Jean-Luc Godard

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Jean-Luc Godard nel 1968
Statuetta dell'Oscar Oscar onorario 2011

Jean-Luc Godard (AFI: [ʒɑ̃.lyk ɡɔˈdaʁ]; Parigi, 3 dicembre 1930Rolle, 13 settembre 2022) è stato un regista, sceneggiatore, montatore e critico cinematografico francese con cittadinanza svizzera, fra i più significativi registi della seconda metà del Novecento e fra i principali esponenti della Nouvelle Vague [1][2].

La sua carriera è contraddistinta da una grande prolificità e da seminali innovazioni linguistiche apportate al mezzo cinematografico.[3] Premiato con il Leone d'oro nel 1984 e l'Oscar alla carriera nel 2011,[3] le sue opere sono state fonte di ispirazione per molti registi statunitensi della Nuova Hollywood[4][5] e, più recentemente, per autori come Quentin Tarantino, il quale ha chiamato la sua casa di produzione come uno dei suoi primi film, Bande à part[6].

L'attività di critico cinematografico

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Godard nacque nel VII arrondissement di Parigi, presso rue Cognacq-Jay, il 3 dicembre del 1930 in una famiglia svizzero-francese di religione protestante, secondo dei quattro figli di Paul Godard (1899-1964), un medico nativo di Vevey (nel Canton Vaud) e di remote origini francesi (gli avi paterni e materni del padre erano originari, rispettivamente, dell'odierno dipartimento dello Cher, nella Valle della Loira, e di Le Cateau-Cambrésis, nell'Alta Francia), e di Odile Monod (1909-1954), appartenente invece ad una famiglia di banchieri ginevrini[7][8][9]. Nei primi anni cinquanta si distingue per le sue radicali critiche cinematografiche su riviste come Arts e Cahiers du cinéma.

Risale al 1950 il suo primo articolo sulla Gazette du Cinéma, intitolato Joseph Mankiewicz, e nel 1952 giunge ai Cahiers du cinéma con lo pseudonimo di Hans Lucas dove pubblica tre articoli: una breve recensione su Rudolph Maté, una più impegnata recensione su L'altro uomo di Alfred Hitchcock e un saggio dal titolo Difesa e illustrazione del découpage classico che dimostra la sua visione totalizzante delle arti come la letteratura, il cinema e la pittura.

«… è questa la condizione della dialettica cinematografica: bisogna vivere piuttosto che durare.[10]»

Tra il 1953 e il 1955 Godard, che ha abbandonato l'attività di critico cinematografico, compie numerosi viaggi nelle Americhe e in seguito assume un impiego nella costruzione della diga della Grande Dixence in Svizzera. Da questa esperienza nascerà l'idea per un primo cortometraggio, Opération béton, che verrà realizzato nel 1955 con il finanziamento della ditta appaltatrice. Ritornato a Parigi inizia a cimentarsi nei cortometraggi a soggetto. Nel suo terzo cortometraggio, Charlotte et son Jules (1958), doppia la voce di Jean-Paul Belmondo e nel quarto, Une histoire d'eau (sempre del 1958), collabora con il regista François Truffaut che l'anno seguente gli fornirà il soggetto per il suo primo lungometraggio.

Il primo lungometraggio risale al 1959 con un film che diverrà il vessillo della Nouvelle vague francese: Fino all'ultimo respiro. Il film, che viene girato in sole quattro settimane con un budget limitato e il ricorso all'utilizzo della cinepresa a mano, ottiene il premio Jean Vigo e dà inizio al primo periodo della filmografia godardiana. All'interno di questa sua prima opera sono già presenti quelle "trasgressioni" ai modelli narrativi tradizionali che la Nouvelle vague utilizzerà per distanziarsi dal cosiddetto "cinema de papà": montaggio sconnesso, attori che si rivolgono direttamente al pubblico, sguardi in macchina. Evidente risulta anche la cinefilia di Godard, che cita ossessivamente i film statunitensi di genere degli anni cinquanta.

