Visualizzazione post con etichetta Saggi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Saggi. Mostra tutti i post

martedì 4 marzo 2014

IL SOLDATINO DELLA LIBERTÀ DEI BAMBINI: MARIO LODI E IL RICORDO DI UN MAESTRO


«Non avrei mai pensato di diventare maestro di scuola. Volevo fare il falegname, vivere in una segheria tra trance e pialle, sgorbie e lime. Il mio modello era Geppetto, l’artigiano di Collodi. 
Sì, volevo essere come Geppetto con Pinocchio.»






Quando ieri ho appreso della triste notizia della scomparsa di Mario Lodi, avvenuta il 2 marzo all'età di 92 anni, oltre a provare il senso di una sempre più cospicua solitudine lasciata dai grandi che se ne vanno, ho pensato a come avrei potuto rendergli in piccolo omaggio qui, su Gavroche.

Io, il Maestro di Piadena, il rivoluzionario gentile di Cipì, non l'ho mai conosciuto di persona. Però devo molto, come immagino tanti di voi, al suo pensiero e alla sua intera opera. Mi è capitato di assistere a suoi incontri e conferenze, ma non mi sono mai avvicinata a lui anche solo per dirgli grazie o fargli qualche domanda; mi è capitato, invece, di parlargli alcune volte al telefono e anche in queste occasioni il filo non riusciva a trattenere la sua intelligenza contagiosa che, generosamente, offriva con una dolcezza indicibile. 

Così, non ci ho pensato un attimo di più, ho chiesto ad Alex Corlazzoli, maestro, scrittore e giornalista, di cui vi ho parlato qui e qui, che Mario lo aveva conosciuto e, sono certa, che è uno dei suoi eredi più onesti impegnati e sinceri, se poteva essere lui a ricordarlo per Gavroche.

E poi, il mio pensiero è andato subito a un libro di Mario Lodi che ho avuto la fortuna di vedere qualche giorno fa, ancora in fase di realizzazione, Il soldatino di Pim Pum Pà che uscirà in occasione della prossima Fiera per Ragazzi di Bologna grazie a Orecchio Acerbo che l'ha recuperato per nostra fortuna dal pozzo delle meraviglie dei titoli "fuori catalogo" e lo ha affidato a un giovane illustratore dal talento visionario, Michele Rocchetti, che con mia profonda gioia è giunto così alla sua seconda prova editoriale dopo aver illustrato gli Effetti d'un sogno interrotto di Luigi Pirandello pubblicato dalla stessa casa editrice lo scorso anno. Inoltre, da vedere, sono le cinque tavole di Michele, tratte Heart of Darkness (Helbling Languages, 2013), che sono state selezionate per la Mostra degli Illustratori della prossima la Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna.


«In qualche modo suoi allievi, a Mario Lodi avevamo deciso di rendere omaggio in modo esplicito. E così avevamo chiesto a Goffredo Fofi, Francesco Tonucci, Cosetta Lodi e Giovanni Nucci di essere con noi alla Fiera del libro di Bologna per disegnarne un ritratto da affiancare alle immagini di Quando la scuola cambia. Partire dal bambino di Vittorio De Seta [ndr. prima di quattro parti del documentario girato da De Seta nel 1978, dedicata all'esperienza del Maestro Mario Lodi a Vho di Piadena, e andata in onda il 10 aprile 1979]. Da parte nostra avremmo nuovamente pubblicato Il soldatino del Pim Pum Pà, con i disegni di una giovane promessa marchigiana, Michele Rocchetti. Mario ne era stato molto contento, e molto anche aveva apprezzato le illustrazioni di Michele. Ancora attentissimo, aveva però apportato alcune correzioni alla scheda preparata per le librerie. Purtroppo del libro - è in allestimento - solo le pagine digitali ha potuto vedere. Alla Fiera del libro di Bologna, più tristi, ci vedremo comunque il prossimo 25 marzo, alle ore 12.00 al Caffè degli Autori. Seppur indirettamente, ce lo chiedono in migliaia. Già oltre diecimila, infatti, sono le persone che hanno condiviso il saluto che con le parole di Simonetta Fiori gli abbiamo mandato da Facebook.».
Fausta, Carla, Federico, Paolo, Simone... Orecchio acerbo, 3 marzo 2014.

Vittorio De Seta, Rai - 10 aprile 1979

C'era una volta - e ora non c'è più - chi viaggiava stipato come una sardina 
e chi stracolmo in prima classe.
C'era una volta - e ora non c'è più - chi veniva di punto in bianco licenziato.
C'era una volta - e ora non c'è più - chi era costretto a emigrare.
C'era una volta - e ora non c'è più - chi usava la scienza solo per arricchirsi.
C'era una volta - e ora non c'è più - chi col potere tutto questo garantiva 
e con la forza manteneva.
C'era una volta - e per fortuna qualche sua traccia ancor oggi si trova - 
il soldatino del pim pum pà.
Ostinato, aveva, e ancora in testa ha, l'idea di raddrizzare i torti 
e di rovesciare le ingiustizie. 


