Lautréamont è il più - comunque uno dei- grande scrittore che riconosco tale, ignoro se sia già stato maciullato dal tempo o dalla critica ma la lesioLautréamont è il più - comunque uno dei- grande scrittore che riconosco tale, ignoro se sia già stato maciullato dal tempo o dalla critica ma la lesione fatale lasciata nella filosofia e nella letteratura (di cui parla anche Calasso in la letteratura e gli dei) è la morte di ambedue i campi che ancora non è stata colta da una specie che ha diseducato all'unica cosa costante della propria esistenza: il dolore, la disperazione che è la base stessa del vivere. Dice giustamente De Gourmont dell'autore: "non vede al mondo che se stesso e dio, e dio gli da fastidio". Questo non è solo Lautréamont, è ogni singolo uomo, e dio non è dio, che ha lasciato la casa millenni fa, ma è l'intero mondo con cui ci rapportiamo e non solo, è semplicemente ciò che è "altro". Lautrémont è l'evoluzione disperata dell'Oblomov che si disperava di non dimenticare tutto, il sorriso è lo stesso ma l'ambizione e la speranza sono più torbide: la sua risata chiede che dio, e cioè l'altro e l'altrove, non semplicemente smettano di esistere nella memoria ma cessino di esistere in quanto tali. Sotto le vesti di Moldoror e dei suoi brutali massacri abbiamo la risposta a tutti gli hegeliani consapevoli o meno: uccidere divorare bruciare. Non romanticamente, non c'è poesia che tenga la vita, va dissolta la vita così da dissolvere il medesimo fittizio con cui noi viviamo appresso...more
come recensione lascio un pezzo fondamentale che sta nelle prime pagine, ma prima due parole. Se l'anarchia ha i suoi limiti come matrice costruttiva come recensione lascio un pezzo fondamentale che sta nelle prime pagine, ma prima due parole. Se l'anarchia ha i suoi limiti come matrice costruttiva e come meccanismo per sintetizzare l'uomo, ha il suo inarrivabile picco come motore della rivoluzione e del processo di disvelamento del velo, della menzogna del mondo attorno a noi. A ragione di ciò ecco questo pezzo:
Perché sarò morale?” Ecco dunque la domanda che si posero i razionalisti del dodicesimo secolo, il filosofo del sedicesimo secolo, i filosofi e i rivoluzionari del diciottesimo secolo. Più tardi, questa domanda torna nuovamente presso gli utilitaristi inglesi (Bentham e Mill), presso i materialisti tedeschi, come Büchner, presso 24 i nichilisti russi degli anni 1860-1870, presso quel giovane fondatore dell'etica anarchica (la scienza della morale delle società) – Guyau – morto disgraziatamente troppo presto; ecco, infine, la domanda che si pongono i giovani anarchici francesi. Perché, in effetti? Trent'anni fa, questa stessa domanda appassionò la giovinezza russa. “Io sarò immorale”, disse un giovane nichilista a un suo amico, traducendo in un atto qualunque il pensiero che lo tormentava. “Io sarò immorale, e perché non dovrei esserlo?” “Perché lo vuole la Bibbia? Ma la Bibbia è solo una collezione di tradizioni babilonesi e giudaiche – tradizioni raccolte come lo furono i canti di Omero o come si fa ancora con i canti baschi o le leggende mongole! Devo dunque tornare allo stato spirituale dei popoli semi-barbari dell'Oriente?” “Lo sarò perché Kant mi parla di un imperativo categorico, di un ordine misterioso che mi giunge dal fondo di me stesso e che mi ordina di essere morale? Ma perché questo 'imperativo categorico' dovrebbe avere sui miei atti più diritti di quell'imperativo che, di tanto in tanto, mi ordina di sbronzarmi? Una parola, nulla più di una parola, come quella di Provvidenza o di Destino, inventata per 25 coprire la nostra ignoranza.” “O piuttosto sarò morale per far piacere a Bentham, che vuol farmi credere che sarei più felice se annegassi per salvare un passante caduto nel fiume che se lo vedessi annegare? O ancora, perché la mia educazione è tale? Perché mia madre mi ha insegnato la morale? Ma allora dovrò anche inginocchiarmi davanti al quadro di un cristo o di una madonna, rispettare il re e l'imperatore, inchinarmi davanti al giudice che so essere un furfante, solo perché la mia, le nostre madri, che sono molto buone ma molto ignoranti, ci hanno insegnato tali sciocchezze?” “Pregiudizi, come tutto il resto, e io lavorerò per liberarmene. Se mi ripugnerà essere immorale, mi sforzerò di esserlo, come, da adolescente, mi forzavo a non temere l'oscurità, il cimitero, i fantasmi e i morti, di cui mi si era infusa la paura. Lo farò per spezzare un'arma sfruttata dalle religioni: lo farò, infine, non fosse che per protestare contro l'ipocrisia che si pretende di imporci in nome di una parola, alla quale si è dato il nome di moralità.” Ecco i ragionamenti che la giovinezza russa faceva al momento di rompere con i pregiudizi del “vecchio mondo” e inalberava la bandiera del nichilismo, o 26 piuttosto della filosofia anarchica: “Non piegarsi davanti ad alcuna autorità, per quanto rispettata essa sia; non accettare alcun principio che non sia stabilito dalla ragione.”
