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domenica 3 gennaio 2021

Soul (2020)

Buon anno a tutti, innanzitutto, sperando che il 2021 porti solo cose belle. Il 2020 ne ha portata sicuramente una, almeno in campo cinematografico, ed è Soul, diretto e co-sceneggiato dai registi Pete Docter e Kemp Powers. Vi avviso che questo sarà un post molto personale, quindi avete tutto il diritto di fermarvi qui, dove dico che Soul è splendido e merita di essere visto, per poi tornare alle vostre faccende.


Trama: Joe è un insegnante di musica il cui unico sogno è quello di sfondare nel mondo del jazz. Proprio quando sta per arrivare, inaspettata, la sua occasione, Joe finisce in coma e cerca in tutti i modi di tornare nel suo corpo...


In un anno brutto come questo, Soul può distruggere una persona o può salvarla. In ogni caso, di sicuro è un film che fa riflettere. L'anno prossimo, ahimé, compirò 40 anni. Un tempo era già una bella età, anzi, se rileggo oggi i libri scritti da Stephen King, a 40 anni si era già considerati decrepiti; adesso, certo, non è proprio così ma più o meno vuol dire che sono già arrivata a metà della mia vita e che la parte migliore ce l'ho ormai alle spalle. Non mi è stato quindi molto difficile identificarmi con Joe, uomo di mezza età con una grande passione per la musica il quale, brutto da dire, nella vita non ha mai combinato un belino: ringrazio dal profondo Pete Docter e soci per avermi dato la prima mazzata più o meno a venti minuti dall'inizio del film, quando Joe mostra all'animella 22 la sua esistenza noiosa e monotona, priva di eventi particolarmente significativi, successi o sogni che diventano realtà. Una vita simile, giustamente, è impossibile che offra a 22, anima che a cominciare un'esistenza sulla Terra non ci pensa nemmeno, un motivo per cambiare idea. Certo, anche il Seminario dell'Io non è il posto più esaltante dell'universo ma almeno è un posto conosciuto e sicuro, mentre la Terra è piena di incognite e, se dev'essere altrettanto noiosa, tanto vale rimanere "non nati", a far disperare anime importanti che hanno tagliato ogni traguardo possibile e immaginabile e non si capacitano del fatto che 22 sia così "banale". Ah, la banalità. Probabilmente prima che spuntasse questa piaga che sono i social, molte meno persone avevano una percezione chiara di essere banali, medie se non mediocri, prive di una "scintilla" capace di farle spiccare in mezzo a una marea di persone tutte uguali e tutte omologate, ma adesso tutti DEVONO spiccare in qualcosa e i confronti sono sempre meno costruttivi, sempre più legati all'imperativo di venire "guardati" ed "ammirati", possibilmente invidiati. C'è gente che quest'anno, durante i vari lockdown, ha guardato in se stessa e ha riflettuto sulla propria esistenza in senso costruttivo e positivo, io purtroppo non ho avuto nemmeno quel lusso, anzi, ho continuato la mia banale vita di tutti i giorni che, ovviamente, è andata peggiorando: lutti, depressione, malanni assortiti, un senso di paura e precarietà costante, una perenne mancanza di tempo per fermarmi, riflettere o rilassarmi, pianti a giorni alterni e un odio crescente verso tutto e tutti, in primis verso me stessa. 


Non c'è da stupirsi se, per più di metà film, guardando Soul, ho pensato: porca puttana, sono come Joe. Prendete il miraggio del posto fisso. Io per ora ce l'ho, lavoro dal 2007 sempre nello stesso posto, ma mi piace quello che faccio? Nemmeno per sogno, lo faccio perché devo, così come Joe insegna musica senza capire davvero perché, senza metterci anima ma solo un costante senso di rimpianto e frustrazione, che si accresce il giorno in cui entra in coma proprio quando avrebbe la sua occasione di diventare un musicista vero. Le occasioni perdute, che ci impediscono di guardare al presente e al futuro perché è molto più facile piangere sulla sfiga che abbiamo sempre avuto; eppure, se ci si mette nei panni di 22 invece, magari si scopre che la sfiga non è tale ma è facilmente sostituibile da una nostra fondamentale mancanza di coraggio. Un esempio "recente"? Non ho fatto l'artistico non per sfiga, ma perché (ah, anche lì, le "voci" che ci costringono all'immobilità e al disprezzo verso noi stessi) mi dicevano che non mi avrebbe portata a nulla, anche se amavo disegnare. Grazie a questo cambio di rotta ho scoperto di amare le lingue, certo, ma l'amore per il disegno mi è rimasto e quest'anno è crollato tutto quando, dopo un paio di corsi on line, ho capito di essere mediocre ed incapace, cosa che mi ha resa ancora più depressa di quanto già non fossi. Posso solo ringraziare Mirco, un paio di amici online che mi hanno incoraggiata con dei regali a tema, il maestro del corso e sì, anche Soul, se in questi giorni di festa ho cominciato a guardare a questa incapacità (e alle opere ben più belle di tutti i miei compagni di corso e di un sacco di amici su Facebook) e a tutte le cose che mi fanno male da anni con un po' di coraggio, cercando di accettare quel che è stato e quel che sono e provando a migliorarmi, anche di poco, senza arrendermi e, soprattutto, cercando di godere di quel che ho.


