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venerdì 18 febbraio 2022

King Richard (2021)

Speravo di non doverlo guardare, invece King Richard, diretto nel 2021 dal regista Reinaldo Marcus Green, si è beccato ben 6 candidature all'Oscar (Will Smith Miglior Attore Protagonista, Miglior Film, Aunjanue Ellis Miglior Attrice Non Protagonista, Miglior Montaggio, Miglior Sceneggiatura Originale e Miglior Canzone) e non ho potuto esimermi.


Trama: Richard Williams ha un "piano", ovvero quello di fare diventare le figlie Venus e Serena le migliori tenniste del mondo, e lo persegue con inaudita testardaggine...


Sarebbe meglio iniziare il post con una precisazione: lo "speravo di non doverlo guardare" scritto all'inizio deriva dal mio ormai consolidato e noto fastidio per Will Smith e per i film a tema sportivo. Per quanto riguarda i film, il fastidio nasce dalla mia atavica pigrizia, mentre Will Smith mi è sempre stato sulle balle a pelle fin dagli anni '90 in quanto non l'ho mai considerato un grande attore (no, non ho mai guardato Alì. No, non ho voglia di farlo, immagino che lì sia bravissimo, vi credo sulla fiducia!) e non ho mai apprezzato la sua aria tronfia da, per l'appunto, Principe di Bel Air. Quando ho visto il suo nome nella rosa dei candidati ho alzato gli occhi al soffitto e, mi spiace dirlo, ma dopo la visione di King Richard mi si sono direttamente ribaltati nelle orbite, in quanto la sua interpretazione è sì perfetta, ma solo perché a Richard Williams verrebbe voglia di dare schiaffi in eterno. Anzi, vi dirò di più. Durante la visione ho spesso pensato che il ruolo sia andato a Smith e non a Denzel Washington solo perché il primo è anche produttore del film, visto che Richard Williams ha la stessa identica simpatia del protagonista di Barriere, che aveva fruttato a Denzel la sua settima nomination. In virtù di ciò, non ritengo che l'interpretazione di Smith sia eccezionale come la dipingono in molti: Richard Williams, nonostante la storia gli abbia poi dato ragione, è qui dipinto fondamentalmente come un tronfio testa di pazzo che non accetta né ritardi né imprevisti che possano interrompere il suo "piano" di dare vita a due numeri uno del tennis mondiale e se la candidatura a Smith è stata data in virtù di quei due momenti in cui il personaggio si dimostra fragile e insicuro dopo un intero film passato a muso duro con sporadici sorrisetti sprezzanti, allora alzo le mani. E' tuttavia innegabile che Richard William sia un personaggio molto interessante e sfaccettato e che la storia di Serena e Venus, colma di potenziale ispirazione com'è, meriti di essere raccontata e conosciuta. 


King Richard
non ha fatto breccia nel mio fastidio per Will Smith ma sicuramente ha superato con agio le barricate erte contro i film a tema sportivo, coinvolgendomi con la storia vera di due ragazze che rischiavano di avere un destino già segnato nei peggiori ambienti di Compton e che invece, grazie alla dedizione e alla perseveranza dei genitori, sono riuscite ad assurgere a icone sportive e simboli di speranza per tutti i ragazzi come loro (e non solo Serena e Venus, ma tutte le figlie di Oracene Williams hanno avuto carriere interessanti). La sceneggiatura del "novellino" Zach Baylin è un perfetto condensato di tutto ciò che può coinvolgere lo spettatore e alterna in maniera abbastanza equilibrata ascese ed inevitabili cadute delle due atlete e dei piani di papà Richard, tratteggiando con poche pennellate la natura pericolosa del quartiere dove vivono e si allenano i Williams, nonché la perplessità suscitata sia nei bianchi che nei neri dalla "strana" famiglia, e nonostante metta forse troppa carne al fuoco riesce in qualche modo ad approfondire perlomeno i personaggi principali e, soprattutto, a trasmettere il fuoco della competizione durante i concitati match che vedono Venus protagonista. Tutto considerato, se si aggiungono anche le pregevoli interpretazioni di Aunjanue Ellis, Saniyya Sidney e Jon Bernthal (quest'ultimo dotato di una capigliatura sì inguardabile, ma mai quanto quella del vero Rick Macci!), King Richard è un film gradevolissimo, che merita di venire visto e che sicuramente scalda il cuore più del 90% dei biopic in gara quest'anno (ma non supera, a mio avviso, Tick Tick Boom!, molto più emozionante), basta solo tenere a mente che non si tratta di un capolavoro e che la marea di nomination e premi che gli sono piovuti addosso la dice lunga sulla qualità generale del Cinema in questi tempi coviddati o sui gusti della critica che conta.


