Brillante e ben documentato giallo-fantasy-storico che si muove tra Rinascimento, Occupazione tedesca e attualità nel Genovesato, con un'efficace puntBrillante e ben documentato giallo-fantasy-storico che si muove tra Rinascimento, Occupazione tedesca e attualità nel Genovesato, con un'efficace puntata in Argentina. Raccomandato per qualche ora di svago intelligente, e anche per chi vuole tentare l'ardua impresa di capire i liguri: l'autore, giornalista del Secolo XIX (quotidiano-bandiera della Superba insieme al Corriere Mercantile) non risparmia nessuna delle idiosincrasie regionali, a partire dal punto di vista sui milanesi (per loro, dediti a incomprensibili mestieri da venditori di fumo, come designer e architetti; a noi resta incomprensibile come uno non abbia felicità maggiore che uscire la mattina con una barchetta, o “gozzetto”, per pescare dei pesci in solitaria..); il sanguigno geometra Caligaris, più che l’amico professor Sanguineti, incarna davvero lo spirito ligure: scorbutico, maschilista, pieno di amarezza verso il passato; non che il collega professore sia molto meglio: arrivati in piazza de Mayo ignorano il Cabildo e qualunque altro museo locale (per Caligaris poi sono tutti noiosi): gli basta sentire nell’aria odore di manganelli, pensare che Peròn settant’anni prima instaurò una specie di fascismo, e ora al governo c’è Berlusconi in Italia e Menem in Argentina (non saranno contenti di sapere che l’attuale presidente argentino considera Menem il migliore!). Sciupafemmine sì, il Caligaris, e di sinistra, ma "di popolo": pronto a scaricare “la intellettualoide che lo ha costretto a vedere un delirio di Wenders”.. Tipico anche l'anticlericalismo di Sanguineti: ma l’Inquisizione perseguitò davvero l’Alchimia? Certamente la pratica fu spesso vietata dalle autorità sia religiose (scrisse un trattato contro di essa niente meno che Nicolas Eymerich, l’inquisitore preso a modello da valerio Evangelisti nei suoi romanzi) sia civili (immaginate lo scombussolamento sociale se qualcuno fosse davvero riuscito a trasformare il piombo in oro!); ma effettive persecuzioni? che poi, a leggere gli alchimisti, sembra di sentir parlare gli odierni seguaci dei BitCoin.....more
A grande richiesta del pubblico, penso, torna la coppia Mariani-Savoldi: come spesso avviene a una serie di successo, è arrivato il momento del prequeA grande richiesta del pubblico, penso, torna la coppia Mariani-Savoldi: come spesso avviene a una serie di successo, è arrivato il momento del prequel, che illumina il passato dei protagonisti. In questo caso il divertimento è anche dato da un’inversione di ruoli; qui Mariani, per quanto già capitano dei Carabinieri (e frustrato da una lunga e infruttuosa attesa della promozione a maggiore) è il novellino, che alla Savoldi tocca svezzare da buona “nave scuola” (in senso metaforico). La loro collaborazione, sempre effervescente ma non priva di un minimo di rispetto reciproco (mi ricordano lontanamente Petra Delicado e Firmìn nei gialli della Giménez-Bartlett) fa subito scintille, anche perchè la missione riguarda uno dei primi (presunti?) misteri dell’Italia unitaria: l’affondamento dell’Ercole, piroscafo su cui nel 1860 si imbarcava, con i documenti di cassa dei Mille, un certo Ippolito Nievo.. assolutamente imperdibile! Mi resta una domanda di tipo cronologico: se agli inizi della carriera di Mariano la Savoldi era già un’agente piuttosto esperta, quanti anni ha ora, nel Tempo Reale degli ultimi romanzi? Ma entrambi hanno l’aria di aver fatto carriera molto in fretta, una volta nell’UCCI.. PS: chissà che un domani il racconto non possa venire esteso, incorporando Nievo con un ruolo più ampio? PPS: chi è interessato alla vicenda dell’Ercole, potrebbe leggere Il prato in fondo al mare di Stanislao Nievo, nipote dello scrittore, premio Campiello 1975; ma sono soprattutto considerazioni personali, niente misteri. ...more