Mario Lodi/Michele Rocchetti,
Il soldatino del Pim Pum Pà,
Orecchio acerbo, Roma, 2014
(in libreria dal 20 marzo) 


Forte della lettura di queste parole e della risposta positiva da parte di Alex alla mia richiesta ho pensato che presentarvi le due cose insieme, così questo è il tributo che ne è uscito e che mi auguro faccia affiorare in voi il desiderio di conoscere o rileggere l'intera opera di uno dei più grandi Maestri, e non solo di scuola, che abbiamo avuto l'onore di avere nel nostro Paese.


[di Alex Corlazzoli]

Il primo libro che ho conosciuto è stato Cipì
A casa mia, non solo non c'erano libri, ma non esisteva nemmeno la libreria. 
Eppure quella lettura che la maestra Teresa faceva ogni sabato mi affascinava, mi coinvolgeva. L'aveva scritta un insegnante con i suoi bambini. 
Anzi, il maestro Mario Lodi. 

Avevo trascorso le elementari con CipìSenza che me ne accorgessi, quella fiaba aveva lasciato un'impronta dentro di me, aveva segnato una traccia che mi sarebbe tornata utile una volta diventato, a sua volta, un maestro: Cipì, non era stato scritto da Lodi per i bambini ma dal maestro con i bambini per tutti gli altri fanciulli. Quel "con" non era solo una congiunzione, era la pedagogia di Mario Lodi, era stata la sua vita. 


Mario Lodi/Michele Rocchetti,
Il soldatino del Pim Pum Pà,
Orecchio acerbo, Roma, 2014

(in libreria dal 20 marzo) 


Con i ragazzi della scuola di Piadena, nel 1964, aveva avuto l'idea di fare corrispondenza con i bambini di Barbiana sperimentando lo scritto collettivo.
Con i suoi allievi aveva dato vita a un giornale in classe perché i genitori fossero costantemente informati su ciò che avveniva in aula. 
Con i bambini aveva vissuto ogni giorno la democrazia che lui stesso, da antifascista, aveva contribuito a realizzare in Italia. 

Per il maestro Lodi, i bambini, erano cittadini. Me lo insegnò anche in quella speciale lezione che mi donò tre anni fa, durante un pomeriggio trascorso alla sua cascina. Avrei dovuto intervistarlo ma mi ritrovai nei panni di uno scolaro. Lo ascoltai per oltre due ore, per imparare*
A trent'anni dalla lettura di Cipì, avevo l'occasione di incontrare il maestro. 


Mario Lodi/Michele Rocchetti,
Il soldatino del Pim Pum Pà,
Orecchio acerbo, Roma, 2014

(in libreria dal 20 marzo) 


Mi colpì la sua semplicità: non usava parole incomprensibili, non si vantava di ciò che aveva fatto, non faceva citazioni. 
Mi parlò della vita con i suoi alunni: «Dobbiamo chiederci perché si fanno gli esami a scuola. Per giudicare i bambini? Per scartare quelli che non possono andare avanti? Ma chi giudica chi fa? L'esame che dobbiamo fare non è una prova qualsiasi ma un esame di coscienza: in quella scuola i genitori sono contenti che i loro bambini imparino a parlare, a ragionare, a fare esperimenti in quel modo? I genitori sono soddisfatti di come la maestra ha condotto il gruppo alla conquista del sapere senza imporre le sue idee? I bambini possono giudicare le maestre? La fiducia è essenziale. I fanciulli non vanno messi nelle condizioni di essere bocciati. Nella Costituzione non c'è mai un articolo che parli di bocciare. C'è il verbo promuovere. Ciò vuol dire mettere i ragazzi nelle condizioni di saper risolvere dei problemi e interpretare il senso della scuola con una larghezza di veduta». 


Mario Lodi/Michele Rocchetti,
Il soldatino del Pim Pum Pà,
Orecchio acerbo, Roma, 2014

(in libreria dal 20 marzo) 


Un vero rivoluzionario della quotidianità, capace di cambiare la scuola italiana, da Vho, da un piccolo paese della pianura padana: «Io toglievo la cattedra perché non serviva. Se la nostra aula è brutta, vecchia e cadente cerchiamo migliorare quel poco che si può, per renderla abitabile. E allora è qui che avviene il passaggio dalla delega alla modifica della realtà in senso pratico. Se abbelliamo un'aula con dei vasi di fiori va deciso chi si cura di annaffiarli. Se ci sono dei libri, chi si interessa della biblioteca. Se c'è chi si occupa, allora nasce dalla scuola la praticità, la democrazia».

Quante volte, entrando in aula, ho pensato a quella lezione. Se oggi, non dò voti ai miei alunni ma provo a far loro amare il sapere senza essere giudicati, è grazie a Mario lodi. 

