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martedì 28 ottobre 2025

Nuovi Incubi Horror Challenge Day 28: From Beyond (1986)

L'eroina della Nuovi Incubi Halloween Challenge oggi è Barbara Crampton, quindi ho scelto di guardare From Beyond, diretto e sceneggiato nel 1986 dal regista Stuart Gordon a partire dal racconto Dall'ignoto di H.P. Lovecraft.


Trama: il fisico Crawford Tillinghast finisce in manicomio quando l'esperimento del suo mentore, che cercava di potenziare la ghiandola pineale e trovare una connessione con altre dimensioni, si conclude con la morte dello scienziato. Una giovane psichiatra, assieme a un poliziotto, cerca di scagionarlo ripetendo l'esperimento, scatenando così un orrore incontrollabile...


From Beyond
è un altro di quegli horror famosissimi che non avevo mai avuto occasione di vedere, oltre ad essere il secondo tentativo di Stuart Gordon di adattare un racconto di H.P. Lovecraft, ovviamente a suo modo. Per "a suo modo", e questo in base ai pochi film del regista che ho visto, intendo accentuando tantissimo la componente body horror e sessuale dei racconti di partenza, che nel caso di Lovecraft erano sottese, molto ben nascoste. Gordon non si fa di questi problemi e, non proprio dalle prime sequenze ma quasi, sottolinea la natura sessuale molto marcata dell'esperimento condotto dal dottor Edward Pretorius, il quale ha messo a punto un macchinario in grado di sviluppare la ghiandola pineale degli esseri umani, fino a consentire loro di percepire una dimensione "altra". Il problema è che, nel momento in cui i soggetti scorgono l'altro mondo, diventa vero anche il contrario, e Pretorius perde letteralmente la testa, lasciando il suo assistente Thillinghast terrorizzato e sul ciglio della follia. E' qui che entra in scena la protagonista della challenge odierna, Barbara Crampton, nei panni di una psichiatra dai metodi discutibili, la quale intende sfruttare Thillinghast per ripetere l'esperimento, con la scusa di scagionarlo; assieme a lui e a un poliziotto torna sul luogo del delitto e il macchinario viene rimesso in funzione, con conseguenze importanti sulla ghiandola pineale dei tre e, cosa non meno importante, sulla loro libido. Se non avete mai visto From Beyond, come me, non sto ulteriormente a ricamare sulla trama. Stuart Gordon anticipa, cinematograficamente almeno, l'Hellraiser di Clive Barker, e mette in scena una scienza atta ad alimentare i più bassi istinti umani, perversioni che hanno radici in desideri repressi di sesso, sofferenza, sottomissione e annullamento dell'individualità. Il povero Tillinghast, fino alla fine, non è altro che una pedina governata da personalità più forti della sua, prima Pretorius poi Katherine, eppure il poveraccio ci prova a mettere in guardia gli altri per quanto riguarda l'orrore che li attende dall'altra parte, e cerca di combattere per mantenere la propria umanità, anche quando le macchinazioni altrui finiscono per renderlo un mostro. I due "dottori", dal canto loro, giustificano desideri profondamente egoistici usando come scusa il progresso, il "bene dell'umanità", eppure nessuno dei due è in grado di resistere alla sirena dell'altro mondo, nemmeno quando diventa chiaro come il "bene comune" sia in realtà un pericoloso concentrato di male cosmico.


In tutta questa ambiguità morale, Stuart Gordon ci sguazza. Parte da un racconto elegante, con tocchi fantascientifici, e spalanca un orrore fatto di mostri disgustosi, sessualmente rapaci, "fluidi" nel senso più ampio del termine, con questa ghiandola pineale che non avrebbe sfigurato all'interno del Rabid di Cronenberg. Nel corso di From Beyond, l'inquietudine dell'ignoto lascia presto spazio a uno schifo tangibile, con tanto di fluidi innominabili e sangue, per poi virare dritto nell'exploitation cannibale e nel sadomaso, consegnando Barbara Crampton ai posteri con un'interpretazione da infarto. La Crampton non aveva nemmeno trent'anni, era al suo secondo ruolo importante, eppure si mangia la scena con l'interpretazione di una dottoressa ambigua, affascinante sia quando indossa una maschera professionale, sia quando si mostra inguainata all'interno di un abitino fetish che lascia ben poco all'immaginazione, sia quando l'orrore è arrivata quasi a inghiottirle la mente, come dimostra la sequenza finale. Non è che gli altri attori non siano bravi. Jeffrey Combs è clueless quanto basta, Ken Foree offre momenti di necessario comic relief, una presa in giro dell'eroe tutto muscoli e integrità morale (probabilmente è stato anche lo sprone per il coming out di molti omosessuali, vista la lunga sequenza in cui combatte con addosso solo un paio di mutande), e Ted Sorel è repellente sotto ogni punto di vista, ma la Crampton è semplicemente indimenticabile. Così come sono indimenticabili gli effetti speciali e il trucco prostetico, curati da molti dei tecnici già responsabili di Re-Animator, che danno vita a creature terrificanti e scene talmente disgustose che a volte sono stata costretta a voltarmi dall'altra parte, soprattutto quando Tillinghast comincia a subire gli effetti di una ghiandola pineale troppo sviluppata. Ringrazio, inoltre, di non avere guardato Together dopo From Beyond, altrimenti la sequenza finale dell'"horror dell'anno" mi sarebbe sembrata ancora più posticcia e orribile di quanto già non fosse. Ribadisco, il cinema di genere dovrebbe ritornare agli effetti speciali artigianali, saremmo tutti più felici così. Nell'attesa vana che ciò accada, vi consiglio di recuperare o riguardare From Beyond, che film truci come questo fanno soltanto bene al cuore!