Di Will Smith (Richard Williams), Jon Bernthal (Rick Macci), Tony Goldwyn (Paul Cohen), Brad Greenquist (Bud Collins) e Dylan McDermott (George Macarthur) ho già parlato ai rispettivi link. 

Reinaldo Marcus Green è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Monsters and Men. E' anche produttore, sceneggiatore e attore. 


Aunjanue Ellis
interpreta Oracene "Brandy" Williams. Americana, ha partecipato a film come The Help, Se la strada potesse parlare e a serie quali Numb3rs, True Blood e Lovecraft Country. Anche produttrice, ha 53 anni. 



mercoledì 19 dicembre 2018

The Clovehitch Killer (2018)

Nell'elenco dei 10 horror 2018 del sito Imdb spiccava The Clovehitch Killer, diretto dal regista Duncan Skiles quindi, per mera curiosità, ho deciso di vederlo.


Trama: sono passati dieci anni dagli omicidi del cosiddetto Clovehitch Killer ma la cittadina dove vive Tyler non ha mai dimenticato le vittime. Poco dopo una celebrazione commemorativa, Tyler scopre che suo padre potrebbe nascondere un segreto...



The Clovehitch Killer fa orrore per davvero. Non durante la parte thriller, per carità, anche se la tensione si taglia col coltello spesso e volentieri, bensì nei momenti in cui viene descritto il modo di vivere di Tyler e della sua famiglia, emblema di tutto ciò che detesto al mondo e non me ne vogliano i ferventi cristiani. Il film di Duncan Skiles porta sullo schermo una realtà fatta di un'ipocrisia talmente grande che verrebbe voglia di prendere a ceffoni forti tutti i protagonisti, dai positivi ai negativi; "soldati cristiani" divisi tra volontariato, scoutismo, preghiera e perbenismo assortito, Tyler, la sua famiglia e tutti quelli come loro sono i primi a puntare il dito e giudicare il prossimo senza ovviamente fare nulla per aiutarlo (quando non rientra nei loro canoni) oppure a girarsi dall'altra parte di fronte a dubbi e sospetti che potrebbero minare l'integrità della comunità. Quando la "puttansuora" di turno, in compagnia del povero Tyler, trova nel furgoncino del padre di lui una foto pornografica a tema bondage, è un attimo vedere il ragazzo letteralmente ghettizzato da tutti gli scoutini che gli danno botte di "pervertito" senza nemmeno offrirgli il beneficio del dubbio; lo stesso, non ci vuole nulla per condannare la giovane Kassi alla nomea di zoccola del paese, perché "tale madre tale figlia", in un coacervo di dicerie ed imprecisioni che diventa inevitabilmente terreno fertile per la follia di un killer. Il Clovehitch Killer del titolo ha regnato indisturbato per molto tempo in questo paese di ipocriti e poi, da dieci anni, senza un motivo apparente, si è fermato ma la sua eredità resta, nella diffidenza reciproca e nelle commemorazioni periodiche per vittime che ancora non hanno ottenuto giustizia, almeno finché Tyler e Kassi non decidono di indagare, spinti da un dubbio atroce. Il coinvolgimento dello spettatore nelle vicende investigative di Tyler e Kassi non risiede nel gusto di scoprire chi sia il killer perché noi capiamo fin dal ritrovamento della foto porno che è il padre di Tyler, l'integerrimo Sam, l'assassino; no, la forza di The Clovehitch Killer sta nel testimoniare la resistenza ai limiti del paradossale delle convinzioni umane, della sottile patina di perbenismo e belle parole capace comunque di nascondere anche il tanfo di qualcosa che puzza lontano un miglio, l'ipocrisia di chi predica bene e razzola male.