All'inizio dello scorso anno, ripensando a quel giornale che faceva per coinvolgere i genitori, mi venne l'idea di riattualizzare l'esperienza del maestro scrivendo una news letter alle mamme e ai papà, ogni settimana. 

Non ho mai portato, invece, dei fiori in aula. Ma ora che il maestro Mario Lodi, ci ha salutato, domani andrò in classe con una pianta. La affiderò ai bambini. Con loro, la cureremo. Impareremo ancora una volta, a occuparci della scuola. Vivendo la Costituzione.


Mario Lodi/Michele Rocchetti,
Il soldatino del Pim Pum Pà,
Orecchio acerbo, Roma, 2014

(in libreria dal 20 marzo) 


*
Testo integrale dell'intervista di ALEX CORLAZZOLI a MARIO LODI 
contenuta in 

Alex Corlazzoli,
Riprendiamoci la scuola.
Diario d'un maestro di campagna.
Come sopravvivere alla scuola italiana e cambiarla
,
Altreconomia, Milano, 2011

Sono passati più di sessant’anni anni dalla sua prima lezione a San Giovanni in Croce ma il maestro Mario Lodi non ha smesso di insegnare e educare.  È l’insegnante più conosciuto d’Italia per il suo Cipì giunto alla 28esima ristampa per Einaudi. Per incontrarlo bisogna andare a Drizzona. Nella sua vecchia cascina, sulla strada tra Mantova e Cremona, ha fondato l’associazione Casa delle Arti e del Gioco. Lì accoglie centinaia di bambini ma anche studenti universitari e soprattutto ex allievi, oggi papà e nonni. È un dono, per un giornalista, intervistare Mario Lodi, perché ti rendi conto di avere di fronte un uomo che ha vissuto il periodo della Costituente, un maestro che ha contribuito a far nascere la nostra scuola pubblica statale. Uno dei pochi che a 89 anni può ancora raccontarti la storia di questo Paese dal momento che l’ha vissuta in prima persona: arrestato per motivi politici durante la guerra, dopo la Liberazione, ha aderito al Fronte della Gioventù. Il maestro Lodi ha conosciuto don Lorenzo Milani e con i ragazzi della scuola di Piadena, nel 1964,  aveva avuto l’idea di fare corrispondenza tra le due realtà dando al prete di Barbiana l’occasione di sperimentare lo scritto collettivo. Ha ricevuto la Laurea ad honorem dall’Università di Bologna, ha vinto il premio “Viareggio” con il libro Il paese sbagliato (1970) ma se lo incontri hai proprio la sensazione di parlare con il tuo maestro delle elementari. Vedi nei suoi occhi l’allegria di chi è rimasto per tanti anni con i bambini, amandoli.   Maestro Lodi, cos’è rimasto della scuola pubblica statale che lei ed altri avete realizzato a partire dall’epoca repubblicana?«Noi avevamo ben chiare le idee: l’Italia era allo sfacelo. L’esperienza del fascismo e del nazismo aveva sconvolto tutta l’Europa. Bisognava rifare tutto: le leggi, le gerarchie, gli insegnanti. Ci siamo messi al lavoro e abbiamo guardato che tipo di scuola doveva avere una società democratica. La nostra scelta è scivolata lentamente ma durevolmente sulla Costituzione italiana. A 60 anni di distanza abbiamo i rottami di questa democrazia imperfetta. E allora che cosa deve fare il maestro per riportarla alla vivacità della prima fase?La scuola di una democrazia normale, non dico perfetta, deve accogliere. Dev’essere una scuola che inizia ogni anno con una festa dell’accoglienza.In secondo luogo, il concetto di assemblea si deve sostituire a quello di classe. Abbiamo bisogno di una scuola senza un capo che comanda, che dice “fai così altrimenti ti boccio”. Se il bambino è accolto lo è nel bene e nel male. Noi diciamo di essere sociali, ma non è vero. Domina nella gerarchia della scuola il concetto di chi vale di più e chi meno.Infine, la scuola dev’essere la seconda casa del bambino. Quando entra nella scuola, come diceva Maria Montessori, il ragazzo deve portarsi dietro delle abitudini che diventano la democrazia in atto. Questo ci serve per avere sullo sfondo l’educazione al rispetto dell’ambiente. Se noi consideriamo l’aula la nostra seconda casa, le vogliamo bene e quindi la difendiamo da chi vuole distruggerla. Così noi diventiamo “patrioti” della democrazia e impariamo il rispetto dell’ambiente». 
Insegnare è un mestiere o una missione? 
«È una buona domanda, difficile da mettere in pratica. Perché siamo in equilibrio, chi sceglie di fare il maestro sceglie una professione, ma è diversa da qualsiasi altro lavoro. Per fare il maestro serve un ingrediente che non è previsto nei regolamenti: bisogna sentire l’amore verso questi bambini che hanno bisogno di tutto e noi possiamo darglielo. A questa domanda dobbiamo rispondere quando entriamo in aula, levandoci il cappello e dicendo: “Io sono nella vostra scuola e sarò un vostro amico, non il maestro che giudica ma un amico che vi consiglia”.Questa è la scuola che se riesce ad interpretare il significato della vita, pone le condizioni perché si creino delle simpatie, non per dire questo è più bravo dell’altro ma per poter affermare che tutti assieme possiamo dare qualcosa alla scuola. E le simpatie, si esprimono attraverso l’organizzazione del lavoro. Tutto quello che si fa dev’essere al fine di migliorare la società, l’insieme della società non il capo. Per questo abbiamo introdotto nella mia scuola a Piadena una tecnica nuova ma vecchia: la stampa. Tutto quello che era fatto a scuola doveva essere scritto, documentato e divulgato ai genitori, agli amici. La scuola così serve per tutti».  

