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domenica 25 febbraio 2018

Il filo nascosto (2017)

La mia frenetica rincorsa ai recuperi pre-Notte degli Oscar è quasi arrivata a conclusione. Giovedì sera sono andata a vedere Il filo nascosto (Phantom Thread), diretto e sceneggiato nel 2017 dal regista Paul Thomas Anderson e candidato a sei premi Oscar (Miglior Film, Miglior Regia, Daniel Day-Lewis Miglior Attore Protagonista, Lesley Manville Miglior Attrice Non Protagonista, Miglior Colonna Sonora Originale e Migliori Costumi).


Trama: Reynolds Woodcock è uno stilista inglese di fama internazionale, la cui vita è scandita da regole ferree dalle quali dipende la sua serenità d'animo. Un giorno però lo stilista incontra la giovane Alma, che ne diventa musa e amante, e i saldi pilastri della sua esistenza cominciano a vacillare...



Come ho scritto su Facebook, sconcertata dopo la visione de Il filo nascosto: "non so cosa ho visto ma Daniel Day-Lewis è un mostro e ho riso tantissimo. Lodi ad Anderson". Questo è un agilissimo riassunto delle sensazioni provocate dalla visione dell'ultimo film di Paul Thomas Anderson e, ahimé, anche l'ultimo di Daniel Day-Lewis in veste di attore. Potrei concludere qui il post perché francamente mi sento un po' in difficoltà a parlare di una pellicola così semplice a livello di trama ma anche complessa per quel che riguarda i rapporti che uniscono i pochi personaggi, così dettagliata e sontuosa a livello di regia, divinamente recitata e con una colonna sonora tra le più interessanti sentite quest'anno. Mi sento inadeguata come durante la stesura del post de La forma dell'acqua, tuttavia non mi muove lo stesso amore provato per Del Toro, quindi la faccenda si fa ancora più difficile. Intanto, potrei prendere in prestito una frase letta su internet che condivido in toto e partire da lì. "Il filo nascosto è un film sulla grandezza realizzato dai più grandi". Questa definizione, in qualche modo, mi rassicura e chi ha visto Il filo nascosto capirà perché. In questo momento, non me ne vogliano gli estimatori di Anderson, Day-Lewis e tutto il cucuzzaro, mi sento come Alma. La grezza, pasticciona, semplice Alma, che viene scelta come musa (e collaboratrice, e amante) da uno stilista davanti al quale tutti si inchinano, trattato come un delicatissimo cristallo di Boemia da una sorella che ormai sa come gestire e talvolta persino prevedere tutte le sue idiosincrasie, così da rendergli la vita creativa il più piacevole possibile. Alma, nella sua ignoranza e nella sua ferrea volontà di essere donna prima ancora che bambolina da vestire, riesce ad avvicinarsi al nucleo umano del Genio di Woodcock più di chiunque altro e allo stesso tempo a ridimensionare l'uomo che le sta davanti facendo saltare all'occhio dello spettatore la fondamentale natura ridicola delle sue fissazioni. Dal canto suo, Woodcock si lascia trasportare dall'imprevedibilità di Alma pur temendola, desideroso di venire protetto e sollevato dalle responsabilità del lavoro, come faceva un tempo la defunta mammà, ma anche terrorizzato dal pericolo insito in una donna che talvolta mostra di non avere rispetto per il Genio creativo e, appunto, la Grandezza del suo amato, stufa di venire equiparata ad una delle tante sartine che bazzicano la magione dello stilista. E appunto, io mi sento come Alma. Non ho voglia di venire sopraffatta dalla gigantesca bravura di tutti i coinvolti riducendomi al rango di spettatore pigolante che si mette in un angolo chinando il capo all'urlo di "E' un BEL regista! E' un santo! Un apostolo!" (semicit.) sciorinando solo delle lodi sperticate perché, appunto, durante Il filo nascosto ho riso. Parecchio.


