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Guy Debord

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Guy-Ernest Debord

Guy-Ernest Debord (Parigi, 28 dicembre 1931Bellevue-la-Montagne, 30 novembre 1994[1]) è stato un filosofo, sociologo, scrittore e cineasta francese, tra i fondatori dell'Internazionale Lettrista[2] e dell'Internazionale Situazionista[3][4][5].

Nasce a Parigi nel 1931 e all'età di quattro anni rimane orfano di padre. Studia a Cannes e all'età di diciotto anni ritorna a Parigi, dove scopre il surrealismo e le avanguardie artistiche e letterarie. Si unisce al gruppo di Isidore Isou.[6] Nel 1952 l'ala radicale del lettrismo si stacca dalle posizioni del suo fondatore Isou, e Debord dà vita all'Internazionale Lettrista.

Nell'aprile del 1957, a Cosio D'Arroscia (IM), Debord partecipa alla fondazione dell'Internazionale Situazionista, che unisce una serie di movimenti artistici europei in una critica radicale della società capitalistica e dell'industria culturale. Gli strumenti individuati per superare l'arte borghese sono quelli della psicogeografia, dell'urbanismo unitario e del détournement.

Nel 1967 scrive il suo saggio più celebre, La società dello spettacolo, che denuncia profeticamente il potere di controllo esercitato dai mezzi di comunicazione di massa e la trasformazione dei lavoratori in consumatori nel sistema economico capitalista.

Tra il 1952 e il 1978 Debord dirige tre lungometraggi e tre cortometraggi; viaggia molto e visita spesso l'Italia, in particolare durante gli anni di piombo, e nel 1977 ne viene espulso con l'accusa di fomentare la violenza.[7][8][9]

Muore suicida nel 1994 nella sua casa di Champot-Bas, una località dell'Alta Loira, con un colpo di pistola al cuore.[8][10][11]

Il pensiero di Debord sviluppa essenzialmente i concetti di alienazione e reificazione, già centrali nelle riflessioni di Karl Marx, ma reinterpretati alla luce delle trasformazioni della società europea nel secondo dopoguerra. Lo sviluppo dell'economia nell'età contemporanea, con l'emergere dei nuovi fenomeni sociali del consumismo e della centralità dei mass media, avrebbe segnato infatti una nuova fase nella storia dell'oppressione della società capitalista:

«La prima fase del dominio dell’economia sulla vita sociale aveva determinato nella definizione di ogni realizzazione umana un’evidente degradazione dell’essere in avere. La fase presente dell’occupazione totale della vita sociale da parte dei risultati accumulati dell’economia conduce a uno slittamento generalizzato dell’avere nell’apparire, da cui ogni “avere” effettivo deve trarre il suo prestigio immediato e la sua funzione ultima[12]»

Ciò che aliena l'uomo, ciò che lo allontana dal libero sviluppo delle sue facoltà naturali non è più, come accadeva ai tempi di Marx, l'oppressione diretta del padrone e il feticismo delle merci, bensì è lo spettacolo, che Debord identifica come

«un rapporto sociale fra individui mediato dalle immagini[13]»

Una forma di assoggettamento psicologico totale, in cui ogni singolo individuo è isolato dagli altri e assiste nella più totale passività allo svilupparsi di

«un discorso ininterrotto che l’ordine presente tiene su se stesso, il suo monologo elogiativo[13]»

Lo spettacolo, di cui i mass media sono solo una delle molte espressioni, è parte fondante della società contemporanea, e il responsabile della perdita da parte del singolo di ogni tipo di individualità, personalità, creatività umane: la passività e la contemplazione sono ciò che caratterizza l'attuale condizione umana. Ciò che rende lo spettacolo ingannevole e negativo è il fatto che esso rappresenta il dominio di una parte della società, l'economia, su ogni altro aspetto della società stessa; la mercificazione di ogni aspetto della vita quotidiana rompe quell'unità che caratterizza la condizione umana propriamente detta:

«Più egli contempla, meno vive; più accetta di riconoscersi nelle immagini dominanti del bisogno, meno comprende la sua propria esistenza e il suo proprio desiderio[13]»

Lo spettacolo si presenta in due forme: diffuso, tipico delle società capitaliste (la pubblicità delle merci), e concentrato, proprio dei regimi burocratici (la propaganda). Nel 1988 Debord ritorna sull'argomento con i Commentari alla società dello spettacolo, sostenendo che nel frattempo lo spettacolare è divenuto integrale, ovvero è sia diffuso che concentrato, tale che nulla gli sfugge[14].

