19 novembre 2018

Photo Vogue Festival


Mi arriva una telefonata.
E' la mia amica Lorenza che mi racconta come una favola quello che sta facendo negli ultimi giorni, del lavoro bellissimo che sta organizzando, di un progetto in cui le hanno chiesto di raccontare la nostra Puglia, della grande emozione che questo le sta dando.
Mi dice che le hanno chiesto di parlare dell'altra Puglia, di quella emozionale, non di quella che tutti conoscono nei noti (anche se bellissimi) percorsi turistici e nelle tappe obbligatorie per chi arriva per la prima volta qui.
In fondo è quello che anch'io cerco nei miei viaggi. Io che di solito farei un giro sui pullman turistici il primo giorno giusto per dire 'l'ho visto', e poi mi perderei alla ricerca della gente che mi parla di se, dei vicoli, delle abitudini, dei piatti di casa, dei loro alberi, delle loro tradizioni e cosi via, perchè solo così posso portarmi dentro qualcosa di vero di un luogo.
E mi dice che, ogni volta che si parlava di cibo, di luoghi dell'anima, di un posto dove mangi sotto un ulivo o ti senti raccontare la ricetta della focaccia, quella della mamma mia, le venivo in mente io, le risate con mio marito, il nostro trullo perso nella campagna di Noci. E, aggiunge, 'possiamo venire da te e facciamo due foto due, e intanto cuciniamo e mangiamo davvero e ci raccontiamo le nostre storie davvero?'
Poi scopro che tutto questo è organizzato da Pugliapromozione e Vogue Italia, in occasione del Photo Vogue Festival e mi sembra una cosa più grande di me.
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27 settembre 2016

Corso di cucina pugliese

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E’ cominciato con il blog. Scrivere le ricette che conosco come su un quaderno di appunti e raccontare anche la loro storia o il racconto del momento in cui le preparavo, mi ha aperto un mondo sul web. Pensavo che sarebbe stato solo un posticino comodo e accessibile da qualsiasi parte ogni volta che  avessi avuto bisogno di ricordare dosi e procedimenti. E pensavo anche se sarebbe servito solo a me. Poi, piano piano, si è affacciato un gruppo sempre più folto di appassionati e curiosi. E sono arrivate le prime mail e i primi messaggi, in cui mi chiedevano se per caso organizzavo corsi. E così si è affacciata nella mia mente anche questo desiderio, che è diventata un’idea fissa, poi un progetto e poi realtà. E ne sono davvero felice.

Ora posso dire che sono davvero contenta della formula che ho proposto e che ha riscosso già molti consensi.

Ci sono 5 tipi di corsi tra cui scegliere e da personalizzare a seconda dei propri gusti. Se è giorno di mercato al paese si può anche andare a fare la spesa tutti insieme e decidere al momento cosa si vuole assaggiare. Poi si va al trullo e si comincia a mettere le mani in pasta. Alla fine del corso si pranza tutti insieme sotto il pergolato o, se piove, davanti al caminetto di pietra.

E la cosa bella è che fin dall’inizio si respira aria di nuove amicizie, di belle persone, di scambi tra culture diverse, di appunti di nuove ricette che arrivano da lontano e di voglia di divertirsi imparando.

Ecco le foto del corso di sabato scorso. Abbiamo imparato a fare la focaccia barese, il pane di casa mia, i cavatelli, il polpo affogato, il sugo di frutti di mare, peperoni fritti raccolti direttamente dal mio orto, olive fritte e panna cotta con cotto di fichi.

Ringrazio Lea, Limar e tutto il gruppo per la loro allegria, la loro compagnia e anche per le foto.

Se volete maggiori informazioni potete scrivermi al mio indirizzo di posta elettronica annagentiledg@yahoo.it o contattarmi sui vari social (vedi lato di questa pagina).

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15 settembre 2016

Strudel di fichi

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Mi son svegliata e c’era la nebbia. Mi sono avvolta nello scialle turchese leggero e sono uscita per respirare l’aria fresca e umida che comincia a profumare di un’altra stagione, che però ancora non è qui. Si sta solo affacciando e sa che la sto aspettando. Mi son goduta i primi brividi di freddo e son tornata in casa perchè il caffè era già pronto e mi aveva avvertito con il suo profumo.