Del regista e sceneggiatore Stuart Gordon ho già parlato QUI. Jeffrey Combs (Crawford Tillinghast), Barbara Crampton (Dr. Katherine McMichaels), Ken Foree (Bubba Brownlee) e Carolyn Purdy-Gordon (Dr. Bloch) li trovate invece ai rispettivi link.


Se From Beyond vi fosse piaciuto recuperate Re-Animator, Brain Damage, Society - The horror e Il colore venuto dallo spazio. ENJOY!

martedì 21 novembre 2023

Suitable Flesh (2023)

Un altro horror che puntavo da un po' era Suitable Flesh, diretto dal regista Joe Lynch e liberamente tratto dal racconto La cosa sulla soglia di H.P. Lovecraft.



Trama: La psichiatra Elizabeth Derby si ritrova la vita sconvolta dopo che uno dei suoi pazienti, Asa, le confessa di essere vittima di uno scambio di corpi...


Nonostante mi piaccia molto l'horror, non sono esperta né di Stuart Gordon né di H.P. Lovecraft, di cui ho colpevolmente letto poco. Arrivavo quindi abbastanza "vergine" all'appuntamento con Suitable Flesh ed è stato solo verso metà che ho ricordato tutte le suggestioni inserite da Alan Moore in quel capolavoro di Neonomicon e capito dove avevo già sentito prima questa storia. Tratto dal racconto La cosa sulla soglia di H.P. Lovecraft e sceneggiato dal collaboratore storico di Stuart Gordon, Dennis Paoli, Suitable Flesh è la cosa più anni '80/'90 che vedrete quest'anno, e non perché cavalca la moda della riproposizione storica a tutti i costi (il che ormai, almeno a me, ha rotto le scatole) ma perché sembra realizzato con la stessa, spregiudicata "amoralità" dell'epoca. Di fatto, il film è ambientato ai giorni nostri, e i cellulari ricoprono una parte fondamentale della trama, ma entra a gamba tesa nel puritanesimo degli horror odierni puntando moltissimo sulla carne idonea del titolo originale, che viene mostrata parecchio. D'altronde, perché non dovrebbe essere così? Si parla di scambio di corpi, di una creatura immorale oltre che immortale, la quale cambia pelle come le pare e senza curarsi troppo delle anime che deve scacciare per riuscirci, una creatura ben consapevole di come dare e ricevere piacere e sempre aperta a nuove esperienze. Immaginate quindi la povera Dottoressa Derby, irreprensibile quasi cinquantenne con marito sexy ma moscino a carico, quando un giorno si ritrova in studio un ragazzetto che, dopo un primo impatto di disperazione e fragilità a mille, diventa all'improvviso uno sfrontato stronzetto pronto ad infilarsi di prepotenza nelle fantasie sessuali (e non solo) della bionda sciura, magari sfruttando un po' di suggestioni ipnotiche o malie sconosciute; in un istante la dottoressa non riesce più a togliersi Asa dalla testa ma, purtroppo per lei, la promessa di un piacere extraconiugale diventa un incubo con vista su orrori cosmici al di là della comprensione umana e sulla totale perdita di sé stessa, una corsa senza freni verso la distruzione di razionalità e realtà. E' molto interessante come la "debolezza" di Elizabeth non venga mai giudicata o strumentalizzata, anzi, Paoli riesce a veicolare non solo l'immagine di una donna forte e sicura, ma anche di una persona buona che non esiterebbe a sacrificarsi per difendere i suoi affetti più cari dall'orrore che è arrivato ad inghiottire la sua vita prima per caso e poi per capriccio, e ciò rende la sceneggiatura ancora più efficace perché lo spettatore riesce a provare sincera empatia verso la protagonista.


C'è da dire che Heather Graham è perfetta per il ruolo. All'età di 53 anni la sua bellezza delicata e botticelliana non è minimamente sfiorita e quella scintilla di sensuale malizia che l'ha sempre animata, rendendola un emblema di perfetto dualismo, è forte come un tempo, il che fa di lei la candidata ideale per un ruolo in cui menti e corpi si scambiano senza soluzione di continuità. A un certo punto, poi, si fa più preponderante la presenza di Barbara Crampton, l'altra che ha firmato un patto col Diavolo, e il film diventa ancora più divertente ed angosciante da seguire, con una "guerra tra bionde" che rischia di fare la felicità di tantissimi appassionati. Aggiungo che Suitable Flesh non è solo sesso e bionde in pericolo, ma ci sono parecchi momenti gore in cui l'orrore cosmico diventa carne difficile da liquidare con un confinamento tra quattro mura imbottite, e Lynch si diverte parecchio a giocare con punti di vista inusuali che compensano quella che, almeno per me, è un'aura un po' posticcia di nostalgia artigianale: purtroppo, Stuart Gordon non è più tra noi ed imitarne lo stile dà vita a sequenze che ho trovato un po' squallidine, il che è l'unico vero difetto che imputo a Suitable Flesh. Per il resto mi sono molto divertita e, da donna, faccio tantissimi complimenti a Judah Lewis, che nel giro di sei anni è passato dall'avere il musetto da bimbo tenerino ai tratti somatici da stallonetto che prenderebbe la babysitter Samara Weaving e le farebbe vedere i sorci verdi. Come crescono 'sti ragazzini, signora mia! O forse invecchiamo tutte tranne la Graham e la Crampton?  


Del regista Joe Lynch ho già parlato QUI. Heather Graham (Dr. Elizabeth Derby), Barbara Crampton (Dr. Daniella Upton), Judah Lewis (Asa Waite) e Bruce Davison (Ephraim Waite) li trovate invece ai rispettivi link.
 

mercoledì 19 maggio 2021

Jakob's Wife (2021)

Potevo evitare il trinomio Crampton/Fessenden/vampiri? Assolutamente no e ringrazio Lucia per avere parlato di Jakob's Wife, diretto e co-sceneggiato dal regista Travis Stevens.


