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Governo Rattazzi I

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Governo Rattazzi I
StatoItalia (bandiera) Italia
Presidente del ConsiglioUrbano Rattazzi
(Sinistra storica)
CoalizioneSinistra storica, Indipendenti
LegislaturaVIII
Giuramento3 marzo 1862
Dimissioni8 dicembre 1862
Governo successivoFarini
8 dicembre 1862

Il Governo Rattazzi I è stato in carica dal 3 marzo[1] all'8 dicembre 1862[2] per un totale di 280 giorni, ovvero 9 mesi e 5 giorni.

Compagine di governo

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Appartenenza politica

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Partito Presidente Ministri Totale
Sinistra storica 1 5 6
Destra storica - 1 1
Indipendente - 5 5

Provenienza geografica

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La provenienza geografica dei membri del Consiglio dei ministri si può così riassumere:

Regione Presidente Ministri Totale
  Piemonte 1 4 5
  Emilia-Romagna - 2 2
  Lombardia - 1 1
  Toscana - 1 1

Situazione parlamentare

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NOTA: Ai tempi del Regno d'Italia, poiché secondo lo Statuto Albertino il governo rispondeva nei fatti al solo Re, la fiducia parlamentare in senso moderno non era obbligatoria (ed in tal senso vari sono stati i casi di formazione di un governo palesemente privo di tale supporto). La prassi di determinare la sopravvivenza dell’esecutivo in base al supporto parlamentare, dunque, si è andata sviluppando solo successivamente, specie con l’ascesa dei partiti di massa e con l’introduzione del sistema proporzionale, in tempi molto più tardi rispetto all’unità, ed ufficialmente solo con la Costituzione della Repubblica Italiana. Per questo motivo, il grafico sottostante espone, secondo ricostruzioni e dichiarazioni, nonché secondo la composizione del governo, l’eventuale supporto che questo avrebbe o ha ottenuto.

Camera Collocazione Partiti Seggi
Camera dei deputati[3] Maggioranza PLC (342), DEM (62), IND (25)
429 / 443
Opposizione Pd'A (14)
14 / 443
Carica Titolare
Presidente
del Consiglio dei ministri
Urbano Rattazzi (Sinistra storica)
Ministro senza portafoglio
Enrico Poggi (Indipendente)
(fino al 31 marzo 1862)
Ministero Ministri
Interno Urbano Rattazzi (Sinistra storica)
Ad interim (fino al 31 marzo 1862; poi titolare)
Agricoltura, Industria e Commercio
Gioacchino Napoleone Pepoli (Indipendente)
Affari Esteri Urbano Rattazzi (Sinistra storica)
(fino al 31 marzo 1862)
Giacomo Durando (Indipendente)
(dal 31 marzo 1862)
Lavori Pubblici
Agostino Depretis (Sinistra storica)
Pubblica Istruzione Pasquale Stanislao Mancini (Sinistra storica)
(fino al 31 marzo 1862)
Carlo Matteucci (Indipendente)
(dal 31 marzo 1862)
Guerra
Agostino Petitti Bagliani di Roreto (Indipendente)
Marina
Carlo Pellion di Persano (Indipendente)
Finanze
Quintino Sella (Destra storica)
Grazia e Giustizia e Culti Filippo Cordova (Indipendente)
(fino al 31 marzo 1862)
Urbano Rattazzi (Sinistra storica)
Ad interim (dal 31 marzo 1862)
Raffaele Conforti (Sinistra storica)
(dal 7 aprile 1862)
Urbano Rattazzi (Sinistra storica)
Ad interim (dal 30 settembre 1862)
  • 3 marzo - A seguito delle dimissioni di Bettino Ricasoli, il re Vittorio Emanuele II affida a Rattazzi il compito di formare il nuovo governo. Cordova doveva assumere il Ministero dell'Interno, ma per opposizione di molti di sinistra, Rattazzi lo passa al Ministero della Grazia e Giustizia, e tiene senza portafoglio Poggi, che doveva andare in quest'ultimo. L'esecutivo è formato quasi esclusivamente da ministri piemontesi e si contraddistingue per una folta presenza di indipendenti vicini alla sinistra moderata.
  • 13 maggio - Rattazzi dà ordine di arrestare in Trentino un numeroso gruppo di garibaldini (tra cui 123 ex membri dei Mille) accusati di insurrezionalismo.
  • 17 ottobre - Animato consiglio dei ministri: Pepoli e Depretis opinano che si formi un governo degli uomini più popolari; poi si conclude che per ora si vada avanti così, lasciando al presidente del consiglio di interpellare i parlamentari più influenti.
  • 31 ottobre - A Torino ripetuti colloqui fra Rattazzi, Minghetti e Farini fanno correre la voce che si prepari un governo Rattazzi-Farini-Minghetti-Peruzzi.
  • 19 novembre - A Torino a sera invitati da Farini, Vegezzi e Guerrieri si radunano 140 deputati dei gruppi dissidenti della maggioranza. Boncompagni formula un ordine del giorno di sfiducia, ma si delibera di decidere dell'atteggiamento dopo la svolgimento dell'interpellanza da esso Boncompagni presentata sulla politica del governo.
  • 29 novembre - A seguito di numerose e prolungate polemiche per le azioni anti-garibaldine condotte dal governo (animate soprattutto da Ricasoli e dall'estrema sinistra) e constatato che egli non gode più della fiducia del sovrano, Rattazzi annuncia la sua volontà di dimettersi da capo del governo. Il Re ne è informato ufficiosamente e consulta Luigi Carlo Farini sulla situazione.
  • 30 novembre - Discussa e scartata l'eventualità di sciogliere la Camera, il Re, su consiglio di Rattazzi, dà mandato di fiducia a Cassinis, che conferisce con il conte senatore Pasolini per la formazione del ministero.
  • 1º dicembre - Alla Camera, continuando la discussione politica, il presidente dei ministri, Rattazzi ribatte le accuse mossegli; riconosce la difficoltà di raccogliere una maggioranza compatta ed annuncia di aver rassegnate al Re le dimissioni del gabinetto. Il deputato Boncompagni ritira la propria interpellanza.
  • 6 dicembre - Scambio di comunicazioni fra il conte Pasolini e Farini, che accetta di entrare nel ministero assumendone la presidenza, ma volendo Pasolini agli affari esteri.
  1. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia N.53 - Torino 4 marzo 1862 <<Per Decreti Armati ieri da S. M. il Re il Ministero è composto nel seguente modo : Presidenza e Affari Esteri, e coll'incarico di reggere intanto il portafoglio degl'interni – il commendatore avv. Urbano Rattazzi...I ministri presenti a Torino prestarono ieri sera il giuramento nelle mani del Re. >> (PDF), su augusto.agid.gov.it, 4 marzo 1862.
  2. ^ La lista ministeriale (PDF), su senato.it, Il Pungolo, 9 dicembre 1862.
  3. ^ Viene riportata la situazione parlamentare solo di questa camera (e non anche del Senato del Regno) poiché, sebbene entrambe partecipino al processo di controllo del rapporto di fiducia con l'esecutivo, per convenzione costituzionale in caso di disaccordo è la decisione della camera bassa a prevalere, risultando essere la posizione ufficiale del Parlamento nella sua totalità.
  • Francesco Bartolotta, Parlamenti e Governi d'Italia dal 1848 al 1970, 2 Voll., Vito Bianco editore, Roma, 1971, II Vol., p. 35.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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