L’estate sta andando via e porterà con se la mia spossatezza, la mia indolenza e la sensazione perenne di disagio che mi accompagna quando c’è caldo.

Sbrigo le faccende in casa perchè ora si, col fresco, che ho voglia di uscire e passeggiare nell’erba bagnata e raccogliere quello che la mia campagna comincia a regalare.

Arrivo in campagna e vado nell’orto, mentre una pioggia finissima comincia a scendere. Mi stupisco nel vedere quante melanzane e peperoni e pomodori ancora ci sono sulle piante e quante ne spunteranno ancora, ora piccole ma promettenti. Ovunque odore di menta, basilico ormai fiorito, salvia e rosmarino. E’ spuntata anche la mentuccia che se la calpesti diffonde un profumo selvatico e antico. Un albero di fichi dimenticato, perchè non ha mai portato frutti, ora è pieno di fichi spaccati e aperti che sembrano fiori rossi.

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E piove….

Lumachine lente mi consigliano di rallentare e io mi perdo in questo pensiero. vorrei tanto fermarmi un pò, ma non è nella mia natura.

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Raccolgo nel cesto quello che posso, erbe aromatiche, cicorielle tenere e ‘sivoni’ appena spuntati, 3 zucchine con un fiore grande, due melanzane viola e una bianca, qualche pomodoro già rosso, peperoni verdi, qualche fico maturo, poche more e anche due lilium e una rosa profumata spuntati a sorpresa nel giardino. Ormai diluvia e non posso più restare. Torno a casa con una bella energia addosso.

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Ci sono i miei nipoti a casa e decido di preparare con loro un dolce. Uno strudel veloce con i fichi da mangiare con la crema pasticcera calda. Insomma ho voglia di autunno anche a tavola. E con loro cominciamo la lezione. Devo combattere con la loro golosità. Rubano pezzi di fichi e cucchiaiate di crema pasticcera calda. E salterebbero volentieri il pranzo per mangiare direttamente il dolce.

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Ingredienti per lo Strudel veloce di fichi

° un rotolo di pasta sfoglia

° fichi a piacere

° due biscotti da sbriciolare

° una mela

° scorza grattugiata di un limone

° pinoli e uvetta ammorbidita in acqua calda

 

Ingredienti per la Crema pasticcera

° 500 ml di latte

° 2 cucchiai di farina

° 2 cucchiai di zucchero

° 2 tuorli

° la scorza di un limone tagliata sottile senza la parte bianca

 

Stendere la sfoglia sulla propria carta da forno. Sbriciolare i biscotti. Tagliare a pezzi i fichi, sbucciare la mela e tagliarla a fettine sottili e distribuire il tutto sui biscotti. Aggiungere la scorza del limone, i pinoli e l’uvetta. Arrotolare la sfoglia come se fosse un fagotto. Bucherellare la superficie e infornare a 180° fino a doratura.

Preparae nel frattempo la crema pasticcera. Mettere a scaldare in una pentola di acciaio 400 ml di latte e la scorza del limone. In una ciotola amalgamare benissimo, senza grumi, la farina, lo zucchero, i tuorli e 100 ml di latte. Quando il latte sul fuoco comincia a fumare, prima dell’ebollizione, aggiungerlo piano piano, sempre mescolando, nella ciotola degli altri ingredienti. Rimettere il tutto nella pentola e continuare a mescolare finchè si addensa.

Servire lo strudel a fette, spolverizzato di zucchero a velo, su una base di crema pasticcera calda.

 

 

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25 luglio 2015

Storia di una collana, di un albero e di una vocale

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Qui oggi si sorriderà, si impareranno cose nuove e so già che mi arriveranno un sacco di fischi all’orecchio.

Cominciamo dall’inizio.

