Visualizzazione post con etichetta paul sorvino. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta paul sorvino. Mostra tutti i post

mercoledì 20 novembre 2019

Quei bravi ragazzi (1990)

Tanta è la tristezza per non essere stata tra i fortunati che sono riusciti a vedere The Irishman al cinema, che ho deciso di prepararmi alla visione su Netflix riguardando (e facendo conoscere al Bolluomo) i film che mi hanno fatta innamorare di Martin Scorsese, in primis Quei bravi ragazzi (Goodfellas), da lui diretto e co-sceneggiato nel 1990 a partire dal romanzo Il delitto paga bene di Nicholas Pileggi.


Trama: Henry Hill, dodicenne di padre irlandese e madre siciliana, comincia a fare piccoli lavoretti per il boss Paul Vario e, a poco a poco, si fa un nome nella criminalità organizzata di Brooklyn; crescendo, assieme ai "colleghi" Jimmy e Tommy mette a segno una serie di colpi, truffe ed omicidi, finendo anche in carcere, finché non decide di impelagarsi nello spaccio di stupefacenti...


Io mi vergogno a parlare di Quei bravi ragazzi, perché non ne sono assolutamente degna, men che meno in grado. Rappresenta tutto ciò che adoro in un film, a partire dall'argomento trattato, ché ho sempre avuto un debole per le storie a tema "mafia", e potrei guardarlo anche mille volte senza stufarmi mai, trovando sempre nuovi motivi per entusiasmarmi, gioire e vergognarmi davanti all'assurda vita (vera, tra l'altro) di quella grandissima faccia di merda di Henry Hill. Per la prima volta l'ho guardato con Mirco e giuro, ho provato paura. Paura che non gli potesse piacere, che lo annoiasse, che mi si spezzasse il cuore all'idea che il mio compagno potesse trovare Quei bravi ragazzi meno che folgorante, invece l'ho visto ridere, stupirsi e sconvolgersi davanti a uno dei capolavori di Scorsese, anzi, quello che per me è IL suo capolavoro indiscusso. Guardare Quei bravi ragazzi per me è come salire su una macchina sportiva guidata da un matto e cominciare una sfrenata corsa in mezzo alla città, a rischio di mettere sotto qualcuno o schiantarsi alla prima curva; Scorsese non dà nemmeno il tempo di respirare, non sta fermo un secondo con la macchina da presa (tra piani sequenza, improvvisi restringimenti di campo, soggettive, cambi di prospettiva e il montaggio fenomenale e adrenalinico della Schoonmaker c'è da diventare scemi), perché nella vita frenetica di Henry e soci non ci si può soffermare a godersi nulla e c'è sempre bisogno di nuovi soldi, gioielli, vestiti, donne, cibo, droga. Credo ci siano pochissimi altri film dove lo spettatore viene così bombardato di dettagli contrastanti, attirato un istante prima dalla prospettiva del lusso e della fama ("eravamo come stelle del cinema") e subito dopo mosso a repulsione dall'orrore di un fiotto di sangue o dalla cafoneria di un branco di parvenu disperati, di queste donne truccatissime e sfatte accompagnate da mariti di un'ignoranza e una pochezza abissali. Non solo, lo spettatore viene messo di fronte a più punti di vista ed è costretto a fungere da "freno" per questa corsa disperata, così da non farsi catturare dall'insano fascino di una famiglia che protegge e supporta i suoi membri anche quando razionalmente verrebbe da fuggire a gambe levate davanti a gente che uccide per uno scatto d'ira senza fare distinzione tra amici o nemici.