Il periodo che va dal 1960 al 1967 viene caratterizzato da una grande creatività che porta Godard a realizzare ventidue film, tra cortometraggi e lungometraggi. Nel corso di questi anni, Godard rivolge la propria attenzione ai contenuti erotici dell'immagine contemporanea: manifesti di attori, pubblicità, fumetti, riviste patinate. In quest'ottica nascono film come Agente Lemmy Caution: missione Alphaville, Il bandito delle 11, Due o tre cose che so di lei. Di questo periodo (1964) è anche un altro dei più famosi film godardiani: Bande à part, ambientato in una Parigi fredda e autunnale, racconta la storia di due amici, interpretati da Sami Frey e Claude Brasseur, che incontrano casualmente una giovane ragazza, bella e ingenua, interpretata da Anna Karina, che influenzerà nel breve e lungo termine le loro esistenze. La splendida sequenza girata nel Louvre, dove corrono come forsennati lungo gli immensi spazi del museo verrà ripresa molti anni dopo da Bernardo Bertolucci nel suo film The Dreamers - I sognatori, dove i protagonisti Eva Green, Louis Garrel e Michael Pitt ripetono la corsa proprio nel Louvre identificandosi in Franz, Arthur e Odile, appunto i tre giovani spensierati che girano per Parigi con una vecchia SIMCA decappottabile e passano le giornate tra un corso d'inglese e un bistrot dove bere qualcosa e fantasticare sul loro futuro.

A partire dal 1966 Godard sposa le teorie marxiste: il cinema diviene il luogo in cui mettere in atto una severa critica della civiltà dei consumi e della mercificazione dei rapporti umani, ma anche in cui si possa riflettere sullo stesso statuto dell'immagine come portatrice "naturale" di un'ideologia. Il problema della prassi diviene una costante della fase "politica" di Godard, nei film La cinese e Week End - Una donna e un uomo da sabato a domenica.

Il gruppo Dziga Vertov (1968-1972)

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Dopo aver esaminato la possibilità di mettere in pratica un cinema rivoluzionario (La gaia scienza, 1968), Godard fonda nel 1969 con altri cineasti il Gruppo Dziga Vertov, sperimentando un cinema collettivo e rifiutando il ruolo di autore nella convinzione che esso sottintenda un'ideologia autoritaria e gerarchica. Nello stesso anno dirige Lotte in Italia, un film per la televisione italiana che si interroga sui rapporti tra film, rappresentazione e ideologia attraverso il racconto di una ragazza borghese che milita in un gruppo extraparlamentare pur rimanendo legata all'ideologia della sua classe d'origine.

Altro film di questo periodo è Vento dell'est, unico film con il quale ha lavorato con l'attore italiano Gian Maria Volonté.

L'attività di Godard, che fino a quel momento era stata frenetica, è costretta a interrompersi sia per un incidente stradale che lo costringe in ospedale per alcuni mesi, sia per il nascere delle prime discordanze all'interno del gruppo e soprattutto per l'intuizione che il momento dell'eversione fosse ormai alla fine.

Nel tentativo di recuperare la propria identità artistica e politica Godard rimane per diversi mesi chiuso in sé stesso senza lasciarsi intervistare dalla stampa e solo nel 1972 realizza, insieme a Jean-Pierre Gorin, Crepa padrone, tutto va bene, un'indagine sullo stato degli intellettuali nella stagione del riflusso post-sessantottesco.

La fine del movimento segna per Godard una pausa di ripensamento. Dopo alcune conferenze tenute presso l'Università di Montréal e all'opera "Introduction à une véritable histoire du cinéma", che verrà pubblicata nel 1980, si ritira a Grenoble, dove lavora per alcuni anni ai laboratori di Sonimage sperimentando tecniche cinematografiche a basso costo (Super 8, videoregistratori, ecc).

Il terzo periodo (1975-2006)

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Dopo l'approdo alle tecnologie elettroniche e al video inizia il terzo periodo, quello dell'ultimo Godard, improntato a una nuova e intensa sperimentazione in cui il video, che convive strettamente con il cinema, viene usato per una critica nuova fatta per immagini alle stesse immagini, anche le proprie.

Nel 1975 con Numéro deux Godard riparte utilizzando la nuova strumentazione video e mettendo in scena non un irrequieto rapporto di coppia, ma un irrequieto rapporto familiare, mescolando la documentazione reale con la fiction, la vita con la sua rappresentazione.

Nasce un'attenzione più viva per le tematiche del privato, soprattutto quella familiare, che vengono ripresi con toni maggiormente intimistici come in Si salvi chi può (la vita). In questo periodo Godard riesce a valorizzare la pura immagine a scapito del racconto utilizzando serie di sequenze autonome simili a quadri staccati dalla trama e godibili per la loro sola bellezza come in Passion (1982) che può essere preso ad esempio della sua nuova concezione estetica dell'immagine.

Così, nei successivi Prénom Carmen (1983) che vinse il Leone d'oro a Venezia, e Je vous salue, Marie (1985) si vede come il testo sia solo un pretesto per un libero assemblaggio fatto di giochi di parole, citazioni disparate, brani di musica, ripresa di scenari naturali, come le onde del lago Lemano in Prénom Carmen che diventano uno dei principali leitmotiv visivi del regista.

Nelle opere di questo terzo periodo si affianca alla compostezza dell'immagine il motivo ricorrente della musica classica, soprattutto di Mozart e Beethoven che già erano presenti nei film del primo periodo.

