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Essex House

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Essex House fu un palazzo fatto costruire a Londra intorno al 1575 da Robert Dudley, I conte di Leicester e originariamente chiamato Leicester House. Venne rinominata Essex House dopo essere stata ereditata da Robert Devereux, II conte di Essex nel 1588.

La proprietà occupava il luogo in cui il Outer Temple, parte della sede londinese dei cavalieri templari, era stato precedentemente costruito, ed era immediatamente adiacente al Middle Temple, poi uno dei quattro principali Inn of court.

La casa fronteggiava la Strand ed era di notevoli dimensioni; nel 1590 si contavano 42 stanze da letto, più una galleria di ritratti, cucine, rimesse, un salone per banchetti e una cappella.

La madre di Essex, Lettice Knollys, affittò la casa per un periodo ma la occupò più tardi col nuovo marito Sir Christopher Blount, insieme al figlio e alla sua famiglia.

Dopo l'esecuzione capitale di Blount e di Essex, ella continuò a viverci fino alla morte, lasciando parte dell'edificio a James Hay, I conte di Carlisle.

La casa poi divenne proprietà di Robert Devereux, III conte di Essex, che l'affittò in parte a suo cognato William Seymour, I marchese di Hertford.

Dopo la Guerra civile inglese, la famiglia lasciò la proprietà a causa dei debiti. Dopo la Restaurazione e la morte di William Seymour, Sir Orlando Bridgeman visse nella dimora per lungo tempo.

Quando la duchessa Somerset morì nel 1674, la lasciò a sua nipote, il cui marito Sir Thomas Thynne, vendette l'edificio insieme alle terre adiacenti.

La maggior parte del palazzo venne demolita tra il 1674 ed il 1679. Essex Street fu costruita su una parte dell'area occupata dall'edificio.


Curiosita:

nei pinguini di Madagascar l'edificio si vede in alcuni episodi

in una parte si vede che da la parola ex se che vuoldire sex

Bibliografia

  • Borer, Mary Cathcart. The City of London: A History. (NY McKay, 1977) (pp 156)
  • Holmes, Martin. Elizabethan London. (London: Cassell, 1969) (pp 90–91)
  • Stow, John. A Survey of London. Reprinted from the Text of 1603. Ed. Charles Lethbridge Kingsford. 2 vols. (Oxford: Clarendon, 1908) pp 2:393-4

Voci correlate