I punti di vista di Quei bravi ragazzi sono fondamentalmente due, anzi forse tre. Il primo è quello di Henry Hill, ovviamente. Voce narrante per nulla pentita, convinto fautore della vita dei "bravi ragazzi" anche davanti agli eventi più sconvolgenti, Henry è un ragazzino cresciuto con valori distorti che non è mai diventato un adulto e quindi può tranquillamente venire riconosciuto come narratore inaffidabile; non che Henry ci racconti delle palle, quello no, ogni cosa che viene mostrata sullo schermo è effettivamente avvenuta, ma ci viene presentata come la normalità oppure, al massimo, come un piccolo incidente di percorso. Accanto ad Henry, di tanto in tanto, si fa sentire la voce della moglie Karen, di religione ebraica e di buona famiglia, che prende per mano lo spettatore e lo affianca, raccontandogli "la famiglia" vista da un esterno che arriva a poco a poco a comprenderne i meccanismi, alternando un piacevole stupore a perplessità sempre più grandi, a mano a mano che la patina di glamour dorato viene grattata via rivelando uomini abietti e dollari insanguinati, umiliazioni e soprusi a non finire. A fare da "totem", poi, c'è Paul Vario, il boss, interpretato magistralmente da un Paul Sorvino al quale basta uno sguardo per farsi capire, senza bisogno di parole. Paul Vario rappresenta la sicurezza delle regole codificate della strada, il cuore nero della famiglia che protegge ed assicura il perpetuarsi dei valori, per quanto sbagliati e distorti. Persino un bambino capirebbe che i veri nemici dei "bravi ragazzi" non sono poliziotti, governo o federali (che di tanto in tanto spuntano, solo per essere trattati alla stregua di moscerini fastidiosi) ma coloro che, dall'interno, non rispettano le regole, causando così la rovina del sistema; Paul è il guardiano della tribù, silenzioso ma perentorio, la sua è l'oasi relativamente tranquilla di chi conosce quel mondo, lo teme e lo rispetta, ne scandisce il ritmo con "rituali" regolari (Paul era quello che tagliava l'aglio così fine da farlo sciogliere, per dire) mentre Henry, Jimmy e Tommy sono le tre schegge impazzite che a un certo punto, per gratificare il proprio ego, vogliono di più e mandano al diavolo ogni legge del branco, condannandolo alla distruzione senza possibilità di ritorno, come accade spesso nei film di Scorsese. Henry si da allo spaccio, Tommy ammazza senza criterio, Jimmy parrebbe quello più assennato dei tre ma alla fine copre gli altri due in ogni loro sgarro, approfittando di volta in volta dei vantaggi che gli potrebbero derivare, confermandosi così il peggiore del gruppetto.


E che attori, ad interpretare questi personaggi indimenticabili, diventati nel tempo talmente iconici che persino gli Animaniacs li hanno omaggiati con I Picciotti (o i Goodfeathers, chiamateli come volete). Andiamo con ordine. Ray Liotta interpreta Henry ed è bellissimo, almeno all'inizio, con quegli occhi azzurro ghiaccio e il piglio vincente. E' bello come la visione che ha del mondo a cui appartiene, e non si può biasimare Karen per essersi fatta infinocchiare, poi però diventa sempre più brutto e volgare; sul finale, strafatto di coca fino agli occhi, tutto attorno a lui cambia diventando l'allucinazione di un paranoico, cambia persino la fotografia, che si fa più grigia e cupa, mentre l'uomo vaga "sudato che farebbe schifo a un piede" e con gli occhi pallati. Ray Liotta ha affermato di essere "la colla che tiene assieme i glitter". In effetti, la sua interpretazione potrebbe definirsi quasi misurata, perché a risplendere di luce propria (folle, ma pur sempre luce) sono due animali da palcoscenico come Robert De Niro e Joe Pesci. Il Jimmy di De Niro è un bastardo matricolato, calmissimo, a cui basta uno sguardo per dare a intendere un mondo di oscurità e noncuranza verso il genere umano capace di rivaleggiare con quella del grande amicone Tommy, interpretato da un Joe Pesci che, giustamente, ha ottenuto una statuetta come miglior attore non protagonista. Joe Pesci fa paura in Quei bravi ragazzi, ne fa persino a me che avrò guardato il film almeno una ventina di volte e ogni volta stringo i denti nell'attesa di quello che farà Tommy ai poveri malcapitati che hanno avuto la sventura di dire una parola sbagliata, che sia "buffo", "lustrascarpe" o "vai a farti fottere". Joe Pesci è una scheggia impazzita, è la bravura di chi improvvisa e sconvolge persino i suoi colleghi attori, è l'imprevisto costantemente alle calcagna di chi fa la vita da bravo ragazzo e non sa come e dove gli capiterà di morire, è l'aspetto grottesco e tragicamente buffo di gente ridicola, meritevole di venire ridotta a cliché anche quando Scorsese, invece, la eleva a poesia pura. Per dire, è così larger than life il personaggio di Tommy che nella sequenza della "promozione" mi sale un vergognoso magone alla gola. Quanto altro avrei da dire su Quei bravi ragazzi, cominciando con l'apprezzare senza riserve quel delirio di colonna sonora, tra crooner, musicarelli, rock, Layla e My Way che accompagnano alla perfezione ogni singola sequenza. Ma sono solo una povera fangirl di Scorsese, che invece meriterebbe fior di studiosi a venerarlo come merita, e l'unica cosa che posso fare è aspettare The Irishman con trepidazione, riguardando altre mille volte quello che per me è il miglior film sulla mafia di sempre.