Mentre Anderson catturava il mio occhio con splendidi giri di macchina, con quelle pazzesche riprese durante le corse in auto, con maestosi primi piani non solo dei volti ma dei dettagli di mani, fili, tessuti, aghi, stoffe, pizzi e tutto ciò che concorre alla creazione di un abito meraviglioso; mentre Daniel Day-Lewis regalava al mondo l'ultima prova della sua bravura di attore, annullandosi in un personaggio scomodo ed insopportabile ma oh, tremendamente affascinante, in un trionfo di sguardi carichi di gelido biasimo, gesti controllati e sfuriate da antologia (il breve monologo sulla definizione di "chic" mi ha stesa); mentre Lesley Manville e Vicky Krieps duettavano con l'attore più grande del mondo, l'una speculare modello di caustica freddezza e professionalità, terzo incomodo tra i peggiori esistenti al mondo, l'altra fragile ragazza che nasconde nello sguardo la mente perversa di un serial killer e la freddezza di Machiavelli; mentre il chitarrista dei Radiohead mi avvolgeva con melodie raffinate in perfetto stile anni '50 e il mio intero essere veniva trascinato all'interno del mondo di Woodcock, reso ancor più perfetto e realistico da fotografia, montaggio e costumi; mentre tutto questo accadeva io riuscivo solo a pensare "Belin, ma Woodcock è praticamente un incrocio tra Furio e Raniero con la spocchia di un lord inglese". Tac, eccolo lì il senso del ridicolo, la chiave per non temere più l'ultima fatica di Anderson e arrivare a "ridimensionarla" e volerle bene come a un film "normale" nonostante, appunto, la sua Grandezza. Perché, a differenza di quanto mi sarei aspettata, Il filo nascosto mette in scena una storia d'amore che è prima di tutto una storia di reciproca, difficilissima comprensione nonché una battaglia tra volontà ferree, una lotta sussurrata ma appassionante ambientata nel luogo più improbabile di sempre (il tavolo da cucina, attenzione, non l'atelier!), che regala non solo momenti di altissima ilarità a base di rumori fastidiosi ma anche twist inaspettati che scoperchiano abissi di follia insospettabili. E' intrattenimento elevato ad arte che richiede molta pazienza ma da un sacco di soddisfazione, come quando si arriva ad avere tra le mani un vestito che ci siamo cuciti da soli (ne so qualcosa, giuro) oppure quando si riesce a trovare la chiave del cuore di un'altra persona e, per estensione, della propria vita... anche quando questa chiave è come minimo peculiare. Diciamo così. Altro non ho da aggiungere, andate a vedere Il filo nascosto e godetevelo!


Del regista e sceneggiatore Paul Thomas Anderson ho già parlato QUI. Daniel Day-Lewis (Reynolds Woodcock) e Brian Gleeson (Dr. Robert Hardy) li trovate invece ai rispettivi link.

Vicky Krieps interpreta Alma. Nata in Lussemburgo, ha partecipato a film come Hanna, Anonymous e Colonia. Ha 35 anni e un film in uscita, Quello che non uccide.


Lesley Manville interpreta Cyril. Inglese, ha partecipato a film come Il segreto di Vera Drake, A Christmas Carol, Womb, Turner e Maleficent. Ha 62 anni.


Se Il filo nascosto vi fosse piaciuto recuperate The MasterRebecca - La prima moglie e L'inganno. ENJOY!



