Gianluca Vialli
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Gianluca Vialli (1964 – 2023), calciatore, allenatore di calcio e dirigente sportivo italiano.
Citazioni di Gianluca Vialli
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- [Dopo il passaggio dalla Sampdoria alla Juventus] Mi mancheranno i "vaffanculo" che prendevo non solo nelle settimane di vigilia del derby...[1]
- Giocare a Milano è splendido. San Siro è eccitante, ti stimola, tutto lì dentro assume un colore diverso. È giusto che esistano soltanto stadi come San Siro, costruiti esclusivamente per il calcio. Le piste lasciamole a quelli dell'atletica.[2]
- Ti credevamo invincibile. In questi undici mesi sei stato un esempio per noi, per come hai saputo affrontare problemi veri, non quelli legati a semplici vittorie o sconfitte, con coraggio e serenità, forza e determinazione. Ti abbiamo voluto bene, ti portiamo nel cuore. Onore a te, fratello Andrea Fortunato.[3]
- [11 agosto 1999] Il calcio è come il sesso. Se lo fai di continuo, alla lunga ti annoia.[4]
- [Nel 1999] Le dichiarazioni di Zeman sul doping? Coglionate di un terrorista.[5]
- [Nel 1999] Lippi è stato il mio messia, il mio modello sotto tutti i punti di vista.[5]
- [Su Antonio Conte] [...] un tecnico con le idee chiare. Magari non complicatissime, ed è una fortuna, ma molto efficaci. Soprattutto è un martello. E di solito la combinazione tra l'avere le idee chiare ed essere un martello, risulta vincente. La cosa che più mi ha colpito è stata la capacità di trasmettere in modo sincero e genuino il suo senso di appartenenza, la juventinità, che unita all'effetto stadio ha creato una miscela esplosiva. È da tanto che non vedevo un rapporto così intenso.[6]
- Zeman è una persona molto intelligente ma è anche un grandissimo paraculo, combatte le battaglie che gli convengono e le altre se le dimentica. Io, tra l'altro, non l'ho mai perdonato quando ha gettato un'ombra sulla carriera mia e di Del Piero e non mi ha ancora chiesto scusa.[7]
- [Ultime parole famose, sulla Juventus nel 2015] La squadra che ha vinto lo Scudetto, ha cambiato 3-4 giocatori importanti e avrà bisogno di un po' di tempo per tornare a certi livelli. Lo farà alla svelta perché la squadra del futuro è già stata costruita, però credo che quest'anno la Juventus non possa vincere lo Scudetto.[8]
Citazioni non datate
[modifica]- Alla Juventus la vittoria non dà felicità, ma sollievo. È il completamento di un dovere, non il raggiungimento di una vetta.[9]
- [Sul player-coach] È come essere attore e regista dello stesso film, un'esperienza che mi ha prosciugato dal punto di vista fisico e mentale. Devi mantenerti assolutamente obiettivo, la squadra deve sempre vincere. Altrimenti sono guai.[10]
- Il golf è più difficile del calcio perché la pallina sta ferma: così la guardi, cominci a pensare a tutto quello che ti hanno insegnato e finisci quasi sempre per sbagliare.[11]
Interviste
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- [«Cosa chiedi al calcio?»] Il successo, quello che tutti pretendono nell'ambito del loro lavoro. Quando inizi a giocare sogni "San Siro", l'"Olimpico", le sfide con i grandi campioni, la Nazionale, gli elogi di chi sta nell'ambiente: questo è il successo.[12]