Del regista e co-sceneggiatore Martin Scorsese ho già parlato QUI. Robert De Niro (James Conway), Ray Liotta (Henry Hill), Joe Pesci (Tommy DeVito), Paul Sorvino (Paul Vario), Kevin Corrigan (Michael Hill), Michael Imperioli (Spider), Samuel L. Jackson (Stacks Edwards) e Tobin Bell (Agente preposto alla libertà vigilata) li trovate invece ai rispettivi link.

Lorraine Bracco interpreta Karen Hill. Americana, la ricordo per film come 4 pazzi in libertà, Nei panni di una bionda, Ritorno dal nulla e serie quali I Soprano, inoltre ha lavorato come doppiatrice in BoJack Horseman. Anche produttrice e regista, ha 65 anni e due film in uscita.


Frank Vincent interpreta Billy Batts. Americano, ha partecipato a film come Toro scatenato, Casinò e serie quali Le avventure del giovane Indiana Jones, Walker Texas Ranger e I Soprano, inoltre ha lavorato come doppiatore in Shark Tale. Anche produttore, è morto nel 2017 all'età di 80 anni.


Abbastanza scandalosi gli Oscar di quell'anno, che hanno visto Quei bravi ragazzi perdere nella categoria miglior film, regia, sceneggiatura non originale e montaggio contro Kevin Costner e il suo Balla coi lupi; ora, io sono anni che non lo guardo ma anche un po' fanculo, dai, e vivaddio nel 1991 avevo 10 anni e non sapevo quasi cosa fossero gli Oscar, men che meno Scorsese, o sai il nervoso che mi sarei fatta. A 'sti punti giustifico di più la vittoria di Woopi Goldberg come non protagonista per Ghost, al posto di Lorraine Bracco. Parlando di cose più facete, Catherine e Charles Scorsese, madre e padre del regista, compaiono rispettivamente come madre di Tommy e come Vinnie. Tra le "comparsate" di spessore dei futuri componenti del cast de I Soprano, invece, oltre agli ovvi Lorraine Bracco, Michael Imperioli e Frank Vincent che sarebbero diventati la dottoressa Melfi, Chris Moltisanti e Phil Leotardo, segnalo la presenza di Tony Sirico (il futuro, amato e odiato Paulie, qui interpreta Tony Stacks), Vincent Pastore (futuro "Pussy" Bonpensiero), Suzanne Shepherd (qui è la madre di Karen, ne I Soprano è la madre di Carmela), Tony Lip (quello di Green Book, qui interpreta Frankie The Wop, ne I Soprano invece Carmine Lupertazzi Jr.); altre comparsate di lusso sono quelle di Vincent Gallo, che interpreta un membro della banda di Henry negli anni '70, e la figlia di Lorraine Bracco ed Harvey Keitel, Stella Keitel, che interpreta la figlia maggiore di Henry. Passiamo ora a chi, per sfortuna o poca lungimiranza, non ce l'ha fatta, Al Pacino in primis, che ha rifiutato il ruolo di Jimmy per paura di diventare uno stereotipo e poi lo stesso anno è finito a fare Big Boy Caprice in Dick Tracy (anche John Malkovich ha rinunciato al ruolo, comunque), mentre per la parte di Henry all'epoca si parlava di Tom Cruise, Sean Penn o Alec Baldwin. E ora una curiosità divertente: la vita del vero Henry Hill dal momento in cui ha cominciato la vita di testimone sotto protezione, è stata portata sullo schermo come commedia ne Il testimone più pazzo del mondo, scritto da Nora Ephron, moglie di Mitch Pileggi. Magari potreste recuperarlo, nel caso Quei bravi ragazzi vi fosse piaciuto, e ovviamente aggiungere Casino, Donnie Brasco e la trilogia de Il padrino! ENJOY!

martedì 16 aprile 2019

Stuff - Il gelato che uccide (1985)

In occasione della morte di Larry Cohen ho riguardato un altro dei suoi film cult, Stuff - Il gelato che uccide (The Stuff), da lui diretto e sceneggiato nel 1985.