Era un giorno di festa, non ricordo quale. so solo che alla nostra tavola c’eravamo tutti. Papà, mamma, i miei fratelli, le mie cognate, tutti i nostri figli, una zia e una coppia di ‘compari’ (marito e moglie) acquisiti. Nel senso che il ‘comparizio’ era tra loro e un paio di miei zii, ma per amicizia, per affetto e, soprattutto, per rispetto, erano diventati compari di tutta la famiglia e quindi per noi erano al pari di parenti cari. Quindi ‘commara T.’ e ‘compare M.’  erano con noi quel giorno a tavola. Persone straordinarie, ricchissime di umanità, cultura contadina, buona volontà, generosità e rispettosi come pochi. Quindi da noi tutti amati. A tavola si parla tutti il dialetto, a volte l’italiano, a volte sbagliando magari qualche finale, incrociando a/e/o, in maniera casuale, come si usa in puglia.

Loro sono state le nostre guide quando abbiamo iniziato a raccogliere le olive per fare l’olio, quando volevamo delucidazioni sull’orto e sui concimi naturali, su tempi e modalità di aratura, taglio dell’erba e potatura…. ecc….. insomma i nostri maestri.

E così quel giorno a tavola si parlava della differenza tra ‘fioroni’ e ‘fichi’, che qui da noi è fondamentale, mentre altrove si chiamano tutti sempre e solo fichi.

Noi in campagna abbiamo solo un albero di fichi, che però non porta molti frutti, nonostante ne spuntino tantissimi, ma poi piano piano cadono quasi tutti, lasciandone solo alcuni. E chiedevamo delucidazioni.

Allora il compare M. iniziò la sua spiegazione. ‘Non tutti gli alberi producono sempre i frutti. Dipende se sta vicino il maschio, oppure no. Per questo anche per il castagno bisogna piantarne due o tre, perchè siccome non si sa come sono, si spera che su tre almeno due sono maschio e femmina’.

‘infatti’, dicevo io, ‘ tutti i castagni a noi sono seccati. Vuol dire che erano tutti uguali. E per i fichi, compare, cosa possiamo fare?’

E lui, ‘Devi usare un metodo vecchio. Devi andare al mercato e devi comprare la collana dei ‘prefìsc’, e l’appènn all’àrv,  che quella, la moscerina, va nella fica e avviene l’impollinaziòòòn’.

Silenzio generale.

A quel punto mio marito disse: ‘Fermati compare, che mi sa che hai preso una strada pericolosa’.

E di li si scatenò l’uragano delle risate, che bloccarono per almeno una mezz’ora l’intero pranzo, con mani sulla pancia e sulla bocca, lacrime agli occhi e pericoloso dondolio di sedie.

ehm ehm….

E così abbiamo capito che per far fruttificare il nostro fico, bisognava portare la collana di frutti di ‘caprifico’  e aspettare la grazia degli insetti impollinatori.

Che poi, mi son sempre chiesta, perchè tutti i gli alberi hanno nomi maschili e i frutti nomi femminili e solo per l’albero del fico questo non succede?

Tutti malpensanti eh?

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2 luglio 2015

Storia di caldo, di casa e di frisella

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Ero in autostrada e, sotto il sole cocente, tornavo a Roma. Avevo lasciato la mia Puglia e questa volta avevo anche sofferto perchè avevo lasciato alle spalle anche il mio mare azzurro e trasparente. Quello che piace a me, quasi fermo, con le correnti ghiacciate che ti sorprendono e ti fanno mancare il respiro, quando le incroci. Mi era venuta la nostalgia dell’emigrante e questa cosa non mi piaceva affatto. Intanto mi lasciavo incantare dal paesaggio che cambiava continuamente. Dalla paradossale leggerezza delle pale eoliche che indolenti ruotavano al vento, spingendole li in alto, disseminate qua e la su colline ben arate, ora verdi, fra un pò gialle e arse per il caldo. E ogni tanto mi godevo la vista di paesi arrampicati sul basse montagne, belli, ma belli davvero. E riflettevo ad ogni cartellone degli autogrill che diceva ‘Sei in un paese meraviglioso’, pensando che era vero. Ad ogni autogrill, come a voler sottolineare la diversità di ogni punto di questo nostro paese, accomunato solo da una bellezza struggente.