Come ballardiano di lungo corso (alle medie scoprii Deserto d’acqua e L’area del disastro, primo libro che lessi in originale..), sentivo davvero la pCome ballardiano di lungo corso (alle medie scoprii Deserto d’acqua e L’area del disastro, primo libro che lessi in originale..), sentivo davvero la pecca di non aver completato il cosiddetto “ciclo delle catastrofi” o “tetralogia degli elementi”. Siccome in questo periodo ho anche riletto il più o meno contemporaneo “Vermilion sands”, quale migliore occasione? Eppure la lettura mi ha causato non pochi dubbi su me stesso: possibile che facessi tanta fatica? E dire che “Vermilion sands” l’ho goduto come non mai! Provo a capire. Dei quattro romanzi del ciclo, questo ha probabilmente la struttura più complessa e “romanzesca”: “Vento dal nulla”, opera d’esordio del Nostro, è ancora un buon romanzo catastrofico tradizionale, con solo qualche tocco di quel che diventerà JGB; il successivo “Deserto d’acqua” o “Mondo sommerso” è già un capolavoro traboccante di psicologia junghiana; “Foresta di cristallo” è l’estensione del racconto “L’uomo illuminato”, intenso ed estetizzante, ma sostanzialmente lineare nella trama. “Terra bruciata” concepito per ultimo, è invece diviso in tre parti e più strutturato. Come sempre la trama si svolge “in medias res”, a catastrofe in corso sì ma al rallentatore, in modo da dare ai protagonisti il tempo di adattarvisi (nel senso di scatenare per bene le pulsioni inconsce genrate dagli eventi); catastrofe che ha una vaga giustificazione scientifica, in questo caso una pellicola di idrocarburi che impedisce l’evaporazione dei mari (ciononostante il mare sparirà del tutto.. ma lasciamo perdere, Ballard non è Asimov). In una località immaginaria lungo il fiume, che possiamo immaginare nella valle del Tamigi, gli abitanti si adattano a vivere intorno a un fiume ridotto a un rigagnolo: l’architetto Lomax che vive con la moglie (o sorella? Non è mai chiaro, anche se hanno una relazione anche sessuale) Miranda in una casa surreale, Philip Jordan un ragazzo che sembra vagabondare in barca tra gli isolotti e le secche, il protagonista dottor Ransom (“riscatto, redenzione”) dedito ad accumulare su una casa-barca i ricordi di una vita, Quilter un ragazzotto psichicamente instabile, Catherine Austen guardiana del locale zoo. In questa prima parte i protagonisti vivono ognuno un suo psicodramma più o meno collegato a quello degli altri; le azioni hanno sempre un intenso valore simbolico anche se poco senso concreto; è una struttura tipica di molti racconti di JGB, ma devo dire che è la parte che mi è pesato di più leggere, forse perchè molto più lunga di un racconto.. Verso la fine della prima parte, Ransom decide di partire verso il mare, dove rimane almeno acqua da distillare, caricando in auto Jordan, la Austen e la madre di Quilter; troveranno un immenso campo profughi controllato a malapena dall’esercito. Qui il tono della storia si trasforma: c’è un’azione sensata nonostante un estetismo intenso, adesso però pienamente funzionale alla storia, e uno studio del degrado umano degno di Condominium e dei migliori racconti. Ballard scatena la sua estetica pop-art immaginando tutti i modi in cui il feticcio automobile può essere distrutto, smembrato, o viceversa riutilizzato: sia come materiale da costruzione sia come tomba sia infine come veicolo di una possibile morte e resurrezione (tema adatto alla giornata di oggi..).. La seconda parte si svolge dieci anni dopo, in un mondo (che potrebbe essere la costa della Manica) ormai totalmente trasformato in deserto di sale. Ballard descrive la civiltà dei superstiti in pagine intensissime per densità di idee, immagini e bellezza linguistica: i vagabondi che percorrono la costa, ognuno spingendo davanti a sè in un canale la propria scorta di acqua che sono riusciti ad accumulare; gli insediamenti stabili nelle navi arenate; la “caccia all’acqua” sfruttando le maree.. sono pagine di rara bellezza. Nella terza parte, i protagonisti della fuga verso il mare di dieci anni prima organizzano una spedizione per tornare alla città da cui erano partiti, convinti che sia possibile trovarvi acqua. Troveranno i Lomax e