Trama: Anne è la moglie fedele e devota del pastore Jakob e da trent'anni vive a fianco dell'uomo, o meglio, un passo indietro. Un giorno Anne viene morsa da un vampiro e tutto cambia...


Jakob's Wife
è uno di quei film molto interessanti che sfrutta l'horror per parlare di qualcos'altro, fin dal titolo. Non "Anne" ma "Jakob's Wife", la silenziosa, dimessa moglie del pastore Jakob, colui che ha sempre una parola buona per i suoi fedeli; talmente tante parole, in effetti, che ogni volta che Anne prova ad aprire bocca lui le parla addosso, zittendola come se neppure esistesse. Non è violento Jakob, attenzione. Almeno, non di quella violenza consapevole fatta di botte o insulti, ma è innegabile che ormai non veda più la moglie come donna o compagna ma solo come accessorio "pratico", indispensabile al funzionamento del matrimonio nella misura in cui tiene pulita la casa, cucina e, soprattutto, mantiene le apparenze di sposa devota e felice agli occhi di Dio e della comunità. La stessa Anne, poverella, non sa come sia finita a fare quella vita, a sfiorire perdendo ogni capacità di parlare per sé, di far valere desideri ed opinioni, accanto a un uomo che nonostante tutto ama. La stabilità decennale fatta di rinunce e sopraffazioni viene giustamente spazzata via quando Anne viene morsa da un vampiro ed è allora che la protagonista, ironicamente non morta, apre nuovamente gli occhi alla vita, alle mille possibilità che potrebbero spalancarlesi davanti se solo si rendesse conto di essere un individuo e non l'appendice di qualcun altro; nello stesso momento, Jakob è costretto a fare i conti con una persona nuova e a rimettersi in discussione come marito e uomo, prima ancora che come servo di Dio, riscoprendo dentro di sé emozioni come amore, gelosia e paura (non tanto dei vampiri, quanto piuttosto di essere lasciato).


La nascita di questa nuova vita (o non-morte) a sessant'anni, viene portata sullo schermo con leggerezza ed intelligenza  attraverso un film che accontenta tutti, sia gli amanti del gore spinto, magari anche un po' citazionista, sia gli spettatori che dall'horror pretendono qualcosina in più. Non che non avessi già stima di Barbara Crampton e Larry Fessenden ma Jakob's Wife mi ha fatta innamorare di entrambi, due dimostrazioni viventi di come anche le storie più semplici, se raccontate attraverso l'alchimia perfetta tra gli attori che la interpretano, possono diventare dei piccoli gioiellini. La Crampton riempie letteralmente la scena, sia nel suo aspetto dimesso sia quando le viene data l'occasione di tornare a brillare e prendere le redini della sua vita, diventando una dark lady di una bellezza sconvolgente, mentre Fessenden, nei panni del pastore Jakob, strappa alternativamente la voglia di schiaffeggiarlo a quella di consolarlo per essere finito in un casino più grande di lui ed è perfetto sia nei momenti drammatici che nei molti momenti più legati alla commedia. Insieme, poi, formano una delle coppie più affiatate viste di recente e se, personalmente, ho trovato il frame finale geniale e sexy allo stesso tempo (madonna lo sguardo che si scambiano e quella tensione da tagliare col coltello, cosa non sono!!), c'è da fare la standing ovation alla scena di sesso più sentita e hot dell'ultimo decennio, uno sputo in un occhio alle cazzatelle patinate e fintamente erotiche lasciate nelle mani di attori bellocci ma distaccati, superati a destra dalla divina Crampton e dall'umanissimo Fessenden. Che gli Antichi vi conservino ancora a lungo, signori, perché i giovinetti di belle speranze hanno solo da imparare da voi!


Di Barbara Crampton (Anne Fedder) e Larry Fessenden (Pastore Jakob Fedder) ho già parlato ai rispettivi link. 

Travis Stevens è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto il film La ragazza del terzo piano. E' anche produttore, attore e stuntman.




martedì 31 marzo 2020

Castle Freak (1995)

Il 24 marzo è morto Stuart Gordon, come se questo 2020 non fosse già abbastanza schifoso. Per "celebrarlo" ho deciso di guardare uno dei suoi film che ancora non conoscevo, nella fattispecie Castle Freak, da lui diretto e co-sceneggiato nel 1995.


Trama: dopo aver ereditato un castello in Italia, John e la famiglia vanno a visitarlo, scoprendo che nelle segrete è recluso un mostro abominevole...


Cercavo un film per omaggiare Gordon e ho scoperto che in casa, ovviamente, avevo soltanto due pellicole già viste e amate, ovvero Dolls e Re-Animator. Dando una scorsa ai due servizi streaming di cui dispongo ho trovato, a conferma comunque della superiorità del catalogo horror di Amazon Prime rispetto a quello Netflix, solo Castle Freak e Il pozzo e il pendolo, quindi ho chiesto consiglio all'Esperta, che mi ha detto testuali parole: "Se hai voglia di un B-Movie lercissimo, Castle Freak; se hai voglia di un B-Movie un po' più di classe, Il pozzo e il pendolo". Che domande, porca miseria, OVVIO che mi sarei buttata sulla roba lercia, e infatti Castle Freak lo è talmente tanto che mi ha ricordato spesso e volentieri robe trucide italiane alla Joe D'Amato, non solo per la bella location Umbra (un castello di proprietà del produttore Charles Band, dove peraltro era già stato girato Il pozzo e il pendolo) ma soprattutto per l'efferatezza del Castle Freak del titolo. Costui, infatti, altro non è che un poveraccio costretto a passare l'esistenza sottoposto alle più orribili sevizie, il quale, una volta libero dalla sua prigione, comincia a perseguire i propri inevitabili desideri come può e sa; obiettivamente, la prima cosa vista dal mostro in questione sono due tizi che copulano, e come può il creaturo represso da quarant'anni non voler fare altrettanto? Sfortuna vuole che a finire vittima delle brame sessuali e violente del mostro vi sia Rebecca, giovane figlioletta cieca di John e Susan, eredi del castello con parecchi problemi famigliari alle spalle e un divorzio che incombe a mo' di spada di Damocle, dopo che l'ubriachezza di John ha causato la morte del figlio piccolo e la cecità di Rebecca. Non ci vorrà molto perché il disagio psicologico di John e la diffidenza di Susan diventino terreno fertile per le efferatezze del mostro, soprattutto perché tutti cominceranno, a un certo punto, a sospettare ingiustamente di John.