La costante del viaggio era stata quindi la malinconia. Per una campagna ed un mare lasciato (anche se per poco) alle spalle. Per una serie infinita di posti dove mi piacerebbe vivere. Per il caldo patito lungo la strada, che mi abbatteva non solo il fisico. Per un caldo che sicuramente avrei dovuto affrontare una volta a Roma, che mi avrebbe impedito di uscire di giorno. Per essere costretta a vivere come i vampiri che, alle prime luci dell’alba, cominciano a tremare per la paura.

Intanto il web mi accompagnava lungo la strada, con gli scambi sempre più frenetici sui social, dove si, è bello esserci, ma che da un pò di tempo cominciava a darmi l’impressione di una piazza troppo affollata dove tutti pur di far sentire la propria voce, gridano, sempre di più, e si spintonano, e alzano la mano, e si sforzano di ‘fare gli splendidi’, per farsi notare. E anche tutta questa energia altrui, mi stancava. Fisicamente proprio…. E cominciavo a riflettere sulla direzione che forse avrei dovuto prendere prima o poi…

Intanto mi arrivano messaggi degli amici in attesa del mio ritorno. Ma dove sei? Sei partita?  quando arrivi? Chiamami quando ci sei, perchè oggi ti porto a vedere un posto meraviglioso…. e così via.

E intanto sole e strada e caldo. E malinconia.

Finalmente la coda che chiudeva l’autostrada e precedeva la nuova frenesia delle strade di città, di chi tornava al lavoro, accellerando, rientrando nella normale sensazione ansiosa di essere in ritardo. E di chi invece affrontava con coraggio il traffico per andare nella propria direzione.

Scaricai le valige, sempre troppe per questi weekend veloci, con le solite cose terrone da mangiare, friselle, cocomeri, cacioricotta ecc…. per non spezzare il filo che mi tiene legata al ‘trullo’. Una specie di filo d’Arianna che ti garantisce di tornare alla libertà… ‘Che scema che sono’, penso ogni volta.

Entrai in una casa accaldata che mi aspettava pulita e al semibuio. Mi arrivò un messaggio impaziente di un’amica… ‘Allora?'. E la mia risposta fu…. ‘Finalmente sono a casa’.

E li mi sorpresi a pensare che era la prima volta che pronunciavo questa frase ‘Sono a casa’. E capii che finalmente qualcosa era scattato. Ero a casa mia. Un’altra, ancora, ma casa mia.

Ed una nuova sensazione si fece strada. Allora fuori le friselle per un pasto veloce che combatte il caldo e mi da energia. E poi via, in giro per la città, alla scoperta di questo posto meraviglioso.

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Frisella integrale con zucchine crude al limone, prosciutto crudo e cacioricotta

- una frisella integrale

- due fette di prosciutto crudo

- una zucchina freschissima e biologica

- cacioricotta da grattugiare (ricotta salata per i non pugliesi)

- sale grosso e fino

- limone

- olio extravergine di oliva

Lavare e spuntare la zucchina.

Con un pelapatate tagliare tanti ‘nastri’ di zucchina che metterete in una ciotola capiente senza schiacciarli.

Cospargete una manciata di sale grosso sulle zucchine per far perdere l’acqua di vegetazione e lasciarle così per almeno una decina di minuti.

Sciacquare le zucchine e strizzarle bene facendo attenzione a non romperle. Conditele con succo di limone e olio extravergine di oliva. Assaggiatele prima di mettere il sale per vedere se vanno bene così o no.

Bagnare la frisella poco prima di mangiarla, altrimenti si ammorbidisce troppo.

Quindi disporre le due fette di prosciutto, i nastri di zucchina e, le scaglie di cacioricotta.

Versate un pò dell’olio e limone delle zucchine e buon appetito.

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6 novembre 2014

Le case e le cozzelle.

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Stamattina il caffè ha un sapore più dolce del solito.  E ho l’impressione che questo addolcisca tutto quello che penso e quello che vedo.

Ieri è stata una giornata di messaggi. Alcuni brutti, di quelli che la mattina quando ti alzi, sai già che forse arriveranno, perchè ti svegli quasi come un senso di attesa fastidiosa, che svanisce all’improvviso, quando senti il ‘din’ giusto. Non tutti i ‘din’, ma tra tanti il tuo cuore lo sa qual è e te lo prepari ad ascoltare. E ascolti….