Tra un "bud", un "champ", una sorsata di bibita analcolica e una paternale, Dylan McDermott porta sullo schermo tutto l'orrore della banalità del male. Anzi, della TRISTEZZA del male. Un Ned Flanders le cui parole tradiscono una follia nemmeno troppo nascosta, un leader che conduce ad un mondo ideale la famiglia irretendola con un guazzabuglio di "rituali", regole, concessioni parternalistiche, false aperture e che, in sostanza, funge da capobranco in ogni aspetto della sua esistenza. Basterebbe da solo il dialogo basato sui "monkey thoughts" per far accapponare la pelle; vedere Sam che giustifica i pensieri "impuri" del figlio Tyler in quanto solo pensieri, accostando il desiderio di fare sesso al desiderio di prendere un martello e spaccare il cranio delle persone, per rendersi conto di quanta marcia falsità alberghi in Sam, quanti "problemi" (quegli stessi problemi che a un certo punto la moglie nomina, condannando lo spettatore a sospettare, con orrore, che la donna abbia fatto finta di non notare le stranezze del marito per quieto vivere) si contorcano come vermi in quel cervello che sembrerebbe pieno solo di canti religiosi, regole sensate e massime da dispensare a figlio e scout. E Dylan McDermott, in questo, è perfetto. Gradevole d'aspetto ma non bellissimo, dotato di occhiali e pancetta, interpreta un killer "ordinario", un medioman che uccide le sue vittime accusando mal di schiena e fa scorrere brividi nella spina dorsale ad ogni occhiata accondiscendente, ad ogni parola "saggia" che rivolge al povero, ingenuo figliolo, così vicino alle zanne del mostro da mettere ansia ad ogni sequenza che li vede presenti nello stesso ambiente. Avrete capito che The Clovehitch Killer è un (non) thriller che mi è piaciuto molto ma lo stesso vi avverto: il regista si prende il tempo di indugiare in riprese della cittadina, dei boschi, degli appartamenti, dei particolari ; la sceneggiatura quello di indulgere in lunghi momenti di silenzio e in altri di dialoghi altrettanto lunghi. Spettatori facili alla noia avvisati, mezzi salvati. Anche se vi perderete un gran bel film.


Di Dylan McDermott, che interpreta Sam, ho già parlato QUI mentre Samantha Mathis, che interpreta Cindy, la trovate QUA.

Duncan Skiles è il regista della pellicola. Americano, ha diretto un paio di lungometraggi, corti e serie TV a me sconosciuti ed è anche produttore, sceneggiatore e attore.


Charley Plummer, che interpreta Tyler, era John Paul Getty III in Tutti i soldi del mondo. Il film è ispirato alla storia vera del B.T.K. Killer, già portata sullo schermo con B.T.K. - Capitolo finale e The Hunt for the BTK Killer. Non li ho mai visti ma, se l'argomento vi intrigasse, potreste recuperarli! ENJOY!

mercoledì 20 dicembre 2017

La giuria (2003)

Spinti da insana curiosità giuridica, io e il Bolluomo un po' di tempo fa ci siamo sparati La giuria (Runaway Jury), diretto nel 2003 dal regista Gary Fleder e tratto dal romanzo omonimo di John Grisham.


Trama: dopo l'omicidio di un broker, la moglie fa causa alla società produttrice dell'arma usata per ucciderlo. Al processo, il consulente Rankin Finch punta a comporre una giuria in grado di far vincere la società ma qualcosa va storto...