Cosa faceva lei quando entrava in aula? 
«Mi toglievo il cappello. E poi i bambini mi riconoscevano. Mi raccontavano di loro, del papà, del loro gattino, di ciò che amavano mangiare, Si descrivevano autobiograficamente. Ci mettevamo in cerchio per poterci guardare in faccia e non allineati in modo che uno coprisse l’altro. Nasceva la base della democrazia: noi ci conosciamo, voi ci conoscete. Se questo esercizio lo faccio ogni giorno creo l’abitudine alla democrazia». 

Oggi si è tornati a parlare di valutazione aprendo un grande dibattito sulle prove Invalsi. Si discute anche di come misurare la validità dell’insegnante. Lei che ne pensa? 
«Dobbiamo chiederci perché si fanno gli esami nella scuola. Per giudicare i bambini? Per scartare quelli che non possono andare avanti? Ma chi giudica chi fa? Qui siamo di fronte ad una difficoltà. L’esame che dobbiamo fare non è una prova qualsiasi ma un esame di coscienza: in quella scuola i genitori sono contenti che i loro bambini imparino a parlare, a ragionare, a fare esperimenti in quel modo? I genitori sono soddisfatti di come la maestra ha condotto il gruppo alla conquista del sapere senza imporre le sue idee? I bambini possono giudicare le maestre? La fiducia è essenziale. I fanciulli non vanno messi nelle condizioni di essere bocciati. Nella Costituzione non c’è mai un articolo che parli di bocciare. C’è il verbo promuovere. Ciò vuol dire mettere i ragazzi nelle condizioni di saper risolvere dei problemi e interpretare il senso della scuola con una larghezza di veduta. Possiamo noi pensare di chiedere ai maestri di sostituire la nota negativa con una positiva? Può essere accettata l’idea di una scuola che promuove il senso della responsabilità?»

Nel 1956 cambia scuola. Arriva a Vho di Piadena dove resterà fino a quando andrà in pensione. Il 20 settembre visita la scuola che la ospiterà e racconta in “C’è speranza se questo accade a Vho” che vede un’aula triste. Quanto conta nella scuola italiana dove gli edifici cadono a pezzi, non sono agibili e vecchi, la struttura, l’aula? 
«Le modifiche si fanno a seconda del programma che svolgiamo. Io toglievo la cattedra perché non serviva. Se la nostra aula è brutta, vecchia e cadente cerchiamo di migliorare quel poco che si può per renderla abitabile. E allora è qui che avviene il passaggio dalla delega alla modifica della realtà in senso pratico. Se abbelliamo un’aula con dei vasi di fiori va deciso chi si cura di annaffiarli.  Se ci sono dei libri, chi si interessa della biblioteca. Se c’è chi si occupa, allora nasce dalla scuola la praticità».      

Che ruolo avevano i genitori per il maestro Mario Lodi.

«Erano quelli che avevano messo al mondo dei bambini e me li presentavano come la cosa più preziosa che avevano. I genitori erano consultati prima dei colleghi. Dicevo loro che cosa avrei voluto fare e perché. Chiedevo se fossero stati d’accordo sul tipo di educazione che volevo fare. Altrimenti potevano iscriverli altrove. Ma non è mai successo. Anzi. Mi mandavano quelli più problematici. I colloqui con i genitori avvenivano la sera affinché venissero anche i padri. Ma va detto che i genitori erano costantemente informati perché stampavamo un giornale».

È possibile oggi continuare a dare gambe alla  scuola che lei ha sognato e costruito, facendo i conti  con il precariato?

«La parola stessa precario dice che non bastano, c’è qualcosa che manca nel precario. Il precario deve costruirsi la sua realtà scolastica. Ma precario cosa significa esattamente. I precari lo sanno chi sono? Lo sanno quello che chiedono? Lo sanno se è possibile avere quello che domandano? La figura del precario è la figura del maestro o no? Purtroppo siamo di fronte alla mobilità magistrale».

