Storia di Genova
Template:StoriaGenova Per circa otto secoli Genova fu sede dell'omonima Repubblica di Genova che comprendeva la quasi totalità della Liguria, la Corsica (poi ceduta alla Francia nel 1768), parte dell'oltregiogo piemontese e l'isola di Capraia.
Per circa cinque secoli fiorirono in tutto il bacino Mediterraneo i possedimenti genovesi, ora con carattere di empori o basi commerciali, ora vere e proprie colonie, dipendenti direttamente dalla Repubblica, dal Banco di San Giorgio o da privati cittadini.
Le origini di Genova
Nonostante talune fonti storiche le attribuiscano una origine celtica, la nascita di Genova è certamente da attribuirsi a tribù liguri, visti anche l'incongruenza temporale fra la sua presunta fondazione e la presenza celtica nel Nord Italia. La città era allora definita "l'emporio dei liguri", e la sua popolazione autoctona affiancata da folte comunità straniere di fenici, greci, etruschi e latini che qui trovarono il luogo adatto per stabilire un importante scalo sulle rotte mediterranee.
A parere di alcuni storici che sostengono la tesi celtica, l'antico pagu di Genova fu fondato presumibilmente tra il 2500 a.C. ed il 2000 a.C. su un substrato di popolazioni celtoliguri (non si trattava dei Celti che occuparono l'Europa occidentale nel primo millennio a.C. e negli ultimi secoli prima di Cristo abitarono l'Italia settentrionale quando raggiunsero l'apogeo colonizzando gran parte dell'Europa).
Secondo tale teoria esse appartenevano alla cultura Halstattiana (sviluppatasi dal V secolo a.C. in poi) della cosiddetta coppa rovesciata: i Liguri della tribù Ambrones.
La zona di Genova è stata una delle più anticamente popolate da parte dell'homo sapiens come appare dalle evidenze nelle numerose grotte neolitiche presenti in liguria (ad esempio quelle di Toirano) e di menhir dalla testa umana; i primi ritrovamenti di una certa importanza nella zona risalgono al primo millennio a.C. e riguardano carri da battaglia usati come sepoltura (come quelli conservati nella collezione privata Bocconi) rinvenuti nella zona e facilmente databili a quell'epoca.
La più antica iscrizione ritrovata riporta la parola mezunemusu (ovvero santuario centrale) su di una stele rupestre vergata con caratteri cuneiformi verticali appartenenti alla famiglia indoeuropea più propriamente in uso a Tyrus (Tiro, attuale Libano); questo ed altri elementi fanno supporre che il primo insediamento autoctono sia stato contaminato, arricchito o addirittura realizzato da alcuni pionieri fenici in spedizione da Tiro.
Al suo apogeo il dominio dei Ligures, invece, si suppone raggiungesse le coste della Spagna meridionale, le isole del Tirreno e, sul continente la loro espansione si teorizza toccasse la zona dei Colli Euganei e la valle del Tevere. In seguito all'espansione di popoli come gli Etruschi e i Celti il loro territorio si restrinse fino a comprendere un'area grosso modo racchiusa fra il Rodano e il Ticino e fra l'Arno ed il Lago di Ginevra. L'origine del nome Genova viene fatto risalire ad una radice indoeuropea *geneu- ("ginocchio") oppure *genu-("mascella, bocca"); genu- sarebbe un'allusione alla foce ("bocca") di uno degli antichi corsi d'acqua del sito[1] o la forma dell'insediamento sul mare; a corroborare questa evidenza è il fatto che la maggioranza dei linguisti considerino Genua e Genaua (Ginevra) varianti dello stesso nome[1] (la posizione geografica e la forma di Ginevra, posta all'estremità del Lemano, ricordano non a caso quella di Genova). I Nomi Genua (Genova) e Genaua (Ginevra) sembrano infatti avere uguale origine.
Nell'epopea di Ercole (o Eracle), l'eroe di ritorno dalla sua missione alle colonne dovette affrontare due fratelli figli di Poseidone, Dio del mare: i loro nomi erano Albiones e Ligures. Questo sembra avere riscontro nella realtà dato che la civiltà ellenica fondò nel VII secolo a.C. Marsiglia (Massalia o Massilia) scontrandosi, e successivamente mescolandosi, con le popolazioni liguri.
L'epoca preromana
Sull'origine della città, che secondo la tradizione popolare ebbe origine nel colle poi detto in epoca latina Sarzano (Arx Jani,l’Arce di Giano ), nell'epoca preromana non esistono documenti scritti.
L'unica documentazione scritta esistente dell'epoca preromana, in relazione a Genova, sul piano storico, attesta indiscutibilmente - mentre sul colle di Castello (l'attuale Sarzano) pur già si stavano edificando alcune abitazioni e le primigenie piccole cinte murarie di difesa come emerge dagli scavi a tutt'oggi in atto da parte della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria- che Genova si chiamò inizialmente Stalia (Σταλìα): «Γενòα, πòλις τῶν Λιγυρῶν, Σταλìα καλουμένη νῦν,ὡς ‘Αρτεμίδωρος [...]» («Genova, città dei Liguri, allora chiamata Stalia, secondo Artemidoro [...]»). Questa frase greca,citando lo storico Artemidoro (II secolo a.C.) è infatti riportata dal geografo del VI secolo d.C. Stefano di Bisanzio nell'opera (edita per la prima volta da Aldo Manuzio) Περὶ πολεῶν (Peri poleōn) De urbibus ["Sulle città"], Venetiis, apud Aldum,1502[2]. Venne del resto ribadita, tale identità, nel I secolo d.C. da Pomponio Mela (nell'opera Pomponii Melae De sitv orbis libri tres [...] additis suis a Carolo Henrico Tzschvckio [Karl Henrich Tzschucke], Lipsiae, 1806[3]
Σταλìα coincideva con l'attuale località di Staglieno, dove si trovava il porto che, in quei remoti anni ,era a circa 5 chilometri all'interno rispetto alla costa, sul torrente Bisagno, allora con un letto circa quattro volte più largo e profondo rispetto all'attuale, come mostra una cartina, pur non di assoluta veridicità scientifica, allegata al volume di Gaetano Poggi, Genova Preromana, Romana e Medioevale[4]. Stal[l]ia - secondo il Dizionario etimologico di Ottorino Pianigiani (Albrighi & Segati,Milano 1907) - significa proprio «la dimora volontaria o forzata che si fa in un porto;ed anche il tempo stabilito per lo scarico delle mercanzie».
Questa documentazione storica è incontrovertibile: e lo è anche se progressivamente, a partire dalla fine del V secolo e soprattutto nel IV secolo a.C., quello che sarà l'oppidum di Castello ovvero di Sarzano (in epoca romana chiamato Arx Jani,l’Arce di Giano), soprattutto per l'accrescersi dei traffici, di gran lunga finì per superare in grandezza e importanza Σταλìα, con lo spostamento del porto in quello che (sempre in epoca romana) sarà chiamato Mandracus (Mandraccio in epoca mediovale) circondato dal cosiddetto “seno delle Grazie”.
