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Pierluigi Cappello - Da lontano

Qualche volta, piano piano, quando la notte

si raccoglie sulle nostre fronti e si riempie di silenzio,

e non c’è più posto per le parole

e a poco a poco si raddensa una dolcezza intorno

come una perla intorno al singolo grano di sabbia,

una lettera alla volta pronunciamo un nome amato

per comporre la sua figura; allora la notte diventa cielo

nella nostra bocca, e il nome amato un pane caldo, spezzato.


Pierluigi Cappello

Jacques Werup - Il lavoro

Ci piace quel presagio

di morte che ci coglie

nel viaggio verso casa dal lavoro.

Il volto allora muta: questo si vede

dal mio volto ugualmente cambiato

che d’un tratto se ne sta più comodo

quando penso: anch’io, fra poco.

Una volta in una grande città ne parlai

con uno che visse per poco ancora.

Attraversammo una grande piazza,

fra resti di penne di piccioni

i nostri dolori lasciarono dei segni

sul terreno umido

alla fine del quale le case

sembravano scogliere di pioggia.

Nel separarci ci sembrò di essere molti

che tornavano a casa, ognuno alla sua,

dopo un lungo discorso. Il tribuno incomprensibile.

Il treno mi prese. Nel tempo sprofondò la città.

E ora quando dormo dopo il lavoro

vedo quella piazza.

E quando non so più chi vede la piazza

so che sto dormendo.

Forse è così morire, o forse è più come il lavoro.


Fausto Amodei (Torino, 18 giugno 1934 – 18 settembre 2025) - Canzone della marcia della pace

E se Berlino chiama

ditele che s'impicchi:

crepare per i ricchi

no! non ci garba più.

E se la Nato chiama

ditele che ripassi:

lo sanno pure i sassi:

non ci si crede più.

Se la ragazza chiama

non fatela aspettare:

servizio militare

solo con lei farò.

E se la patria chiama

lasciatela chiamare:

oltre le Alpi e il mare

un'altra patria c'è.

E se la patria chiede

di offrirgli la tua vita

rispondi che la vita

per ora serve a te.

Bartolo Cattafi - Mosca

La mosca ronza

sulla parola mosca

la stuzzica per farla

volare dalla carta

la mosca ignora

che quell'altra mosca

- bisillabo inchiostro sulla carta -

non è più sua compagna

ma nostra.


Bartolo Cattafi, Poesie, Mondadori, 1990

Louise Glück - Raccolto -

E poi viene il gelo; del raccolto è inutile parlare.

Comincia la neve; finisce la finzione della vita.

La terra adesso è bianca; i campi splendono al sorgere della luna.

Io siedo alla finestra accanto al letto, guardo la neve cadere.

La terra è come uno specchio:

calma su calma, distacco su distacco.

Ciò che vive, vive sottoterra.

Ciò che muore, muore senza lotta.

Jannis Ritsos - La mia casa è qui: nel tuo abbraccio -

La mia casa è qui: nel tuo abbraccio.

Che sollievo, che pace.

Niente più traslochi, niente più valigie e

spazzolini e armadi:

tutto quello di cui ho bisogno è qui,

tra le tue braccia.

Il mio domicilio è – semplicemente –

nell’angolo del tuo corpo

dove posso ascoltare il battito del tuo cuore.

Gabriella Leto da Le donne in poesia

La nave attende nel porto.

È l'ora, bisogna salpare.

E quando sarò sullo smorto

broccato di seta del mare

quando la riva svanirà, inghiottita

con il mondo che si allontana per l'amore che era e più non è

lasciate che scriva parole

di nostalgia di cortesia di vita

mille regretz de vous abandonner.