- [Riferito ai calciatori, «ma siete un po' tutti dei ragazzi viziati, non le pare?»] Io non sono né buono né santo, però credo che ognuno ottiene dalla vita ciò che merita per le doti che ha avuto. Certo, per me può essere facile dirlo: ma il lavoro paga. [«Nel vostro caso lo fa così bene da rendervi mercenari. [...] Che ne pensa?»] Dico che «loro», cioè i giornalisti e i dirigenti e i tifosi che ci giudicano senza sapere, ci vorrebbero sentimentali quando ne hanno la convenienza. Ma quando andiamo in campo pretendono che siamo professionisti senza sentimenti, mai condizionati dai problemi di tutti i giorni o dal fatto di affrontare una situazione psicologica molto particolare.[13]
- Difendo l'idea che in area l'attaccante è il padrone e va cercato con insistenza. Va servito anche 30 volte a partita, marcato o no. Poi sta a lui sfruttare le occasioni.[13]
- [Su Arrigo Sacchi] Non ci siamo mai capiti [...]. Lui se ne frega che un giocatore segni una montagna di gol, perché privilegia il sistema di gioco agli uomini.[14]
- [...] un capitano serve alla squadra solo se sa parlare agli arbitri, al tecnico, ai dirigenti. Perciò devono essere i compagni e l'allenatore a sceglierlo, magari con una votazione segreta. [«Pausa a effetto»] Sia chiaro che a quel punto scenderei in campagna elettorale.[15]
- [«Nuovi numeri sulle maglie. Vialli, lei quale sceglie?»] [...] vorrei il 99. [...] Perché corro come due centravanti.[15]
- Pirlo è un direttore d'orchestra, detta i tempi, fa giocare la squadra ma negli ultimi 30 metri mette degli assist... Avessi avuto io un centrocampista così avrei fatto il doppio dei gol. Essendo un giocatore determinante, però, quando gira a un cilindro in meno rispetto al solito, ne risente tutta la squadra.[16]
- Tévez è un campione con un'indole molto proletaria, non una star. Gioca per la squadra, è umile, si sacrifica. Dove lo metti sta, segue le consegne e lo fa nel migliore dei modi. È un grande giocatore, non ti lascia mai in dieci e mi hanno detto che è anche un professionista serio, uno che non dà problemi.[16]
- [Su Massimiliano Allegri] Non era facile, il suo arrivo dopo Conte [alla Juventus] poteva essere paragonato al post-Mourinho all'Inter. Max ha dimostrato di essere capace di costruire uno splendido rapporto con i giocatori. Ha fatto quello che è riuscito a Capello dopo Sacchi al Milan.[17]
- La Juve è una filosofia. Può piacere o non piacere ma è qualcosa di unico. Per me è stato un privilegio far parte della storia di quella società. Non è una società perfetta ma ha un dna vincente. Quando indossi quella maglia, ne senti il peso.[18]
- Cosa si mangia di speciale a Torino? Esiste un ambiente di lavoro molto particolare, sei contagiato: un'atmosfera che serve nella vita e in panchina. La principale caratteristica alla Juve è la testa bassa. L'umiltà rispetto a quello che si vince, che è sempre tanto. Il club ti insegna l'importanza degli oneri: ti mette nelle condizioni giuste per dimostrare quanto vali, ma poi tu devi dare il massimo. A quel punto vinci e ti godi gli onori. Ma per poco perché devi rivincere subito dopo. Ecco, il successo è spesso un sollievo più che una gioia [...]. Certo, al Barcellona prediligono l'estetica, la bellezza o anche solo il divertimento, mentre la Juventus è meravigliosamente pratica. Confesso che nei miei anni in bianconero non è mai entrato un dirigente a dirci: "Mi raccomando, oggi giochiamo bene". Più e più volte, la frase era: "Mi raccomando, oggi vinciamo".[19]
- Un grande allenatore deve essere lui stesso leader, ma deve creare altri leader che in campo riproducono idee, valori, carattere.[19]
- Io credo che la vita (e non l'ho detto io ma lo condivido) è per il 20% da quello che ti succede, ma per l'80% dal modo in cui tu reagisci a quello che ti succede.[20]
I sogni di Gianluca
Intervista di Carlo Felice Chiesa, Guerin Sportivo nº 21 (695), 25-31 maggio 1988, pp. 6-11.