lunedì 25 febbraio 2013

Oscar 2013

Argo Vaffanculo!! Parte spontanea la celebrazione per la vittoria di Argo, la sorpresa che ha sbaragliato il favoritissimo Lincoln all’Oscar di quest’anno. Sono molto contenta sia stato scelto come miglior film nonostante tifassi (ovviamente e spudoratamente) per Django Unchained e avessi l’ovvia consapevolezza che il bellissimo Re della terra selvaggia non avrebbe mai potuto ambire a tanto. L’ultimo lavoro di Ben Affleck mescola sapientemente metacinema, quelle patriottiche storie che piacciono tanto agli aMMericani e una non disprezzabile dose di umorismo (non a caso porta a casa anche la statuetta per la miglior sceneggiatura non originale oltre a quella per il montaggio) e a quanto pare ciò è bastato per conquistare i cuori di spettatori ed Academy. Bravo Ben! E bravo anche Ang Lee, che invece ha conquistato l’Oscar per la miglior regia con il suo stupendo Vita di Pi. Una gioia per gli occhi prima ancora che per la mente, sicuramente un validissimo esempio di come il Cinema sia nato per essere una porta sui Sogni e sulla Meraviglia. Passiamo ora agli altri ambitissimi premi…


Scontata la vittoria di Daniel Day-Lewis come miglior attore protagonista. La sua interpretazione di Lincoln è a dir poco perfetta, come sempre l’attore riesce ad annullarsi nel personaggio come nessun altro. Siccome ho guardato il film in lingua italiana, urge adesso un recupero in originale per poter apprezzare ancor di più il lavoro del buon Daniel che, tra l’altro, ha salvato Lincoln dall’ignominia e dal rischio di portarsi a casa solo l’Oscar tecnico per la miglior scenografia.


Jennifer Lawrence vince invece come miglior attrice protagonista per Il lato positivo e anche per miglior premiata spalmata sul palco (altro che Ragazza di Fuoco!). Forse questo era l’unico premio davanti al quale non avevo le idee precise, visto che non ho ancora guardato né il film che vede la Lawrence protagonista, né Zero Dark Thirty, Amour, The Impossible. In compenso mi sono innamorata della piccola Quvenzhané Wallis, che era candidata per Re della terra selvaggia, e non nascondo che avrei sperato in una sua vittoria. Il lato positivo dovrebbe uscire la settimana prossima in Italia, quindi per adesso sospendo il giudizio, nel frattempo sappiate che la Lawrence tornerà presto a duettare con Bradley Cooper nell’imminente Serena e che la rivedremo interpretare due dei personaggi che l’hanno consacrata, ovvero Mystica e Katniss, nei film X-Men – Giorni di un futuro passato e Hunger Games – La ragazza di fuoco.


Da brava tarantiniana, gli unici premi che mi hanno resa felice e gli unici che, a dirla tutta, mi interessano davvero sono quelli andati a Christoph Waltz come miglior attore non protagonista e a Quentin per la miglior sceneggiatura originale. Django Unchained meritava molto di più, ovviamente, ma già solo il fatto che la mano santa di Tarantino, l’incommensurabile bravura attoriale di Christoph e l’incredibile bellezza di un personaggio come il Dottor Schultz siano state riconosciute basta a rendermi felice! Al prossimo film mio cicciosissimo aMMoro!!

No amore mio, l'inchino va a te!
Al pari di quello vinto da Waltz, l'Oscar per la miglior attrice protagonista poteva andare solo ad una persona. La Fantine di Anne Hathaway compare in Les Misérables per pochi minuti scarsi ma vedere l'attrice cantare sulle note di I've Dreamed a Dream è un'esperienza mistica, da standing ovation. Lodi alla brava Anne, dunque, mentre il film di Tom Hooper mette in saccoccia solo un paio di Oscar tecnici, miglior Make-Up e miglior Missaggio Sonoro.