Trama: quando viene immesso sul mercato lo Stuff, un bianco gelato dal sapore divino, la gente non ne può più fare a meno... ma sono loro che mangiano il gelato o è il gelato a mangiare loro?



The Stuff, ovvero "la roba", visto che cosa diamine sia di preciso questo Stuff non lo sa nessuno, almeno fino alla fine del film, però lo si compra lo stesso perché dicono sia buono. Ma anche "to stuff", perché la gente si rimpinza di questo gelato cremoso fino a scoppiare, diventando dei pupazzi vuoti ripieni di densa rumenta bianca, privi di qualsivoglia volontà che non sia mangiare, mangiare e ancora mangiare. E così Larry Cohen offre al pubblico la sua opera di critica contro il consumismo imperante, contro il desiderio di avere l'oggetto più di moda al momento senza nemmeno capire cosa sia, al ritmo di pubblicità accattivanti e di "can't get enough of this wonderful Stuff", facendosi mangiare via il cervello conformandosi alla massa di automi assimilabili agli zombie romeriani che tornavano ad affollare il centro commerciale. Meno raffinato di Romero, ça va sans dire, quello di Larry Cohen è il Metaforone con la M maiuscola, che punta il dito innanzitutto contro chi adora fare soldi sulla pelle dei poveri cristi ignoranti (qui non si parla di misteriose associazioni a delinquere ma di capitani d'industria, FDA e funzionari compiacenti che chiudono parecchi occhi pur di salire sul carro del prodotto di punta) e poi sullo scarso senso critico degli americani in generale, in quanto popolo di bibini bisognoso di pubblicitari che dicano loro cosa, chi e quanto amare. Soldati come il colonnello Spears si isolano pronti a combattere i comunisti ma non si rendono conto che il nemico peggiore per la società americana è ben più insidioso e dal sembiante gradevole, un ultracorpo contenuto in un'accattivante confezione di gelato che è il trionfo del design anni '80, con quei colori squillanti ed evocativi che fan venire voglia di comprarlo prima di subito, nemmeno fosse appena uscito dalla fabbrica di Willy Wonka.


The Stuff è quindi un film che carica la metafora sociale appesantendola e lanciandola contro il pubblico come uno schiacciasassi ma non è scemo come si è arrivati a credere, tanto che il DVD inglese che ho in casa fa parte di una collana chiamata "cult B-Movie". E' vero, The Stuff è un B-Movie ma ha una sua dignità, alla faccia dei personaggi borderline (Michael Moriarty recita costantemente sopra le righe e si rotola una patata in bocca dall'inizio alla fine del film, a Paul Sorvino spettano i dialoghi più deficienti della sua intera carriera) e dell'effetto speciale cheesy come un puff al formaggio, soprattutto nei momenti in cui lo Stuff deve dimostrare la sua natura di viscido blob senziente in quantità maggiori di un barattolo (lì i poveri attori fanno fatica ad interagire), mentre alcuni esseri umani "corrotti" fanno genuinamente schifo, anche per un film girato con budget ridotto. Doveste mai recuperare The Stuff, non aspettatevi quindi un horror tout court, quanto piuttosto una nerissima commedia satirica, perfettamente radicata nell'epoca reaganiana in cui è stata girata; si ride parecchio in The Stuff ma siccome dagli anni '80 ad oggi non è praticamente cambiato nulla e il concetto di obey, consume and conform è tristemente attuale, è una risata amara e non farei fatica a immaginare un remake aggiornato del film di Cohen con orde di instagrammer, influencer e youtuber a diffondere lo Stuff non solo nelle piccole province americane, quelle più permeabili, ma in tutto il mondo e in tempo zero. Perché enough is never enough, purtroppo.


Del regista e sceneggiatore Larry Cohen ho già parlato QUI. Paul Sorvino (Colonnello Malcom Grommett Spears) e Danny Aiello (Vickers) li trovate invece ai rispettivi link.

Michael Moriarty interpreta David "Mo" Rutherford. Americano, ha partecipato a film come Baby Killer III, I vampiri di Salem's Lot e a serie quali Ai confini della realtà, Psi Factor, Oltre i limiti, La zona morta, Taken, The 4400 e Masters of Horror. Anche sceneggiatore, ha 78 anni.