Ma di questo sviluppo urbano, nell’epoca preromana, per iscritto non esiste alcuna traccia documentaria. È nondimeno incontrovertibile, tale sviluppo, proprio per i reperti preromani ( scarsi per il V secolo e sempre più numerosi dal IV al III secolo a.C.) via via emersi in Genova, specie dagli scavi che ancòra continuano sulla traccia di quelli effettuati dal 1967 e poi ripresi nel 1977-1981 da Marco Milanese per conto della Sovrintendenza archeologica della Liguria (si veda il suo libro Scavi nell’oppidum preromano di Genova" , Roma, L’Erma di Bretscher ed.,1987 [5].E,quanto ai reperti archeologici si veda anche il saggio di Piera Melli , Una città portuale del Mediterraneo tra il VII e il III secolo a.C.", Genova, Fratelli Frilli ed.,2007.
Ma anche la scoperta di questi né di altri reperti non può mettere in discussione le fonti storiche sopra citate. Resta perciò altrettanto incontrovertibile la primigenia identità «Γενòα, Σταλìα»: proprio perché ampiamente documentata dai suddetti storici dell’antichità, che non avevano certo alcun motivo per mentire: le cui affermazioni restano valide, non cancellabili .
Si tratta di un'identità assai importante in quanto è l'unico riferimento storico scritto relativo a Genova nell'epoca preromana, specie se si tiene conto del fatto che, anche relativamente all'epoca romana, scarsissime sono le fonti storiche che a quest'ultima fanno riferimento, e solo a partire dai secoli III-II a.C. (le prime testimonianze menzionano l'oppidum ligure nell'ambito delle operazioni militari condotte al tempo della seconda guerra punica, con Genova, vincolata a Roma con un foedus aequum, considerata importante scalo per le navi militari romane nel conflitto contro Cartagine).
Soltanto pochissimi studiosi hanno peraltro voluto credere all'unica obiezione in proposito a «Γενòα, Σταλìα», cioè la correzione apportata a Stefano di Bisanzio da Thomas de Pinedo, erudito secentesco portoghese, la quale si può leggere nell'edizione del 1825 della suddetta opera, a sua volta riedizione del saggio in quattro volumi fatto pubblicare nel 1678 dallo stesso de Pinedo e con sue note[6]. Ecco la "correzione" di de Pinedo, nella parte prima del IV volume, alla p. 348, dove si legge:
«[Σταλìα καλουμένη νῦν,etc.] Asserit epitomator noster Genoam suo aevo Staliam vocatam fuisse, cuius nominis apud alios, quod sciam, fit mentio, quanobrem Cluv. [Cluvius], in sua Italia antiqua lib.1. pro Σταλìα legendum putat 'Ιανουα [...]»
«Afferma il nostro epitomatore [Stefano di Bisanzio] che Genova a suo tempo [in epoca preromana] si chiamasse Stalia, nome di cui presso altri, che io sappia, non c'è menzione, mentre Cluvio nella sua Italia antiqua libro 1, al posto di Σταλìα ritiene si debba leggere 'Ιανουα [...]»
La maggioranza degli studiosi otto-novecenteschi (Alfredo D'Andrade, Orlando Grosso, Gaetano Poggi e Luigi Bernabò Brea e, soprattutto, Nino Lamboglia, antesignano dell'archeologia stratigrafica e toponomastica in Italia e conoscitore della Liguria preromana, accanto a specialisti in archeologia quali Gherardo Ghirardini e Giorgio Monaco, senz'escludere il cartografo Piero Barbieri e l'"anticologo" secentista Odoardo Ganduccio) ha nondimeno accettato come corretta l'identificazione della Genova preromana in Stalia, coincidente come sopra detto con l'attuale località di Staglieno che, nell'epoca preromana, era per l'appunto il nucleo originario di Genova,pur poi sovrastato per importanza, dall’oppidum suddetto.
Quanto ancòra a Thomas de Pinedo, egli non aveva del resto a disposizione alcuna fonte manoscritta, limitandosi a citare una fonte, spesso dubbia, qual è l'opera di Cluvio Rufo (ovvero Cluvius Rufus), senatore al tempo di Claudio e Nerone, autore anche di una Historia non pervenuta ma spesso criticata, pur citata da Tacito negli Annales -13.20 e 14.2 e da Plinio in Epistulae 9,19[7].
Al contrario è da valutare che Stefano di Bisanzio non poteva confondere Σταλìα con 'Ιανουα, proprio in quanto attento chiosatore di geografi dell'antichità, da Tolomeo a Strabone, da Pausania a Artemidoro di Efeso (del quale ultimo un presunto frammento della Geografia , un papiro, è al centro di controversie fra i filologi, opponendo Luciano Canfora che lo ritiene un falso a quanti ne sostengono l'autenticità).
Inoltre, secondo lo storico ottocentesco Giovanni Battista Spotorno, nell'opera Elogj di Liguri illustri [8], scrivendo di Cajo Elio Staleno (rilevato anche come Gaius Staienus / Stalenus), più volte citato da Cicerone e tribuno della plebe nell'anno di Roma 697 - affermò che verosimilmente nacque, proprio per la derivazione del cognomen da Stalia, in quella ch'era l'antica località di Staglieno, la quale altresì coincide con l'omonima antica famiglia patrizia genovese.
Dello stesso avviso fu lo storico ottocentesco Cornelio Desimoni[9], per il quale Stalia corrispondeva per l'appunto toponomasticamente all'attuale Staglieno, anche per il riferimento alla stessa Stalia intesa quale tassa sugli stipendi degli ufficiali in zona portuale.
Epoca romana
La vicina "potenza", Marsiglia, fece ombra a Genova sino alla prima guerra punica, quando le due città entrarono nell'orbita politica e militare di Roma.
La seconda guerra punica vide Genova legata a Roma da un foedus aequum (patto alla pari), tanto che le truppe romane utilizzarono il caposaldo marittimo genovese per raggiungere la pianura padana e contrastare Annibale. In questo periodo Magone Barca, fratello di Annibale, sbarcò vicino Savona e di lì condusse una spedizione contro Genova, che devastò e saccheggiò. La ricostruzione avvenne nel 203 a.C. ad opera del proconsole Spurio Lucrezio.
Sconfitta Cartagine, Roma puntava ad espandersi verso nord, e si servì di Genova come base di appoggio per incursioni, tra il 191 e il 154 a.C., contro le tribù liguri dell'entroterra, da decenni alleate con Cartagine. Fu in questo periodo a che si percepì una primitiva vocazione dello scalo genovese come porto di scambio, grazie ai traffici che si svilupparono con le più importanti città romane dell'entroterra: Tortona (Derthona) e Piacenza (Placentia).
La romanizzazione si evidenziò con l'espandersi della città dal primitivo castrum della zona di Santa Maria di Castello e del promontorio del Molo, verso la zona dell'attuale San Lorenzo e del Mandraccio.
In età augustea Genova, con la Liguria, faceva parte della Regio IX, ma poco altro è degno di nota per questo periodo, che si pensa anzi abbia rappresentato per la città un'epoca di ridimensionamento, probabilmente per la mancanza di comunicazioni.
Con l'inizio del IV secolo Milano (Mediolanum), divenne una delle quattro capitali imperiali ricevendo un forte impulso economico e demografico. Per Genova fu l'inizio di un rapporto profittevole destinato a durare nei secoli. Il successivo trasferimento nella città lombarda della sede arcivescovile per l'Italia settentrionale dette un ulteriore spinta allo sviluppo urbano di Milano e di ciò Genova si giovò per incrementare i propri traffici ed il proprio ruolo strategico.
Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente
Dai barbari ai Longobardi
L'Alto Medioevo è un periodo importante per Genova e la sua regione.