Passiamo adesso ai premi "minori" che minori non sono. Scontata la vittoria di Amour come miglior film straniero e scandalosa quella di Ribelle - The Brave per il miglior lungometraggio animato; non sono riuscita a vedere Ralph Spaccatutto, ma Frankenweenie era sicuramente una spanna sopra rispetto alla pur bella storia della rossa e coraggiosa eroina. Presto lo onorerò degnamente con una recensione. Il superfavorito Zero Dark Thirty porta invece a casa un miserrimo premio per il miglior montaggio audio e gli tocca pure dividerlo con Skyfall, premiato anche grazie alla bellissima e omonima canzone di Adele. Se Anna Karenina si è beccato poi l'Oscar per i migliori costumi (e non fatico a capire il perché, visto il magnifico trailer), Vita di Pi fa man bassa di tutti i rimanenti Oscar, ovvero miglior Fotografia, Colonna Sonora ed Effetti Speciali, consacrandosi così come film più premiato di questa notte degli Oscar e facendo storcere il naso a quelli che mal hanno sopportato la storia di Piscine Molitor Patel e della tigre Richard Parker. Io mi dichiaro invece soddisfatta per un buon 80% e, chinandomi nuovamente a baciare i piedi a Quentin e Christoph, vi auguro un buon proseguimento d'anno cinematografico! ENJOY!

Yeah, Quentin, YEAAAAHH!!!! *____*



venerdì 25 gennaio 2013

Lincoln (2012)

Nemmeno fossi fan sfegatata del regista o di Daniel Day Lewis, ieri appena uscito mi sono fiondata a vedere Lincoln, diretto nel 2012 da Steven Spielberg. E come avrebbe detto il Numero Uno di Alanfordiana memoria: "Abbuccio, gli dissi, io ormai sono troppo vecchio per questo lavoro ma..."...


Trama: il film racconta l'ultimo, sanguinoso anno della guerra di secessione americana e di come Abraham Lincoln sia riuscito a far approvare (e non abrogare come scritto prima, grazie Pio, il sonno fa questi scherzi!!) il tredicesimo emendamento, quello che avrebbe abolito legalmente la schiavitù.


Tratto non già dalle sterminate biografie dedicate al presidente USA ma dal libro di Doris Dearn intitolato Terms of Rivals: The Political Genius of Abraham Lincoln, l'ultimo film di Spielberg non ripercorre l'intera storia del buon Abramo ma decide di concentrarsi su due aspetti fondamentali del suo secondo mandato, la guerra di secessione e l'approvazione del tredicesimo emendamento. Questi due "poli" servono al regista per tratteggiare un ritratto estremamente umano di questo grande uomo politico e di consacrarlo ai posteri come un incredibile, cialtronissimo paraculo. In senso buono, ovviamente. Nonostante, infatti, l'estrema serietà degli argomenti trattati e il difficile, terribile dilemma morale che grava col suo enorme peso sulle spalle del Presidente, buona parte della pellicola viene affrontata con piglio ironico e quasi "avventuroso", con un Lincoln amante dello scherzo e degli aneddoti, impegnato nell'ideazione di mille barbatrucchi per far passare il tredicesimo emendamento cercando contemporaneamente di distogliere l'attenzione dell'intera America dalla guerra, affiancato da un trio di esilaranti "motivatori" che cercano di comprare voti presso gli irremovibili deputati. Ovvio, adesso non pensate che Lincoln sia tutto un grande scherzo. La tensione trasuda palpabile da ogni fotogramma e si riflette negli occhi infossati di Daniel Day Lewis e del suo personaggio, un uomo costretto a decidere cosa sia meglio per la Nazione, se la libertà e l'uguaglianza di tutti, bianchi e neri, pagata col prezzo sanguinoso di una guerra infinita, oppure un trattato di pace, pagato però con la schiavitù dei neri. Come ogni buon film basato sulla Storia, Lincoln mostra insomma le luci e le ombre degli eventi e degli uomini, creando contemporaneamente un'opera in grado di intrattenere ed interessare un'ampia fetta del pubblico.