James Dixon, che interpreta il postino, è stato il Detective Perkins della trilogia iniziata con Baby Killer ma scorrendo la lista degli interpreti su Imdb si scopre che persino nomi eccellenti come Patrick Dempsey e Mira Sorvino hanno fatto delle piccolissime comparsateDetto questo, se Stuff - Il gelato che uccide vi fosse piaciuto recuperate Terrore dallo spazio profondo, Brain Damage - La maledizione di Elmer, La cosa e Slither. ENJOY!


venerdì 28 agosto 2015

Rainbow Day - Cruising (1980)


Quest'oggi La fabbrica dei sogni compie sette anni e la padrona del blog ha chiesto alla solita cumpa di cinefili scribacchini di farle gli auguri in modo un po' speciale, ovvero parlando di un film a tematica omosessuale per ricordare quanto ancora sia diffusa l'omofobia e quanta strada si debba fare (soprattutto in Italia) perché alle coppie gay vengano giustamente riconosciuti gli stessi diritti di quelle etero. La mia scelta è caduta, più per curiosità che per effettiva conoscenza del film in questione, su Cruising, diretto e sceneggiato nel 1980 dal regista William Friedkin partendo dal romanzo omonimo di Gerald Walker.


Trama: dopo una serie di brutali delitti compiuti ai danni di alcuni omosessuali dediti a pratiche sadomaso, un poliziotto viene scelto dal suo capo per infiltrarsi all'interno di questo "microcosmo" e scovare il killer...



Sono sinceramente dispiaciuta di avere scelto Cruising come film per celebrare la diversità e l'orgoglio omosessuale, dico davvero. E non perché la pellicola di Friedkin non mi sia piaciuta, anzi, l'ho trovata molto weird ed intrigante ma c'è da mettersi le mani nei capelli per il modo in cui dipinge la scena gay "underground" del Greenwich Village e non c'è da stupirsi che il film sia stato boicottato già durante le riprese dalla comunità omosessuale. Immaginate qualsiasi stereotipo possa venirvi in mente sui gay, cominciando molto banalmente da un mix tra i video dei Village People e le scene ambientate al Blue Oyster in Scuola di polizia, aumentate brutalmente il livello di pornografia e avrete una vaga idea di quello che vi aspetterà se mai deciderete di guardare Cruising: il film infatti non lesina scene hard di ordinarie orge sotterranee tra fustacchioni dotati di baffoni a manubrio, aderentissimi pantaloni con apposite aperture ad altezza chiappe, accessori sadomaso e berrettini da poliziotto, oppure panoramiche di parchi popolati da aitanti omosessuali in modalità "cruising", ovvero pronti a cercare la scopata facile (da cui nasce il gioco di parole tra "cruising" inteso come andare in cerca di partner e "cruising" nel senso di andare di pattuglia) e sculettanti buliccetti sognatori rigorosamente scrittori, costumisti, attori, ecc. ecc. Non certo un bel modo di presentare la comunità gay ad un pubblico che l'anno seguente avrebbe cominciato a vedere ovunque l'alone violaceo del morbo dell'AIDS e scatenato una caccia all'omosessuale che, siamo sinceri, dura ancora oggi. Pensandoci a mente fredda, lo sguardo di Friedkin è impietoso e, sia a livello di sceneggiatura che di regia, ci sono pochissime occasioni in cui lo spettatore viene spinto non tanto a provare pietà ma perlomeno ad empatizzare con le vittime in particolare o con gli omosessuali in generale. Tutto viene infatti filtrato attraverso il punto di vista (dapprima naif poi sempre più allucinato e distorto) di un giovanissimo sbirro che viene costretto non solo a fare da esca per un eventuale killer ma anche a diventare "carne da macello" agli occhi di questi branchi di gay violenti ed infoiati, all'interno di ambienti talmente sordidi che la mente del protagonista viene inevitabilmente travolta ed annullata. Soltanto una volta Steve Burns prova un reale impulso di umana pietà nei confronti di un giovane omosessuale brutalizzato dalla polizia ma è solo perché, per esigenze di "copione", si mette finalmente nei panni di chi viene malmenato ed umiliato in quanto "diverso" e ciò lo porta a mettere in discussione tutto quello che gli è sembrato normale fino a poco prima, fidanzata e lavoro compresi. Un po' poco per celebrare l'orgoglio gay.


