti e uomini provenienti dalle file della [[massoneria]] e dell'eversione nera (in particolare [[Licio Gelli]] e [[Stefano Delle Chiaie (politico)|Stefano Delle Chiaie]]).

Inoltre le indagini della Procura di Palermo accertarono che nel periodo [[1989]]-[[1993|93]] erano state create numerose leghe indipendentiste (a cui parteciparono anche [[Licio Gelli]], [[Vito Ciancimino]], [[Stefano Delle Chiaie (politico)|Stefano Delle Chiaie]] ed altri), che si radunarono nella "[[Lega Meridionale]]", e nell'ottobre [[1993]] l'allora imprenditore Tullio Cannella (all'epoca uomo di fiducia di [[Leoluca Bagarella]] e [[Giuseppe Graviano]]) fondò anch'egli il movimento autonomista "Sicilia Libera";<ref name=autogenerato1 /><ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2001/06/27/il-partito-della-mafia-va-in-archivio.html Il partito della mafia va in archivio chiusa l'inchiesta su 'Sicilia libera' - La Repubblica.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref> tuttavia, secondo le dichiarazioni di Cannella stesso, nel [[1994]] "''Graviano, Provenzano e Bagarella, pur continuando a coltivare il progetto separatista, si impegnarono e profusero le loro energie per favorire ed appoggiare l'affermarsi di un nuovo partito politico e cioè [[Forza Italia (1994)|Forza Italia]]''".<ref name=autogenerato1 />

Nel [[2001]] la Procura di Palermo dispose l'archiviazione dell'indagine poiché non era "''sufficientemente provato che l'organizzazione mafiosa deliberò di attuare la “strategia della tensione” per agevolare la realizzazione del progetto politico del gruppo Gelli-Delle Chiaie, né che l'organizzazione mafiosa abbia approvato l'attuazione di un piano eversivo-secessionista per effetto di contatti col gruppo Gelli-Delle Chiaie''";<ref name=autogenerato1 /> tuttavia la richiesta di archiviazione della Procura di Palermo ipotizzava che il piano eversivo-terroristico "''sia stato "prospettato” a Cosa nostra al fine di orientarne le azioni criminali, sfruttandone il momento di “crisi” dei rapporti con la politica e che l'organizzazione mafiosa ne abbia anche subito - anche temporaneamente - l'influenza, senza però impegnarsi a pieno titolo nel piano eversivo-secessionista''".<ref name=autogenerato1 />

== Note ==
<references/>

== Bibliografia ==
:* {{cita libro
|titolo=Diario della paura. Da via dei Georgofili la storia di un biennio di sangue
|nome=Silvia
|cognome=Tessitore
|editore=Zona
|anno=2003
|ISBN=88-87578-62-1
}}
:* Maurizio Torrealta, ''La trattativa. Mafia e Stato. Un dialogo a colpi di bombe'', Roma, Editori Riuniti, 2002. ISBN 88-359-5195-X; Milano, BUR Rizzoli, 2010. ISBN 978-88-17-04126-3.
:* [[Giorgio Sturlese Tosi]]'', In difesa della Giustizia'' (con [[Piero Luigi Vigna]]), Milano, BUR, 2011.
:* G. Grassi, ''Processo alla trattativa Stato Mafia. Tre procure, tre verità''. M. Pagliai Editore 2015
:* Parlamento Italiano, ''Relazioni della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia''. On. [[Rosy Bindi]]
:*Archivio Antimafia, '''''pubblica le sentenze dei vari gradi di giudizio relative egli attentati del '92-'93 e la sentenza di primo grado della trattativa Stato-Mafia.'''''
:*[[Salvatore Borsellino]] (a cura di), ''La Repubblica delle stragi. 1978/1994. Il patto di sangue tra Stato, mafia, P2 ed eversione nera'', PaperFIRST, 2018.
:*[[Salvo Palazzolo]], ''I fratelli Graviano. Stragi di mafia, segreti, complicità'', [[Bari]]-[[Roma]], [[Editori Laterza]], [[2022]].

== Voci correlate ==
* [[Attentato di via Fauro]]
* [[Autobomba]]
* [[Cosa nostra]]
* [[Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo]]
* [[Falange Armata]]
* [[Fallito attentato allo stadio Olimpico di Roma]]
* [[Ignazio e Antonino Salvo]]
* [[Maxiprocesso di Palermo]]
* [[Operazione Vespri siciliani]]
* [[Rapporti tra servizi segreti italiani e criminalità]]
* [[Salvo Lima]] 
* [[Strage di Capaci]]
* [[Strage di via dei Georgofili]]
* [[Strage di via Palestro]]
* [[Strage di via D'Amelio]]
* [[Giuseppe Graviano]]
* [[Terrorismo]]
* [[Terrorismo in Italia]]
* [[Trattativa Stato-mafia]]

== Collegamenti esterni ==
* {{cita web|https://www.archivioantimafia.org/sentenze.php|Stragi 1993}}

{{Cosa Nostra}}
{{Portale|Italia|politica|storia|storia d'Italia}}

[[Categoria:Attentati terroristici del 1992]]
[[Categoria:Conflitti della criminalità organizzata]]
[[Categoria:Distruzioni del patrimonio artistico]]
[[Categoria:Storia di Cosa nostra]]
[[Categoria:Storia della Repubblica Italiana (1981-1994)]]
[[Categoria:Attentati terroristici in Italia]]