- [«Genova ti ha in qualche modo cambiato?»] No, non credo di essere diventato un po' "genovese". Anche se il mio amico Mancini la pensa un po' diversamente (dice infatti che non "caccio" più una lira), non ho subìto contagi: preferisco i cremonesi ai genovesi, perché hanno una mentalità più aperta e più disponibile ai rapporti umani. I genovesi hanno molti problemi sul piano sociale e fatalmente devono pensare prima a questi che all'amicizia.
- [«Perché sei il più amato dagli italiani?»] Probabilmente perché sono simpatico e vinco così poco: andassi in una grande squadra che vince, mi attirerei le antipatie dei tifosi degli altri grandi club [...]. Un altro motivo credo risieda nel mio modo di giocare: in campo sono uno che dà sempre il massimo e probabilmente la gente apprezza questo modo di interpretare il calcio.
- [«Cosa hai perso crescendo?»] Un po' di spontaneità e di divertimento nel giocare, ma molto meno di quanto sarebbe stato preventivabile facendo in continuazione questo lavoro. Il fatto di vivere a Genova e in una società "umana" come la Samp mi ha molto aiutato a difendere la mia individualità.
- [«Per adesso ti senti in credito o in debito col pallone?»] Sicuramente in debito, in quanto le mie qualità tecniche sono poco al di sopra della normalità e ho visto giocatori tecnicamente più bravi di me non arrivare dove sono io. Probabilmente la mia fortuna è stata di avere una mentalità particolare [...]
- [«Qual è il più bel mestiere del mondo?»] Quello dello sportivo, specie se è remunerato: anche se bisogna essere fin troppo all'altezza, cioè non ti puoi mai permettere un momento di rilassamento, c'è l'obbligo di far sempre contenti quelli che ti guardano.
- [«Cosa cambieresti dell'attuale mondo del calcio?»] Il rapporto dei calciatori con la stampa: secondo me si dovrebbe lavorare di più insieme, il che consentirebbe di eliminare molte tensioni. Purtroppo la ricerca dello scandalo o del sensazionalismo a tutti i costi deteriora il rapporto, sicché i calciatori non parlano più volentieri e di conseguenza a loro volta i giornalisti poi non aiutano più i calciatori quando questi hanno bisogno.
- [Su Paolo Mantovani] [...] interpreta il suo ruolo di presidente non solo come datore di lavoro, ma quasi come un padre.
Le sue frasi celebri
Citato in Guerin Sportivo nº 42 (816), 17-23 ottobre 1990, p. 23.
- A due cose non potrei rinunciare: alla salute e alla possibilità di fare quello che voglio. [agosto 1989]
- Io e Mancini abbiamo litigato una sola volta. Il giorno dopo, per me era tutto normale; lui invece è più permaloso e ha smaltito l'arrabbiatura in una settimana. [agosto 1989]
- Se un calciatore gioca al di sotto delle proprie possibilità, viene punzecchiato; nel mio caso, invece, usano l'accetta. [marzo 1987]
- Il calcio oggi insegna a farsi furbi, ad essere esigenti, duri. [agosto 1988]
Senti chi parla
Intervista di Renzo Parodi, Guerin Sportivo nº 21 (846), 22-28 maggio 1991, pp. 36-40.
- Il momento dei bilanci arriva spesso: alla fine di ogni stagione, persino alla fine di una partita o di un impegno importante come un Mondiale o un Europeo. Quindi sono abituato ai bilanci, agli esami di coscienza. Cerco di tirar fuori quello che non è andato e, possibilmente, di migliorare.
- Credo che la mia felicità derivi dal fatto che posso fare un lavoro che mi piace in mezzo a gente che mi vuole bene. E poi sono un ragazzo sereno, equilibrato. Credo anche abbastanza educato. Ho tutte le possibilità di essere felice, sarei stupido a non esserlo. Vorrebbe dire che avrei qualche problema psicologico.
- [...] mi sono stancato di vedere il mio nome sui giornali accostato a fatti esclusivamente tecnici, ai riscontri delle partite. Domande tipo "Cosa farete domenica?" o "Come ti pare l'avversario?" mi hanno stufato. Dover per forza dire qualcosa di irrilevante è diventato fastidioso. Per me è importarte fare gol, giocare bene [...]. Quello che si dice dal lunedì al sabato non mi interessa più.
- [...] sono un calciatore che dà tutto, che gioca col cuore e non si tira mai indietro. È vero, sono un generoso; magari non sono bravo ma sono sicuramente forte.
- [Dopo la vittoria del campionato di Serie A 1990-1991, «la Sampdoria finalmente ce l'ha fatta. Che cosa c'è di tuo in questo successo?»] [...] senza falsa modestia penso che ci sia moltissimo di mio, come di altri colleghi, del presidente, dell'allenatore. Sicuramente ho dato tutto. Ho lasciato che molti per sette anni parlassero di un Vialli immaturo. Ho lasciato complicare i discorsi azzurri, per me e per Roberto [Mancini], perché avevamo addosso questa maglia. Ho giocato per tre anni in uno stadio ridotto a metà [per la ristrutturazione del Ferraris di Genova in vista del mondiale 1990], posso dire di aver guadagnato meno di quello che avrei preso altrove. Tutto questo l'ho fatto perché sono innamorato della maglia blucerchiata e perché ho sempre sperato di raggiungere un traguardo prestigioso con la Sampdoria. Ho dato tutto alla causa e mi prendo molti meriti, al di là di quelli strettamente guadagnati sul campo.
- [Ultime parole famose, sul futuro] Non farei l'allenatore, comunque. Farei più volentieri il dirigente esecutivo con i soldi degli altri...
Intervista di Simone Battaggia, gazzetta.it, 20 agosto 2008.
- [Parlando del suo legame con gli scacchi] È stato uno zio a farmi conoscere gli scacchi e la dama. All'epoca non c'era la playstation, al massimo avevamo i puzzle. Quei pomeriggi in casa mentre fuori pioveva compensavano tutta l'attività fisica che facevo.
- Quando ho iniziato a fare l'allenatore, ho capito che gli scacchi mi sarebbero potuti essere utili. [...] Perché hai bisogno di una strategia, devi sempre cercare di essere una mossa avanti all'avversario. Ti serve ragionare sul gioco delle mosse e contromosse, tentare di portare l'avversario fuori strada. Preparare un attacco e un po' come preparare una partita. L'unica differenza è che in mano hai dei pezzi, e non delle persone. Da questo punto di vista, il mestiere di allenatore è ancora più difficile.
- [Rispondendo alla frase di Kasparov, secondo cui gli scacchi sono lo sport più violento del mondo] È un modo interessante per far capire cosa si viva a certi livelli. Io mi sono fatto più male giocando a calcio, ma credo che gli scacchi siano la cosa che si avvicina di più alle scelte che deve fare un generale davanti a un campo di battaglia.
- Potenzialmente alcuni allenatori sono grandi scacchisti: penso ai vari Mourinho, Lippi, Capello. In panchina una delle cose più difficili è mantenere la mente fredda senza poter scaricare la tensione, e loro ci riescono. Sarei curioso di vederli davanti a un tavolino. [...] I portieri. Anche quando tiri un rigore, alla fine, si sviluppa un sottile gioco psicologico tra te e chi cerca di fermare il tiro. Tutti i portieri che in carriera mi hanno parato un rigore, è come se mi avessero battuto a scacchi.
Intervista di Aldo Cazzullo, corriere.it, 25 novembre 2018.
- Io sono cresciuto all'oratorio, come tutti. Non c'era la PlayStation, la tv aveva un solo canale. Sono della generazione di Carosello. E come tutti ho imparato dai preti a giocare a pallone; a patto di frequentare anche il catechismo.
- [«A Genova trovò Mancini. Siete ancora amici?»] Fratelli. Quando hai la stessa età e hai condiviso per tanti anni il campo di battaglia, puoi stare molto tempo senza sentirti, ma il rapporto rimane per sempre».
- [Su Giampiero Boniperti] Duro, esigente, ma giusto.