Per quanto il mostro faccia schifo (e lo fa, santo cielo, perché ha un make up sgradevolissimo e in più se ne va in giro col balollo per aria), non si può negare che l'impianto della storia sia soprattutto gotico perché, al di là delle efferatezze, sia la trama che la regia si concentrano parecchio sui misteri celati nel castello, radicati in un passato oscuro di leggende paesane e terribili segreti che si ripercuotono su personaggi tormentati, cercando di insozzare chi ancora è riuscito a preservare la propria innocenza. Anzi, nonostante il bassissimo budget, c'è da dire che Gordon si è impegnato per offrire allo spettatore innanzitutto delle sequenze che rendessero funzionale al racconto la bellezza del castello utilizzato come location, tra corridoi oscuri, specchi, catacombe e strette scale buie, fomentando un senso d'inquietudine che solo poche volte sfocia nel disgusto più becero. Certo, quando lo fa, Gordon non guarda in faccia nessuno e arriva ad omaggiare alcune delle scene più truci del cinema di genere italiano (continuo a dire che il freak mi ha ricordato spesso l'implacabilità del cannibale di Antropophagus, soprattutto quando insegue le sue vittime su per scale che sembrano interminabili), e anche per questo non si può non voler bene a quello che potrebbe essere stato uno degli ultimi, veri artigiani dell'horror. Castle Freak non è un film per tutti, soprattutto se non siete avvezzi al genere e avete lo stomaco debole, ma per una serata in "gioiosa" ma comunque dignitosissima ignoranza è l'ideale e, se volete un'ultima chicca, conta tra gli ottimi protagonisti anche un giovane Luca Zingaretti non ancora commissario ma già arruolato nelle forze dell'ordine. Su, veloci, prima che lo tolgano da Amazon Prime Video.


Del regista e co-sceneggiatore Stuart Gordon ho già parlato QUI. Jeffrey Combs (John Reilly), Barbara Crampton (Susan Reilly) e Carolyn Purdy-Gordon (The Gelato People) li trovate invece ai rispettivi link.

Luca Zingaretti interpreta Forte. Nato a Roma, famoso per il ruolo di Montalbano nei film TV tratti dai famosi romanzi di Camilleri, lo ricordo per film come, inoltre ha partecipato a serie quali Dio vede e provvede e La piovra 8. Anche regista, sceneggiatore e produttore, ha 59 anni e un film in uscita


Se Castle Freak vi fosse piaciuto recuperate Antropophagus e Le notti del terrore. ENJOY!

venerdì 26 ottobre 2018

Puppet Master: The Littlest Reich (2018)

E così, dopo averne letto bene un po' ovunque, ho recuperato anche Puppet Master: The Littlest Reich, diretto dai registi Sonny Laguna e Tommy Wiklund.


Trama: ad una convention dedicata ad Andre Toulon, psicopatico nazista creatore di orridi pupazzi assassini, si riuniscono una cinquantina di persone decise a partecipare ad un'asta che vede come oggetto proprio le creature di Toulon. Quando i malvagi burattini si animeranno sarà un massacro...



Se da piccola vedere La bambola assassina o Puppet Master mi causava le stesse reazioni di terrore inconsulto, col tempo ho imparato a fare differenze tra bambole e marionette, perlomeno sullo schermo, ché se mi mettete davanti una marionetta scappo comunque a gambe levate. Questo per dire che le creature assassine di Puppet Master (saga tra l'altro arrivata al millesimo episodio, di cui ho visto solo il primo capitolo e questo reboot) non mi fanno la stessa paura di Chucky o Annabelle perché sono troppo piccole, stilizzate e talvolta anche caruccette, quindi non mi hanno mai particolarmente attirata e ammetto di avere guardato Puppet Master: The Littlest Reich solo per la presenza di un nome alla sceneggiatura, quello di S. Craig Zahler, il regista e sceneggiatore di bombette come Bone Tomahawk e Brawl on Cell Block 99. Da lui mi aspettavo una cattiveria incredibile e una buona scrittura e questo ho ricevuto, in effetti. Puppet Master: The Littlest Reich è il trionfo dei personaggi simpatici che muoiono male senza un perché, talvolta anche in modi inaspettati che esulano dalla mano delle marionette di Toulon, e della bieca ignoranza nazi, che non si ferma davanti a nulla pur di martoriare il "diverso", sia esso gay, nero, ebreo, o quello che volete. Con due pennellate di "colore", Zahler ci fa entrare subito in sintonia col protagonista, la sua fidanzata e il suo migliore amico, personaggi forse archetipici ma abbastanza umani perché arrivi ad importarci qualcosa di loro, e li riunisce assieme ad altri personaggi secondari caratterizzati nel giro di un fotogramma o due che diventano automaticamente più di "vittima numero X"... e in tempo zero li fa massacrare dal "piccolo Reich" di Toulon senza peraltro troppa ironia, metafora nemmeno troppo velata di una società in cui succedono "brutte cose alle persone che non se lo meritano perché sì". Benché vi siano dei momenti di nera ironia, la verità è che si ride pochissimo in questo nuovo Puppet Master e il film è pervaso da un'atmosfera di ineluttabile pessimismo cosmico dall'inizio alla fine, da quello stesso nichilismo che sopraffà lo spettatore nelle altre opere di Zahler e che impedisce di relegare il film nel novero delle ca**te di serie Z a prescindere dai suoi mille difetti.