Quilter, adattati alla vita nel deserto come Prospero e Calibano sulla loro isola; e le follie di ognuno potranno finalmente andare a compimento. Nel complesso un romanzo impegnativo ma affascinante e tra i migliori del Nostro; a differenza dei due precedenti, non è stato “recuperato” da Feltrinelli; speriamo per il futuro. Ho l’impressione che non sia stata ancora sottolineata abbastanza dalla critica l’ossessione di JGB per la Tempesta di Shakespeare, il cui nucleo di personaggi ritroviamo pari pari in molti suoi racconti (per esempio “La civiltà del vento”): Prospero, Miranda, Ariel e soprattutto Calibano.. ...more
Quarto in una ideale sequela di scrittori di FS ebrei newyorchesi (dopo Asimov, Sheckley e Silverberg: l’evoluzione delle tematiche in soli vent’anni Quarto in una ideale sequela di scrittori di FS ebrei newyorchesi (dopo Asimov, Sheckley e Silverberg: l’evoluzione delle tematiche in soli vent’anni è evidente, ma anche alcuni tratti comuni) non stupisce che Malzberg somigli molto all’ultimo: entrambi poligrafi, prolificissimi autori di vari generi anche per ragioni alimentari (compreso l’erotico) nonchè curatori; entrambi portavoce di inquietudini e nevrosi, entrambi dichiararono nel ’75? l’abbandono della fantascienza.. Se i racconti di Malzberg mi hanno spesso lasciato perplesso (non ho ancora digerito “Una galassia di nome Roma” su Robot, o l’antologia “Guerra finale” su Galassia: Curtoni amava davvero molto la new wave!) per l’esasperato sperimentalismo, i romanzi appaiono decisamente stimolanti: il più celebre, “Oltre Apollo”; l’interessante “Uomini dentro”; e questo, pubblicato da una collana che mi ha sempre ispirato molta simpatia, Saga della MEB (tra l’altro la prima o quasi a proporre C.A.Smith, Peter Beagle, Lord Dunsany, Piers Anthony in Italia) (della sua produzione di Malzberg è stato tradotto poco in Italia, e anche quel poco forse non è sempre il meglio, come “Il giorno del cosmo” in Urania). La new wave fantascientifica offriva un canale espressivo ideale per spiriti portati all’autoanalisi e alla critica sociale più feroce, come ne abbondano nella cultura ebraica; avevo visto in “Portnoy’s complaint” (1969) di Roth un modello per “Dying inside” (1972) di Silverberg, ma anche questo “In the enclosure” del ‘73 (il meno bello dei tre romanzi citati, ma comunque decisamente interessante) in qualche misura vi si rifà: è un lungo diario in prima persona, tenuto da un narratore decisamente inaffidabile, che tra le righe si intuisce personaggio squallido e meschino, sottomesso ai carcerieri a livelli da sindrome di Stoccolma, dedito a copulare brutalmente con le compagne di prigionia e pronto a tradire i compagni; comportamenti per i quali emette un flusso ininterrotto di giustificazioni, nonchè tentativi di autoanalisi, che però non possono andare molto indietro nel tempo, perchè i ricordi di prima dell’imbarco sono stati cancellati. La decostruzione e smitizzazione della “corsa allo spazio”, tema di molti racconti e romanzi di Malzberg, qui raggiunge un vertice: quante volte abbiamo letto, negli anni delle letture più ingenue, di eroici terrestri che sfuggivano a crudeli carcerieri alieni? Questi luoghi comuni vengono stravolti: l’io narrante non è un terrestre, ma un alieno venuto sulla Terra, con 247 compagni, a portare conoscenza; ottenendo in cambio anni di dura prigionia e interrogatorii di cui non si vede la fine. E la sua fuga per la libertà, il sognato ritorno al pianeta natìo per organizzare il riscatto dei compagni rimasti “nella gabbia”, avrà esiti del tutto imprevisti.. Come in “Uomini dentro”, “Nella gabbia” è alla fine una furiosa invettiva contro lo sfruttamento sistematizzato e alienante dell’uomo sull’uomo, qui esteso al lavoro intellettuale; e alla fine la distruzione delle illusioni, di ogni forma di schematismo “noi buoni – loro alieni, quindi cattivi”, sarà almeno liberatoria? ...more