Una volta c’era il sindaco, il dottore, il prete e il maestro.
E i genitori.
Sottolineatura importante. Ma torniamo al maestro: è ancora una figura di riferimento nella società odierna?
La società moderna è totalmente cambiata. Ha sostituito i valori con quelli cosiddetti nuovi ma sono vecchi come il cucù. Prendiamo ad esempio il concetto di libertà: siamo liberi, siamo in una democrazia, possiamo fare quello che vogliamo. Ma non è vero perché tutti i giochi hanno una regola anche quello del calcio, delle carte.  Noi non siamo singoli che esercitano la libertà ma siamo Stato, unione di individui che hanno lo stesso fine: costituire una società valida. Le figure che aveva un tempo la scuola non valgono più. Valgono per comandare ma non per servire”.
È possibile pensare che la scuola di don Milani sia ancora oggi attuale? 
«Quella di don Milani è un’idea che si è inserita negli esperimenti fatti nel dopoguerra. L’idea della pluriclasse che aveva in mente don Lorenzo coincideva con le pluriclassi che illustri pedagogisti avevano praticato anni dopo. Resta attuale quel discorso. Sono convinto che come un genitore con   figli di diversa età usa linguaggi diversi per farsi capire così anche la scuola deve usare linguaggi diversi perché comprenda il bambino. La scuola è come una famiglia. Oggi l’idea di pluriclasse di don Milani, purtroppo, è stata distrutta».
Educare o insegnare?
«Posso rispondere con le parole di don Milani: “Non dovreste fare questa domanda a me ma dovreste preoccuparvi di come siete voi nei confronti dei ragazzi. Perché dalla risposta che date dipende tutto il vostro programma”. Educare e insegnare è la stessa cosa se rispettiamo questa regola. E’ una legge universale».
Veniamo a Cipì, la storia nata nella piccola scuola di Vho dove i ragazzi scoprirono dalla finestra una intensa e drammatica vita che annotarono dando vita alla favola vera del passerotto Cipì. Dopo 50 anni Cipì provoca ancora le stesse emozioni, gli stessi interessi nei bambini. Qual è il segreto di questa storia?
«Mi domando ancora anch’io che cos’ha? Non so… davvero.  Eppure c’è qualche punto debole in Cipì. In questa storia dell’uccellino che in fondo è la storia dei bambini che si identificano con la storia dei passeri, manca il papà di Cipì: non c’è, è sparito. E spesso i bambini oggi si pongono l’interrogativo: dov’è il papà di Cipì? Alla televisione? È il problema dei papà che si aggregano per formare una famiglia nuova che non c’è, forse. È drammaticamente d’attualità.  Un altro aspetto sul quale dopo tanti anni rifletto è che la storia finisce con l’allontanamento del pirata, di uno che incanta e poi mangia i bambini. È cronaca anche questo tema.In questo libro quello che hanno visto fare dai grandi l’hanno attribuito ai piccoli. Non so perché è ancora così letto, non so se sia merito dei media, dei cartoni animati. Non saprei me lo sto ancora chiedendo…».


domenica 1 dicembre 2013

L'AVVENTO DEI LIBRI. GIORNO 1


© Emme Edizioni

"Sai Valentina, senza certi libri io e te non faremmo questo mestiere, 
ed è quasi un dovere farlo sapere a tutti, 
che i libri per bambini sono una cosa che ti entra dentro
e poi non ti lascia più, anche se non vuoi". 


L'ha detta Loredana Farina, fondatrice della casa editrice La Coccinella, massima esperta di libri gioco e figura fondamentale della letteratura per l'infanzia del nostro Paese, a Valentina Colombo, questa frase.

E io l'ho letta nell'interessante post che Valentina, terza colonna dei Topipittori e in qualità di coordinatrice editoriale del progetto, ha scritto nel blog della casa editrice per raccontare gli anni di lavoro dedicati all'impresa di scrivere un libro sulla Emme Edizioni; «di mettere in piedi una ricerca filologica, storica, metodica; di fare uno studio serio, approfondito e circostanziato sulla casa editrice fondata da Rosellina Archinto» nata nel 1966.

Frase e impresa così vere e fondanti che ho scelto di mettere in apertura, come numi tutelari, di questo terzo Avvento dei libri anche perché fortuna ha voluto che si siano davvero concretizzate in un libro presentato alcuni giorni fa, nel corso di BookCity Milano, nelle sale di Palazzo Reale che, fino ad oggi, ospitano Inventario fra le parole e le immagini della Emme Edizioni, 1966-1985, la mostra nata da un'idea di Francesca e Cristina Archinto e prodotta e organizzata da La Tribù dei lettori, 
Festa della lettura con i ragazzi in collaborazione con Hamelin Associazione Culturale (di cui potete leggere qui e di cui vi ho parlato qui della sua prima inaugurazione in Biblioteca Sala Borsa in occasione della Fiera del libro di Ragazzi di Bologna).


Loredana Farina (a cura di ),
La Casa delle Meraviglie. La Emme Edizioni di Rosellina Archinto,
Topipittori, Milano, 2013

Tra le prime qualità di questa impresa e, inevitabilmente di questa pubblicazione, c'è sicuramente quella dei differenti sguardi, ed esperienze, professionali coinvolti nella sua realizzazione, coralità che offre da subito una concreta testimonianza della necessità di dare conto della complessità, dell'importanza culturale, etica e sociale del lavoro editoriale di Rosellina Archinto.

