Discussione:Quaderni del carcere
Quaderni del carcere | |
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Argomento di scuola secondaria di II grado | |
Materia | letteratura italiana |
Dettagli | |
Dimensione della voce | 76 112 byte |
Progetto Wikipedia e scuola italiana |
Collegamenti esterni modificati
[modifica wikitesto]Gentili utenti,
ho appena modificato 1 collegamento esterno sulla pagina Quaderni del carcere. Per cortesia controllate la mia modifica. Se avete qualche domanda o se fosse necessario far sì che il bot ignori i link o l'intera pagina, date un'occhiata a queste FAQ. Ho effettuato le seguenti modifiche:
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Saluti.—InternetArchiveBot (Segnala un errore) 08:44, 2 mag 2019 (CEST)
"Tuttavia, va detto"...
[modifica wikitesto]Nell'incipit della voce trovo il seguente passaggio: Tuttavia, va detto che dei 33 quaderni pervenuti, ben 12 furono scritti fra il 1934 e il 1935, quindi fuori del carcere, essendo egli stato posto in libertà condizionale dal 25 ottobre 1934. La fonte è un articolo di Roberto Pertici pubblicato su L'Osservatore Romano del 14 aprile 2012. Si tratta di una osservazione alquanto maliziosa (probabilmente in Vaticano non si sono dimenticati delle critiche sferzanti che Gramsci rivolse alla chiesa cattolica), ma in realtà imprecisa e poco significativa.
Se ci basiamo sull'edizione critica del 1975 a cura di Valentino Gerratana (la stessa che deve aver consultato Pertici), troviamo intanto che alcuni quaderni (nn. 10, 13, 14, 16, 17) vennero iniziati in carcere a Turi e continuati a Formia, cosicché per essi non vale la distinzione tracciata dall'organo vaticano fra quaderni scritti in carcere e "fuori del carcere".
I quaderni privi del timbro carcerario, quindi presumibilmente scritti interamente nel periodo della "libertà condizionale" (in cui comunque non si può dire che Gramsci fosse libero: era ricoverato in clinica sotto costante sorveglianza della polizia), sono quelli numerati dal 18 al 29, ed è probabilmente a questi che si riferisce l'articolo.
Ebbene, nell'edizione del '75 tali quaderni comprendono le pp. 1953-2351, essendo la p. 2351 l'ultima del testo di Gramsci. Quindi poco meno di 400 pagine a stampa su un totale di 2351, ossia circa il 17% del totale.
Il tutto senza contare i quaderni di sole traduzioni, scritti in carcere nel 1929 e non compresi nell'edizione Gerratana se non per pochi estratti.
Senza contare, inoltre, che i quaderni dal 18 al 29 comprendono in prevalenza testi C (di seconda stesura), ossia si tratta di rielaborazioni di note scritte in carcere.
Senza contare, infine, che nell'edizione Gerratana i testi A di prima stesura (tutti scritti in carcere) sono composti in corpo tipografico minore, cosicché nella stampa occupano molte meno pagine di quelle che occuperebbero se fossero stampati nello stesso carattere tipografico dei testi B e C.
Tutto questo rende futile e priva di significato la frase in questione, che comunque non è di importanza tale (né per contenuto intrinseco, né per autorevolezza della fonte) da stare nell'incipit della voce. --Salvatore Talia (msg) 16:00, 1 mag 2023 (CEST)
Ho intanto trovato on line una copia dell'articolo di Pertici, qui. Si tratta di una recensione di un libro di Franco Lo Piparo, I due carceri di Gramsci, La prigione fascista e il labirinto comunista, Roma, Donzelli 2012, libro molto controverso, contenente tesi assai azzardate che non sono state in complesso bene accette dagli studiosi gramsciani più autorevoli (si veda ad es. questa stroncatura di Guido Liguori; si veda anche Angelo d'Orsi che nella sua biografia gramsciana definisce, a p. 438, "bislacca" la tesi principale del testo di Lo Piparo). Pertici è invece molto benevolo, nella sua recensione, nei confronti di Lo Piparo; ma ciò esula dalla nostra discussione. Vorrei invece soffermarmi sul passaggio dell'articolo di Pertici che è stato ripreso nella nostra voce. Qui Pertici addebita a Palmiro Togliatti una «serie inquietante di falsi storici» che sarebbero contenuti in un articolo dello stesso Togliatti del 30 aprile 1944, in cui - a dire di Pertici - Togliatti manca colpevolmente di rilevare che «dei trentatré Quaderni che ci sono pervenuti, ben dodici sono stati scritti fra il 1934 e il 1935, quindi fuori del carcere».
Ora, è incredibile che Pertici attribuisca a Togliatti già nel 1944 (quando i quaderni di Gramsci erano ancora allo stadio di manoscritto) l'esatta consapevolezza di quali e quanti dei Quaderni fossero stati scritti a Turi e quali a Formia, quando ancora oggi la filologia gramsciana non ha trovato una soluzione certa al complesso problema della datazione dei Quaderni (si veda quanto scrive Giuseppe Cospito qui a proposito dei criteri editoriali della edizione nazionale degli scritti di Gramsci, attualmente in corso e che si discosta in parte dall'edizione Gerratana quanto all'ordinamento e alla datazione dei testi). Tutti sanno che le note di Gramsci non sono datate nel manoscritto, e che la loro datazione, così come quella di ciascun quaderno, si basa su criteri congetturali. La frase di Pertici mi fa pensare che questo studioso non abbia una conoscenza approfondita del testo gramsciano (probabilmente sbagliavo, qui sopra, quando supponevo che Pertici avesse almeno consultato l'edizione Gerratana), ma si sia basato in modo superficiale e acritico sul solo libro di Lo Piparo. In ogni caso trova conferma la mia impressione che a quanto scrive Pertici sia stato attribuito nella nostra voce un rilievo eccessivo e immeritato. --Salvatore Talia (msg) 17:58, 1 mag 2023 (CEST)
- Vedo che più avanti nella voce c'è già scritto che dodici quaderni sono da attribuire al periodo di Formia. Sposto in quel passo la menzione dell'articolo di Pertici, giusto per non cancellarla del tutto anche se secondo me è superflua. --Salvatore Talia (msg) 23:15, 6 mag 2023 (CEST)