Spesso interpretato come sintesi del mondo mass-mediatico e dunque come anticipazione dell'era della televisione e dell'informazione di massa, il concetto debordiano di spettacolo era in verità una complessa rilettura delle tesi sulla contemplazione che il filosofo ungherese Lukács fece tra le pagine di Storia e coscienza di classe nel 1923, come frantumazione e separazione tra il soggetto e il mondo attorno, seppur poi Debord approfondisca il concetto parlando dello spettacolo come illusoria ricomposizione della società frammentata.[senza fonte]

Proprio in risposta alla frammentazione e alla passività della società dello spettacolo, il programma dell'Internazionale Situazionista si propone di rivendicare l'autonomia dell'esperienza individuale attraverso la creazione di situazioni, momenti di aggregazione ed esperienza artistica e culturale grazie ai quali l'individuo possa ritrovare la sua condizione di soggetto attivo nella realtà. In questo senso l'approccio situazionista all'arte si richiama fortemente alle avanguardie del primo Novecento, in particolare al Dadaismo e al Surrealismo, nel loro provocatorio rifiuto dell'arte tradizionale.[15][16]

Per capire appieno il pensiero critico (e a tratti criptico) di Debord, risulta utile conoscere alcuni concetti cardinali di cui egli si è servito per le sue analisi della modernità.

  • Spettacolo. "Lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale tra le persone, mediato dalle immagini".[17] Esso è la società stessa, per come si presenta: "Lo spettacolo è il capitale a un tale grado di accumulazione da divenire immagine".[13]
  • Superamento dell'arte. Per Debord l'arte ha il compito di sottrarre l'esperienza al tempo per renderla eterna. L'arte si contrappone alla vita perché immobilizza e reifica, ostacolando la comunicazione diretta tra gli individui. Non può esistere un'arte situazionista ma un uso situazionista dell'arte: "L'arte nell'epoca della sua dissoluzione [...] è allo stesso tempo un'arte del cambiamento e l'espressione pura del cambiamento impossibile."[13]
  • Psicogeografia. Studio degli effetti che l'ambiente geografico esercita sul comportamento umano. Strumento di analisi psicogeografica è la deriva, intesa come attraversamento di vari ambienti, senza meta e con interesse per gli incontri.[18]
  • Situazione costruita. Un momento della vita, concretamente e deliberatamente costruito per mezzo dell'organizzazione collettiva di un ambiente unitario e di un gioco di avvenimenti. Lo scopo è la soddisfazione del desiderio, concretamente e senza sublimarsi nell'arte. La realizzazione del desiderio permette di fare chiarezza sugli istinti primitivi e di superarli.[19]
  • Détournement. Ovvero la citazione, la ri-scrittura, la riappropriazione di un testo (semioticamente). Anche l'arte usa il détournement ma c'è una differenza. Mentre il détournement artistico conduce alla creazione di una nuova opera d'arte, quello situazionista, pur valendosi di suddette opere, conduce ad una negazione dell'arte, soprattutto per la connotazione di comunicazione immediata che contiene. Si tratta di decontestualizzare la provenienza e di inserirla in un nuovo insieme di significati che le attribuisca un nuovo valore.[20] Ad esempio, Debord apre La società dello spettacolo con un détournement dell'incipit del Capitale di Karl Marx: "Tutta la vita delle società moderne in cui predominano le condizioni attuali di produzione si presenta come un'immensa accumulazione di merci".[21]
  • Terrorismo. La democrazia spettacolare non intende essere giudicata in base ai propri meriti ma in base ai propri nemici: "La storia del terrorismo è scritta dallo Stato; quindi è educativa"[22]. La democrazia, in quanto spettacolare integrato, ha bisogno del terrorismo, dando luogo così ad una perfezione fragile, che deve essere preservata, garantendo l'immutabilità delle scelte governative.
  • "Deriva". La deriva come pratica psicologica di abbandono degli schemi[23].

Il collettivo di scrittori Luther Blissett, nel pamphlet Guy Debord è morto davvero[24], muove alcune critiche al filosofo:

«Guy The Bore (Guy "il noioso") è il doppio di Guy Debord, è Debord giunto a un tal grado di autocontemplazione da divenire pura immagine. A nostro parere la deboredom (la noia causata da Debord) ha preso pieno possesso del personaggio dopo il film "In girum imus nocte et consumimur igni" (1979), in cui l'autocontemplazione rispondeva ancora ad un'esigenza lirica, e non riusciva tediosa, (de)boring. Da allora in avanti, come spieghiamo più sotto, ogni testo di The Bore è stato troppo intriso di risentimento (di quel sentire che si ripiega su sé stesso, che si attorciglia e cortocircuisce).»

«"Situazionista" è divenuto un passepartout che apre ora la porta del dadaismo rimasticato ora quella del facile millenarismo tecnologico. In un mondo nichilista, tutto ciò che è reale è "situazionista".»

«Ma non è stato The Bore in persona a trasformare la propria reputazione in quella di una rancorosa Cassandra? Non è stato il suo atteggiamento a far sì che il suo più celebre saggio fosse considerato un Talmud?»

«Ci rimangono insomma dei testi sacri, e coi testi sacri si può agire in due sole maniere: o li si interpreta alla lettera, da fondamentalisti, o si fa dir loro ciò che si vuole, sovente senza neppure leggerli.»