Difetti che ci sono, è evidente. Innanzitutto, per quanto si possa apprezzare lo sceneggiatore, il nuovo Puppet Master non è altro che una bieca scusa per mettere in scena macellate della peggior specie e tra un omicidio fantasioso e l'altro c'è ben poca sostanza; salvo la cornice, anche ben recitata, del fumettista impegnato a vendere il pupazzo del defunto fratello e l'introduzione col sempre divino Udo Kier, per non parlare dei titoli di testa a cartoni animati musicati da Fabio Frizzi, il resto del film sembra un'accozzaglia di scenette splatter attaccate con lo sputo, un insieme di micro-episodi efferatissimi che servono giusto a mostrare la bravura dei registi e dei responsabili degli effetti speciali quando si tratta di fare sul serio. Effettivamente, ammetto che da parecchio non vedevo una simile mancanza di remore all'interno di un horror: i pupazzi assassini non risparmiano nessuno, nemmeno bambini o donne incinte, e alcune sequenze (una in particolare, durante la quale l'idea di spegnere il televisore è stata forte come non l'avvertivo dai tempi delle mie prime esperienze con Joe D'Amato) sono talmente di cattivo gusto che c'è da dubitare che questo film vedrà mai una distribuzione cinematografica a meno di non venire pesantemente tagliato e quindi ridotto a un paio di scene. D'altronde, produce Fangoria, il che già di per sé potrebbe essere garanzia di sangue a secchiate, perfetto per gli appassionati del genere. Se a questo aggiungete un paio di guest star interessanti, benché ahimé poco utilizzate, capirete perché Puppet Master: The Littlest Reich è uno di quei pochi reboot che meritano di essere stati realizzati e un film da guardare se siete appassionati della saga o anche solo del sano, ignorante splatter fine a se stesso.


Di Udo Kier (Andre Toulon) e Barbara Crampton (Carol Doreski) ho già parlato ai rispettivi link.

Sonny Laguna e Tommy Wiklund sono i registi della pellicola. Americano il primo, probabilmente svedese il secondo, hanno diretto film come Blood Runs Cold, Wither e We Are Monsters. Anche sceneggiatori, tecnici degli effetti speciali, produttori e attori, hanno entrambi un film in uscita.


Michael Paré interpreta il Detective Brown. Americano, ha partecipato a film come Villaggio dei dannati, Scomparsa, The Vatican Tapes, Bone Tomahawk e a serie quali Ralph supermaxi eroe, Cold Case e Dr. House. Anche produttore, ha 60 anni e ben dodici film in uscita.


Thomas Lennon, che interpreta Edgar, era il preside Novak dell'esilarante Santa Clarita Diet mentre l'umano che viene usato come marionetta dai pupazzi altri non è che l'alieno malvagio del film Arma non convenzionale, ovvero Matthias Hues. Puppet Master: The Littlest Reich è, come già scritto nel post, il reboot di una saga iniziata nel col film Puppet Master - Il burattinaio e continuata per anni con Puppet Master II, Puppet Master 3 - Giochi infernali, Dollman, Giocattoli infernali, Radio Alien, Giocattoli assassini, Il ritorno dei giocattoli assassini, Giocattoli assassini - Scontro finale, Curse of the Puppet Master, Retro Puppet Master, Puppet Master: The Legacy, Puppet Master vs Demonic Toys, Demonic Toys: Personal Demons, Puppet Master: Axis of Evil e Puppet Master X: Axis Rising; al momento, tra l'altro, c'è il reboot e anche un film "canonico" contemporaneo, ovvero l'ultimo Puppet Master: Axis Termination, del 2017. Direi che se i pupazzetti assassini vi interessano avete materiale da vendere! ENJOY!

martedì 10 luglio 2018

Notte Horror 2018: Re-Animator (1985)



Estate, mare profumo di mare, profumo di... paura!! Sì, la Notte Horror dei Blogger è tornata anche quest'anno e come tradizione vuole ci saranno due post, ogni martedì sera, uno alle 21 e uno alle 23. Quest'anno è toccato a me aprire le danze con un Re-Animator del 1985, diretto da Stuart Gordon e da lui co-sceneggiato partendo dal racconto Herbert West, Re - Animator di H.P. Lovecraft. Ricordate che alle 23 ci sarà un altro film recensito QUI e che, in fondo al post, troverete il calendario della rassegna. ENJOY!


Trama: Herbert West, studente di medicina, è ossessionato dall'idea di far rivivere i cadaveri attraverso un siero di sua invenzione e coinvolge un suo compagno, Dan Cain, nelle sue ricerche che diventano sempre più pericolose...