Quest'anno il Bolluomo ha preso una laurea in giurisprudenza e siccome non è facilissimo conciliare i nostri gusti cinematografici/seriali ho pensato di fargli vedere American Crime Story - The People vs OJ Simpson; come al solito, per quel che riguarda la visione stiamo andando lenti come dei bradipi ma Mirco è rimasto incuriosito dalla questione "giuria" e dal modo in cui la stessa viene composta durante i processi in America, con fior di consulenti che aiutano la difesa o l'accusa a selezionare i membri che potrebbero portare alla vittoria dell'una o l'altra parte. Come al solito, in America tutto può venire trasformato in business e lo stesso vale per me: tutto può essere trasformato in un film da guardare senza temere occhiate sdegnate, quindi approfittando della sua programmazione su Netflix ho caldamente appoggiato il desiderio mirchiano di guardare La giuria, pellicola che avevo più volte sentito nominare (a sproposito, credevo che avesse vinto anche degli Oscar...) ma non avevo mai osato guardare per timore di mattonata sui marroni. La mattonata, per fortuna, non c'è stata, sebbene gli ultimi dieci minuti di film mi abbiano vista crollare causa stanchezza e inizio tardivo della visione, e La giuria si è confermata una pellicola molto interessante e a modo suo anche dinamica, zeppa di colpi di scena e fortunatamente non confinata esclusivamente all'interno di un'aula di tribunale. Il processo, in effetti, ha un ruolo abbastanza marginale, quel che contano sono innanzitutto la giuria e poi il dilemma morale di un avvocato anche troppo ingenuo e ligio al dovere contrapposto alla totale mancanza di scrupoli di un consulente geniale che mira solo a fare soldi. E' attraverso gli occhi di quest'ultimo che lo spettatore viene a conoscenza delle complesse dinamiche che sovrintendono alla scelta di una giuria e anche della facilità con cui la stessa, volendo, può essere manipolata dall'esterno e persino dall'interno (anche se pare che esistano regole "reali" che renderebbero la cosa un po' più difficile di come viene mostrato nel film) ed è sempre tramite Fitch che si sviluppa il "thriller" all'interno del processo. Uno dei membri della giuria, infatti, non è adamantino come parrebbe e, una volta scoperto quale dei giurati ha un secondo fine, rimane ancora da comprendere come si svilupperà il gioco d'astuzia sempre più pericoloso tra lui/lei e Fitch e soprattutto quali sono i motivi che risiedono dietro la scelta del giurato in questione, nonché quali saranno le conseguenze sull'intero processo e sulla vita di chi in esso ha riposto tutte le speranze di ottenere giustizia.


Le due carte vincenti de La giuria sono dunque la trama articolata nonché vivace e soprattutto un cast di ottimi attori e caratteristi capaci di incantare gli spettatori con le loro interpretazioni, anche perché sul piano della regia c'è poco da dire, classica ed elegante com'è. Partendo dai "pesci più grossi", Gene Hackman è un mostro di bravura e mangia letteralmente la scena; probabilmente, il momento più esaltante è quello in cui l'attore si confronta per la prima volta nella storia del Cinema con l'amico di vecchia data Dustin Hoffman, impegnato in un altro ruolo intenso benché forse meno memorabile rispetto ad altri, dando vita ad una doppia performance emozionante (ma in generale ogni sequenza in cui è presente Hackman non fa che sottolineare la grandezza dell'attore). Appena sotto troviamo John Cusak, qui ancora all'apice della sua carriera e capace di trasformare l'apparente scazzo del personaggio in qualcosa di più profondo e misterioso, e la bellissima Rachel Weisz, sensuale ed elegante come poche altre attrici. A completare il cast troviamo poi dei caratteristi che riescono, anche con pochi minuti a disposizione, a ritagliarsi uno spazio importante non solo all'interno del film ma anche nella memoria dello spettatore, il quale per una volta non ha difficoltà a destreggiarsi nella marea di personaggi più o meno importanti che popolano la pellicola o ad empatizzare con gli stessi. L'unico appunto che mi viene da muovere alla pellicola, siccome la trama differisce da quella del romanzo solo per la causa scatenante il processo, è: perché in America, non potendo fare causa all'assassino del marito in quanto suicidatosi subito dopo il delitto, ci si può rivalere contro i produttori dell'arma utilizzata? Sinceramente, pur con tutto l'odio e il dolore che proverei in occasione di un'eventualità simile, non mi passerebbe nemmeno per l'anticamera del cervello di citare in giudizio la Beretta, per dire. Ma forse è a questo che servono gli avvocati? Mah. A parte questi miei ragionamenti cretini, La giuria è davvero un bel film che consiglio anche a chi non è mediamente appassionato del genere.  


Del regista Gary Fleder ho già parlato QUI. John Cusak (Nicholas Easter), Gene Hackman (Rankin Fitch), Dustin Hoffman (Wendell Rohr), Rachel Weisz (Marlee), Bruce Davison (Durwood Cable), Bruce McGill (Giudice Harkin), Jeremy Piven (Lawrence Green), Jennifer Beals (Vanessa Lembeck), Bill Nunn (Lonnie Shaver) e Dylan McDermott (Jacob Woods) li trovate invece ai rispettivi link.

Leland Orser interpreta Lamb. Americano, è una di quelle facce conosciute che ricordo da film come Seven, Independence Day, Fuga da Los Angeles, Alien - La clonazione, Salvate il soldato Ryan, Cose molto cattive, Il collezionista di ossa, The Guest, The Devil's Candy e probabilmente anche da serie quali X-Files, Innamorati pazzi, Oltre i limiti, CSI - Scena del crimine, ER - Medici in prima linea e 24. Anche regista e sceneggiatore, ha 57 anni.