Nessuno lo sa, ma c’è una casa editrice italiana che fra il 1966 e il 1985 ha pubblicato Calvino, Moravia, Joyce, Arbasino, ha lavorato con artisti come Sonia Delaunay e illustratori come Maurice Sendak, designer come Enzo Mari e Bruno Munari. Nessuno lo sa, ma questa casa editrice ha partecipato attivamente a un grande movimento di rinnovamento del libro, insieme ad altre case editrici francesi, statunitensi e tedesche che hanno rivoluzionato il gusto e il mercato. Pochi lo ricordano, ma i suoi libri ancora oggi contribuiscono alla fortuna di alcune case editrici.
Questa casa editrice è la Emme Edizioni, fondata a Milano da Rosellina Archinto nel 1966. 

Perché di questo si tratta: di un lavoro svolto in un arco di venti anni da un'editrice che ha deciso a metà degli Sessanta, per prima in Italia, che la letteratura per l'infanzia dovesse essere una letteratura di serie A.

«Io volevo pubblicare questi libri, di autori nuovi, come Lionni, Enzo e Iela Mari, Emanuele Luzzati; sceglievo di fare libri di alto livello con un criterio duplice: la qualità dell'illustrazione e l'importanza del contenuto educativo. Segni nuovi, di grafici, pittori, grandi artisti e storie stravaganti. 
Nella mia testa avevo la convinzione che la lettura per l'infanzia dovesse essere una letteratura di seria A, curata con la stessa attenzione e con lo stesso amore necessari nell'editoria in genere. Questa era una rottura assolutamente consapevole con quello che accadeva intorno, in quegli anni in Italia. 
Possiamo dire che oltre a Mondadori con Walt Disney, e altri che pubblicavano libri non certo straordinari, non c'erano proposte di ricerca nei libri per bambini. Si era piuttosto lontani da quest'idea». 
Rosellina Archinto, "Il mestiere dell'editore: conversazione con Rosellina Archinto" di Marcella Terrusi in Alla lettera Emme: Rosellina Archinto editore, Giannino Stoppani Edizioni, Bologna, 2005

Nell'introduzione Loredana Farina presenta il libro come una testimonianza che, seppur postuma di un'esperienza che si è conclusa nel 1985 con la cessione della Emme Edizioni ad altra proprietà e altra guida, rimane attuale anche nel cercare e mostrare una risposta all'interrogativo mai esaurito o esaudito di che cosa sia il mestiere dell'editore tout court e, in particolare poi, di editore di libri per bambini.


«[...] È un mestiere che in passato ho fatto anch'io e forse per questo non mi è facile spiegarlo. Quando mi si chiedeva «Che lavoro fai?», rispondevo con qualche reticenza: «L’editore di libri per bambini» ed è così che ho visto (e a volte subito) le più imbarazzate e strampalate reazioni: «Sì, sei tu che scrivi le favole?», «No, non scrivo favole», «Allora le illustri?», «No, non le illustro nemmeno», «Ma allora cosa fai?» Che cosa fa un editore? Che cosa fa un editore di libri per bambini? La testimonianza di Rosellina Archinto, editore da cinquant’anni e, per quasi venti, di libri per bambini, è un tentativo di dare una risposta a questa domanda. L’avventura della Emme dà una serie di indizi su che cosa possa essere il mestiere dell’editore. Di quell’affidarsi alle proprie intuizioni anziché al marketing, di quell’entusiasmo e quella fiducia che precedono il libro, di quell’ambizione nutrita di curiosità che permette di avvistare nuove terre. È un mestiere che spesso ha a che fare con la passione». 
Loredana Farina, "La voglia di raccontare quei libri", in La Casa della Meraviglie, op. cit., p. 12


Loredana Farina (a cura di ),
La Casa delle Meraviglie. La Emme Edizioni di Rosellina Archinto,
Topipittori, Milano, 2013


Passione che, si badi bene, oltre al talento personale, significa conoscenza, visione, lungimiranza, competenza, duro lavoro e capacità di ascolto e curiosità oltre confini, insieme a una profonda e dimostrata credenza nel valore della cultura e delle possibilità educativa; valore in cui, troppo spesso ancora oggi molti esponenti del mondo culturale, dicono di credere tanto fermamente da continuare ad ignorare in toto il mondo della letteratura per l'infanzia.

In un senso, che qui insieme al libro cercheremo di dare, un editore di libri per l'infanzia, quando è bravo, è un editore che precede, preparando con cura il terreno, il lavoro degli altri editori; è una persona che getta i semi che generano quell'interesse che  alimenta la continuità della migliore storia culturale, non solo quindi editoriale, di un Paese.
Come a dire che gli adulti che poi leggeranno altri libri, giornali, andranno al cinema, a teatro, che visiteranno musei e mostre, che sapranno apprezzare e tutelare i beni architettonici delle loro città, che sapranno immaginare e inventare un mondo nuovo e diverso, al fine anche a voler confrontarsi con il vil denaro, pur volendo ostinatamente continuare a ignorarlo, una volta sono stati bambini.