Autobiografia, corrispondenza

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  • Guy Debord, Panegirico. Tomo primo e Tomo secondo, Roma, Castelvecchi, 2013.
  • Guy Debord, Questa cattiva reputazione, Milano, Postmedia Books, 2014.
  • Guy Debord, Correspondance, Vol. "0": séptembre 1951 - juillet 1957, Paris, Libraire Arthem Fayàrd, 2010.
  • Guy Debord, Correspondance, Vol. 1: juin 1957 - aout 1960, Paris, Libraire Arthem Fayàrd, 1999.
  • Guy Debord, Correspondance, Vol. 2: séptembre 1960 - décembre 1964, Paris, Libraire Arthem Fayàrd, 2001.
  • Guy Debord, Correspondance, Vol. 3: janvier 1965 - décembre 1968, Paris, Libraire Arthem Fayàrd, 2003.
  • Guy Debord, Correspondance, Vol. 4: janvier 1969 - séptembre 1972, Paris, Libraire Arthem Fayàrd, 2004.
  • Guy Debord, Correspondance, Vol. 5: janvier 1973 - décembre 1978, Paris, Libraire Arthem Fayàrd, 2005.
  • Guy Debord, Correspondance, Vol. 6: janvier 1979 - décembre 1987, Paris, Libraire Arthem Fayàrd, 2006.
  • Guy Debord, Correspondance, Vol. 7: janvier 1988 - novembre 1994, Paris, Libraire Arthem Fayàrd, 2008.
  • Guy Debord, Théorie de la dérive, in Les Lèvres nues, n. 9, Bruxelles, novembre 1956. Ripubblicato senza le due appendici in: Internationale Situationniste, n. 2, Paris, décembre 1958; trad. it.: Internazionale Situazionista, Nautilus, Torino.
  1. ^ Guy Debord - Biography.
  2. ^ Si veda la voce Lettrismo su treccani.it
  3. ^ Mario Perniola, I situazionisti: il movimento che ha profetizzato la società dello spettacolo, Castelvecchi, Roma, 2005, p. 8.
  4. ^ Nanni Balestrini e Primo Moroni, L'orda d'oro 1968-1977. La grande ondata rivoluzionaria e creativa, politica ed esistenziale, Milano, Feltrinelli, 1997, p. 125.
  5. ^ Si veda pure la voce Situazionista su treccani.it
  6. ^ Guy Debord, La società dello spettacolo, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2008, p. 249.
  7. ^ Ibidem, p. 250.
  8. ^ a b Guy Debord
  9. ^ La società dello spettacolo [ef] | Ritiri Filosofici Archiviato il 4 marzo 2016 in Internet Archive.
  10. ^ (EN) http://www.guardian.co.uk/books/2001/jul/28/biography.artsandhumanities
  11. ^ (FR) Olivier Wicker, Un an après son suicide, Guy Debord gravite sur Internet
  12. ^ Guy Debord, La società dello spettacolo, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2001.
  13. ^ a b c d e Ibidem.
  14. ^ Commentari alla società dello spettacolo, cap. IV
  15. ^ Jean Préposiet, Storia dell'anarchismo, Bari, Edizioni Dedalo, 2006, p. 349.
  16. ^ TELLUS folio
  17. ^ Guy Debord, La società dello spettacolo, 2001, cit.
  18. ^ Cfr. Internationale situationniste, n. 1, Parigi, giugno 1958. Trad. it.: Internazionale situazionista 1958-69, Torino, Nautilus, 1994.
  19. ^ Vedi ibidem.
  20. ^ Vedi ibidem.
  21. ^ Karl Marx, Il capitale, Roma, Newton Compton, 2006, p. 53.
  22. ^ Guy Debord, La società dello spettacolo, 2008, cit., p. 204.
  23. ^ Guy Debord, Théorie de la dérive, 1956, in Les Lèvres nues, n. 9, Bruxelles
  24. ^ Luther Blissett, “Guy Debord è morto davvero”, 1995
  25. ^ Il titolo ricalca l'omologo palindromo latino In girum imus nocte et consumimur igni.
  • Anselm Jappe, Guy Debord, Pescara, Tracce, 1992; Via Valeriano, 1995; Manifestolibri, 1999; Éditions Denoël, 2001; La Découverte, 2020.
  • J.M. Apostolidès, Les tombeaux de Guy Debord, Paris, Flammarion, 2008.
  • Christophe Bourseiller, Vie et mort de Guy Debord 1931-1994, Paris, Pascal Galodé Editions, 2012.
  • J.M. Apostolidès, Debord: Le naufrageur, Paris, Flammarion, 2015.
  • Giorgio Amico, Guy Debord e la società spettacolare di massa, Bolsena (VT), Massari Editore, 2017.
  • Afshin Kaveh, Le ceneri di Guy Debord, Sassari, Catartica, 2020.
  • Pino Bertelli, GUY DEBORD: L’internazionale situazionista e la rivolta della gioia nel ‘68, Interno 4, 2018
  • Pino Bertelli, Sul cinema sovversivo di Guy Debord, La camera verde 2016

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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