Luis Guzmán interpreta Jerry Hernandez. Portoricano, lo ricordo per film come Mr Crocodile Dundee II, Black Rain - Pioggia sporca, Sono affari di famiglia, Amore all'ultimo morso, Carlito's Way, Boogie Nights - L'altra Hollywood, Out of Sight, Il collezionista di ossa, Magnolia, Traffic, Lemony Snicket - Una serie di sfortunati eventi, Cleaner e Pelham 1 2 3 - Ostaggi in metropolitana, inoltre ha partecipato a serie quali Miami Vice, Hunter e Walker Texas Ranger. Anche produttore, ha 61 anni e tre film in uscita.


Cliff Curtis, che interpreta Frank Herrera, era l'insopportabile Travis di Fear the Walking Dead (serie che ho finalmente abbandonato!). Nel romanzo di Grisham la causa veniva intentata contro l'industria del tabacco ma dopo l'uscita di Insider - Dietro la verità la sceneggiatura è stata cambiata, anche perché  la realizzazione de La giuria ha subito un sacco di ritardi; nel 1997 il film avrebbe dovuto essere diretto da Joel Schumacher, con Edward Norton nei panni di Easter e Sean Connery e Gwyneth Paltrow in quelli di Fitch e Marlee, ma quando il regista ha abbandonato il progetto gli attori si sono dedicati ad altro è la stessa cosa è successa nel 2001, quando Will Smith ha rinunciato al ruolo di Easter causando la "dipartita" anche del regista Mike Newell e di Jennifer Connelly, designata per la parte di Marlee. Per la cronaca, il ruolo di Marlee era stato offerto anche a Naomi Watts, costretta a rinunciare per impegni pregressi, e si dice che a un certo punto persino Alfonso Cuarón fosse stato chiamato per dirigere e co-sceneggiare la pellicola. Detto questo, se La giuria vi fosse piaciuto potete recuperare Il cliente, L'uomo della pioggia e Il socio. ENJOY!

venerdì 20 marzo 2015

Mercy (2014)

In questi giorni ho scoperto dell'esistenza di Mercy, film diretto nel 2014 dal regista Peter Cornwell e tratto dal terrificante racconto La nonna, contenuto nella raccolta Scheletri di Stephen King. Potevo lasciarmelo sfuggire? Ahimé no...


Trama: Il piccolo George è assai legato alla nonna materna e quando l'anziana donna viene colpita da un ictus lui e la sua famiglia vanno ad abitare a casa della vegliarda. La nonnina, tuttavia, comincia a comportarsi in maniera inquietante...


Quando ero bambina mi era capitato di leggere un aneddoto realmente accaduto, riadattato su un giornale di Barbie (sì. Da bambina mi piaceva l'Algida Stronza, ok?). Per farla breve, un'attrice stava per andare ad un gran galà e un famoso stilista le aveva lasciato delle buste con dei consigli da seguire per essere la più elegante della festa ed ogni consiglio, con sommo stupore dell'attrice, le suggeriva di togliere un accessorio. Alla fine la signora si era presentata al party con un look minimal ma elegante, suscitando l'ammirazione di tutti. E' un esempio un po' tirato per i capelli ma lo stesso vale per i racconti horror: spesso non importano gli orpelli usati per abbellirli, quanto la capacità dello scrittore di cogliere il nocciolo della questione e ricamarci sopra quel tanto che basta da regalare al lettore notti insonni, lasciandolo a pensare a ciò che "non è stato detto" ma è stato solo suggerito. Il racconto La nonna è un favoloso esempio di quello che sto cercando di spiegare. Stephen King parte da una sensazione che probabilmente provano molti bimbi piccoli (la paura verso un familiare che magari si è visto poco e che ha un modo di fare particolarmente invadente e autoritario o una stazza impressionante) e da una situazione nella quale tutti ci siamo sicuramente trovati durante l'infanzia (essere costretti a passare un paio d'ore da soli, in un ambiente sicuro e conosciuto che comunque in assenza dei genitori diventa un luogo terribile, che nasconde insidie alimentate dalla nostra fantasia) e da lì, in poche pagine, da vita ad un orrore difficile da dimenticare e ad un'angoscia che ci serra lo stomaco riga dopo riga. La forza del racconto La nonna sta nel non detto, nelle suggestioni riassunte in una riga, nella sua terribile e spietata negatività, persino nei personaggi appena abbozzati. Come hanno potuto anche solo pensare che un film di un'ora e mezza avrebbe potuto evocare lo stesso terrore??