Infatti, dopo la caduta dell'Impero romano, fu devastata dagli Eruli e dai Goti. I Bizantini dopo la guerra gotica, occuparono tutta la parte che va dal mare all'appennino creandovi la Provincia bizantina di Liguria
La parte di regione protetta dagli Appennini resta salva dalle invasioni e viene, per così dire, ristretta sulla fascia costiera, perdendo tutto l'oltregiogo e quindi "obbligata" al mare. In tal modo si delinea il suo futuro ed ad un ormai formale governo bizantino.
La provincia bizantina caddè nel 641 da parte dei Longobardi di re Rotari e diventò ducato ligure con Genova capitale e facente parte del grande Regno longobardo.
Rotari nel 643 attuò anche in Liguria il celebre editto e grazie anche alla collaborazione dei monaci di San Colombano, ebbe un'espansione commerciale culturale e religiosa da parte dei monaci irlandesi dell'Ordine di San Colombano, che fecero di Genova una base religiosa dopo Bobbio; incentrata in numerosi possedimenti liguri ed avente come chiesa matrice l'Abbazia di Santo Stefano e la Chiesa di San Pietro in Banchi.
Essi fanno del porto di Genova un porto franco dove possono attraccare tutte le navi persino bizantine, sviluppano l'agricoltura con la diffusione di oliveti e frantoi e la coltivazione in terrazza e soprattutto aprendo una via commerciale con la Pianura padana attaverso le future varie vie commerciali e di comunicazione: olio, sale, legname, carne, ecc.
Dopo i Franchi la Liguria è divisa attorno al X secolo in tre zone (marche):
Esse originano il primissimo ceto nobiliare viscontile, e la successiva assegnazione alla Marca Marittima, con compiti di contenimento e vigilanza sull'alto tirreno da quello che era nel frattempo diventato un grande problema per la cristianità postcarolingia: i mori islamici.
Dai carolingi alla prima indipendenza
Dopo la dominazione longobarda, durante il IX secolo, il territorio ligure passò sotto il dominio di Carlo Magno, mentre si consolidò nella città il potere clericale (fino all'arcivescovato creato nel 1100). Il territorio della futura Repubblica di Genova fu diviso sotto diversi nobili carolingi chiamati visconti, secondo il sistema feudale. Il controllo militare esercitato dal Regno d'Italia era minimo, e nel 935, Genova venne assalita via mare dai predoni del Califfo Muhamond, di provenienza nordafricana. Molti uomini furono uccisi, le donne rese concubine e i maschi forti schiavi. Le proteste al Re da parte dei visconti per la mancata protezione non si fecero attendere e Re Berengario II, concesse alla città e ai suoi territori limitrofi una parziale indipendenza, come il diritto di formare un esercito.
Tra le priorità iniziali vi fu la protezione del centro abitato: furono costruite torri e castelletti di osservazione sul mare, molti dei quali anche se sottoposti a varie ristrutturazioni nei secoli, rimangono ancora oggi. La minaccia venne nuovamente dal nordafrica, quando il predone Mugiahid, che viene italianizzato in “Musetto” tentò nel 1015 un nuovo saccheggio. Le flotte genovese e pisana, alleate per fronteggiare la minaccia comune (diverranno acerrime nemiche già alla fine del secolo), riuscirono ad allontanare le forze dei pirati, e garantire la sicurezza.
Le famiglie viscontili come quella dei Malaspina, svincolate parzialmente dal potere imperiale, spadroneggiavano nei territori rurali, imponendo dazi e privilegi feudali alla popolazione, e non riconoscendo l'autorità della città di Genova. Altro potere nascente fu quello ecclesiastico, dove il vescovo cittadino era visto come una autorità insuperabile nel delicato equilibrio di potere. Ciò che serviva alla fine dell'XI secolo era un ordinamento politico solido.
Prima epoca aurea: la fondazione del Comune e le crociate
La Compagna Communis
In principio le libere associazioni erano tre, diverse tra loro: le Compagnae, appunto, le Coniurationes e le rassae. Alla fine fu la prima forma di aggregazione dei cittadini genovesi ad avere la meglio. Caffaro di Rustico da Caschifellone, annalista genovese, annotò con dovizia di particolari nel 1099 nei suoi Annali come si giunse alla nascita - della "Compagna Comunis", e come esso costituisse una sorta di patto federativo in grado di unire tutte le Compagne nelle quali si era fino ad allora suddiviso topograficamente e demograficamente l'insieme del territorio, compreso tra le zone dette del "Castello" e del "Borgo".
La "Compagna" nasce quindi come patto di solidarietà che si rivelerà fondamentale quale strumento di espansione e consolidamento territoriale, anche in funzione dei rapporti allora nascenti tra la l'Arcidiocesi e le potenti famiglie viscontili che fino ad allora avevano agito da funzionari imperiali ma che sarebbero poi divenute feudatarie dello stesso vescovo. La definizione di Compagna Communis venne modificata in "Respublica Ianuensis", o Repubblica di Genova, dopo la "svolta" di Andrea Doria (vedi: Svolta filospagnola di Andrea Doria).
Guglielmo Embriaco e la Prima Crociata
Le prime basi del colonialismo genovese furono poste con le crociate, durante le quali gli interessi, dal limitato orizzonte della riviera, si spostarono a Oriente. La prima spedizione genovese partì con gli altri crociati europei nel 1097, e con la conquista di Antiochia, i genovesi ottennero una chiesa ed un fondaco, ovvero un quartiere commerciale proprio nella città liberata. Fu sulla via del ritorno che i crociati liguri trovarono quelle che furono ritenute le ceneri di San Giovanni Battista, che in seguito si affiancò a San Giorgio e San Lorenzo come patrono della città.
Fu determinate l'aiuto offerto dai genovesi per la conquista di numerose città della Terra Santa, prima fra tutte Gerusalemme, dove il capitano e ammiraglio Guglielmo Embriaco giunse con truppe fresche e rifornimenti in un momento di grande sconforto. Consci di essere incalzati dalle truppe nemiche, Guglielmo e suo fratello Primo ordinarono lo smantellamento delle navi, e con il legname al seguito, si diressero verso la città santa. Ideate e costruite con le navi smontate furono alcune innovative armi d'assedio quali la torre mobile, con la quale Embriaco si arrampicò da solo sulle mura della città, incitando i soldati cristiani a fare altrettanto. Grazie al riutilizzo di un "bolzone", una sorta di ariete sospeso, con il quale gli assediati tentarono di respingere le torri, i crociati poterono raggiungere le mura e da lì irrompere nella città, conquistandola. Addirittura Baldovino, re della Gerusalemme conquistata, succeduto al fratello Goffredo di Buglione, fece incidere sull'architrave della chiesa del Santo Sepolcro la scritta a caratteri d'oro "Præpotens Genuensium præsidium" (rinforzato presidio genovese), cancellata alcuni anni dopo da un suo successore.
Nel 1100 l'Embriaco, assieme all'annalista Caffaro di Rustico da Caschifellone, futuro console e "padre della patria", guidò la terza spedizione ligure in Terrasanta, dove lo stesso Caffaro riferisce un atto di eroismo dell'Embriaco alla presa di Cesarea: rimasto isolato dai suoi uomini per il crollo di una scala a pioli, riuscì secondo la cronaca a catturare un prigionieri e usarlo come ostaggio per garantire l'arrivo dei crociati sulle mura in suo aiuto. Grazie alla presa della città, i genovesi poterono conquistare il Sacro Catino, reliquia tuttora conservata nella cripta della Cattedrale di San Lorenzo, in città.