Ai bambini che Rosellina Archinto immaginava come lettori dei sui libri, pensa Giovanna Zoboli. Non solo ai primi, ai suoi figli, «per i quali mise in piedi la Emme: per dare loro buoni libri da guardare, da leggere», ma a quelli venuti dopo:


«Quando la Emme divenne una grande casa editrice, con un catalogo capace di svilupparsi in ogni direzione, di colonizzare ogni angolo del sapere, di sperimentare ogni ambito culturale, di toccare ogni genere letterario, ogni immaginario, ogni tecnica, ogni stile? A chi stava pensando?»                 Giovanna Zoboli, La Casa delle Meraviglie, op. cit., p. 13.

«Le è stato spesso domandato, ma lei non ha mai risposto», racconta Giovanna riportando le parole di Loredana Farina nel corso del primo incontro per discutere del progetto del libro.

Era giugno. Poco dopo sarebbero arrivate le vacanza, ed è in campagna che Giovanna Zoboli scopre, immersa nelle pagine di Kim di Rudyard Kipling, Ajaib-Gher, «ovvero la Casa delle Meraviglie, come gli indigeni chiamano il museo di Lahore, abitata, niente meno, che dal Custode delle Immagini».

E lì Giovanna, in una luminosa analisi del libro di Kipling che diviene a sua volta racconto, trova la sua risposta:

«Ecco, Rosellina Archinto forse non ha mai pensato a un bambino astratto, destinatario dei suoi libri, perché le interessavano i bambini, più che un’idea di bambino. Pensava, credo, nel fare i suoi libri tanto diversi l’uno dall’altro (al punto che potrebbero essere stati fatti da tante case editrici diverse) a tutti i bambini – bambini molto poco propensi a prestarsi a un concetto astratto –, e tutti diversissimi l’uno dall’altro, sapendo bene quanto diversi fossero nella realtà, esattamente come lo sono gli adulti. Per loro, per questi bambini concretissimi, dagli “occhi buoni”, faceva i suoi libri.
Oggi, la penso come una Custode delle Immagini, sempre in movimento dentro e fuori dalla sua Casa delle Meraviglie, pronta a divertirsi e a ingegnarsi a ogni libro, a farlo prodigando con gratuità le sue migliori energie, la sua generosa intelligenza, il suo coraggio, le sue cure, al solo scopo di spalancare davanti agli occhi dei bambini, dei ragazzi la vastità del mondo.
Perché, davvero, come conclude il grande Kim, più uno sa, meglio è. Solo così si può imparare davvero la cosa più importante: la lunghezza precisa del proprio passo». Giovanna Zoboli, idem, p. 17.

E chissà se quando Rosellina vide in una libreria di New York nel 1959 Piccolo blu e piccolo giallo di Leo Lionni, che per potenza di deflagrazione rivoluzionaria quando venne pubblicato e sempre attuale necessità di studio mi piace paragonare a Il giovane Holden, si rese conto di quale lunghezza avesse quel primo passo che di lì a pochi anni insieme a quel futuro "primo libro" Emme avrebbe compiuto e dove l'avrebbe portata in quella sua Milano da riscoprire oggi per fermento e coraggio intellettuali.

Di questo, di quelle circostanze che ci accolgono che il il filosofo Ortega y Gasset vedeva come fondamentali componenti dell'essere e del fare, La Casa delle meraviglie racconta fin dall'infanzia in "Parlando con Rosellina Archinto", la prima delle tre parti del libro che consiste una una serie di approfondite e preziose interviste, l'inestricabile intreccio di esistenza, vissuto e lavoro cha ha dato vita alla Emme Edizioni ma che lì non finisce dando testimonianza dalla nascita di Archinto Edizioni e, nel 1999 insieme alla casa editrice L'ecole des loisirs e alla figlia Francesca, di Babalibri.

"Anche l'editore è stato bambino"

Loredana Farina (a cura di ),
La Casa delle Meraviglie. La Emme Edizioni di Rosellina Archinto,
Topipittori, Milano, 2013

"Sognando oltre oceano"

Loredana Farina (a cura di ),
La Casa delle Meraviglie. La Emme Edizioni di Rosellina Archinto,
Topipittori, Milano, 2013

"La cultura a Milano negli anni Settanta"
Loredana Farina (a cura di ),
La Casa delle Meraviglie. La Emme Edizioni di Rosellina Archinto,
Topipittori, Milano, 2013

"Una casa editrice internazionale"
Loredana Farina (a cura di ),
La Casa delle Meraviglie. La Emme Edizioni di Rosellina Archinto,
Topipittori, Milano, 2013