Poi, a sera tarda, ne arriva uno bello, anche quello lo aspettavi da tempo, ma non sapevi quando sarebbe arrivato. Ci sono cose della vita che, nonostante la tua caparbietà, la tua forza di volontà, non puoi forzare. Ci sono situazioni e scelte che si sistemano da sole, perchè devono seguire il proprio corso. C’è un tempo per tutto… e tu non puoi comandare sul tempo. E’ come se qualcuno avesse deciso per noi da molto, quale debba essere il percorso che dobbiamo fare. E a noi non resta altro da fare che chinare il capo e accettare tranquillamente. Ho alzato mille volte la testa e i pugni, per lottare, con forza e urlando, ma mai, dico mai, ho ottenuto quello che volevo. Ho dovuto aspettare. E poi quasi magicamente le cose hanno fatto il loro corso e le soluzioni sono arrivate.

Io ho scelto lei e lei ha scelto me. Quando si va in giro in cerca di una nuova casa, non bisogna mai studiarne i particolari o ostinarsi a ragionarci su. Si parte da quanto puoi spendere e si scartano subito i sogni impossibili. Tra quelli raggiungibili si entra con cuore aperto e bisogna afferrare al volo la prima sensazione che vivi. La prima e solo la prima. Quelle che seguono sono di contorno e di affinamento. E’ il primo assaggio. Come di un vino, di una buona cioccolata, di un piatto speciale. Devi catturare la prima impressione. E su quella ragionarci. Capire il perchè,  e vedere se tutte le risposte bastano ad accettare anche le cose che non vanno. Poi si va via e ci si dorme su. E la scelta viene da se. Se non ti torna in mente più significa che non ti è entrata dentro. Se invece cominci a pensarci significa che ‘si può fare’,  si può tentare….

Di certo farò mie le storie che mi racconterà, le storie di chi ci è passato, assorbite dai muri e dagli oggetti che troverò. Perchè se in una casa c’è stato amore, amore si respirerà.

Inizia ora una nuova fase della mia vita. Un nuovo capitolo. Una nuova casa da vivere, da aggiungere a quelle che ho. Aprirò un nuovo spazio, fuori e dentro di me. Vivrò un pò qui e un pò li, vagabonda per raggiungere chi amo, sempre con la valigia pronta.

Vedremo (anche perchè non si conosce bene la data di inizio di questa avventura….)

Ora passiamo alla ricetta.

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Anche in questo caso aspettavo il momento giusto per pubblicare questa ricetta. E, aspettando aspettando, è arrivato. Oggi si parla di ‘cozzelle’, come si chiamano da noi le lumache. Si si, proprio quelle che si portano la propria casa con se, sempre e ovunque. Quasi una metafora di quello che siamo anche noi, che ovunque ci spostiamo, ci portiamo dentro quello che davvero è casa, i nostri affetti.

Ogni luogo ha la sua ricetta per le lumachine, e io qui vi racconto la mia. Ricetta e storia.

Nei giorni di estate, dopo gli acquazzoni che profumano l’aria di buono, quando i campi sono pieni di ‘rstùcc’, gli steli tagliati dopo la mietitura, si aspetta che il caldo faccia venir fuori le lumache. E così, dopo la pioggia, magicamente compaiono, tutte appollaiate sugli steli, sulle pietre dei muretti a secco, sui tronchi degli alberi di mandorlo, di ulivo e di ciliegi. E allora tutti dicono… ‘Dai, andiamo a cozzelle?’. E si va a raccogliere tutte queste sprovvedute, che comunque non potrebbero mai scappare, scansando quelle sulle erbe amare. Si mettono in un contenitore che si può coprire, perchè prima o poi, rendendosi conto della fregatura, tentano di scappare, lentamente, venendo fuori e salendo salendo nel cesto, verso l’uscita.

Certo questa ricetta è crudele, ma appartiene ad un tempo dove non si badava tanto a fare gli animalisti. Era buona e basta, faceva parte quasi del gioco della vita, dove animale mangia animale e basta. E le cozzelle erano semplicemente uno dei piatti estivi, raccontato e sognato,  passeggiando con i bambini nei campi. E basta. Quindi ora, chi è troppo sensibile per continuare, si fermi pure qui.