Questo per dire che Soul ci insegna che la vita, con tutte le sue difficoltà spesso anche terribili, può essere bella. E che banalità, direte voi, e avete ragione. Soul ci insegna che la vita è bella anche nella sua normalità, ma SOLO se noi vogliamo che lo sia, solo se riusciamo ad armarci del coraggio di accettare quello che abbiamo senza rinunciare a migliorarlo e migliorarci ma soprattutto senza abbatterci se vediamo che proprio non si riesce. Joe, concentrandosi sull'obiettivo di sviluppare la sua "scintilla", ha di fatto smesso di vivere: "Poor Joe", come avrebbe detto con disprezzo mammà Soprano, non vede al di là del suo naso, non vede gli studenti che gli chiedono aiuto, non si interessa di amici e conoscenti, non percepisce i problemi altrui né la bellezza di quello che lo circonda e io, purtroppo, mi sono resa conto di essere uguale a lui. Uguale a lui e anche un po' uguale a 22, che per paura e per la pesantezza dei giudizi altrui, rinuncerebbe alla possibilità di qualcosa di nuovo, magari spaventoso ma magari anche positivo, chissà. E' riunendo queste due anime, "jazzando" sulle ali dell'improvvisazione e di punti di vista differenti, che forse è possibile davvero dare un senso all'esistenza e imparare a vivere, non solo a sopravvivere come sto (stiamo?) facendo ora. E' lo schiaffo finale di Soul a far aprire gli occhi definitivamente ed è uno schiaffo che, per qualche minuto prima dell'inevitabile happy end, mi ha distrutta dalle lacrime: Joe alla fine capisce, purtroppo lo fa troppo tardi, proprio quando rinuncia alla propria vita per salvare 22 dalla tristezza oscura che l'ha annullata. E' lì, giuro, che ho pregato irrazionalmente che il cartone non finisse con la morte di Joe e dove l'unica cosa che ho pensato è stata: e sua madre? E le vecchiette? E i suoi amici, i suoi studenti, così orgogliosi di lui anche quando avevano davanti il "normale" Joe? E la sua vita banale? Credeteci o no, sto scrivendo il post (sconclusionato, me ne rendo conto) con difficoltà, perché ho le lacrime agli occhi e il magone a ripensare alla vergogna e alla paura provata guardando Soul, e anche al piccolo senso di speranza e voglia di cambiare che mi ha lasciato. Sicuramente è stato il film giusto al momento giusto e, come tutte le opere, è impossibile che scateni le medesime sensazioni in tutti coloro che ne fruiranno, ma io mi sento (dopo averli maledetti spesso nel corso del film) di ringraziare Docter e soci per questo piccolo gioiellino, che mi fa riflettere da giorni.  


Del co-regista e co-sceneggiatore Pete Docter ho già parlato QUI. Jamie Foxx (voce originale di Joe), Alice Braga (Jerry), Phylicia Rashad (Libba) e Angela Bassett (Dorothea) li trovate invece ai rispettivi link. 

Kemp Powers è il co-regista e co-sceneggiatore della pellicola, al suo primo lavoro dietro la macchina da presa. Americano, è anche attore e produttore.


Tina Fey
è la voce originale di 22. Attrice comica del Saturday Night Live, ha partecipato a film come Anchorman 2 - Fotti la notizia e a serie quali 30 Rock; come doppiatrice ha lavorato in Ponyo sulla scogliera, Megamind e serie come Spongebob Squarepants, Phineas e Ferb, I Simpson. Americana, anche sceneggiatrice e produttrice, ha 50 anni.


Graham Norton
, presentatore ufficiale dell'Eurovision per la BBC, presta la voce a Spartivento. Se Soul vi fosse piaciuto recuperate Il libro della vita, Inside Out, La sposa cadavere, Coco... e, ovviamente, cercate su Youtube qualunque cosa riguardi La linea di Osvaldo Cavandoli, che mi è tornata in mente ogni volta che compariva Terry! ENJOY!

domenica 11 ottobre 2020

Black Box (2020)

Il sei ottobre sono usciti su Amazon Prime i primi due film della serie Welcome to the Blumhouse e ovviamente non potevo esimermi dal guardarli! Il primo è stato Black Box, diretto e co-sceneggiato dal regista Emmanuel Osei-Kuffour.