- [«Com'è giocare nella Juve?»] Un onore, e un onere. Senti il peso della maglia, il dovere di riconsegnarla piegandola per bene e riponendola un po' più in alto di dove l'avevi presa.
- [Sulla battaglia contro il cancro] Sapevo che era duro e difficile doverlo dire agli altri, alla mia famiglia. Non vorresti mai far soffrire le persone che ti vogliono bene [...]. E ti prende come un senso di vergogna, come se quel che ti è successo fosse colpa tua. Giravo con un maglione sotto la camicia, perché gli altri non si accorgessero di nulla, per essere ancora il Vialli che conoscevano.
- L'importante non è vincere; è pensare in modo vincente.
Citazioni su Gianluca Vialli
[modifica]- Da lui ho imparato il valore dello spirito di sacrificio, non ho più incontrato un giocatore con tanta voglia e determinazione. Ho giocato con tantissimi campioni ma al primo posto metto Vialli. (Alessio Tacchinardi)
- Era uno di quegli attaccanti con le spalle larghe e le gambe veloci. Segnava gol facili e impossibili. Era un equilibrista acrobatico. Conosceva l'arte della finta e quella del tiro a rete con potenza. Sapeva essere leggero e pesante. Veloce e immobile, di fronte alle intemperanze degli avversari. Al tempo della Sampdoria, gli capitava di giocare con i calzini abbassati. Sembrava una sfida ai difensori ostili, come a dirgli che quelle gambe così svelte era impossibile toccarle. Probabilmente esorcizzava la paura, o meglio la affrontava, ne provava a toccare qualche nervo. (Alessandro Bonan)
- Gianluca era il nostro riferimento, il nostro trascinatore [...] È sempre stato una fonte di ispirazione. Un punto di partenza e un punto di arrivo. Il giorno in cui lo conobbi si avverò un sogno perché lui era da sempre il mio idolo. Ricordo come se fosse ieri la prima volta in cui lo incontrai: io avevo diciassette anni e giocavo a Perugia, in Serie C2, e Gianluca venne al "Renato Curi" con la Nazionale. Nel momento in cui ci incrociammo, gli dissi che era il mio idolo e lui, per ringraziarmi della stima nei suoi confronti, mi regalò il suo paio di scarpe. Ovviamente ancora oggi le custodisco gelosamente a casa. Questo per rafforzare il concetto che è stato parte integrante della mia vita e del mio periodo più bello, che indubbiamente è stato quello trascorso alla Juventus. Ricordo ancora quanto ero felice quando appresi che Gianluca sarebbe venuto a giocare a Torino. Fu bellissimo perchè riuscimmo a condividere tanti momenti speciali anche fuori dal campo. Non dimenticherò mai i ritiri a Villar Perosa, condivisi come compagni di stanza. È stato un esempio, nel vero senso della parola. Gianluca mi ha spinto a diventare quel modello di giocatore che in quel momento volevo essere. Io sono fiero di dire che ho sempre cercato di essere un "secondo Vialli" in campo e fuori. Di lui osservavo il suo modo di allenarsi, la sua alimentazione e anche il suo modo, sempre elegante, di vestirsi. Sono stato un po' la sua ombra e per me è motivo di orgoglio. Vivevamo in simbiosi e ricordo che quando si ruppe il piede a Roma calciando quel rigore, per due mesi sono stato il suo autista cercando di non fargli mancare nulla. È stato un grande uomo e il vuoto che ha lasciato continuerà a essere enorme, ma lo ricorderò per sempre con un sorriso perché lui è sempre stato un uomo positivo, anche nei momenti più bui e difficili. La sua educazione, la sua eleganza e la sua umiltà lo hanno reso unico. (Fabrizio Ravanelli)
- Gol classico, alla Vialli: gol di potenza e di violenza, uno strappo negli ultimi sfiniti minuti di partita, quando gli altri ansimano e lui, Vialli, estrae gli artigli atletici per confezionare la prodezza. (Carlo Felice Chiesa)