Si portano a casa e si mettono a ‘spurgare’, brutta parola, ma necessaria. Per un giorno almeno, in uno scolapasta coperto. Devono ‘liberarsi’ del superfluo prima di essere cucinate. Quindi si lavano e si mettono in una pentola alta, in acqua fredda, sul fuoco medio. E la crudeltà sta proprio qui. Non bisogna far capire loro la sorte che li aspetta. Accarezzate dolcemente dall’acqua che diventa tiepida, vengono fuori, ignare. Appena fuori, si alza la fiamma per …. continuare. Si formerà una schiumetta che va tolta. A questo punto si aggiungono gli aromi. Origano, pomodori, prezzemolo, aglio, un filo d’olio e una foglia di alloro. Si copre con un coperchio e si fanno cuocere per almeno un quarto d’ora.

Per gustarle al meglio e in maniera primitiva, si mangiano succhiandole (ma gli schizzinosi, le prendono con lo stuzzicadenti). Per facilitarne l’uscita, con i denti si fa un piccolo buco nel guscio, ma bisogna aver acquisito una certa abilità, dopo anni e anni di allenamento, per capire qual è il punto esatto. Decisamente non è un piatto proprio raffinato, ma più uno sfizio ricercato, per chi non ha paura di sporcarsi, e per chi non si innervosisce a sentir gli altri fare quel rumore inevitabile e fastidioso dei tentativi di … aspirazione della lumaca.

A me piace e mi ricorda la mia infanzia, quando ancora, non si alzavano polveroni al suon di ‘Che peccato le cozzelle!’. Ma la prossima estate, provate anche voi e poi ne riparliamo.

Alla prossima.

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3 giugno 2014

Una giornata tutta per me, tra campagna e mare

 

IMG_5069 Siamo sempre alla ricerca di noi stessi. Ma a volte si scopre che invece di ritrovarsi ci si sente ancora più persi e smarriti. E allora, ancora una volta, come ho spesso detto anche qui, bisogna chiudere gli occhi, fare un bel respiro, svuotare la propria mente e ricominciare tutto daccapo.

Vengo fuori da una settimana estenuante, fatta di nuovi progetti e di una nuova esperienza. Bella, stancante, chiarificatrice, dapprima entusiasmante, poi ridimensionata. Ma che richiede una nuova messa a fuoco, per poter continuare.

A volte mi chiedo… ma non è che voglio fare troppe cose? Non sarebbe meglio dedicarmi SOLO alle faccende quotidiane e godermi un pò un buon libro, una bella passeggiata con calma, il cinema… ecc… invece di imbarcarmi in mille impegni che poi, puntualmente non portano ad alcun lavoro?

Nonostante la mia curiosità e la mia capacità di saper usare i social, a volte ho l’impressione che questo mondo cominci a correre più di me ed io mi sento un pò indietro.

Voglio troppo? non so… devo riflettere. E per questo mi sono concessa una giornata tutta per me. Ero indecisa tra il relax della mia campagna o l’aria del mare. E allora… mi son presa entrambe e anche di più.

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Ho raccolto nel silenzio della mia campagna fragoline, asparagi grossi e le poche ciliege che i miei alberi mi hanno regalato. Le ho sistemate in una cassetta di legno che avevo precedentemente pitturato per questa occasione. Raccolta anche qualche rosa profumata, innaffiato tutto… e via sulla strada del mare.

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Spaghetti alle cozze in un ristorantino romantico. Poi pomeriggio a dormire giù in spiaggia. Caffè con gli amici che ci hanno raggiunto. E via in una mostra bellissima di fiori e piante straordinarie. E poi ritorno a casa, per preparare le valigie.

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E come al solito, oltre alle mie parole e le mie riflessioni, vi lascio anche qualche immagine che parla della mia giornata.

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E anche una domanda: ma a voi capita mai di sentirvi insicure, di voler lasciar perdere i vostri progetti, di credere di non potercela mai fare?….