I più celebri e ricchi possedimenti furono Giaffa (oggi parte di Tel Aviv), Gibello, Cesarea di Antiochia e San Giovanni d'Acri in Terra Santa.
La crociata di Spagna
Nel 1147, Genova, non partecipando alla seconda crociata in terrasanta, intervenne invece nella cosiddetta "Crociata di Spagna", processo facente parte della Reconquista, con la quale la stirpe degli Almohadi di religione islamica, vennero cacciati dalla penisola iberica (processo durato secoli, al quale partecipò il celebre El Cid Campeador, e che fu concluso da Ferdinando II di Aragona). Uno dei Califfi tentò un'alleanza con Pisa, e Genova per risposta assalì una sua flotta, depredando ben 22 navi. L'impresa iberica venne guidata dal console Caffaro. Assieme ad Oberto della Torre, assediò Minorca. Durante la notte i genovesi furono assaliti dai mori: l'attacco, sventato, favorirà l'ingresso dei liguri in città, dove gli abitanti furono resti schiavi. Caffaro quindi mosse su Almeria (1147, vedi Battaglia di Almeria), con il placet del Re di Castiglia che intanto conquistò Cordoba. I saraceni di Almeria, timorosi di fare la stessa fine di Minorca, offrirono 113.000 marabottini ai genovesi per la pace. Caffaro rifiutò la pace, e concesse soltanto una tregua, cosicché i mori gli offrirono 25.000 marabottini più la consegna dell'emiro e di altri 8 ostaggi, come anticipo, ottenendo il consenso di Caffaro. Durante la notte l'emiro si diede alla fuga, e ai genovesi non restò che attaccare la città il giorno seguente con un assalto alle mura. Il Re di Castiglia chiese ai genovesi di attendere il suo arrivo prima di entrare in città, promettendo di arrivare con tutto il suo esercito. In cambio offrì ai genovesi 2/3 di Almeria per 30 anni, una chiesa ed un fondaco in tutte le città conquistate. Caffaro accettò la proposta del re e levò temporaneamente l'assedio.
I genovesi tornarono con una flotta di quasi 200 navi presso la città, ma i rinforzi del re non si videro, fu inviato solo il Conte di Barcellona con pochi armati. I genovesi, sentitisi traditi, diedero l'assalto in dodicimila alla città, e la conquistarono facendo ventimila morti e diecimila prigionieri, senza l'aiuto del Re di Castiglia che arrivò soltanto a conflitto quasi terminato in modo da onorare parzialmente l'accordo. Nel (1149) assieme ai Cavalieri Templari, al Signore di Montpellier, a crociati inglesi e soldati tedeschi e fiamminghi, i genovesi attaccano Tortosa. Gli ingegneri genovesi costruirono un castello mobile circondato da guarnizioni di reti, in modo da reggere l'urto dei proietti di catapulta nemici. I soldati del Conte di Barcellona intanto disertarono per non essere stati pagati. I genovesi, sempre più feroci e scontenti dei loro alleati, ottennero una tregua di 40 giorni dai saraceni: se alla fine di essi da parte saracena non fossero arrivati rinforzi, l'emiro avrebbe ceduto la città. Così accadde, ed anche Tortosa cedette allo lo stendardo di San Giorgio.
Stretti accordi commerciali con i monarchi spagnoli, i genovesi ottennero fondaci e colonie e consegnarono le città agli spagnoli.
Le imprese di Spagna saranno incise in latino sulle targhe ancora oggi presenti sul cancello della città di Porta Soprana: "Da guerra del mio popolo fu scossa finora l'Africa oltre le regioni dell'Asia da qui tutta la Spagna. Conquistai Almeria e soggiogai Tortosa, sette anni fa questa e otto anni fa quella".
Genova e il Sacro Romano Impero
Federico Barbarossa segnò senza dubbio la storia italiana: eletto come Sacro Romano Imperatore nella prima metà del XII secolo, reclamò gran parte dell'Italia come dominio imperiale. Convocata la celebre "Dieta di Roncaglia" l'imperatore ricevette tra gli altri delegati anche Caffaro e Ugo della Volta, i quali gli manifestarono l'intenzione della Repubblica a restare indipendente dal dominio imperiale. I liguri avevano già ottenuto da un predecessore dell'imperatore nel 1139 il diritto di battere moneta, sempre tuttavia con effige imperiale, senza servirsi della zecca di Pavia, il primo passo verso una maggiore indipendenza. Ricevendo dagli italiani parecchie opposizioni, Federico passò alle minacce e sfogò la sua aggressività sul nord-Italia, attaccando città come Asti o Tortona. In principio non intervenne militarmente sulla principale oppositrice, Milano, né tantomeno su Genova, ma giunse infine a Roma dove si fece incoronare, ed elesse un "antipapa". Appurata ancora l'opposizione dei comuni lombardi, attaccò ed espugnò infine Crema e Milano. In quel momento attese un segno di distensione dalla repubblica genovese. I consoli della repubblica, tra cui Guglielmo Porco, ordinarono di rinforzare le mura della città di Genova. La costruzione avvenne in tempi di record e impegnò l'intera cittadinanza. A testimonianza dell'esistenza di quelle mura resta ancora oggi Porta Soprana. Appurata l'inespugnabilità di una città costiera che poteva rifornirsi dal mare, Federico chiese un giuramento di fedeltà da parte della repubblica, al quale i consoli acconsentirono purché non dovessero versare tributo, ed ottennero la pace, la stessa pace che Milano dovrà ottenere con la forza a Legnano. In cambio della rottura dell'alleanza con il Regno Normanno di Sicilia, di orientamento guelfo, i genovesi ottennero inoltre dall'imperatore il diritto di eleggere i consoli e amministrare la giustizia senza influenza imperiale. Federico, sconfitto dalla Lega Lombarda, morì infine guadando un fiume durante la Terza Crociata.
I genovesi ottennero dal Re di Francia un lauto pagamento per il trasporto dei crociati francesi in terrasanta, dove il Saladino aveva riconquistato Gerusalemme. Riccardo Cuor di Leone rifiutò invece l'offerta genovese, ma si recò lo stesso in città per discutere la strategia di guerra con il monarca francese.
Quella con il Barbarossa, non fu l'unica tensione genovese contro la potenza che dominava allora sull'Europa: Federico II, con l'aiuto del fuoriuscito genovese Ansaldo De Mari, tentò di minacciare la città con una flotta da guerra. Anche allora i genovesi risposero con audacia, armando una loro propria flotta in tempi rapidissimi e costringendo quella imperiale a ripiegare. La morte dell'Imperatore impedì che il conflitto proseguisse.
Tale era comunque la potenza genovese sul Mediterraneo che proprio dalle navi genovesi gl'inglesi trassero la loro bandiera, usata dai convogli di Sua Maestà per navigarvi in sicurezza, per concessione del Doge e sotto pagamento di un'ammenda.
La concorrenza di Pisa e Venezia, nonché la rivincita musulmana sugli stati crociati sotto Saladino, posero termine ai domini in Medio Oriente e alle vivaci e ricchissime colonie là create dai Genovesi.