- Guerriero contemporaneo scanzonato e risolutivo, un cremonense fuori da ogni tradizione e divertito dal voler essere principalmente se stesso, un uomo libero, in niente egoista ma tutto considerato nemmeno altruista. (Vladimiro Caminiti)
- In un calcio di fighetti, è stato un «guerriero borghese». Trascinava i compagni, sfiancava gli avversari. La Cremonese di «papà» Domenico Luzzara, il giardino incantato della Sampdoria e dei «sette nani», sotto la regia di Paolo Mantovani, Paolo Borea, Vujadin Boskov e Narciso Pezzotti, con Roberto Mancini a fargli da gemello, coppia di «fatti» che la storia avrebbe agghindato come un albero di Natale. Poi la Juventus di Giampiero Boniperti, altro presidente di una volta, che lo aveva smarrito per una dritta errata (e recuperato a suon di miliardi). Quindi l'irruzione della Triade, la saudade genovese che diventa adrenalina. Non legò col Trap, fu Marcello Lippi a ricaricarlo. La finale di Coppa dei Campioni persa a Wembley con la Samp, anche per colpa sua (come avrebbe confessato) ma soprattutto per la bomba di Ronald Koeman, segnò un confine drastico, profondo. Finiva la scapigliatura. Cominciava il servizio «militare». Juventus, Chelsea, tra i primi a esplorare la Premier, giocatore allenatore, scudetti (quello, mitico, del Doria), Champions (da capitano juventino, nel '96), coppe su coppe [...] In Nazionale furono più spine che rose. Totò Schillaci gli rubò la vetrina delle notti magiche; Arrigo Sacchi, fondamentalista, ne spense il fuoco azzurro. Succede, quando l'io diventa ego. Fine dicitore, Gianluca lo è stato soltanto dopo, da opinionista tv di Sky, scrittore di libri [...] e dirigente accompagnatore, erede di un certo Riva, Gigi. Non in campo. Lì era un belva. Uno scultore, non un pittore. Uno che assestava martellate davanti, non coltellate dietro. Uomo d'area e di mondo. Che non tradì il Mancio neppure per Roby Baggio. [...] Il destino lo marcava stretto, come i rudi stopper con i quali faceva a botti, se non a botte. Rispettoso, rispettato, gli piaceva guadagnarsi la pagnotta. Non era un santo, non era un eroe. Era tosto, era vero, era scaltro. Non ci sono parole, se non queste di Joe Louis, il «bombardiere nero» dei pesi massimi: «Ho fatto il meglio che potevo con quello che avevo». Gli sarebbero piaciute. (Roberto Beccantini)
- L'ho visto la prima volta che aveva 14 anni e già si capiva che sarebbe diventato un campione: aveva tutto, il fisico, l'intelligenza, l'entusiasmo. Con me, Gianluca aveva il numero 8, che ho sempre riservato all'elemento più estroso [...]. La posizione sul campo, giocatori così sono loro a cercarsela. Costringere Vialli in un ruolo è sacrificarlo, lui deve andare dove vuole. (Emiliano Mondonico)
- Le grandi squadre nascono attorno ai grandi attaccanti e il dilagante Gianluca Vialli [...] può veramente diventare il Riva degli Anni Novanta. Così sia. (Adalberto Bortolotti)
- Luca Vialli ci tiene ad essere ritenuto prima di tutto un bravo ragazzo, ma perché, mi domando? [...] Ma mi faccia il piacere, lasci, abbandoni questa teoria del bravo ragazzo; si lasci, si abbandoni al suo istinto infallibile, i gol che va a segnare la dicono molto più lunga delle sue studiate borghesi viziate parole di aspirante conformista o ipocrita di stato. Dice: gli anticonformisti non durano. Io voglio entrare nella storia del calcio. Ma che significa?! Forse non dire mai quel che si pensa, abundare in frasi fatte, affermare e negare al contempo [...] significa entrare nella storia?! Solo gli ipocriti e i conformisti hanno successo? (Vladimiro Caminiti)
- [«Se Roberto Baggio è Raffaello e Del Piero Pinturicchio, Vialli chi è?»] Mi faccia pensare. Direi il Michelangelo della Cappella Sistina. Lo scultore che sa trasformarsi in pittore. (Gianni Agnelli)