Nel 1988 per Canal Plus, viene ideato il progetto Histoire(s) du cinéma che durerà fino al 1997 e dalla cui esperienza nasceranno quattro volumi con tutti i materiali interpretativi e iconografici che verranno pubblicati nel 1998. Con il film Nouvelle Vague del 1990 e con Ahimè! del 1993, Godard riesce a scrivere l'intera sceneggiatura senza usare una sua parola ma facendo dire ai personaggi frasi di altri per poter lasciare libero spazio alle immagini che, con la loro musica interna, creano una perfetta geometria.

Nel film Germania nove zero, che si modella su Germania anno zero di Rossellini, Godard si diverte a giocare con le lingue (il francese e il tedesco), come già aveva fatto nei film del primo periodo (Fino all'ultimo respiro, dove aveva utilizzato l'inglese e il francese, e ne Il disprezzo l'inglese, l'italiano e il francese).

Éloge de l'amour del 2001 è un insieme di motti di spirito, gag paradossali, detti celebri, inversioni di struttura come il colore della seconda parte del film in contrasto con il bianco e nero della prima parte i cui avvenimenti accadono due anni dopo.

Nell'aprile 2021 firma, insieme ad altre personalità dello spettacolo e della cultura, un appello di Valeria Bruni Tedeschi a Emmanuel Macron pubblicato su Libération dopo l'arresto e l'immediata scarcerazione in libertà vigilata di una decina di ex terroristi italiani ed ex militanti di gruppi eversivi di sinistra, accusati e condannati in Italia per omicidio, sequestro, tentato omicidio. L'appello è finalizzato a "mantenere l'impegno della Francia nei confronti degli esiliati italiani per cui è stata richiesta l'estradizione".[11]

Il 13 settembre 2022, Godard è ricorso al suicidio assistito nella sua casa di Rolle in Svizzera. Una fonte vicina al regista citata da Libération ha rivelato: «Non era malato, era solo esausto. È stata una sua decisione e per lui era importante che si sapesse. Si tratta di una pratica autorizzata e controllata in Svizzera.»[12][13]

I primi cortometraggi (1954 - 1958)

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Il primo periodo (1960 - 1967)

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Lungometraggi

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Cortometraggi/episodi di film

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  • L'accidia (La paresse), episodio de I sette peccati capitali (Les sept péchés capitaux) (1961)
  • Il nuovo mondo (Le nouveau monde), episodio di Ro.Go.Pa.G. (1962)
  • Il profeta falsario (Le grand escroc), episodio de Le più belle truffe del mondo (Les Plus Belles Escroqueries du monde) (1964)
  • Montparnasse-Levallois, episodio di Parigi di notte (Paris vu par...) (1963 ma edizione 1966)
  • Reportage sur Orly (1964)
  • L'amore nel 2000 (Anticipation, ou l'amour en l'an 2000), episodio de L'amore attraverso i secoli (L'amour à travers les âges o Le plus vieux métier du monde) di registi vari (1967)
  • L'amore (L'aller et retour andata e ritorno des enfants prodigues dei figli prodighi), episodio di Amore e rabbia o Vangelo 70 (1967)
  • Camera Eye (Caméra-œil), episodio di Lontano dal Vietnam (Loin du Viet-nam) (1967)

Il secondo periodo (1968 - 1972)

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Il terzo periodo (1975 - 2018)

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Lungometraggi

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Altro del terzo periodo

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  • Jean-Luc Godard, Jean-Luc Godard par Jean-Luc Godard, a cura di Alain Bergala, Editions du Cahiers du cinéma, Parigi 1980, trad. di Adriano Aprà e Paolo Mereghetti, Il cinema è il cinema, Garzanti, Milano 1981.
  • (FR) Jean-Luc Godard, Histoire(s) du cinemà, 4 voll., Gallimard, Parigi 1998.
  • (FR) Jean-Luc Godard, Archéologie du cinéma et mémoire du siècle. Dialogue, con Youssef Ishaghpour, Farrago, Tours 2000.
  • Jean-Luc Godard, Introduzione alla vera storia del cinema, traduzione di Maurizio Ciampa e Rina Macrelli, Roma, Editori Riuniti, 1982.
  • Jean-Luc Godard, Due o tre cose che so di me. Scritti e conversazioni sul cinema, a cura di Orazio Leogrande, traduzione di Orazio Leogrande e Andreina Lombardi Bom, Minimum Fax, 2007.