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25 febbraio 2013

Corso di intreccio di rami di ulivo per le Palme

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Ogni anno la mattina della domenica delle Palme si ripete una strana magia. Fatta di silenzi devoti, di gesti antichi e mani callose che innalzano al cielo fascine di rami di ulivo. Intorno c’è sempre freddo, tanto, ma anche un profumo che preannuncia il miracolo della primavera. E, credenti o no, ci si lascia coinvolgere da un rito antico davanti a cui tutti abbassano la testa in segno di rispetto. Dalle 7 di mattina ci si ritrova nella villa del paese, anche con la pioggia, gente di paese e gente di campagna, ognuno con in mano, secondo la propria quantità di fede e di amici, rami di ulivo. Dalla campagna arrivano i massari con fasci interi di rami, che saranno benedetti e distribuiti nelle stalle per benedire gli animali. E con loro le donne, che già da una settimana prima hanno cominciato ad intrecciare teneri ramoscelli e foglie e a decorarli secondo le proprie abitudini, per creare ‘la palma’ da scambiare con amici e conoscenti, per regalare la pace. E questo rito non si compie mai in solitudine. Ci si incontra, le donne soprattutto, per intrecciare rami, parole e chiacchiere. Per compiere e ripetere un rito antico che ormai si conserva solo nelle nostre campagne. E si preparano tante ‘palme’. Per i tanti amici che si incontreranno davanti alla chiesa, in questo giorno magico, e anche per i defunti, che si andranno a visitare per portare loro fiori e pace. E nella villa del mio paese, io resto incantata ogni anno, da quando ero bambina, davanti a questi mazzi di palme, arricchiti di fiori di vecchie bomboniere conservati proprio per questo, o verniciati di argento o oro per farli durare di più. E magari chiusi in una busta di plastica accanto ad un’orchidea o giacinti profumati.

Ed è per questo che quest’anno ho deciso di organizzare un corso per imparare ad intrecciare questi rami di ulivo. Per ripetere insieme questa strana magia dello stare insieme allegramente, compiendo un rito antico. Intrecciando pensieri di pace. Per noi, per chi amiamo, ritrovandoci in campagna davanti al camino se farà freddo, sorseggiando cose calde e buone e imparando di nuovo a stare insieme per uno scopo semplice e creativo.

Il corso prevede:

1) Incontro in paese alle 9,00 in un punto prestabilito.

2) trasferimento in campagna, al mio trullo.

3) Presentazione del corso, cenni storici e prime spiegazioni su quali rami raccogliere ‘in diretta’

4) raccolta dei rami da intrecciare,  direttamente dagli alberi

5) inizio dimostrazione e lezione di ‘intreccio' e produzione personale di ‘Palme’.

Il corso si concluderà verso le ore 13.

Durante il corso si potranno degustare gratuitamente thè e tisane calde accompagnate da dolci tradizionali. Per chi avesse bisogno di indicazioni per un pernottamento presso B&B consigliati, per informazioni sui costi e per prenotazioni, scrivere a annagentiledg@yahoo.it oppure telefonare al 346.6339414

Possibilità di degustare anche un pranzo tradizionale della cucina pugliese, previa prenotazione.

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13 novembre 2012

Raccolta delle olive 2012 e il ‘panino della raccolta’

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Oggi tutto intorno a me è circondato dalla nebbia. Ormai sembra roba di altri luoghi e il freddo stenta ad arrivare. Eppure, come la natura, sento che un pò di freddo ci vuole. Non è normale tutto questo tepore (20° a metà novembre) che continua imperterrito da aprile. Nei campi c'è la raccolta delle olive e dai frantoi arriva un odore caldo e profumato di olio nuovo. Sembra l'inizio di un tema. E le sensazioni vissute qualche giorno fa sarebbero proprio da raccontare, ed è per questo che oggi sono qui: per condividere con voi la gioia di una giornata con tanto sole, tanti profumi e tante risate. Anche di tanta stanchezza in verità, perchè alla fine della giornata ero felice si, ma stanca, ma stancaaaa, che mi faceva male tutto, anche i capelli e, una volta ferma sul divano per 'cinque minuti di riposo', non son più riuscita a rialzarmi. E' vero che ho l'entusiasmo e la gioia di vivere di una bambina per queste occasioni che la vita mi offre, ma è anche vero che non sono particolarmente allenata per i lavori di campagna. Accarezzo sempre l'illusione di vivere in compagnia delle persone a me care la condivisione di questi 'eventi', come la raccolta delle olive o la preparazione della salsa di pomodoro, ma in maniera quasi inspiegabile, si accavallano sempre impegni proprio in quei giorni e così, a parte qualche amico di buona volontà che è apparso per un pò in campagna, sotto ad un paio di alberi, per il resto è stata una giornata vissuta a due. Comunque è stato bellissimo ... e aspetto l'anno prossimo per ripeterlo ancora (però meno male che passa un anno, così ho la possibilità di rimettermi in forze)