Nonostante tutto questo bailamme di stereotipi e momenti talvolta anche abbastanza trash, pare che Cruising abbia fatto storia e si sia comunque conquistato un suo spazio nell'empireo dei cult, per vari motivi. Innanzitutto, il film è basato sulla storia vera di un serial killer che negli anni settanta aveva fatto parecchie vittime tra gli omosessuali e, molto probabilmente, l'omicida era un tale Paul Bateson, che aveva partecipato a L'esorcista nei panni dell'infermiere che infila Reagan sotto la terribile macchina per la scansione cerebrale e che, di conseguenza, è stato spesso consultato da Friedkin durante la realizzazione di Cruising. Una realizzazione travagliata, come avrete capito dal tema trattato, e non solo per le giuste proteste della comunità gay: pare infatti che il regista abbia dovuto tagliare le scene più spinte onde evitare che il film venisse interamente censurato e non si sa tutt'oggi se questi quasi 40 minuti di girato siano stati (come si vocifera) distrutti oppure se ancora esistano da qualche parte, cosa di cui i fan sono convinti e che da anni li spinge a chiedere una riedizione integrale della pellicola. Come avrete capito, non faccio parte degli aficionados di Cruising e starei serena anche senza un eventuale director's cut ma non nego di avere apprezzato il cupissimo clima generale di ambiguità ed incertezza che permea l'intera vicenda, fatta di continui scambi di ruolo tra prede e predatori, di vicendevoli pregiudizi, di violenza tollerata e malcelata, di imbarazzo e di follia. Altro non aggiungerò sulla trama, perché credo che Cruising sia un film da scoprire (e da cui lasciarsi sconvolgere) a poco a poco, con un Al Pacino reduce da ruoli già iconici ed impegnato in una parte per molti versi difficilissima e logorante; sono quasi convinta che, alla fine delle riprese, gli attori coinvolti abbiano dovuto tirarsi delle gran secchiate di acqua addosso per lavare via quell'aura di "sbagliato" e corrotto che si portano addosso quasi tutti i protagonisti, salvo forse la povera ed ignara Karen Allen, la fidanzata della porta accanto costretta a stare fianco a fianco con una realtà pericolosa appena fuori dalla portata del suo campo visivo. Altro che Rainbow: la comunità gay americana non è mai stata così Black!!


Se volete continuare a celebrare La fabbrica dei sogni e il Rainbow Day potete andare a leggere i post scritti dai colleghi blogger! ENJOY!

In Central Perk
Inside the Obsidian Mirror
Non c'è paragone
Pensieri Cannibali
La fabbrica dei sogni
Delicatamente perfido
Solaris
Director's Cult
Montecristo
WhiteRussian


lunedì 16 febbraio 2009

Repo! The Genetic Opera (2008)

Le parole Paris Hilton e musical horror, possono fare pensare o ad un giusto orrore musicale partorito dall’immonda creatura oppure a qualcosa di talmente trash da non poter nemmeno essere immaginato. Ebbene, non solo questo film è stato immaginato ed esiste, ma non è neppure troppo trash… meglio definirlo kitch, e si tratta di Repo! The Genetic Opera, film del 2008 diretto Darren Lynn Bousman.


repo-genetic-opera-final-poster




La trama, condita da almeno una cinquantina di canzoni il cui genere spazia dal rock, al punk, all’opera, al j-pop, fino a giungere allo stile tipico di Broadway, è questa: in un futuro non troppo distante un’epidemia porta alla disfunzione degli organi più importanti, e quindi alla morte. La Gene.co, guidata dall’ambiguo Rotti Largo, offre la soluzione: trapianti di organi con comodi pagamenti da effettuare una volta guariti. Se una volta recuperata la salute non si riesce a recuperare anche il denaro, è pronta un’altra soluzione: la requisizione legalizzata degli organi impiantati, per mano del misterioso e crudele Repo Man, agente e chirurgo della Gene.co. E mentre questo spauracchio continua a mietere vittime, assistiamo alla storia di Shilo, una ragazzina malata assillata dalle cure del padre che ricerca strenuamente la libertà , storia che si intreccia a quella dello stesso Rotti Largo, morente e deciso a non lasciare in eredità la Gene.co ai tre figli degeneri e degenerati…


4917554648098444572

Che dire, ammetto che dal momento stesso in cui ho letto gli interpreti ed il genere non ho avuto altro pensiero in testa che di vedere questo Repo! The Genetic Opera. E l’aspettativa è stata ripagata da un film innanzitutto elaboratissimo e quasi barocco dal punto di vista visivo. Più delle canzoni sono i colori, le scenografie, il trucco e i costumi che colpiscono lo spettatore e catturano completamente la sua attenzione. A cominciare dall’ambientazione steampunk, che ricorda molto film come Blade Runner e Matrix, oppure opere come Akira ed Alita, e che si mescola con luoghi gotici, come il cimitero e la casa di Shilo, e dichiaratamente rinascimentali, come l’Opera e i suoi quartieri. I costumi sono uno splendore, soprattutto gli abiti della protagonista che sembra una sorta di Alice nel Paese degli Orrori, ma anche la cantante Blind Meg, interpretata dalla splendida Sarah Brightman, sembra uscita dalla fantasia malata e gotica di Kaori Yuki: una bambola cantante dagli occhi bionici color azzurro elettrico e dalle lunghissime ciglia. Gli effetti speciali sono ovviamente all’altezza, impressionanti ogni volta che Repo Man colpisce le sue vittime recuperando organi con tanto di codice a barre applicato, ma anche quando vengono mostrati tutti gli effetti della dipendenza dalla chirurgia estetica e dalla droga anestetica direttamente estratta dai cadaveri.



20080223_repopubli1

Le canzoni come le coreografie sono molto belle, seppur non eccelse. Qui non siamo ai livelli del Rocky Horror Picture Show o de La piccola bottega degli orrori, ovviamente, però alcuni pezzi come Seventeen, cantata da una punkissima Alexa Vega ad un Anthony Head palesemente sconvolto, o l’italianissima aria finale cantata da Blind Meg sono bellissimi anche per merito delle due cantanti: su Sarah Brightman non avevo dubbi visto che il ruolo di Christine Dae nel Phantom of The Opera è stato scritto per la sua voce, ma anche Alexa Vega è bravissima e la sua voce percorre piacevolmente tutto il film. Il mitico Anthony Head interpreta un personaggio che è degno erede dei mostri tormentati dei vecchi e storici horror, ugualmente deliziato e disgustato dalla sua vena sadica, costretto ad uccidere per amore; peccato che la sua splendida voce sia penalizzata da canzoni che sono tra le più banali della pellicola, anche se vederlo interpretare una doppia personalità anche in musica è uno spettacolo affascinante. L’altro ottimo cantante è Paul Sorvino anche se gli si richiedono virtuosismi da tenore italiano che lo ingolfano tanto quanto Pierce Brosnan in Mamma mia! Da dimenticare le performances di Paris Hilton, sebbene il personaggio di Amber Sweet le calzi a pennello, e anche quella di Bill Moseley: i tre figli di Rotti Largo sono tre pagliacci, delle caricature, e vanno recitati come tali, ma sono davvero strazianti da ascoltare quando cantano.



repoadbig

Ho molto apprezzato l’introduzione e gli intermezzi esplicativi a fumetti, molto vintage e accompagnati da una melodia assai carina. Intermezzi di nero umorismo (girati in 16 mm a differenza del film che è interamente girato in digitale) che spiegano con delle didascalie, come in un film muto, tutti i tragici retroscena che hanno portato i personaggi alla vita che conducono; a differenza della maggior parte dei musical, infatti, in Repo! The Genetic Opera le canzoni rivelano solo in parte i veri pensieri dei protagonisti. Alcuni pensieri non vengono mai esposti al pubblico, segreti troppo dolorosi per essere espressi con delle canzoni.


2008_repo_the_genetic_opera_006


In definitiva Repo! The Genetic Opera è un film da vedere, anche se non potrà piacere a tutti: lo consiglio agli amanti del musical, di Buffy The Vampire Slayer e del kitch, assolutamente.




Darren Lynn Bousman è il regista sia di questo film che del cortometraggio del 2001 e dell’opera teatrale dallo stesso titolo, da cui la pellicola è tratta. Ha realizzato tre dei quattro seguiti di Saw: Saw II, III e IV. Ha 30 anni.



Darren_Lynn_Bousman

Anthony Stewart Head interpreta Repo Man in persona. Mentre sbudella povere persone indifese troverete difficile riconoscerlo come il buon Mr. Giles della serie Buffy The Vampire Slayers, la figura paterna che ogni ragazza vorrebbe avere. L’attore inglese, anche ottimo cantante e artista teatrale (ha interpretato anche Frank’n Furter nel Rocky Horror Show a teatro), ha partecipato, per la TV, a telefilm come Highlander, NYPD Blue, Doctor Who, l’ormai cult Little Britain e Merlin. