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La scrittrice del mistero
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Alice Basso, veniamo a noi! La mia primissima recensione, che recensione non era ovviamente, ma solo un’accozzaglia di pensieri deliranti sui primi due libri di quest’autrice che non conoscevo ma che divorai nel giro di pochissimi giorni, nasceva dall’esigenza di comunicare ai miei amici di Fb quanto avessi adorato la penna di questa autrice, il suo stile, disincantato, ironico, spavaldo, sarcastico, la sua protagonista Vani Sarca ed il “suo” commissario Berganza.
Una lettura cominciata per caso, d’estate sulla spiaggia, attratta dalla copertina e dalla trama che si svolgeva in una casa editrice, la lettura è continuata e si è svolta in 4 libri, sempre più articolati, avvincenti, ma con la certezza di ritrovare una di famiglia, una che hai frequentato per un po’, che non vedi da tempo, ma che quando la rincontri sembra che il tempo si sia fermato su ricordi indelebili.
In questo libro c’è tutto: una bellissima copertina, la mia preferita tra le quattro, una storia d’amore corrisposta e bramata, un Berganza in gran forma, che finalmente si sbottona un po’ di più ed addirittura si lascia andare anche a qualche effusione e qualche frase più articolata dei suoi silenzi, una Vani sempre più tosta e piacevole.
L’autrice ci aveva lasciato nel suo precedente libro con la sua Vani Sarca, una ghostwriter di professione e di vocazione che, dopo mesi di tentennamenti, si decide e si dichiara al Commissario, lasciandoci tutti sul filo del rasoio! Inutile dire che questo anno di attesa è stato lunghissimo e sofferto, ma ne è valsa, come sempre, la pena!
Sono confusa. Io odio essere confusa.
Sono confusa perché c’è qualcosa, in fondo alle mie viscere,
che suppura e si agita e mi turba profondamente.
Io odio essere turbata. E odio odiare così tanto essere confusa e turbata.
Vorrei che tutto mi scivolasse addosso. Una volta mi veniva meglio.
Ma le cose ti scivolano addosso quando puoi permetterti di non prenderle sul personale.
Chi conosce Alice Basso e Vani Sarca sa che i romanzi ruotano attorno a dei casi che rimbalzano tra la casa editrice L’edera dove lavora Vani, accanto al suo opprimente ed insopportabile capo, Enrico Fuschi, ed il Commissariato di polizia, dove lavora Berganza, e con cui lei collabora, mettendo a disposizione la sua dote di entrare nelle menti altrui e carpirne pensieri e segreti, per venire a capo di casi difficili.
In questo ultimo caso non c’è un delitto vero e proprio, ma delle minacce di morte subite niente di meno che dall’affascinante, ed anche stronzissimo, ex di Vani, lo scrittore Riccardo Randi che, non sapendo proprio a chi rivolgersi per risolvere il caso, a chi penserà bene di rivolgersi?
Ovviamente, al nostro Berganza che, anche in questa circostanza, dimostrerà professionalità, senso pratico e grande maturità, e si farà aiutare, come sempre finora, dalla sua più sveglia e capace collaboratrice esterna, Vani.
I gesti del commissario sono come le parole che inventava Lewis Carrol:
uno solo ne contiene una decina.
Chi mi ha deluso, invece, è proprio Riccardo. Va bene una maturazione del personaggio, un cambiamento dovuto ad un evento, una delusione, un obiettivo, ma lui è un po’ troppo: da stronzo e affascinante che era mi è diventato uno smidollato senza spina dorsale.
Ci credo che Vani sia allibita, scioccata da tutto questo zuccheroso cambiamento! Ha fatto venire il diabete anche a me!
Madonna ‘ste atmosfere da finale di stagione.
Quasi lo preferivo prima, quando era uno stronzo opportunista.
Almeno era divertente.
Vani, che in questo quarto libro deve occuparsi di scrivere un thriller per un autore di grido, che vende milioni di copie, ma di cui sia lei che Berganza, veri estimatori del genere, non amano per niente i libri, non mi ha deluso per niente, anzi.
Ho trovato una Sarca che soffre un po’ di mal di stomaco, più precisamente di crampi, perché se le persone normali quando sono innamorate e felici sentono le farfalle nella pancia, lei doveva distinguersi anche in questo e vivere la felicità piegata in due dai crampi. Ho trovato una Sarca forse più umana, ed un pizzico più legata alla sua famiglia di origine, ma sempre una Sarca di cui si continua a sottolineare “la presunzione e lo snobismo intellettuale”, con mio sommo piacere!
Non capisco cosa ci sia di sbagliato nell’essere presuntuosi in un campo che è il tuo, se ti sei impegnata tutta la vita per dare il massimo in un settore e soprattutto se sei riuscita a fare di una tua passione, la tua professione! Di Vani mi piace proprio il suo snobismo intellettuale, il suo fregarsene dei giudizi, la sua capacità di sparire dietro ad altri autori, ma restare sempre se stessa e soprattutto fedele a se stessa. Vani sa chi è e si piace. Fa delle scelte perché rispecchiano se stessa e quando non fa delle scelte, è solo perché continua ad essere se stessa. Se ne sta distante da tutti non perché sia una sociopatica, una depressa o una possibile serial killer, lei sta da sola perché ama circondarsi solo da un preciso tipo di persone, come Morgana e Berganza, ed è riuscita, dopo varie prove nella vita, a fare quello che tutti dovrebbero fare per vivere meglio: scegliere le persone con cui sopravvivere.
Quello che è mancato un po’ in questo volume, per ovvie ragioni, è quel punzecchiarsi continuo tra lei e il Commissario, quel riuscire a leggere nella mente di tutti, tranne che nei gesti, così chiari al lettore, ma così incomprensibili alla sua capacità di trarre delle conclusioni. In compenso il loro rapporto, divenuto finalmente una relazione, ci ha regalato momenti delicati e dolcissimi, uno scambio di sguardi che varrà sempre più di mille parole, messe una accanto all’altra, ma anche tante parole che varranno sempre più di mille sguardi:
Io che non parlo mai con nessuno e il commissario che non parla mai e basta,
stasera parliamo, parliamo e parliamo, intenti e appassionati e affascinati l’uno dall’altra.
A un certo punto ci accorgiamo che si è fatta notte fonda e perciò torniamo a letto,
insieme, e stiamo così d’incanto da trovare superflue le parole, almeno per un po’.
Poi a poco a poco le parole tornano, e continuano ancora e ancora, sommesse e leggere,
fino a quando il commissario s’addormenta.
Che dire? Alice Basso è sempre una garanzia, e se ogni volta i libri sono così belli e scritti bene e divertenti e profondi, di certo non ci lamentiamo dell’attesa, anzi, la invitiamo a scrivere, scrivere e scrivere velocemente!
È un tipo di scrittura, veloce, intelligente, articolata, anche arzigogolata a volte, ma comunque chiara e pertinente e coerente.
Io ho proprio un’adorazione nei confronti di Vani e del suo modo di (non) esporsi al mondo, e sì continuerò ad aspettare questo quinto ed ultimo capitolo di una storia che mi appassiona sempre più! E poi il quarto si è concluso con un nuovo caso che inizia, quindi, impossibile non attendere con ansia il seguito!
Una lettura cominciata per caso, d’estate sulla spiaggia, attratta dalla copertina e dalla trama che si svolgeva in una casa editrice, la lettura è continuata e si è svolta in 4 libri, sempre più articolati, avvincenti, ma con la certezza di ritrovare una di famiglia, una che hai frequentato per un po’, che non vedi da tempo, ma che quando la rincontri sembra che il tempo si sia fermato su ricordi indelebili.
In questo libro c’è tutto: una bellissima copertina, la mia preferita tra le quattro, una storia d’amore corrisposta e bramata, un Berganza in gran forma, che finalmente si sbottona un po’ di più ed addirittura si lascia andare anche a qualche effusione e qualche frase più articolata dei suoi silenzi, una Vani sempre più tosta e piacevole.
L’autrice ci aveva lasciato nel suo precedente libro con la sua Vani Sarca, una ghostwriter di professione e di vocazione che, dopo mesi di tentennamenti, si decide e si dichiara al Commissario, lasciandoci tutti sul filo del rasoio! Inutile dire che questo anno di attesa è stato lunghissimo e sofferto, ma ne è valsa, come sempre, la pena!
Sono confusa. Io odio essere confusa.
Sono confusa perché c’è qualcosa, in fondo alle mie viscere,
che suppura e si agita e mi turba profondamente.
Io odio essere turbata. E odio odiare così tanto essere confusa e turbata.
Vorrei che tutto mi scivolasse addosso. Una volta mi veniva meglio.
Ma le cose ti scivolano addosso quando puoi permetterti di non prenderle sul personale.
Chi conosce Alice Basso e Vani Sarca sa che i romanzi ruotano attorno a dei casi che rimbalzano tra la casa editrice L’edera dove lavora Vani, accanto al suo opprimente ed insopportabile capo, Enrico Fuschi, ed il Commissariato di polizia, dove lavora Berganza, e con cui lei collabora, mettendo a disposizione la sua dote di entrare nelle menti altrui e carpirne pensieri e segreti, per venire a capo di casi difficili.