Riconoscimenti

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Cultura di massa

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  1. ^ D-sign.it, Jean-Luc Godard - Il Cinema Ritrovato, su distribuzione.ilcinemaritrovato.it. URL consultato il 4 giugno 2021.
  2. ^ Jean-Luc Godard, 90 anni di un regista contro, su la Repubblica, 3 dicembre 2020. URL consultato il 4 giugno 2021.
  3. ^ a b Il cinema si inchina ai 90 anni di Jean-Luc Godard - Cinema, su Agenzia ANSA, 2 dicembre 2020. URL consultato il 4 giugno 2021.
  4. ^ Sky TG24, I 90 anni di Jean-Luc Godard: i film da lui ispirati, su tg24.sky.it. URL consultato il 4 giugno 2021.
  5. ^ Oscar a Jean-Luc Godard il regista che odia Hollywood - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 4 giugno 2021.
  6. ^ Marco Paiano, 10 cose che non sai su Quentin Tarantino: dall'amore per Jean-Luc Godard ai suoi film preferiti, su Cinematographe.it, 27 marzo 2017. URL consultato il 4 giugno 2021.
  7. ^ Douglas Morrey (2005), Jean-Luc Godard, New York, Manchester University Press. ISBN 978-0-7190-6759-4., p. 1.
  8. ^ adherents.com, https://web.archive.org/web/20051226215837/http://www.adherents.com/people/pg/Jean_Luc_Godard.html (archiviato dall'url originale il 26 dicembre 2005).
  9. ^ Jean Monod (1765–1836), pasteur, su ordiecole.com. URL consultato il 29 dicembre 2011 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  10. ^ Jean-Luc Godard, Défense et illustration du découpage classique, in: Cahiers du cinéma n° 15, Settembre 1952, pp. 28-32, con lo pseudonimo di Hans Lucas. Trad. it. Difesa e illustrazione del découpage classico, in: Il cinema è il cinema, (a cura di Adriano Aprà), Garzanti, Milano, 1971, pp. 35-41.
  11. ^ Ex terroristi, Valeria Bruni Tedeschi firma un appello per la loro liberazione [collegamento interrotto], su huffingtonpost.it, 30 aprile 2021. URL consultato il 30 aprile 2021.
  12. ^ Lidia Maltese, Jean-Luc Godard: la morte per suicidio assistito: “Non era malato, era solo esausto”, su screenworld.it, 13 settembre 2022. URL consultato il 18 settembre 2022 (archiviato il 18 settembre 2022).
  13. ^ È morto Jean-Luc Godard. Libération: 'È ricorso al suicidio assistito', su ansa.it, ANSA, 13 settembre 2022. URL consultato il 13 settembre 2022.
  14. ^ L'esperienza mistica di Godard: dalla fenomenologia alla vita.
  15. ^ Aspettando la rivoluzione omaggio a Godard, su luccafilmfestival.it.
  16. ^ Elettronica di Angelo Iannelli: la scelta tra il dolore e il nulla, su pakomusic.it. URL consultato l'8 marzo 2024.
  17. ^ Il Mio Godard | Trailer Ufficiale Italiano. URL consultato il 14 febbraio 2024.

Libri su Jean-Luc Godard in italiano

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Libri su Jean-Luc Godard in altre lingue

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  • Richard Roud, Jean-Luc Godard, Cinema One, Londra 1962.
  • Jean Collet, Jean-Luc Godard, Seghers, Parigi 1963.
  • Barthélemy Amengual (a cura di), Jean-Luci Godard au-delà du recit, Lettres Modernes, Parigi 1967.
  • Colin Miles MacCabe, Jean-Luc Godard, Images, Sounds, Politics, Indiana University Press, Bloomington 1980.
  • Marc Cerisuelo, Jean-Luc Godard, Lherminier, Parigi 1989.
  • Jean-Luc Douin, Godard, Rivages, Parigi 1989.
  • Jean-Louis Leutrat, Des traces qui nous ressemblent, Comp'Act, 1990.
  • Raymond Bellour e Mary Lea Bandy (a cura di), Jean-Luc Godard, son + image 1974-1991, Museum of Modern Art, New York 1992.
  • Marc Cerisuelo (a cura di), Jean-Luc Godard au-delà de l'image, in "Etudes Cinématographiques", 1993, n. 194-202, 1993.
  • Alain Bergala, Nul mieux que Godard, Éditions du Cahiers du cinéma, Parigi 1999.
  • Jacques Aumont, Amnésies: fictions du cinéma d'après Jean-Luc Godard, P.O.L., 1999.
  • Michael Temple e James S. Williams, The cinema alone. Essays on the work of Jean-Luc Godard (1985-2000), Amsterdam University Press, 2000.
  • Suzanne Liandrat Guigues e Jean-Louis Leutrat, Godard simple comme bonjour, L'Harmattan, Parigi 2004.

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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