Trama: dopo un terribile incidente in cui la moglie ha perso la vita, Nolan non ha più ricordi e fatica ad avere una vita normale per lui e per la figlioletta Ava. Disperato, chiede aiuto alla dottoressa Lillian, ma qualcosa continua ad essere terribilmente sbagliato...

Piccolo disclaimer per tutti quelli che si accingeranno a guardare i due originali Blumhouse su Amazon Prime Video: non aspettatevi un horror da non dormire la notte, anzi, non aspettatevi un horror, almeno per quanto riguarda il film in esame. Black Box si pone più sulla falsa riga di un episodio di Black Mirror, e si appoggia a un concetto di tecnologia utile e futuristica ma foriera di incubi se messa nelle mani sbagliate e racconta di un uomo che, dopo un incidente in cui è morta la moglie, si ritrova senza alcun ricordo della sua vita precedente. La sceneggiatura di Black Box si impegna molto a sottolineare il disagio legato a questa mancanza di ricordi, unita all'orrore di vedere la propria mente sempre più labile e slegata dalla realtà, e ci presenta un uomo "normale" costretto a fare fronte, in solitudine, all'inevitabile distacco verso una figlia "estranea" che, poverella, si adopera in ogni modo per aiutare papà, finendo vittima di un dolore enorme quando quest'ultimo dimentica cose fondamentali per una bimba matura ma ancora piccolina. Quel che è peggio è che il protagonista è piagato da orribili visioni di una creatura senza volto e disarticolata che ogni volta tenta di inserirsi nei suoi ricordi impedendogli di afferrare quelli fondamentali, soprattutto quando subentrano le terapie della dottoressa Lillian, che mescolano l'ipnosi alla realtà virtuale, terapie che, invece di rendere Nolan integro e consapevole, lo spingono ancor più alla confusione e al terrore di perdere ciò che resta della sua esistenza. E più non dimandate, perché se è vero che un paio di colpi di scena sono intuibilissimi per uno spettatore mediamente scafato, è comunque vero che il gusto della sorpresa rende Black Box più interessante. 


Per quanto riguarda la realizzazione, l'unico aggettivo con cui posso definire la regia è "pulita". Emmanuel Osei-Kuffour, al suo primo lungometraggio, non si perde in troppi fronzoli e realizza un film fatto di immagini chiare e luminose, con alcune inevitabili concessioni a qualcosa di più onirico, com'è ovvio per una pellicola che prevede una parziale esplorazione della mente umana, ma senza esagerare: il passaggio tra ricordi e realtà, per esempio, è sempre chiaro e netto e se non fosse per volti cancellati e creature che ricordano l'uomo storto di The Conjuring non ci sarebbe molta differenza tra ricordi e presente. E' palese inoltre l'omaggio a uno dei film di punta della casa di produzione, Get Out, a cui si rimanda non solo grazie al cast all-black ma anche per alcune sequenze di ipnosi che ricordano tantissimo il capolavoro di Jordan Peele e che, neanche a dirlo, mi hanno fatto venire voglia di riguardarlo. Nulla da dire sul cast, composto quasi tutto da facce per me nuove che non mi hanno particolarmente entusiasmata se devo essere sincera, salvo per il meraviglioso zappino della piccola Amanda Christine, che avrebbe fatto faville nel cast di Otto sotto un tetto o Tutto in famiglia con quel suo modo di fare tra il petulante e il tenerissimo, che verso il finale è in grado di spezzare il cuore a un sasso. A dirla tutta, come potenziale vetrina della Blumhouse Black Box non è un film fenomenale o indimenticabile, ma si lascia guardare. Sono curiosa di vedere come saranno i prossimi! 

Emmanuel Osei-Kuffour è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, è al suo primo lungometraggio. E' anche produttore e attore.

Mamoudou Athie interpreta Nolan. Mauritano, ha partecipato a film come The Circle e Underwater. Anche produttore, ha 32 anni e un film in uscita. 

Phylicia Rashad interpreta Lillian. Famosa per il ruolo di Claire nella sit-com I Robinson, ha partecipato a film come Buon compleanno Topolino!, Creed - Nato per combattere, Creed 2 ad altre serie quali Santa Barbara, Love Boat, Blossom e Cosby; come doppiatrice ha lavorato in Tartarughe ninja alla riscossa e The Cleveland Show. Anche produttrice, ha 72 anni e due film in uscita tra cui Soul



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