Chiara Carminati - odio la poesia

Odio la poesia

perché è un insieme

di rime sceme


La odio quando spreme

il succo alle stagioni

il sangue agli ideali

i nomi alle emozioni


La poesia del genere

che spegne le parole

in cuori posacenere


Odio la poesia

che mi indica col dito

perché sono lo stupido

che non ha capito


Chiara Carminati, Viaggia verso. Poesie nelle tasche dei jeans, Bompiani, 2018. Illustrazioni di Pia Valentinis

Evgenij Aleksandrovič Evtušenko - Non ci saranno più parole -

Non ci saranno più parole, lo sai

né qui, né altrove

né parole a dire ciò che è stato

né parole a dire ciò che non è più

mi resta un pacco mai spedito

e un libro desiderato

mi resta un letto non ancora disfatto

e musiche mute e parole strozzate

e immagini sfocate

mi resta la sciatta e affrettata gentilezza

di una conversazione lampo

moneta di latta

da gettare ai pezzenti per strada.

 Evgenij Aleksandrovič Evtušenko

Federico Garcia Lorca - Madrigale

Il mio bacio era una melagrana,
profonda e aperta;
la tua bocca era una rosa
di carta.

Lo sfondo un campo di neve.

Le mie mani erano ferri
buoni per le incudini;
il tuo corpo era il tramonto
di un rintocco di campana.

Lo sfondo un campo di neve.

Nello sforacchiato
teschio blu
fecero stalattiti
i miei ti amo.

Lo sfondo un campo di neve.

Si riempirono di muffa
i miei sogni infantili,
il mio dolore tortile
trapanò la luna.

Lo sfondo un campo di neve.

Adesso ammaestro grave
l’alta scuola,
il mio amore, i miei sogni
(cavallucci senza occhi).

E lo sfondo è un campo di neve.

Federico Garcia Lorca, Madrigale 

César Vallejo - Caduta tra due stelle

 [...] Amato sia

chi ha fame o sete, ma non ha

fame che sazi tutta la sua sete,

sete che sazi tutta la sua fame. [...]


César Vallejo, da "Caduta tra due stelle" , raccolta Poemi umani

Stanotti m'insunnai

 Stanotti m'insunnai ch'era ccu nuddu

e nuddu si 'nsunnau ch'era ccu mia,

mi vaju ppi vutari e vitti a nuddu

e nuddu si vutau e vitti a mia,

ed iu parrava di amuri ccu nuddu

e parrau nuddu d'amuri ccu mia.

Ed ora comu fazzu senza nuddu?

E nuddu comu fa senza di mia? 


Lionardo Vigo Calanna marchese di Gallodoro - "Raccolta di canti siciliani"

Mario Benedetti - Che cos’è la solitudine -

Ho portato con me delle vecchie cose per guardare gli alberi:
un inverno, le poche foglie sui rami, una panchina vuota.
Ho freddo, ma come se non fossi io.
Ho portato un libro, mi dico di essermi pensato in un libro
come un uomo con un libro, ingenuamente.
Pareva un giorno lontano oggi, pensoso.
Mi pareva che tutti avessero visto il parco nei quadri,
il Natale nei racconti,
le stampe su questo parco come uno spessore.
Che cos’è la solitudine.
          La donna ha disteso la coperta sul pavimento per non sporcare,
          si e distesa prendendo le forbici per colpirsi nel petto,
          un martello perché non ne aveva la forza, un’oscenità grande.
          L’ho letto in un foglio di giornale.
          Scusatemi tutti.

Mario Benedetti, “Che cos’è la solitudine” (da “Umana gloria”, Mondadori, 2004)

Giorgio Caproni - Ritorno

Sono tornato là
dove non ero mai stato.
Nulla, da come non fu, è mutato.
Sul tavolo (sull’incerato
a quadretti) ammezzato
ho ritrovato il bicchiere
mai riempito. Tutto
è ancora rimasto quale
mai l’avevo lasciato.


Giorgio Caproni, Ritorno da Il muro della terra

Michel Faber

Ecco come stanno le cose:
trascorreremo la notte separati.
Ho il tuo nuovo indirizzo
stampato su un bigliettino
ma non conosco la città abbastanza bene
da figurarmi il posto dove stai dormendo.
Inoltre, è tutto finito ormai.
Non sono più necessario ai tuoi bisogni.
Sei con altri della tua stessa razza
e io, alfine, sono assente dalla tua mente.

Ci sono così tante persone alle quali dovrei dire
che mi hai lasciato.
Una sfida per un altro giorno.
Che caldo c’è! Ormai è luglio.
Alzo gli occhi mentre cammino e in cielo
vedo la prima delle lune
che non condivideremo.