Si può trasformare un serissimo racconto horror di H.P. Lovecraft in una supercazzola perfetta per rimembrare i tempi innocenti di Notte Horror, quasi una parodia di Frankenstein? Ovviamente, se il progetto finisce nelle mani di Stuart Gordon e Brian Yuzna, la risposta è "sì" o non staremo qui a parlarne. A dire il vero, fino a poco tempo fa io il primo Re-Animator non l'avevo neppure mai visto e a Notte Horror avevo recuperato Re-Animator 2, ovviamente capendoci poco o nulla in quanto direttamente collegato (male, a mio avviso, ma niente spoiler) al suo predecessore, ma il senso è sempre quello: abbiamo un film con la faccetta da psicopatico malvagio di Jeffrey Combs e una serie di situazioni horror-splatter sempre più paradossali, un escalation di follia che porterà qualunque luogo dipinto nella pellicola a pullulare di zombi semoventi, mordaci, talvolta loquaci... e anche un po' lubrichi, diciamolo, tanto che in Inghilterra e America (e forse anche nel DVD che ho trovato in un mercatino dell'usato) il film è stato censurato. Nulla a che vedere con Romero e, per quanto sia riuscita a percepire io, nessun messaggio di fondo più o meno profondo, solo sano e vecchio divertimento horror fatto di effetti speciali artigianali tuttora validi (salvo forse per il gatto, povero animatronic finto come i soldi del Monopoli, benché mi si dica che quello nel freezer sia vero) e assai splatterosi, un intento "scioccante" chiarito fin dall'inizio, con occhi che esplodono in faccia ad incaute dottoresse. Ma, per chi non lo avesse mai visto, di cosa parla questo Re-Animator? Beh, come da titolo, c'è lo studente di medicina Herbert West che, attraverso un siero di sua invenzione (di un bel giallino fluorescente) e la parlantina saccente di un Nelson Muntz ibridato col Puffo Quattrocchi, cerca di rianimare i cadaveri e, poiché le sue ricerche lo hanno fatto cacciare da un'università svizzera, cerca rifugio in America, nella fattispecie in casa di un altro studente di medicina, il povero Dan Cain. Quest'ultimo, manzetto inespressivo dotato di buon cuore, bella fidanzata e sfiga incredibile, viene a poco a poco coinvolto nelle nefandezze perpetrate da West, arrivando a perdere tutto ciò che gli avrebbe garantito un roseo futuro soprattutto in virtù di una debolezza di carattere congenita che gli impedisce di prendere a pugni l'occhialuto collega fin quando non è davvero troppo tardi.


Herbert West, però, non è l'unico villain della pellicola e nemmeno quello che rischia di rimanere più impresso, nonostante il carisma di Jeffrey Combs. Da un certo punto in avanti, infatti, si impone l'esimio dottore Carl Hill, dapprima come semplice accademico odioso ed impiccione, quindi come vecchio rattuso dotato di particolari poteri di controllo mentale tagliati dalla sceneggiatura ma comunque chiaramente percepibili in alcune sequenze, protagonista di alcune delle scene migliori e, ovviamente, più gore della pellicola, quando tutte le carte sono ormai in tavola... e non rimane altro da fare che darci sotto con gli zombi! Le apparizioni di questi ultimi sono sì non facili da digerire per chi non mastica horror, anche perché come ho detto gli effetti speciali sono ancora pregevoli, ma sono sempre accompagnate da abbondanti dosi di umorismo nero e si manifestano in maniera assai "fisica", con sganassoni e colpi contundenti oppure con espressioni particolarmente buffe; a essere sinceri però, il film si incupisce man mano che prosegue e che Dan (ché Herbert West è perso fin dall'inizio) passa quindi dall'essere studente modello a reietto, con implicazioni che, a ben pensarci, non sono poi così divertenti e in qualche momento portano persino a vergognarsi di avere riso. A parte tutto, riesco a capire perché negli anni Re-Animator è diventato un piccolo cult degno di venire inserito in una Notte Horror che si rispetti. La pellicola unisce infatti l'omaggio a Lovecraft, uno score dei titoli di testa ripreso da Psyco, attori talmente in parte da essersi fissati nell'immaginario collettivo proprio con questo film, un comparto tecnico non da poco e soprattutto la gioia di creare un horror divertente realizzato con competenza e la massima serietà... ovvero, la ricetta perfetta di tutte quelle opere che ricordiamo con piacere anche dopo trent'anni e che richiamano alla memoria calde sere d'estate passate a rabbrividire di paura al buio!


Del regista e co-sceneggiatore Stuart Gordon ho già parlato QUI. Jeffrey Combs (Herbert West), Barbara Crampton (Megan Hasley) e Carolyn Purdy-Gordon (Dr. Harrod) li trovate invece ai rispettivi link.

Bruce Abbott interpreta Dan Crain. Americano, lo ricordo per film come Vivere nel terrore, Re-Animator 2 e L'angelo del male, inoltre ha partecipato a serie quali MacGyver e La signora in giallo. Ha 64 anni.


David Gale, che interpreta il dottor Carl Hill, compare anche in Re-Animator 2 nei panni dello stesso personaggio ma non in Beyond Re-Animator, al momento l'ultimo film della saga. Se Re-Animator vi fosse piaciuto recuperate quindi i due sequel e aggiungete Splatters - Gli schizzacervelli e magari anche Al di là dell'orrore. Di seguito, troverete il bannerone con tutti gli appuntamenti della rassegna! ENJOY!


La notte dei demoni (1988)
La chiesa (1989)
Darkman (1990)

venerdì 9 febbraio 2018

Beyond the Gates (2016)

Stavolta mi sono fatta attirare come una pirla dalla bellissima locandina e ho accettato con gratitudine l'offerta di Roberto che mi ha permesso di guardare Beyond the Gates, diretto e co-sceneggiato nel 2016 dal regista Jackson Stewart, solo per ritrovarmi a scuotere tristemente la capoccia...


Trama: con il padre scomparso da sette mesi, i fratelli Gordon e John decidono di smantellarne l'attività e ripulire il videonoleggio d'altri tempi da lui gestito. Nell'ufficio del genitore trovano la scatola di Beyond the Gates, gioco con videocassetta annessa pericolosissimo da giocare...