Fine del governo consolare e inizio di quello potestale
Con dure lotte, specie contro i Malaspina, i genovesi presero finalmente controllo della Liguria, lasciando poche zone franche come Noli. Savona in quest'epoca iniziò a crescere come città e a dare noia alla Superba. Tutto questo passò presto in secondo piano, poiché Genova piombò in guerra civile, che si era evitata per molti anni. La formazione delle “Rasse”, (vere e proprie fazioni massoniche) e le rivalità tra i feudatari fuori città portarono allo sfascio. Per un problema di precedenze, si innescò uno scontro armato tra i sostenitori di Fulcone di Castello e quelli di Rolando Avvocato. Il figlio di quest'ultimo rimane ucciso. Il conflitto tra le due casate trascinò diverse famiglie in esso, tra cui i Della Volta, parenti di Fulcone, che chiamarono in città duecento Scherani (cioè assassini prezzolati) in città. Era diventuto altresì impossibile chiamare il parlamento a consiglio per paura di risse, e nelle spedizioni militari per pacificare la liguria, una fazione spesso abbandonava il campo se v'erano esponenti dell'altra presenti. I consoli erano disperati. Nel 1163 crearono un nuovo Corpo di Polizia affinché facesse piazza pulita di chi, fingendo faziosità, facesse il bandito: come pena v'era l'impiccagione, l'ammenda o il taglio di mani o piedi. In città però continuavano i tumulti e i consoli vararono una legge dove tutti i cittadini avrebbero dovuto dichiarare la pace, dopo una sfida a duello dei due leader faziosi e contendenti, qualsiasi fosse l'esito. I due capifazione non poterono rifiutarsi e una mattina le campane della Cattedrale di San Lorenzo suonarono per dare inizio al duello. Tutta la città rimase in silenzio, mentre Rolando e Fulcone in armatura si avviciarono all'arcivescovo Ugone della Volta, il quale tentò di mediare per l'ultima volta ai loro dissidi. Rolando pianse ricordando affettuosamente il figlio morto fino a gettarsi a terra. E dicendo di non volere essere responsabile di altre morti che certamente avrebbero seguito le loro, invocò la pace. Lo stesso fece Fulcone, aspettando l'approvazione, che arrivò, del suo capofamiglia. E a Genova per nove anni, vi fu la pace.
Nel 1191 le risse si erano riaccese a Genova; per ovviare a ciò, si decise di abolire i consoli eletti localmente tra i maggiorenti della città, e di nominare un Podestà chiamandolo da una città esterna, in modo che potesse essere imparziale. Sarebbe stato affiancato da un Consiglio Maggiore o Senato, dai consiglieri del Magistrato degli Otto e dal Consiglio Minore. Purtroppo alla nomina di Domenico Manegoldo di Tettocio, primo podestà, i figli dello stesso Fulcone di Castello, irruppero nel luogo della cerimonia del passaggio di consegne tra consoli e podestà, e uccisero l'ex-console Lanfranco Pevere, colpevole a loro detta di avere favorito la fazione degli Avvocato. I “folchini” scapparono a Piacenza, e Manegoldo fece radere al suolo il loro palazzo per punizione. Fino al 1270, le lotte tra casate, continuarono con precari periodi di pace, ed in esse può essere individuata la relativa debolezza della Repubblica.
Seconda epoca aurea: la vittoria su Pisa e il dominio politico su Bisanzio
La fondazione delle Colonie
Seguì alla fortunata epopea mediorientale la fondazione le basi genovesi nel Mediterraneo centrale e orientale, nonché nel Mar Nero.
Aigues Mortes, principale porto francese, era di fatto proprietà di Guglielmo Boccanegra, nonno del più celebre Simone e grande amico del re Luigi IX il Santo: egli affidò al genovese la fortificazione della città, opera che tutt'oggi si può ammirare nella sua bellezza ed imponenza. Nelle isole spagnole sottratte agli Arabi e nella Spagna continentale i genovesi strutturarono un commercio secolare, con basi nelle grandi città riconquistate dai legittimi proprietari spagnoli.
I Capitani del Popolo e le guerre contro Pisa e Venezia
I dissidi interni, vera rovina della Repubblica, non cessarono nemmeno dopo la fortunata epopea mediorientale. L'istituzione di un "Capitano del Popolo" (prima in veste singola, poi duale), Guglielmo Boccanegra, di famiglia mercantile, non bastò a sanare le lotte tra le nuove famiglie borghesi emergenti e le vecchie casate nobiliari.
La lotta con Pisa, vera potenza navale del Mediterraneo, si era protratta da circa due secoli, con vittorie da ambo le parti, guerra di corsa ed ogni sorta di manovra e alleanza volta ad eliminare l'avversario. L'occasione della vittoria finale da parte genovese avvenne nel 1284 dopo la Battaglia della Meloria. Pochi anni dopo, i genovesi, in seguito al mancato rispetto degli accordi di pace da parte pisana, distrussero ed interrarono Porto Pisano, costringendo la repubblica toscana ad abbandonare ogni espansione marittima, e Genova pose gli artigli su tutta la Corsica e sul Logudoro nel Nord della Sardegna. Archiviato un nemico, Genova dovette scontrarsi con un avversario ugualmente potente: la Repubblica di Venezia. Il sostegno genovese all'Impero Bizantino, andò di contro con il saccheggio di Bisanzio da parte dei crociati, e guidato dai veneziani, durante la Quarta Crociata. Nel 1298, alla Battaglia di Curzola, i genovesi vennero allo scontro diretto con Venezia, che culminerà nella guerra di Chioggia, senza che nessuna delle due repubbliche prevalesse sull'altra: i genovesi furono respinti dal veneto, e dalla "Pace di Torino", le due repubbliche non vennero mai più significativamente in conflitto. Proprio in questi anni, inoltre, nasce la letteratura genovese vera e propria, con le poesie dell'Anonimo Genovese, alias Lucheto.
I rapporti con Bisanzio
Un altro importante episodio bellico avvenuto nel 1261 schiuse ai genovesi le porte del Mar Nero e dell'Egeo, in seguito al trattato di Ninfeo stipulato con l'imperatore bizantino Michele VIII Paleologo che prevedeva un intervento navale genovese nelle acque di Costantinopoli per ripristinare il legittimo imperatore. Questi, infatti, era in esilio a causa della IV crociata condotta dai veneziani nel 1204, il cui scopo era stato la conquista dell'impero d'Oriente per controllarne così i commerci.
Il comune ottenne immensi privilegi oltre al monopolio degli stretti, indispensabile per controllare i commerci nel Mar Nero: il bacino fu infatti definito "lago genovese". Le opere realizzate dagli uomini della Superba (o Dominante come era definita allora Genova) su quelle coste furono così tante che in epoche recenti vennero spesso attribuite a loro anche opere realizzate dopo il periodo del dominio genovese. La presenza ligure in quel periodo arrivava fino ai più estremi confini orientali, lambendo perfino Iran e Iraq.
Poterono così fiorire e cresce oltre alle colonie di Famagosta e dell'isola di Cipro; il quartiere di Galata ad Istanbul nel quale si conserva ancora la torre del Cristo, ultimo baluardo della cristianità contro l'invasione turca; i possedimenti come Trebisonda, Sebastopoli, Teodosia (Caffa), Belgorod nel Mar Nero; le isole di Lesvos, Chio, Creta e Rodi nel Mar Egeo, Smirne, Efeso e Focea (che garantiva il monopolio sull'allume) sulle coste della Turchia.
