Per i verbi in -gnare (sognare), la tradizione grammaticale ammette una doppia grafia nelle voci rizoatone con desinenze inizianti per i- (4ª persona dell'ind. pres., e 4ª e 5ª del cong. pres.): una con -i- (sogniàmo), e una senza (sognàmo); anche se la prima rimane la scelta più caldeggiata dalle grammatiche e dai linguisti per una questione di omogeneità delle desinenze, pur essendo la -i-, in questo caso, un semplice segno ortografico (non diacritico in quanto non altera il suono del digramma che lo precede).
I verbi in -care (stancare) a -gare (negare) mantengono il valore velare (/k/ e /g/) della loro consonante radicale per tutta la coniugazione, perciò prendono il diacritico -h- davanti alle desinenze che iniziano per i- (stanchiamo) e per e- (negherò).
I verbi in -ciare (cacciare) a -giare (mangiare) mantengono il valore palatale (/t͡ʃ/, /ʃ/ e /d͡ʒ/) della loro consonante radicale per tutta la coniugazione, perciò mantengono il diacritico -i- davanti alle desinenze che non iniziano per i- o per e- (caccio, mangio). Perdono di regola la -i-, che abbia soltanto valore diacritico, davanti alle desinenze inizianti per e- (cacc-erò; mang-erebbe)[1]; l'unica reale eccezione è il verbo sciare, dove la i ha sempre valore fonologico, venendo effettivamente pronunciata in tutta la coniugazione: scierò (/ʃie'rɔ/), scierai (/ʃie'rai/), ecc.
I verbi in -gliare perdono la -i- della radice con le desinenze inizianti per i-.
I verbi in -iare (inviare; annaffiare) davanti a desinenze inizianti per i-, perdono sempre la -i- radicale nelle voci rizoatone (4ª persona dell'ind. pres., e 4ª e 5ª del cong. pres.) se la -i- è semiconsonante: annaff-iàmo, (che) voi iniz-iàte; perdono invece la -i- di queste desinenze se la -i- radicale è vocale vera e propria: invi-àmo, ampli-àmo. Nelle voci rizotoniche (2ª persona dell'ind. pres., e 1ª, 2ª, 3ª e 6ª del cong. pres.) il comportamento varia: se la -i- è tonica si mantiene (invìi, che egli invìi, che essi invìino), se è atona si perde (tu annàff-i, che egli annàff-i, che essi innàff-ino)[2].
I verbi in -eare (creare) presentano una doppia -ee- in tutte le voci del futuro semplice e del condizionale presente, per la compresenza della e radicale a fianco di quella desinenziale: creerò, creerebbe.
Presente: tra le desinenze arcaiche riscontrabili nel fiorentino si possono ricordare (tu) ame, (noi) amamo o amano, (essi) amono.
Imperfetto: antica e in uso fino all’Ottocento (io) amava.
Passato remoto: diffuso in poesia fino all'Ottocento l'arcaico (essi) amaro; arcaici (egli) amoe o amae .
Futuro: antiche le desinenze con vocale tematica: amarò, -arai, -arà, ecc; arcaiche e rare le forme: (io) ameroe o ameraggio o amerabbo, (egli) amerae.
Congiuntivo
Presente: arcaiche le forme originarie: (io) ame, (egli) ame,
Imperfetto: antica la forma poetica (io) amasse; e solo antiche le forme (egli) amassi, (essi) amassono o amassino o amasseno.
Condizionale
Presente: antiche le desinenze con vocale tematica amarei, -aresti -arebbe; arcaico: (essi) amerebbono anche poetico amerieno (-arieno); poetiche le forme (io) ameria, (egli) ameria, (essi) ameriano.
^Nelle scritture più sofisticate, la -i- radicale, se ha fondamento etimologico, può essere mantenuta a fianco di quella desinenziale in una grafia latineggiante (tu stùdii), nei seguenti verbi:
La doppia -ii atona della grafia latineggiante in fine di parola può essere contratta, come avviene per alcuni sostantivi, e sostituita quindi da un circonflesso -î
Infinito Presente (cantare) e Passato (aver cantato) ·Participio Presente (cantante) e Passato (cantato) ·Gerundio Presente (cantando) e Passato (avendo cantato)