Avete mai giocato ad Atmosfear? Atmosfear era un divertentissimo gioco pubblicato in Italia negli anni '90 che consisteva nel seguire le istruzioni di un fantomatico "custode del cimitero", contenute in una videocassetta che scandiva il tempo necessario a raggiungere l'obiettivo finale (se non erro proprio collezionare delle chiavi e scoprire le paure degli avversari) e forniva un'esperienza interattiva al giocatore, il quale doveva rivolgersi al custode chiamandolo "padrone". Io purtroppo ci ho giocato solo una volta, grazie a una fortunata amica che lo possedeva, ma guardando Beyond the Gates non ho potuto fare a meno di ripensare a quel fatidico giorno e mi è venuta una voglia pazza di cercare su Ebay qualche venditore compiacente che possa esaudire il mio desiderio di ripetere l'esperienza. Questo, diciamolo senza timore di offendere nessuno, è stato l'unico risultato positivo di un film pesante come un cinghiale sullo stomaco, lento come la morte e zeppo di momenti MEH che neppure il costante e, si può dire?, ormai stantio omaggio agli anni '80-'90 è riuscito a risollevare. E va bene, Jackson Stewart mi cita a piene mani Atmosfear, quasi rasentando il plagio. Ok, il negozio del Signor Hardesty, zeppo di VHS e giochi retrò, è una meraviglia e mi ha fatto venire voglia di andarci subito. Però il film dura un'ora e venti, che normalmente sarebbero pochissime ma provate a riempirle con questi due unici elementi positivi! Per dire, Stewart gioca a fare il Wingard e il Ti West della situazione, satura la prima parte del film (e pure la seconda) di nulla, di dialoghi messi in bocca a personaggi i cui problemi non sono minimamente interessanti se paragonati alla possibilità di costringerli a partecipare ad un gioco horror interattivo, e gli stessi protagonisti sono le creature più molle della storia dell'horror. Gordon, John e Margot sono talmente amebe che riescono persino a DORMIRE pur sapendo che al piano di sotto c'è un gioco maledetto capace di uccidere persone, evocare spiriti e quant'altro; di più, riescono a dormire consapevoli del fatto che in CANTINA è spuntato il gate del titolo, dal quale arrivano sussurri spettrali e dal quale spuntano manine prensili nonché mostruose. Beh, complimenti.


Questo trio all'erta e pieno di brio è composto da attorucoli svogliati che non aiutano a sollevare la situazione e gli unici caratteristi interessanti ma poco sfruttati sono Barbara Crampton, utilizzata a mo' di ulteriore omaggio anni '80 come gatekeeper del gioco (quindi poco e male in quanto la signora si limita a qualche parola inquietante e qualche sguardo tra il sexy e lo scazzato verso la macchina da presa), e forse Matt Mercer, la cui faccetta da ratèn mi ricorda qualcosa ma non riesco a capire dove ho già visto questo losco figuro. A un certo punto, Jackson Stewart si ricorda di stare girando un horror e, tra uno sbadiglio e l'altro, infila un paio di splatterate anche ben realizzate, per carità, sicuramente meglio del trucco anemico di quel paio di morti viventi/fantasmi che di tanto in tanto infestano gli incubi dei protagonisti; purtroppo, le sequenze gore sono solo due e per il resto si è preferito puntare su lucette al neon, fumo da discoteca e musiche al sintetizzatore, giusto per ribadire allo spettatore (se ancora non lo avesse capito in tutte le salse o nel malaugurato caso che quest'ultimo appartenga alla cosiddetta generazione dei millenials) l'omaggio agli anni '80. E ora scusatemi se interrompo qui la disamina di questo interessantissimo (!!) film ma siccome sono nata nel 1981 vado a cotonarmi i capelli prima di uscire con un bel marsupio legato in vita e una giacca dalle spalline larghe, senza dimenticare i pantaloni "acqua in casa" e... ah no, questi li mettono tutti ormai, maledetti tizi che a 6 gradi sotto zero girate con le scarpe da ginnastica, senza calzini e con la caviglia scoperta!!!! Basta anni '80, che tornino in auge corsetti, crinoline e parrucche incipriate!!


Di Barbara Crampton, che interpreta Evelyn, ho già parlato QUI mentre Chase Williamson, che interpreta John Hardesty, lo trovate QUA.

Jackson Stewart è il regista e co-sceneggiatore della pellicola, al suo primo lungometraggio. Americano, anche produttore e attore, ha 32 anni.


Graham Skipper interpreta Gordon Hardesty. Americano, ha partecipato a film come Almost Human, Tales of Halloween, The Mind's Eye e a serie quali Criminal Minds. Anche sceneggiatore, produttore e regista, ha due film in uscita.


Brea Grant interpreta Margot McKenzie. Americana, ha partecipato a film come Halloween II e a serie quali Cold Case, Heroes, CSI: Miami e Dexter. Anche sceneggiatrice e regista, ha 36 anni e sette film in uscita.


Se Beyond the Gates vi fosse piaciuto guardate Jumanji, che perlomeno è più rapido e divertente, oppure giocate ad Atmosfear se avete la fortuna di possederlo. ENJOY!

mercoledì 2 dicembre 2015

We Are Still Here (2015)

In questi giorni ho recuperato un altro horror di cui avevo sentito parlare molto bene, We Are Still Here, scritto e diretto dal regista Ted Geoghegan.


Trama: dopo la morte del figlio Bobby, Anne e Paul si trasferiscono in una cittadina del New England. Appena arrivata nella nuova casa, Anne si convince di avvertire la presenza di Bobby mentre Paul è scettico; in realtà, nelle cantine dell'edificio si nascondono segreti ben più terrificanti....