Il cambio di ordinamento politico: dal Podestà al Doge
Il primo declino del '400 e la Caduta di Costantinopoli
Un secolo di congiure, lotte interne e dominazioni straniere fiaccarono la Repubblica, che seppe però generare il primo istituto di credito moderno al mondo, il Banco di San Giorgio, al quale venivano spesso affidati i domini d'oltremare e che divenne, in pratica, uno stato nello stato, anzi il vero stato dal quale Genova sarebbe risorta.
Il dominio sulla Sardegna, ottenuto dopo la sconfitta di Pisa, cessò per l'invasione dell'isola da parte del Regno di Aragona, nel XIV secolo.
Durante il 400 Genova fu soggetta per tre volte al dominio francese: la prima volta dal 1396 al 1406, in cui Carlo VI di Francia mise Jean Le Meingre de Boucicault come suo governatore. Fu proprio sotto l'egemonia francese che nacque il Banco di San Giorgio, dove si univano coloro che avevano prestato denaro allo stato e potevano ricevere quindi indietro titoli di governo delle colonie, e proventi delle entrate pubbliche. Il Banco di San Giorgio, fu detto varie volte, rappresentò per secoli il vero centro di stabilità della Repubblica. Esso derivò dal sistema delle "Compere", ovvero l'acquisizione di proventi statali dopo prestiti che il governo richiedeva alle famiglie nobiliari e mercantili. Questo sistema fu molto simile a quello delle moderne "Società per Azioni", ma senza un'organizzazione centrale, fu difficile mantenere un bilancio e quindi un debito pubblico stabile, perciò nacque questa istituzione. Il secondo dominio francese avvenne verso il 1460, ma non fu l'unico dominio straniero. I milanesi infatti (prima i Visconti nel 1421, poi gli Sforza nel 1463 e nel 1488), riuscirono per tre volte a governare come Signoria la città.
La conquista turca di Costantinopoli diede un altro scrollone alla politica estera della Superba. Nel 1453 la capitale dell'Impero Bizantino, ormai ridotto ad un fazzoletto di terra, cadde sotto le forze del nascente Impero Ottomano. Il contigente genovese della colonia di Galata ebbe un certo ruolo nella disperata difesa della città. Giovanni Giustiniani Longo, comandante dei genovesi, lottò assieme all'Imperatore stesso e fu infine ferito a morte. Molte colonie genovesi, dopo la sconfitta Bizantina, reggevano sotto la guida di consorzi familiari chiamati Maone e sarebbero andati avanti per circa altri due secoli. Gli interessi di Genova però erano destinati a cambiare e la svolta definitiva la diede Andrea Doria con la sua politica filospagnola.
Un terzo dominio francese si ebbe infine alla fine del quattrocento. nel secolo successivo Genova verrà coinvolta nel conflitto tra Francia e Spagna.
Dominio economico sull'Impero asburgico: il secolo dei genovesi
Ianuensis ergo mercator: mercanti ed esploratori liguri
L'epopea coloniale genovese si manifestò comunque nei secoli anche attraverso le esplorazioni, eseguite per conto della repubblica o spesso per altri sovrani, fu così che i fratelli Vivaldi si avventurarono nel 1291 a sud delle colonne d'Ercole e non fecero più ritorno, Lanzerotto Malocello scoprì le Canarie (1310-1339 ca), Antonio da Noli le isole di Capo Verde (1460-1462) e Antonio Malfante attraversò per primo il Sahara nel XV secolo, il più celebre fu poi Cristoforo Colombo, genovese che partendo dalla Spagna, scoprì il "nuevo mundo" come lui stesso ad un certo punto lo definì. Con il cambiare dell'assetto geopolitico nel Mediterraneo, gli interessi dei genovesi si spostarono e materializzarono con basi e possedimenti nel settore occidentale del Mediterraneo, l'antico Mare Nostrum, e in Europa (ove comunque operavano già da tempo), come a Marsiglia (subentrata ad Aigues Mortes), Barcellona, Siviglia. Dopo la scoperta dell'America si diceva:
«L'oro nasce in America, muore a Siviglia e viene seppellito a Genova»
Gibilterra era popolata in gran parte da genovesi (ancor oggi l'elenco telefonico presenta numerosi cognomi genovesi), a Tabarka loro colonie continuarono a operare, così come al largo delle coste della Tunisia e i convogli della Repubblica continuarono e potenziarono i loro collegamenti con gli Stati del Nord Europa.
In Sicilia e nel sud Italia molti genovesi finanziatori della corona spagnola ricevevano feudi in pegno o come risarcimento, ne sono esempio Lercara Friddi (della famiglia Lercari) o il ducato di Tursi ed il principato di Melfi, dei Doria.
Perfino a Roma il porto di Ripa Grande era gestito dai genovesi, con un rione (Trastevere) interamente occupato dai marinai liguri per i quali fu costruito anche un ricovero, gestito dalla Confraternita di San Giovanni Battista dei Genovesi oppure dove famiglie come i Doria od i Giustiniani decisero di stabilire le proprie dimore; Matteo e Vincenzo Giustiniani erano due fratelli che grazie al loro mecenatismo divennero i più grandi collezionisti di Roma, il loro palazzo è oggi sede del Senato della Repubblica. Ancora oggi a Milano si trovano palazzo Spinola e Palazzo Marino, sede del comune: entrambi sono intitolati a famiglie genovesi. Nel Nord Europa vennero poste basi finanziarie e commerciali in tutte le sedi delle principali fiere e in alcune città della lega anseatica, a Bruges esiste ancora oggi la "Genoese Lodge".
La svolta di Andrea Doria
Nel XVI secolo, Genova come del resto gran parte dell'Europa, era contesa sotto le mire dell'Imperatore Carlo V e di Francesco I di Francia. La città si trovò ben presto occupata da forze dell'una e dell'altra fazione, e le famiglie genovesi, da secoli impegnate in scontri l'une contro le altre, si schierarono di conseguenza contribuendo a lotte e congiure. Dal caos di questo periodo uscì la figura di Andrea Doria, maggiore responsabile della rinascita della città. Dopo la partecipazione all'impresa della Briglia, nel quale al contingente francese insediato nella fortezza omonima, posta sotto la Lanterna, venne impedito l'arrivo di rifornimenti via mare, Andrea Doria divenne capitano di mare, e si schierò dapprima al comando dapprima dei francesi che combatté in gioventù, ed in seguito della flotta pontificia, contro Carlo V. Dopo il sacco di Roma da parte dei Lanzichenecchi di Georg Von Frundsberg, al quale vanamente si oppose anche Giovanni dalle Bande Nere, i risultati navali del Doria furono resi vani. Il Doria collaborò dunque di nuovo con i francesi per liberare Genova, stavolta sotto forze spagnole e imperiali (si ricordi che Carlo V, per discendenza era sia Re di Spagna che Imperatore del Sacro Romano Impero), ma allo scadere del contratto, passò dalla parte Asburgica. Questo gesto, che alcuni considerarono un tradimento, fu in realtà perfettamente lecito, in quanto il contratto del Doria era legalmente scaduto, e inoltre Genova era saldamente in mano francese, essendo passata da un tiranno all'altro. Per di più il monarca francese non intendeva rispettare alcuni patti presi prima della liberazione della città, come la cessione di Savona alla Repubblica. Questi motivi spinsero il Doria a unirsi alle forze Asburgiche. Carlo V promise ai genovesi la restaurazione della Repubblica, e nel 1528 Genova tornò indipendente e sovrana.