Certamente, ci troviamo davanti ad un film MOLTO verboso, quasi completamente girato in interni, fortunatamente e necessariamente graziato da attori di una bravura incredibile. Daniel Day Lewis è praticamente lo spirito di Lincoln reincarnatosi in un attore, incredibilmente magnetico, carismatico e al contempo fragile ed umanissimo; nella versione italiana lo doppia un grande Pierfrancesco Favino, ma ovviamente recupererò al più presto il film in lingua originale perché un'interpretazione come quella di Daniel Day Lewis merita la completezza ed il purismo ai massimi livelli. Sally Field e Tommy Lee Jones, i principali comprimari, sono altrettanto grandiosi e non vengono minimamente eclissati dall'ingombrante presenza del protagonista; dico la verità, ho apprezzato soprattutto l'interpretazione di Tommy Lee, che è riuscito a dare vita ad un personaggio sorprendente, incredibilmente complesso e sfaccettato, un vecchio politico disilluso e costretto ad indossare più di una maschera in società. Menzione d'onore la merita infine James Spader, cialtrone capo del trio di procacciatori di voti, una spanna sopra tutte le altre "comparsate" d'eccezione e divertentissimo fulcro comico della pellicola, che tra le guest star conta anche altri attori di altissimo livello, tutti impegnati in ruoli abbastanza importanti.


Per quel che riguarda la regia, Spielberg da il suo meglio nelle poche scene girate in esterno ovviamente. Sconvolgente la sequenza iniziale, dove viene sbattuta in faccia al pubblico tutta la triste brutalità di una guerra civile, con dovizia di baionettate, corpi squassati e sangue, ma la maestria del regista si avverte anche in altri momenti magari meno "epici", ma sicuramente molto importanti. Personalmente, ho amato tantissimo il drammatico confronto tra Lincoln e la moglie Molly, dove tutta la tensione accumulata tra i due personaggi nel corso del film esplode in una reciproca e dolorosissima confessione; sono riuscita crogiolarmi nell'ansia durante l'estenuante attesa del voto alla Camera per poi ritrovarmi, stupidamente e come se non sapessi come sarebbe andata a finire, ad esultare per la vittoria dei sì, insultando a mezza voce tutti quelli che venivano inquadrati solo per sibilare il loro dissenso; infine, mi sono commossa al momento della morte del Presidente, preceduta da un emblematico e divinatorio "Devo andare, adesso. Ma mi piacerebbe restare" e mostrata non già attraverso gli occhi dell'assassino, ma attraverso il lancinante urlo di dolore del piccolo Tad, costretto a sapere dell'assassinio del padre mentre a sua volta assisteva ad uno spettacolo teatrale. A proposito di queste ultime, bellissime scene, arriviamo al grande difetto del film: la lunghezza. La prolissità. La scoglionante decisione di inserire delle sequenze praticamente morte tra la vittoria del sì e l'assassinio del presidente, per poi uccidere definitivamente lo spettatore, già provato da due ore e mezza di pellicola, con un pippone finale sottoforma di discorso di Lincoln alla nazione. Ora, arrivare ai livelli dello pseudo-Mereghètti che, alle mie spalle, si è alzato dicendo "Oh, a me i film di m*** mi fanno in***are di brutto. E poi a me i film di Spielberg hanno sempre fatto schifo"... beh, anche no (a proposito, ma allora cosa sei venuto a fare al cinema??), però effettivamente qualche sforbiciata l'avrei data anche io, senza offesa. Per il resto, chapeau! grandissimo film, grandissimi attori e... davvero, Abramo, grandissimo uomo. Ti voterei se non fossi già nella tomba da parecchi anni.


Del  regista Steven Spielberg ho già parlato qui. David Strathairn (William Seward), Joseph Gordon – Levitt (Robert Lincoln),Tommy Lee Jones (Thaddeus Stevens), John Hawkes (Robert Latham), Jackie Earle Haley (Alexander Stephens), Bruce McGill (Edwin Stanton), Jared Harris (Ulysses S. Grant), Lukas Haas (uno dei due soldati che parlano con Lincoln all'inizio) e Walton Goggins (Clay Hawkins) li trovate invece ai rispettivi link.