L'animalismo degli anni Settanta si mescola al tipico misticismo un po' Kitsch di quegli anni creando "il best-seller del secolo": caratteristico quanL'animalismo degli anni Settanta si mescola al tipico misticismo un po' Kitsch di quegli anni creando "il best-seller del secolo": caratteristico quanto i cavalli bianchi del bagnoschiuma Vidal, ecco il Gabbiano Jonathan Livingston (1970, in Italia 1973)! Richard Bach proseguì con altri racconti di liberazione interiore, e in effetti Biplano alle medie mi piacque molto; nell'introduzione Ray Bradbury ricordava la discendenza dell'autore da Johann Sebastian (immaginaria). Prima edizione BUR nel 1977; questa XX ristampa del 1990, raggiunte 800'000 copie in Italia, costava £8000...more
Mi pento e mi dolgo, un altro Urania da 1€ in bancarella, per vaghe ragioni nostalgiche. Ma se ne parlo qui non è per catarsi ed espiazione: il romanzMi pento e mi dolgo, un altro Urania da 1€ in bancarella, per vaghe ragioni nostalgiche. Ma se ne parlo qui non è per catarsi ed espiazione: il romanzo è lettura neanche da ombrellone ma da tram, non essendo altro che la sceneggiatura del film "Gli avventurieri del pianeta Terra" ( ...more
Il numero di dicembre del National Geographic è apparentemente qualcosa di inutile, visto che l’ultima gestione l’ha reso una compilazione delle migliIl numero di dicembre del National Geographic è apparentemente qualcosa di inutile, visto che l’ultima gestione l’ha reso una compilazione delle migliori foto dell’anno che si chiude, quindi già viste. Ma un po’ perché alcune vale la pena rivederle, un po’ perché alcune sono anticipate dai mesi che verranno, non mancano mai alcune chicche. Qui abbiamo i manati, adorabili mammiferi marini la cui popolarità negli ultimi anni è esplosa (gli americani, e non solo loro, sono bravissimi a pubblicizzare quello che stanno distruggendo: due anni fa 1000, l’anno scorso 700 manati sono morti letteralmente di fame, semplicemente perché le coste della turistica Florida sono così inquinate che non vi crescono erbe acquatiche da brucare..). Un eccezionale momento di antropologia con il rito dell’unione tra giacciai maschio e femmina nell’Himalaya pakistano. Un rivoluzionario tentativo svizzero di estrarre carburante dall’aria. Ancora ecologia: la convivenza tra elefanti e bestiame comune in Sri Lanka, dei Coyote negli ambienti urbani dello Stato di New York. Attività non apertamente dannose ma comunque disdicevoli come l’industria dei leoni allevati in Sud Africa (i cuccioli perché i turisti li coccolino, gli adulti per accopparli).. ...more
A very good issue delivering on the promised expresse by the cover, and more. Th main story is about Native Americans across North America, in all the A very good issue delivering on the promised expresse by the cover, and more. Th main story is about Native Americans across North America, in all the landmass they once called the Turtle Island. A chronicle of their recent successes not only in regaining sovereignty over their abncestral lands, but in recreating their own pristine ways of life and the ecosystem which went with it and made it possible: salmon, bison, endless varieties of corn.. and very funny and dangerous pastimes, like a football with hardly any rules, or a horserace where you are supposed to swap steed with your opponent regularly.. without halting the beast or setting foot on the ground. Very expressive picture and informative photos in the piece about wild animals becoming accustomed to live in the cities: coyotes, of course raccoons, even bears! Actually, in Italy we have many more species going urban, not only wild boars but kingfishers as well; and our Fulco Pratesi did a trailblazing, thorough study on them, "Clandestini in città", 40 years ago; but we cannot expect to be heard.. More intersting articles involve life on the sinking northern coast of Java and the convenience not to wipe out parasites. The issue concludes with a curious service on the Appian Way, the Queen of Ancient Roman Roads in Italy; which left me quite puzzled, because it doesn't ring very convincing about the possibility of trekking on that ancient way.. considering its actual path is often lost....more