Undying. Una storia d’amore (La nave di Teseo, 2017), trad. it. L. Manini

Valerio Magrelli - Io sono ciò che manca

Io sono ciò che manca
dal mondo in cui vivo,
colui che tra tutti
non incontrerò mai.
Ruotando su me stesso ora coincido
con ciò che mi è sottratto.
Io sono la mia eclissi
la contumacia e la malinconia
l’oggetto geometrico
di cui sempre dovrò fare a meno.


Valerio Magrelli, da Ora serrata retinae (1980)


Grazie a:  https://ipoetisonovivi.com

Pudore di Antonia Pozzi

Se qualcuna delle mie povere parole
ti piace
e tu me lo dici
sia pur solo con gli occhi
io mi spalanco
in un riso beato
ma tremo
come una mamma piccola giovane
che perfino arrossisce
se un passante le dice
che il suo bambino è bello.

Valerio Magrelli - Io cammino fumando

Io cammino fumando
e dopo ogni boccata
attraverso il mio fumo
e sto dove non stavo
dove prima soffiavo.
 
Valerio Magrelli, Nature e venature, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1987

A Niccolò Ammaniti di Aldo Nove

Siamo in pochi a non essere ancora morti
Ancora meno di quelli che non sono mai nati e non nasceranno
È una situazione curiosa che non sappiamo per quanto si potrà protrarre
Ma per fortuna abbiamo una fede incrollabile nei nessi di relazione
È per questo motivo che oltre alle barche a vela le polpette di riso l'ammoniaca
La Sprite i tappi del dentifricio e miriadi di altra merce
Esistono i libri che sono pieni
Di nessi e ci danno la gratificante impressione
Che questa sia una storia, che abbia un inizio e una fine
E che magari ci convinca a leggere e rileggere,
E ci dia delle belle soddisfazioni
Accantonandoci dal mondo qualche ora.


In questo la narrativa
Ha dei vantaggi sulla poesia, è più compiuta
Ti accompagna ad esempio
In autobus permettendoti di avere un
Mondo altro a tua disposizione, più ricco di quei nessi di relazione
Solo tuo e docile alla tua ondivaga attenzione. Invece la poesia
Inizia e finisce un po' scontornata dal mondo,
E più assomiglia al mondo
I cui contorni non vogliamo accettare
Essere consunti davvero e indecifrabili,
Quello nostro quotidiano
Delle impennate di serotonina,
Delle accidentali erezioni causate dalla pubblicità degli assorbenti interni

E come questo mondo la poesia è già consunta, ferita
A morte come una mosca schiacciata sulla pagina,
Così da principio fa mostra delle sue viscere
Piccole striature d'ego invendute sugli scaffali
dei magazzini.

La narrativa invece ha l'alibi suo proprio
Di dirti che questa storia non è vera
Oppure più veramente di quello che appare
Riempie le toppe, quelle
Zone d'inesistenza solare che Vittorio Sereni sapeva Essere i morti che dappertutto
Sgomitano gridando
Che il senso non c'è, e non c'è mai stato. Siamo in pochi,
A non essere ancora morti,
Ancora meno di quelli che non sono mai nati
e non nasceranno
E una cosa di cui non si avverte proprio l'utilità
è la poesia,
O questa cosa stessa che adesso (sono
Le undici del mattino, davanti al computer, la tele
accesa con
Bin Laden che parla di Bush, e l'interruzione
Per la pubblicità dello yogurt), qualunque cosa
Essa sia, sto scrivendo e
I margini troppo stretti del foglio che
Permane poco, pochissimo, per sempre di fronte all'attesa
Di un altro messaggio al cellulare, dell'ora
Di pranzo puntuale
Oggi ancora, per oggi o
Per domani.

Eduardo Galeano - Utopia -

L’utopia è là, all’orizzonte.
Mi avvicino di due passi,
lei si allontana di due passi.
Faccio dieci passi e l’orizzonte
si sposta di dieci passi.
Per quanto cammini,
mai la raggiungerò.
A cosa serve l’utopia?
Serve a questo: a camminare.