La rinascita della Repubblica
Il Doria rifiutò la Signoria della città, preferendo lasciare ad alcuni "Riformatori" la stesura di una nuova costituzione. Savona fu la prima vittima della rinata Repubblica: il suo porto fu distrutto ed interrato, ed i genovesi provvidero a potenziare la fortezza del Priamar per dominare la città, che non si riprese più. La Compagna Communis cessò di esistere e fu istituita la Repubblica di Genova con questo nome; furono resi ancora più importanti gli "Alberghi", liste di "iscrizione" alla nobiltà della Città, riconosciute dal governo.
I pirati sul mare e la Congiura dei Fieschi
La Repubblica dovette presto affrontare altre minacce dal mare: i pirati "barbareschi" di Ariadeno Barbarossa e di Dragut, provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente.
Nel 1547 tuttavia i Fieschi, principali avversari dei Doria, ordirono una congiura che fallì miseramente, costando alla famiglia la perdita di territori e possedimenti. Nella congiura fu ucciso anche Giannettino Doria, parente molto amato di Andrea, la cui vendetta contro la famiglia Fieschi fu implacabile.
Andrea Doria morì all'età veneranda di 84 anni, lasciando la sua eredità a Gianandrea Doria, suo nipote che fu ammiraglio della flotta genovese nella Battaglia di Lepanto del 1571.
El Siglo de los genoveses
Con l'appoggio dell'Imperatore che si rivelò un alleato ben più fedele del Re di Francia (soprattutto per via dei numerosi interessi economici che l'Impero di Carlo V contrasse con la Repubblica), i Genovesi poterono riacquistare parte dello splendore perduto durante il quattrocento e la prima metà del cinquecento. a partire dalla riconquista del Doria, il periodo che seguì di cento anni circa infatti fu detto "El Siglo de los genoveses", appunto "Il Secolo dei genovesi"; in questo periodo la città divenne ricca e sfarzosa come solo nell'epoca delle crociate era divenuta. Il destino della Repubblica si intrecciò inesorabilmente con quello spagnolo: gli iberici infatti richiedevano prestiti dai genovesi per finanziare i loro commerci e le campagne militari. Se questo fornì nuova linfa e ricchezza a Genova, né sancì anche i motivi di declino a partire dalla metà del XVII secolo.
I drammi del Seicento e del Settecento
Gli ultimi splendori
Nel 1580 la Repubblica viene definita "Serenissima" dall'Imperatore, al pari di Venezia. È l'apogeo di Genova, che da questo punto in poi dovrà affrontare sfide sempre più impegnative. È in questo periodo che inizia la costruzione di Palazzo Ducale ancora oggi monumento importante della città. Con l'impoverimento della Spagna, che spesso ritarderà nei pagamenti verso Genova, si compie inevitabilmente il secondo declino della Repubblica, declino dal quale essa non si tirerà più fuori col medesimo splendore. Eppure la Repubblica saprà resistere ancora due secoli.
L'inizio del declino
Approfittando del graduale impoverimento della Repubblica, che seppe trovare nel Banco di San Giorgio forse l'unica stabilità, i Savoia attaccarono la Repubblica per due volte con scarsi risultati. Non mancarono figure genovesi che tentarono di aiutare i piemontesi, come Giulio Cesare Vachero, autore di una congiura sventata.
Due eventi importanti interessano la città nel seicento: la peste "manzoniana" del 1630 e il bombardamento di Genova da parte della flotta del Re Sole nel 1680. Quest'ultimo evento riporterà nuovamente Genova sotto l'influenza francese. Sulla città vengono riversate migliaia di bombe (almeno 8.000 colpirono la città), e solo l'esaurimento delle munizioni sancirà la fine di questo attacco. Il Doge dovette recarsi a Versailles seppur con gli onori riservati ad un capo di stato, a chiedere personalmente il cessate il fuoco adducendo le scuse della Repubblica, rea di avere condotto una politica antifrancese.
Il Settecento e la fine della Repubblica
La situazione non migliorerà nel secolo successivo: le frequenti ribellioni in Corsica costrinsero il Banco di San Giorgio, amministratore dell'isola, a "venderla" alla Francia nel 1768. Ben prima Genova ebbe a che fare con l'Impero Austriaco, all'incirca a metà del secolo. Nel 1746 la città viene occupata dalle truppe Austriache, che vengono scacciate dopo un'insurrezione popolare iniziata da Giovan Battista Perasso detto "Balilla". Con l'avvento della Rivoluzione Francese, Genova mantiene una certa neutralità contro il governo rivoluzionario, ma nel 1797 essa si alleerà con Napoleone Bonaparte. La Repubblica di Genova cessò di esistere e fu sostituita dalla Repubblica Ligure
Le truppe della coalizione antifrancese assedieranno perciò Genova nel 1800, e la difesa della città sarà affidata al generale Massena, sotto il cui comando combatté anche Ugo Foscolo. Inglesi e austriaci entrarono in città, ma giorni più tardi furono nuovamente respinti dalle forze napoleoniche.
Nel 1805 la Repubblica Ligure viene inclusa nell'Impero francese. Poi, a seguito delle sconfitte di Napoleone del 1814-1815, il Congresso di Vienna stabilisce illegittimamente (e cioè senza aver fatto votare alcun plebiscito e contro la netta decisione della Repubblica) l'annessione dell'intera regione ligure al Regno di Sardegna. Da questo momento in poi i destini di Genova e della regione saranno legati a quelli dell'Italia.
L'Ottocento tra carbonari e l'Unità d'Italia
I genovesi nel mondo
In Europa e nel mondo i rapporti continuarono con le varie corti e dinastie. I Deferrari, cui è dedicata la piazza principale di Genova, furono proprietari dell'Hotel Matignon, ora residenza presidenziale francese, fondarono il Credito francese e finanziarono la costruzione delle ferrovie di mezza Europa.
Edoardo Chiossone fondò e diresse l'Officina Carte e Valori del Ministero delle Finanze Giapponese, su invito del governo stesso, dopo aver lavorato come incisore a Firenze presso la banca del regno nella seconda metà dell'ottocento.
Raffaele Deferrari, duca di Galliera e principe di Lucedio, fu munifico benefattore, finanziò la costruzione di molti tratti ferroviari in Europa, fondò il Credito Francese e con un ingente lascito consentì l'ammodernamento del porto di Genova: la sua opera si estese fino al cofinanziamento dell'opera di apertura del canale di Suez. Sua moglie, Maria Brignole Sale, Duchessa di Galliera oltre ad essere ispiratrice e finanziatrice di opere culturali in Francia, donò alla città di Genova l'Ospedale Galliera e magnifiche dimore come palazzo Rosso e Palazzo Bianco in Strada Nuova (già via Auria, ovvero dedicata a Andrea Doria, e oggi via Garibaldi) e la superba villa che porta il suo nome.
Genova era una repubblica sulla quale - considerata la posizione strategica di porta sull'Europa - molti governi limitrofi hanno posto via via gli occhi. La spuntò il regno di Sardegna, a causa del quale la città conobbe una grave crisi, poiché da molti secoli ormai Genova aveva basato la propria esistenza sulla neutralità e sugli affari, mentre la nuova dinastia amava la guerra e le tasse.