rilettura periodica di una delle robe più "mie" di sempre. Come recensione lascio un pezzo de I Falliti che non scorderò mai:
Ora è pomeriggio e siamo rilettura periodica di una delle robe più "mie" di sempre. Come recensione lascio un pezzo de I Falliti che non scorderò mai:
Ora è pomeriggio e siamo qui su questo terrazzino a soli duecento metri dalla meta, e attendiamo in silenzio che la natura si plachi. Siamo preoccupati, abbiamo paura di morire? Non lo so. Io personalmente vedo ben da vicino il rischio che ho corso e che sto correndo, ma non ho paura, sono solo molto triste. E' la fine di luglio, e immagino un belpomeriggio di sole lassù in Val Grande, e davanti ai miei occhi le immagini si susseguono con chiarezza: cosa avrei fatto oggi? Forse avrei giocato a pallone, o forse avremmo fatto una passeggiata tutti insieme nel prati della Stura, e seduti sul solito pietro ne avremmo iniziato interminabili discussioni sulla religione, sulla politica o sulla vita.. O forse ancora sarei andato con la ragazza in un prato e dopo l'amore mi sarei soffermato a lungo a dividerle i capelli a uno a uno, o a stuzzicarle il viso con un filo d'erba, o a osservare la luce del suoi occhi illuminati dal sole. O, ancora da solo, sdraiato in un grandissimo prato, avrei affondato lo sguardo nell'azzurro del cielo con l'intento di scoprirvi lontane fantasie o avrei inseguito i giochi delle nubi con il sole cercando forme strane e fantastiche nel loro biancore pulito. O ancora avrei camminato lentamente, nell'erba, mentre il vento la piega disegnando le onde del mare e ne trae un profumo forte e pungente di fiori e di fieno. E vedo a mezzogiorno tutti i miei cari seduti intorno al grande tavolo e ancora mi pare di sentire le loro e le nostre vivaci discussioni, perché le idee sono molto diverse. Invece sono qui, dove non vi è nulla di umano, ma proprio per questo so che devo arrivare in vetta, perché so che quando ritorno mi aspetta la vita. Per uno strano caso la commozione mi colse su quella vetta delle Grandes Jorasses, alle nove di sera di un giorno di luglio, sotto un ciclo nero e cupo, illuminato da bagliori violetti verso le cime del Gran Paradiso. Certi momenti non si dimenticano, restano, segnano per sempre un'amicizia. E se ripenso alle sensazioni che provai quando ritornai, mi sembra di rivivere ancora uno dei periodi più pieni e felici della mia vita. Scoprivo ogni cosa come nuova e diversa, i colori, gli amici, mi sembrava di voler bene a tutti e a tutto. Per un mese non andai più ad arrampicare o almeno non feci più salite importanti. Ma in quel mese ebbi modo di effettuare meravigliose gite con gli amici, trascorsi intere giornate alla ricerca di paesaggi e di fiori per l'obiettivo della mia macchina fotografica, mi divertii a giocare come un ragazzino. E non pensai neppure al mio stato di forma, la cosa non mi interessava, perché ero ugualmente soddisfatto e felice anche se non compivo delle grandi salite. Tant'é vero che quando sentii ancora il desiderio di una grande e bella avventura, quando mi prese ancora la voglia di avere roccia sotto le dita, sempre con Alberto andai a fare la via Brandler-Hasse sulla Nord della Cima Grande di Lavaredo. E mi trovai benissimo. Oggi se perdo una domenica intristisco, divento irascibile, nervoso, se ogni volta che arrampico non vado a fare una via estrema, non mi sento soddisfatto. Eppure non mi sembra di essere più in forma di allora. Non si può andare avanti così...more