Daniel Day Lewis (vero nome Daniel Michael Blake Day – Lewis) interpreta Abraham Lincoln. Inglese, uno dei più grandi e meno prolifici attori viventi, lo ricordo per film come Gandhi, Il Bounty, Camera con vista, Il mio piede sinistro (che gli è valso il primo Oscar per migliore attore protagonista, il secondo è arrivato con Il petroliere che però non ho mai visto), L’ultimo dei mohicani, il meraviglioso L’età dell’innocenza, Nel nome del padre e Gangs of New York. Ha 55 anni.


Sally Field interpreta Mary Todd Lincoln. Americana, la ricordo per film come Le stagioni del cuore (che le è valso il secondo Oscar come miglior attrice protagonista, il primo lo aveva ricevuto per Norma Rae), Mrs. Doubtfire - Mammo per sempre e Forrest Gump, inoltre ha partecipato alla serie E.R. - Medici in prima linea. Anche produttrice, regista e sceneggiatrice, ha 66 anni e un film in uscita.


James Spader interpreta W.N. Bilbo. Americano, lo ricordo per film come Wall Street, Sesso bugie e videotape, Wolf – La belva è fuori, Stargate, Crash e Secretary.  Ha 52 anni e un film in uscita.


Hal Holbrook (vero nome Harold Rowe Holbrook Jr.) interpreta Preston Blair. Americano, ha partecipato a film come Una 44 magnum per l’ispettore Callaghan, Tutti gli uomini del presidente, Fog, Creepshow, Wall Street, Il socio e alle serie Oltre i limiti, I Soprano, E.R. – Medici in prima linea e Sons of Anarchy. Come doppiatore, inoltre, ha lavorato per l’Hercules della Disney. Anche regista e sceneggiatore, ha 87 anni e due film in uscita.


Tim Blake Nelson interpreta Richard Schell. Americano, ha partecipato a film come Donnie Brasco, La sottile linea rossa, Fratello dove sei?, Minority Report, Scooby-Doo 2: Mostri scatenati, Syriana, L'incredibile Hulk e alla serie CSI: Scena del crimine. Anche regista, sceneggiatore e produttore, ha 48 anni e quattro film in uscita.


E ora qualche curiosità sugli autori: il summenzionato Hal Holbrook ha interpretato Lincoln in un’omonima miniserie andata in onda in America negli anni ’70 e in Nord e Sud, che ricordo vagamente per essere arrivata anche da noi negli anni ‘80; il piccolo Gulliver McGrath, che nel film interpreta Tad Lincoln, aveva già partecipato a Hugo Cabret e Dark Shadows; Gloria Reuben, che interpreta Elizabeth Keckley, è stata invece per tanti anni parte del cast di E.R. - Medici in prima linea nei panni dell'infermiera sieropositiva Jeanie Boulet. Passiamo ora a "chi non ce l'ha fatta": Liam Neeson, che avrebbe dovuto interpretare Lincoln fin da quando era stato messo in piedi il progetto, alla fine ha deciso di rinunciare perché convinto di essere troppo vecchio per il ruolo, mentre per parecchio tempo si è parlato anche di una partecipazione speciale di Harrison Ford, che alla fine è sfumata nel nulla. Il film ha ricevuto ben 12 nomination all’Oscar: fotografia, costumi, regia, montaggio, colonna sonora originale, sonoro, scenografia, miglior film (e qui voleranno insulti all’Academy perché so già che preferiranno il patriottico Lincoln a Django Unchained…), miglior attore protagonista (Daniel Day-Lewis), miglior attore non protagonista (Tommy Lee Jones ma spero sinceramente che il premio vada a Christoph Waltz), miglior attrice non protagonista (Sally Field) e miglior sceneggiatura non originale. Chi vivrà vedrà, come sempre. Nel frattempo, se Lincoln vi fosse piaciuto, consiglierei la visione di Schindler's List, per esempio. ENJOY!

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