In questo ultimo caso non c’è un delitto vero e proprio, ma delle minacce di morte subite niente di meno che dall’affascinante, ed anche stronzissimo, ex di Vani, lo scrittore Riccardo Randi che, non sapendo proprio a chi rivolgersi per risolvere il caso, a chi penserà bene di rivolgersi?
Ovviamente, al nostro Berganza che, anche in questa circostanza, dimostrerà professionalità, senso pratico e grande maturità, e si farà aiutare, come sempre finora, dalla sua più sveglia e capace collaboratrice esterna, Vani.
I gesti del commissario sono come le parole che inventava Lewis Carrol:
uno solo ne contiene una decina.
Chi mi ha deluso, invece, è proprio Riccardo. Va bene una maturazione del personaggio, un cambiamento dovuto ad un evento, una delusione, un obiettivo, ma lui è un po’ troppo: da stronzo e affascinante che era mi è diventato uno smidollato senza spina dorsale.
Ci credo che Vani sia allibita, scioccata da tutto questo zuccheroso cambiamento! Ha fatto venire il diabete anche a me!
Madonna ‘ste atmosfere da finale di stagione.
Quasi lo preferivo prima, quando era uno stronzo opportunista.
Almeno era divertente.
Vani, che in questo quarto libro deve occuparsi di scrivere un thriller per un autore di grido, che vende milioni di copie, ma di cui sia lei che Berganza, veri estimatori del genere, non amano per niente i libri, non mi ha deluso per niente, anzi.
Ho trovato una Sarca che soffre un po’ di mal di stomaco, più precisamente di crampi, perché se le persone normali quando sono innamorate e felici sentono le farfalle nella pancia, lei doveva distinguersi anche in questo e vivere la felicità piegata in due dai crampi. Ho trovato una Sarca forse più umana, ed un pizzico più legata alla sua famiglia di origine, ma sempre una Sarca di cui si continua a sottolineare “la presunzione e lo snobismo intellettuale”, con mio sommo piacere!
Non capisco cosa ci sia di sbagliato nell’essere presuntuosi in un campo che è il tuo, se ti sei impegnata tutta la vita per dare il massimo in un settore e soprattutto se sei riuscita a fare di una tua passione, la tua professione! Di Vani mi piace proprio il suo snobismo intellettuale, il suo fregarsene dei giudizi, la sua capacità di sparire dietro ad altri autori, ma restare sempre se stessa e soprattutto fedele a se stessa. Vani sa chi è e si piace. Fa delle scelte perché rispecchiano se stessa e quando non fa delle scelte, è solo perché continua ad essere se stessa. Se ne sta distante da tutti non perché sia una sociopatica, una depressa o una possibile serial killer, lei sta da sola perché ama circondarsi solo da un preciso tipo di persone, come Morgana e Berganza, ed è riuscita, dopo varie prove nella vita, a fare quello che tutti dovrebbero fare per vivere meglio: scegliere le persone con cui sopravvivere.
Quello che è mancato un po’ in questo volume, per ovvie ragioni, è quel punzecchiarsi continuo tra lei e il Commissario, quel riuscire a leggere nella mente di tutti, tranne che nei gesti, così chiari al lettore, ma così incomprensibili alla sua capacità di trarre delle conclusioni. In compenso il loro rapporto, divenuto finalmente una relazione, ci ha regalato momenti delicati e dolcissimi, uno scambio di sguardi che varrà sempre più di mille parole, messe una accanto all’altra, ma anche tante parole che varranno sempre più di mille sguardi:
Io che non parlo mai con nessuno e il commissario che non parla mai e basta,
stasera parliamo, parliamo e parliamo, intenti e appassionati e affascinati l’uno dall’altra.
A un certo punto ci accorgiamo che si è fatta notte fonda e perciò torniamo a letto,
insieme, e stiamo così d’incanto da trovare superflue le parole, almeno per un po’.
Poi a poco a poco le parole tornano, e continuano ancora e ancora, sommesse e leggere,
fino a quando il commissario s’addormenta.
Che dire? Alice Basso è sempre una garanzia, e se ogni volta i libri sono così belli e scritti bene e divertenti e profondi, di certo non ci lamentiamo dell’attesa, anzi, la invitiamo a scrivere, scrivere e scrivere velocemente!
È un tipo di scrittura, veloce, intelligente, articolata, anche arzigogolata a volte, ma comunque chiara e pertinente e coerente.
Io ho proprio un’adorazione nei confronti di Vani e del suo modo di (non) esporsi al mondo, e sì continuerò ad aspettare questo quinto ed ultimo capitolo di una storia che mi appassiona sempre più! E poi il quarto si è concluso con un nuovo caso che inizia, quindi, impossibile non attendere con ansia il seguito!
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May 5, 2018
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May 6, 2018
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May 6, 2018
– Shelved
May 6, 2018
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Finished Reading