- Mi telefona Vialli da Torino: "Presidente come faccio qui a trovar casa con vista al mare?". "Cerca bene, vedrai che ci riesci". (Paolo Mantovani)
- Nell’abbraccio di Wembley 2021 quel che tutti possono vedere è un uomo arrivato nel nucleo esatto della felicità. Il viaggio è stato lungo, il pedaggio alto, ma la precisione imposta dal destino è stata superiore a quella di qualunque aggiornato navigatore. Bisognava tornare lì, di fianco a fratello per elezione e giocare oltre ogni tempo. Il dettaglio chiave è questo: la finale del 1992 [Barcellona - Sampdoria 1-0] finì ai supplementari, quella del 2021 ai calci di rigore [Inghilterra - Italia]. Come fosse stata una preghiera esaudita: giocare ancora un po’ per far succedere quella cosa che mette a posto tutto, prima di andare. Vivere, per dare un senso alla fine, è: riparare un torto, completare un’opera, regalare l’ultimo desiderio. Nella sequenza conclusiva dell’abbraccio, Roberto Mancini ha gli occhi aperti e la testa eretta, Gianluca Vialli ha gli occhi chiusi e gli posa il capo sulla spalla. È bello, ma ancor più è giusto, pensare che, come il Giobbe di Joseph Roth, si stia riposando, “dal peso della felicità e dalla grandezza dei miracoli”. (Gabriele Romagnoli)
- Nessuno potrà mai far dimenticare Vialli alla Sampdoria, però io spero che sostituibile lo sia. (Paolo Mantovani)
- Oltre ad essere un grande giocatore è un caro ragazzo. È il classico collante da spogliatoio. [...] Soffriva quando le cose giravano storte, non ci sta mai a perdere, è un vincente insomma. Ammirevole nel mascherare ciò che gli ribolle dentro. E così non turba il morale dei compagni di squadra. (Pietro Vierchowod)
- Punta vera nel senso più moderno del termine. In viaggio continuo, movimento e potenza da destra a sinistra, al centro, un incubo per i difensori. Vedevi gli occhi dei nostri avversari e capivi che Luca li aveva sconfitti prima di entrare in campo. Il più feroce attaccante che ho mai visto. [«Da preferire anche a Van Basten?»] Sicuro. Van Basten era molto più statico. Rispetto a Vialli aveva solo il gioco aereo, come qualità superiore. Fossi obbligato a scegliere, terrei sempre Luca. [«La maggioranza dei suoi colleghi pensa il contrario.»] Peggio per loro. (Vujadin Boškov)
- Signori si nasce e Gianluca lo è sempre stato, in campo e fuori. [...] un piccolo lord cremonese, cresciuto nel maniero di famiglia, educato al bon ton della ricca borghesia padana, ma con un cuore generoso e popolare che ricordava i suoi inizi calcistici come quelli dell'ex ragazzo dell'oratorio del Cristo Re, nel paese di Grumello Cremonese. Più giù, a Jesi, in quegli stessi pomeriggi dell'infanzia, all'oratorio di San Sebastiano stava sbocciando il talento del suo "gemello del gol", Roberto Mancini, con il quale insieme, dal 1984 al 1992, avrebbero reso grande e ancora insuperata la Samp del presidente Paolo Mantovani. (Massimiliano Castellani)
- Una forza della natura, ma soprattutto una persona vigorosa sotto tutti i punti di vista. A livello psicologico era uno straordinario motivatore, ed è stato sostenuto nelle sue scelte dalla famiglia. Sapevano che sarebbe diventato un campione, ma hanno voluto che prendesse un diploma, che diventasse un uomo prima ancora che un calciatore. (Emiliano Mondonico)
- Vialli in Inghilterra è una Ferrari che corre su una strada sterrata. (Pasquale Bruno)
- Vialli mi dà del paraculo perché combatto le battaglie che mi convengono? Sbaglia, pensavo avesse smesso con i farmaci. Io per le mie convinzioni sono rimasto fuori dal grande giro per più di dieci anni. (Zdeněk Zeman)
- Vorrei avere l'inventiva di Baggio, i piedi di Mancini, la potenza di Vialli. (Attilio Lombardo)
Note
[modifica]- ↑ Da Il Secolo XIX, 30 ottobre 1992; citato in AA.VV., Quelli che il baciccia, Genova, Fratelli Frilli Editori, 2002.
