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Nimravidae

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Nimravidae
Hoplophoneus
Stato di conservazione
Fossile
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
SubphylumVertebrata
ClasseMammalia
OrdineCarnivora
FamigliaNimravidae

I nimravidi (Nimravidae) sono una famiglia di mammiferi carnivori comprendente esclusivamente forme estinte, fossili dell'Eocene, dell'Oligocene e del Miocene, datati tra 40,4 e 7,2 milioni di anni fa. [1]

Falsi "gatti"

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L'aspetto di questi primitivi carnivori assomiglia moltissimo a quello dei felidi, e difatti nelle vecchie classificazioni questi animali sono spesso noti come "paleofelidi". Il corpo allungato e snello, il cranio molto accorciato e la dentatura ridotta, in effetti, sono analoghi a quelli dei felidi. Le zampe, però, ricordano più i cani, e almeno alcune specie erano plantigrade come gli orsi o semiplantigrade.[2]

Alcune caratteristiche primitive, ad esempio la struttura delle ossa dell'orecchio, sembrerebbero porli vicino all'albero evolutivo dei carnivori. Molti anni fa, i paleontologi solevano dividere il gruppo in due: i nimravidi con i canini allungati avrebbero dato origine alle tigri dai denti a sciabola, mentre i nimravidi dall'aspetto più classico avrebbero dato origine a tutti gli altri felidi. In realtà i felidi primitivi si svilupparono da animali simili a viverridi. I nimravidi, ad ogni modo, forniscono uno straordinario esempio di convergenza evolutiva: si pensi a Dinaelurus crassus, nimravide dell'Oligocene degli Stati Uniti, dal cranio corto estremamente simile a quello di un ghepardo.

Classificazione

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Attualmente i paleontologi riconoscono due principali sottofamiglie di nimravidi: i nimravini (Nimravinae), dall'aspetto simile a leopardi dal corpo allungato, e gli oplofoneini (Hoplophoneinae), caratterizzati dall'estremo allungamento dei canini superiori. Una terza sottofamiglia, apparsa in epoca posteriore e in passato ritenuta un'evoluzione degli oplofoneini, o considerata come una sottofamiglia dei Nimravidae[3][4] è stata riclassificata come una famiglia a sé stante (Barbourofelidae) da alcuni autori.[5] Tuttavia nuovi studi del 2020 tendono a riposizionarli tra i nimravidi,[6] o tra i Nimravinae,[7][8] indicando che la questione non è ancora risolta.

Tra i generi principali di nimravidi, da ricordare almeno Dinictis, Nimravus, Eusmilus e Hoplophoneus. Oltre a queste sottofamiglie è nota una forma basale, Maofelis, proveniente dall'Asia e forse ancestrale ai nimravidi più derivati.

Classificazione completa

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Dinictis squalidens
Dinaelurus crassus
Nimravus gomphodus
Pogonodon platycopis
Eusmilus sicarius
Hoplophoneus mentalis
  • Famiglia: Nimravidae
    • Genere: Maofelis
      • Maofelis cantonensis
    • Sottofamiglia Nimravinae
      • Genere: Dinictis
        • Dinictis cyclops
        • Dinictis felina
        • Dinictis squalidens
      • Genere: Dinaelurus
        • Dinaelurus crassus
      • Genere: Dinailurictis
        • Dinailurictis bonali
      • Genere: Eofelis
        • Eofelis edwardsii
        • Eofelis giganteus
      • Genere: Nimravus
        • Nimravus altidens
        • Nimravus brachyops
        • Nimravus edwardsi
        • Nimravus gomphodus
        • Nimravus intermedius
        • Nimravus sectator
      • Genere: Pogonodon
        • Pogonodon davisi
        • Pogonodon platycopis
      • Genere: Quercylurus
        • Quercylurus major
    • Sottofamiglia Hoplophoninae
      • Genere: Eusmilus
        • Eusmilus bidentatus
        • Eusmilus cerebralis
        • Eusmilus sicarius
      • Genere: Hoplophoneus
        • Hoplophoneus belli
        • Hoplophoneus dakotensis
        • Hoplophoneus occidentalis
        • Hoplophoneus latidens
        • Hoplophoneus mentalis
        • Hoplophoneus primaevus
        • Hoplophoneus robustus

Distribuzione e declino

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I nimravidi conobbero la loro massima diffusione nel corso dell'Oligocene (35 - 22 milioni di anni fa), quando si diffusero per tutta l'Eurasia e il Nordamerica, e divennero tra i principali predatori dell'epoca insieme ai creodonti. Quando i mutamenti climatici e ambientali diedero nuovi impulsi evolutivi alle altre famiglie di carnivori, i nimravidi non riuscirono ad adattarsi abbastanza in fretta e scomparvero nel giro di pochi milioni di anni.

  1. ^ Nimravidae (false sabre-tooth), No. 41036, su: paleobiodb.org
  2. ^ Mauricio Antón, Sabertooth, Bloomington, Indiana, University of Indiana Press, 2013, p. 90, ISBN 9780253010421.
  3. ^ Michael Morlo, Stéphane Peigné e Doris Nagel, A new species of Prosansanosmilus: implications for the systematic relationships of the family Barbourofelidae new rank (Carnivora, Mammalia), in Zoological Journal of the Linnean Society, vol. 140, n. 1, gennaio 2004, pp. 43, DOI:10.1111/j.1096-3642.2004.00087.x.
  4. ^ L. Werdelin, N. Yamaguchi, W. E. Johnson e S. J. O'Brien, Phylogeny and evolution of cats (Felidae), in D. W. Macdonald e A. J. Loveridge (a cura di), Biology and Conservation of Wild Felids, Oxford, UK, Oxford University Press, 2010, pp. 59–82, ISBN 978-0-19-923445-5.
  5. ^ Michael Morlo, Stéphane Peigné e Doris Nagel, A new species of Prosansanosmilus: implications for the systematic relationships of the family Barbourofelidae new rank (Carnivora, Mammalia)., in Zoological Journal of the Linnean Society, vol. 140, n. 1, gennaio 2004, pp. 43, DOI:10.1111/j.1096-3642.2004.00087.x.
  6. ^ Xiaoming Wang, Stuart C. White e Jian Guan, A new genus and species of sabretooth, Oriensmilus liupanensis (Barbourofelinae, Nimravidae, Carnivora), from the middle Miocene of China suggests barbourofelines are nimravids, not felids, in Journal of Systematic Palaeontology, vol. 18, n. 9, 2 maggio 2020, pp. 783–803, DOI:10.1080/14772019.2019.1691066.
  7. ^ John J. Flynn e Henry Galiano, Phylogeny of early Tertiary Carnivora, with a description of a new species of Protictis from the middle Eocene of Northwestern Wyoming, in American Museum Novitates, 1982.
  8. ^ P. Z. Barrett, W. S. B. Hopkins e S. A. Price, How many sabertooths? Reevaluating the number of carnivoran sabertooth lineages with total-evidence Bayesian techniques and a novel origin of the Miocene Nimravidae, in Journal of Vertebrate Paleontology, vol. 41, n. 1, 2021, pp. e1923523, DOI:10.1080/02724634.2021.1923523.

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Collegamenti esterni

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