Negli ultimi tempi mi è fortunatamente capitato sempre più spesso di parlare di pellicole horror che partono da un'idea di base assai comune e risaputa per poi sviluppare la questione in maniera particolare, così da distinguersi da quella massa di prodotti tutti uguali e fondamentalmente pietosi che ci vengono propinati mensilmente dai distributori italiani e americani. We Are Still Here, opera prima del regista Ted Geoghegan, è un altro valido esempio di come i cliché, se utilizzati con intelligenza, possano comunque risultare gradevoli e dare vita ad una storia interessante e, perché no?, paurosa anche per chi macina horror ininterrottamente da almeno due decenni. La casa infestata è un archetipo del genere che risale ai tempi della letteratura gotica, così come quello delle presenze arrabbiate e vendicative; la lunga introduzione di We Are Still Here unisce entrambi gli elementi e per un po' asseconda i preconcetti dello spettatore scafato, dopodiché introduce però un altro twist (che, ovviamente, non starò a rivelare) che, pur non essendo a sua volta originale, spiazza il pubblico portando a recepire la storia con tutto un altro stato d'animo e un punto di vista differente. We Are Still Here racconta la vicenda di una coppia vittima di un lutto atroce, un marito e una moglie che comunicano a fatica ma cercano comunque di sostenersi a vicenda, di anime erranti afflitte da dolore e rabbia che si accaniscono contro i vivi per testimoniare, come dice il titolo, che loro "sono ancora lì", vendicativi testimoni di colpe faticosamente nascoste oppure tristi ricordi di qualcuno che non riusciamo a lasciare andar via. La tensione viene costruita a poco a poco e il film si prende tutto il tempo necessario per costruire un climax che deflagra devastante nella seconda metà della pellicola ma in questo tempo noi impariamo ad affezionarci ai protagonisti (Anne e Paul ma anche gli hippy May e Jacob) e a soffrire con loro nel momento in cui la situazione, inevitabilmente, precipita.


Come altrettanto spesso accade ultimamente, We Are Still Here è anche un film dal sapore vintage e assai citazionista ma anche queste sue caratteristiche si piegano al servizio di una storia che ha comunque un'anima e un cuore. Forse perché i registi hanno bisogno di ritrovare l'innocenza (anche nella cattiveria, intendiamoci) e la freschezza degli anni '70-'80, quel periodo diventa l'ideale per ambientare racconti lontani dalle fredde macellate o dagli sfoggi di tecnologia moderni e We Are Still Here non fa eccezione, col suo inizio splendidamente Fulciano e i protagonisti deliziosamente ingenui e costretti ad affidarsi a chiacchiere o sensazioni per riuscire a capire il guaio in cui si sono cacciati prima che sia troppo tardi. Anche la scelta degli attori, a mio avviso, è stata molto fine. Le accoppiate Barbara Crampton/Andrew Sensenig e Larry Fassenden/Lisa Marie sono praticamente perfette, con la prima coppia assai "british" e composta nel suo modo di affrontare sia il dolore in particolare che la vita in generale mentre la seconda porta una ventata di colore e umorismo anche un po' cialtrone che si presta bene a stemperare la tensione. Fino a un certo punto, ovviamente, ché il one man show di Larry Fessenden è spettacolare e gela il sangue nelle vene tanto quanto gli effetti speciali utilizzati per le abbondanti scene splatter del "secondo tempo" o l'aspetto dei fantasmi, ennesimo punto a favore di We Are Still Here. Ormai siamo a novembre ed è quasi tempo di classifiche. Probabilmente la pellicola di Geoghegan non riuscirà ad entrare nella top 5 horror di fine anno ma la ritengo comunque una perlina per spettatori pazienti che non dovete assolutamente perdere... e, signori della Midnight Factory? Se state leggendo queste righe, già che state distribuendo in suolo italico tante belle cosine infilateci pure questa in lista, mi raccomando!

Ted Geoghegan (vero nome Theodore John Geoghegan) è il regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, è al suo primo film dietro alla macchina da presa ma l'anno prossimo dovrebbe dirigerne un altro, Satanic Panic. Anche produttore e attore (in tale veste ha partecipato a Sharknado 2 e Hatchet III), ha 36 anni.


Barbara Crampton interpreta Anne Sacchetti. Americana, ha partecipato a film come Omicidio a luci rosse, Re-Animator, Puppet Master - Il burattinaio, You're Next, Le streghe di Salem, Tales of Halloween e a serie come Santa Barbara, La tata e Beautiful. Anche produttrice, ha 57 anni e due film in uscita.


Andrew Sensenig interpreta Paul Sacchetti. Americano, ha partecipato a film come Dylan Dog - Il film, Seconds Apart, The Last Exorcism e a serie come Prison Break. Anche produttore, regista, compositore e stuntman, ha dieci film in uscita.


Lisa Marie (vero nome Lisa Marie Smith) interpreta May Lewis. Un tempo compagna di Tim Burton, la ricordo per film come Ed Wood, Mars Attacks!, Il mistero di Sleepy Hollow, Planet of the Apes - Il pianeta delle scimmie, Le streghe di Salem e Tales of Halloween, inoltre ha partecipato a serie come Miami Vice. Ha 47 anni e un film in uscita.


Larry Fessenden interpreta Jacob Lewis. Americano, ha partecipato a film come Al di là della vita, Animal Factory, Broken Flowers, Mulberry St, Cabin Fever 2 - Il contagio, Stake Land, You're Next, We Are What We Are e a serie come The Strain. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 53 anni e otto film in uscita.


Se We Are Still Here vi fosse piaciuto recuperate Quella villa accanto al cimitero, film di Fulci più volte omaggiato all'interno della pellicola, oppure Last Shift e Tales of Halloween. ENJOY!

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