 "Creatività italiana"
Loredana Farina (a cura di ),
La Casa delle Meraviglie. La Emme Edizioni di Rosellina Archinto,
Topipittori, Milano, 2013

 "Saggistica per una scuola in fermento"
Loredana Farina (a cura di ),
La Casa delle Meraviglie. La Emme Edizioni di Rosellina Archinto,
Topipittori, Milano, 2013

 "Le collane"
Loredana Farina (a cura di ),
La Casa delle Meraviglie. La Emme Edizioni di Rosellina Archinto,
Topipittori, Milano, 2013 

"Dalle Edizioni Archinto a Babalibri" 
Loredana Farina (a cura di ),
La Casa delle Meraviglie. La Emme Edizioni di Rosellina Archinto,
Topipittori, Milano, 2013

In "Sguardi sulla Emme Edizioni", la seconda parte de La Casa delle Meraviglie, gli occhi di professionisti dell'editoria e del mondo della letteratura per l'infanzia, sono puntati dritto nel cuore della produzione Emme per analizzarla in tutte le sue componenti.
Gli scritti di Paolo Canton, Marta Sironi, Valentina Colombo, Giulia Mirandola, Ilaria Tontardini, Emilio Varrà, Nicola Galli Laforest, Luigi Monti ed Elena Massi, oltre ad offrire un compiuto catalogo di conoscenze che dà senso e misura di che cosa debba essere il lavoro di chi si occupa di letteratura per l'infanzia, propongono originali e importanti spunti di riflessioni e concrete azioni di messe in pratica per un recupero del pensiero e dell'esperienza Emme che non smette di essere attuale e urgente.


Loredana Farina (a cura di ),
La Casa delle Meraviglie. La Emme Edizioni di Rosellina Archinto,
Topipittori, Milano, 2013

Loredana Farina (a cura di ),
La Casa delle Meraviglie. La Emme Edizioni di Rosellina Archinto,
Topipittori, Milano, 2013
 

Loredana Farina (a cura di ),
La Casa delle Meraviglie. La Emme Edizioni di Rosellina Archinto,
Topipittori, Milano, 2013

Loredana Farina (a cura di ),
La Casa delle Meraviglie. La Emme Edizioni di Rosellina Archinto,
Topipittori, Milano, 2013

Loredana Farina (a cura di ),
La Casa delle Meraviglie. La Emme Edizioni di Rosellina Archinto,
Topipittori, Milano, 2013
 

Ma è alla dalla terza e ultima parte del libro che bisognerebbe iniziare la lettura, per rendersi conto davvero dell'impresa.
Dal "Catalogo Emme Edizioni 1966 - 1985", pagine di inestimabile valore e inesauribili impegno e ricerca a opera di Alessandra Mastrangelo, bibliotecaria di professione (a cui va tutta la mia ammirazione e gratitudine perché conosco di che cosa si tratta per aver partecipato alla stesura di quello proposto in Alla lettera Emme: Rosellina Archinto, catalogo dell'omonima e prima mostra dedicata alla casa editrice realizzata a Bologna nel 2005 dalla Giannino Stoppani Cooperativa Culturale), che è riuscita nell'intento di dare ordine a una produzione di 756 titoli (grazie anche alla ricerca svolta al tempo da Luigi Paladin che compare tra i ringraziamenti).


Loredana Farina (a cura di ),
La Casa delle Meraviglie. La Emme Edizioni di Rosellina Archinto,
Topipittori, Milano, 2013

Loredana Farina (a cura di ),
La Casa delle Meraviglie. La Emme Edizioni di Rosellina Archinto,
Topipittori, Milano, 2013
 


Perché leggere La Casa delle Meraviglie?
Perché è il libro dei libri della migliore editoria dell'infanzia che ha aperto le porte a quegli editori che hanno deciso tenacemente di seguirne le tracce; che, grazie alla Emme di Rosellina Archinto, oggi abbiamo e dobbiamo proteggere, tutelare e promuovere, nel nostro Paese.
E poi perché, nelle parole degli editori:


«La Casa delle Meraviglie non è un libro per appassionati di letteratura per ragazzi e bibliofili, ma un libro per tutti coloro che amano la cultura, i libri, il pensiero, le immagini: un grande affresco che va al fondo di questioni cruciali per la vita culturale del nostro Paese, mostrando come la letteratura per bambini sia cosa serissima, componente fondamentale per la crescita delle nuove generazioni e per la nostra vita civile».

Rosellina Archinto con la figlia Francesca,
direttrice delle Edizioni Babalibri

INFO

Loredana Farina, insieme ad ABCittà, ha preparato una mostra itinerante sulla Emme Edizioni che può essere noleggiata dalle biblioteche di tutta Italia o da chi ne farà richiesta (scuole, associazioni e chi più ne ha più ne metta). Accanto a questo allestimento, è disponibile anche un percorso di laboratori per grandi e piccoli tutti dedicati agli albi. Se volete saperne di più, il contatto è qui.