Molti genovesi emigrarono nel continente americano ma non (o non solo) per disperazione come si vuol far credere, soprattutto per affari, come sempre, ed infatti è ad opera dei genovesi che è nato il quartiere (barrìo) di "La Boca", a Buenos Aires in Argentina così come furono le maestranze genovesi a fondare il porto di Valparaiso in Cile, il più grande porto del Sud America, tappa obbligata prima dell'apertura di Panama, e la ferrovia che collega le due città è ancora opera dei migranti liguri. Fu un oriundo genovese, Amadeo Peter Giannini a fondare la Bank of America. Oggi molti liguri e genovesi e loro discendenti occupano cariche importanti in tutti gli stati dove essi o i loro antenati sono emigrati. Una piccola curiosità: Andrea María Noceti Gómez è stata insignita del titolo di Miss Colombia 2001.
Il XX secolo
Genova nella Belle Epoque
Dopo l'annessione al Regno d'Italia, durante la cosiddetta "Belle Epoque", Genova visse un periodo di relativa prosperità grazie all'attività portuale. Non mancavano nell'entroterra attività industriali, come le cave per l'estrazione e la lavorazione dell'ardesia, o la fabbricazione di grandi orologi destinati a campanili, specialmente nella zona di Uscio, gestita dalla famiglia Trebino. Inizia in quest'epoca la costruzione, il varo e l'ormeggio di grandi transatlantici diretti verso le americhe, attraverso i quali molti genovesi emigrarono, specialmente in sud america e nella fattispecie in Argentina. Il quartiere della "Boca" di Buenos Aires viene infatti ricordato come il quartiere degli immigrati genovesi, e la squadra di calcio che lo rappresenta, il Boca Juniors, ha ancora oggi la scritta "Xeneixes" cioè "genovesi", sul retro della maglia. Nel ponente genovese, sorse la fabbrica dell'Ansaldo, specializzata in produzione di locomotive, e successivamente anche di navi, armamenti bellici, nonché di attrezzature civili.
Gli anni duemila
La Repubblica di Genova
Il periodo forse più glorioso per Genova fu quello in cui essa fu una Repubblica. Nel 1815 venne annessa al Regno di Sardegna. Nel 1859 nacque l'odierna provincia di Genova che comprendeva anche anche le attuali province della Spezia e di Savona; più le isole di Gorgona e Capraia e, tranne alcuni paesi, l'alta val Trebbia.
Cronologia minima
Il Medioevo
- 935 Saccheggio di Genova da parte dei saraceni
- 1097-1099 Partecipazione alla prima crociata e fondazione della Compagna Communis
- 1147-1149 Crociata di Spagna: il Console Caffaro guida i Genovesi in Spagna, dove vengono prese le città di Almeria e Tortosa, a quel tempo in mano ai mori
- 1154 Costruzione delle "Mura del Barbarossa" e edificazione di Porta Soprana sul piano di Sant'Andrea
- 1191 Passaggio al Governo Podestale, abbandono dei Consoli.
- 1191-1194 Guerra contro il Regno di Sicilia a fianco del Sacro Romano Impero. L'Imperatore però non mantiene i patti con i genovesi.
- 1220-1250 Genova si scontra contro Federico II di Svevia
- 1241 I Genovesi tentano di trasportare prelati francesi a Roma, ma vengono intercettati presso l'Isola del Giglio e sconfitti da forze imperiali e pisane
- 1257 Guglielmo Boccanegra è Capitano del Popolo
- 1284 Vittoria definitiva su Pisa alla Battaglia della Meloria
- 1298 Vittoria su Venezia alla Battaglia di Curzola
- 1339 Simone Boccanegra è acclamato primo Doge della Repubblica di Genova
- 1379-1381 Sconfitta genovese nella Guerra di Chioggia, ultimo rilevante scontro con Venezia, terminato con la Pace di Torino
- Secoli XIV e XV: Genova in balia di milanesi e francesi, travolta da lotte intestine, specialmente tra le famiglie Adorno e Fregoso
La Serenissima Repubblica di Genova
- 1512 I genovesi scacciano i francesi dalla fortezza della Briglia. All'impresa partecipano Emanuele Cavallo e un giovanissimo Andrea Doria
- 1522-1527 Saccheggio di Genova da parte di truppe imperiali. Ritorno della signoria francese
- 1528 Andrea Doria entra in genova con le sue galee, scaccia i francesi per la seconda volta, e genova diviene protettorato dell'imperatore Carlo V
- 1580 La Serenissima
- 1625 Prima guerra savoina e vittoria
- 1628 Congiura del Vachero
- 1672 Seconda guerra savoina
- 1684 Bombardamento di Luigi XIV
- 1768 Cessione della Corsica alla Francia
- 1797 Repubblica Democratica Ligure
- 1797 Trattato di Campoformio
Fino al congresso di Vienna
- 1800 Assedio e blocco di Genova
- 1805 Annessione all'Impero Napoleonico
- 1814 Restaurazione della Repubblica
Nel Regno d'Italia
- 1849 Sacco di Genova
- 1861 Proclamazione del Regno d'Italia
La seconda guerra mondiale e la Resistenza
- 1945 Resa tedesca e Liberazione
- Storia del movimento partigiano a Genova
Il dopoguerra
- 1970 Alluvione
- 2001 Fatti del G8 di Genova
Note
- ^ a b Giulia Petracco Sicardi. Genova, in AA. VV. Dizionario di toponomastica. Torino, UTET, 1990, p. 355. ISBN 8802072280.
- ^ L'opera si trova anche nella più facimente reperibile riedizione in quattro volumi - per l'esattezza alla p.134 del volume primo - intitolata Stephanus Byzantinus, di Stephanos, Luca Olstenio, Abraham van Berkel, Thomas de Pinedo, nell'edizione di Wilhelm Dindorf (Lipsiae,in Libraria Kuehniana,1825); on line: Books.google.com; per di più nell'indice (p. 638 della suddetta edizione del 1825) si trova come identità «Γενòα, Σταλìα»
- ^ Alla pagina 406 si legge, in relazione all'antica Genova,«Staliam eliam [etiam] dictam» («detta anche Stalia»).
- ^ G.Ricci editore, Genova, 1914.
- ^ on line: http://books.google.it/books?id=Ge0mrXTQVIUC&pg=PA11&lpg=PA11&dq=mannoni+scavi+archelogi+preromani+a+Genova&source=bl&ots=8VQfG6tC6o&sig=K5ywTfCZBLmCskgNZmAK6VlabAY&hl=it&ei=gh0ES-mMB9ySjAf7pMm9AQ&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CAoQ6AEwAA#v=onepage&q=preromana&f=false)
- ^ Il testo è intitolato Stephen of Byzantium [Stephanus Byzantinus], De urbibus, quem primus Thomas de Pinedo Lusitanus Latii jure donabat, & Observationibus Scrutinio Variarum Linguarum, ac praecipue Hebraice, Phaeniciae, Graecae & Latinae detectis illustrabat, his additae praeter ejusdem Stephani fragmentum collati, Amstelodami [Amsterdam],typis Jacobi de Jonge 1678
- ^ Si veda Theodor Mommsen, Cornelius Tacitus und Cluvius Rufus, in "Hermes", 4, 1870, pp.320 segg.
- ^ Tomo primo, Tipografia dei Fratelli Ponthemier, Genova 1848, sec. ediz., p.3
- ^ In "Miscellanea di storia italiana", edito dalla Regia Deputazione di Storia patria, Stamperia reale in Torino,1898, p.94