- ↑ Citato in 'Maledetta atletica', la Repubblica, 3 aprile 1995.
- ↑ Durante il discorso pronunciato in occasione del funerale del calciatore, svoltosi il 26 aprile 1995 nella cattedrale di Salerno; citato in La Juventus ricorda Andrea Fortunato, tuttosport.com, 25 aprile 2012.
- ↑ Citato in "Ipse Dixit", Calcio 2000 nº 23, ottobre 1999, p. 194.
- ↑ a b Citato in Marco Tarozzi, Robe di Luca, Calcio 2000 nº 11 (24), novembre 1999, p. 57.
- ↑ Citato in Gianni Lovato, Vialli: «Juve, prendi Cavani. Conte vale Mourinho», tuttosport.com, 16 maggio 2012.
- ↑ Citato in Vialli: «Zeman è un parac... Juve, un grande mercato», tuttosport.com, 10 settembre 2012.
- ↑ Da un intervento a Sky Sport; citato in Vialli: "La Juve non può vincere lo Scudetto", tuttojuve.com, 30 agosto 2015.
- ↑ Citato in Guido Vaciago, Juventus, vincere è l'unica cosa che conta?, tuttosport.com, 23 novembre 2022, p. 2.
- ↑ Citato in Giuseppe Pastore, Storia dei player manager, ultimouomo.com, 4 dicembre 2018.
- ↑ Citato in Carolina Durante, Da Jordan a Kakà, lo sport in buca, La Gazzetta dello Sport, 14 marzo 2009.
- ↑ Dall'intervista di Marco Montanari, Voglia di tenerezza, Guerin Sportivo nº 17 (486), 25 aprile – 1º maggio 1984, pp. 28-31.
- ↑ a b Dall'intervista di Marco Ansaldo, Vialli, il senzatetto tra i vip, La Stampa, 30 agosto 1992, p. 29.
- ↑ Da un'intervista a Planete Foot; citato in Vialli, un'intervista che fa discutere, La Stampa, 23 marzo 1995, p. 31.
- ↑ a b Dall'intervista di Marco Ansaldo, Juve ciak, primo piano su Vialli, La Stampa, 19 luglio 1995, p. 27.
- ↑ a b Dall'intervista di Stefano Semeraro, My name is Gianluca, Hurrà Juventus, gennaio 2014, p. 63.
- ↑ Da un'intervista di Stefano Scacchi; citato in «Toro non t'illudere la Juve è spietata», Tuttosport, 23 aprile 2015, p. 8.
- ↑ Da un'intervista a Calcio2000; citato in Vialli: "La Juve è una filosofia. Può piacere o non piacere ma è qualcosa di unico. Vincere la Champions è stato un sollievo", tuttojuve.com, 16 marzo 2016.
- ↑ a b Da un'intervista a La Gazzetta dello Sport; citato in Vialli: "Juve club speciale, non ci chiedevano di giocare bene, solo il successo. Lippi il maestro. Allegri adattissimo a mentalità bianconera", tuttojuve.com, 26 novembre 2016.
- ↑ Dall'intervista di Alessandro Cattelan, Una semplice domanda, Netflix, 2021; citato in Stefano Dolci, Morte Gianluca Vialli, le frasi indimenticabili che tratteggiano un campione unico in campo e fuori, eurosport.it, 6 gennaio 2023.
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