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La mattina si arriva canticchiando e si stendono le reti allegramente sotto gli alberi sulla terra che ora è verde di erba e profumata di umidità. E si cominciano a 'pettinare' i rami carichi di olive con dei rastrelli di plastica morbida che dolcemente staccano i frutti e li fanno cadere. Inizia una specie di balletto per evitare di muoversi maldestramente e schiacciare le olive, e così ci si ritrova come il gioco 'Twister' con le gambe incrociate e le braccia in posizione stretching verso dietro, in equilibrio precario, ma dura poco perchè o cadi, o schiacci le olive o vedi di cambiare posizione.
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Quando hai finito di raccogliere tutte le olive di un albero raccogli le reti come fanno i pescatori e, prima di versare i frutti nella cassetta cerchi di eliminare i rametti e le foglie verdi. Magari ogni tanto ti sdrai pure sulle olive per sentirne da vicino il profumo meraviglioso che si sprigiona (soprattutto se, grazie al peso, le schiacci!!!)... e così via di albero in albero si continua....

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Poi arriva il momento della pausa pranzo, ma non ci si può fermare per molto altrimenti 'il sangue si raffredda e non si riparte più', quindi 'allegr allegr' (se eliminate l'ultima lettera delle parole parlate meridionale, cit. Benvenuti al sud), 'velòc velòc' si mangia un panino (buonissimooooooo) e si ricomincia....

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  Poi verso l'ora del caffè si prepara la caffettiera gigante (che nel frattempo, verso la fine della giornata sono arrivati gli amici e la mamma che viene a giudicare l'operato e tu cerchi di catturarla nella rete....), e si beve tutti insieme in mezzo alla campagna, sotto gli alberi e tra le reti (e qualcuno cade pure!).

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_MG_5387   E alla fine di questa estenuante giornata si portano le olive al frantoio dove, secondo mio marito, tutti dicono che non hanno mai visto olive così belle e così buone, e di ottima qualità, e raccolte al momento giusto, nel giusto equilibrio tra mature e acerbe e che SICURAMENTE  ci darà TANTISSIMO olio, magari il migliore che si sia mai visto in zona.....
Ma questo è l'argomento di un prossimo post e vedremo..... (oggi pomeriggio vado a ritirare l'olio nuovo!)

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Intanto vi lascio la 'ricetta' del 'panino veloce della raccolta delle olive'.

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Panino veloce della raccolta delle olive
- mezza baguette fresca a testa
- formaggio spalmabile 
- erbe fresche raccolte proprio allora dal proprio orto (erba cipollina, rosmarino, timo e salvia)
- pomodorini ciliegino (magari anche quelli dell'orto, ma qui è un pò difficile...)
- salame cacciatorino
- lattughino e/o rucola
- sale e olio extravergine di oliva
Tagliare il cacciatorino a fette non molto sottili (sennò non c'è gusto). Tritare fini le erbette appena raccolte e aggiungerle al formaggio fresco spalmabile. Tagliare a metà i pomodorini. Tagliare a metà nel senso della lunghezza la baguette. Su una metà spalmare il formaggio alle erbe. Sull'altra cominciare a 'stratificare' nell'ordine, il salame, i mezzi pomodorini, lattughina e/o rucola. Aggiungere pochissimo sale e un filo d'olio.(se non lo mettete non sarà lo stesso garantito). Coprire con la metà con il formaggio. Addentare ad occhi chiusi e godersi questo momento magico.

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