E infatti Mercy fa pena, pietà e compassione. Il nocciolo del racconto kinghiano viene liquidato in cinque minuti poco prima del finale, gli unici cinque minuti in grado di creare un po' di tensione, per il resto lo sceneggiatore Matt Greenberg (che già era riuscito a banalizzare altri due racconti del Re, Grano rosso sangue e 1408) ha dovuto lavorare sul poco materiale presente in La nonna e ricamarci sopra fino a farla diventare un'ammorbante storia di maledizioni, legami familiari, bambini prodigio, angeli custodi, DEMONI custodi e patti stretti per amore, aggiungendo una moraletta stinfia completamente (e giustamente) assente nell'opera originale oltre ad un branco di personaggi aggiunti solo per amor di spiegone. La nonna è stato così trasformato in un ordinario horror sulle possessioni demoniache, ulteriormente affossato da una messa in scena piatta e da attori che non avevano probabilmente nessuna idea del perché si trovassero sul set. Peter Cornwell aveva già dimostrato con Il messaggero la sua incapacità di gestire i tempi e il ritmo di una pellicola horror, infatti la prima parte di Mercy è una noia mortale in cui attori e sceneggiatore arrancano per cercare di portare lo spettatore ad interessarsi alla storia e ad inquietarsi (forse avrebbero potuto riuscirci giusto con un bambino di otto anni: chi ha letto La nonna sa già dove vuole andare a parare Mercy, lo spettatore che ha già visto più di due horror idem), mentre la mezz'ora che precede il deprimente finale è la saga del cliché, dove terribili effetti "speciali" (leggi: cagnolini in CG dagli occhi brillanti), spaventi telefonati e simbologie d'accatto dovrebbero farsi perdonare tutta la camurrìa precedente per mezzo di disegnetti macabri e svomitazzate gratuite. Sinceramente, dopo aver visto questa robetta ridicola mi verrebbe voglia di fare causa a King per il modo indegno con cui permette vengano trattati i suoi racconti ma diventerei ripetitiva (credo di aver concluso così un buon 70% di post dedicati agli adattamenti cinematografici Kinghiani) quindi mi limito solo ad urlare "Mercy!!!!" come ha fatto il buon Riff Raff mentre veniva frustato da Frank'n'Furter, ché forse il senso del titolo originale di 'sta schifezza è proprio chiedere pietà.


Del regista Peter Cornwell ho già parlato QUI. Mark Duplass (zio Lanning) lo trovate invece QUA.

Dylan McDermott (vero nome Mark Anthony McDermott) interpreta Jim Swann. Americano, lo ricordo per film come Twister, Fiori d'acciaio, Nel centro del mirino, Miracolo nella 34sima strada, Mister Destiny, The Messengers e per serie come Ally McBeal, Will & Grace e American Horror Story. Anche regista e sceneggiatore, ha 54 anni e due film in uscita.


Frances O'Connor interpreta Rebecca. Inglese, ha partecipato a film come A.I. Intelligenza artificiale, The Hunter e a serie come Once Upon A Time. Ha 47 anni e due film in uscita.


Shirley Knight interpreta Mercy. Americana, ha partecipato a film come Il colore della notte, Diabolique, Qualcosa è cambiato e a serie come La signora in giallo, NYPD, Ally McBeal, E.R. - Medici in prima linea, Cold Case, Dr. House e Desperate Housewives. Anche produttrice, ha 78 anni e due film in uscita.


Il giovane Chandler Riggs, che interpreta George e che nella vita reale è fidanzato con Hana Hayes (la ragazzina bionda che interpreta la "vicina di casa invisibile"), altri non è che il CaaaaVVVllll della serie The Walking Dead e tornerà presto sul grande schermo con un altro thriller horror dal "fantasioso" titolo Home Invasion mentre il fratello Buddy è interpretato da Joel Courtney, già protagonista di Super 8. Detto questo, se Mercy vi fosse piaciuto (ma perché?) vi consiglierei di prendere la raccolta Scheletri e leggere il racconto La nonna o di andare QUI e guardare l'episodio di Ai confini della realtà tratto dal racconto in questione. ENJOY!

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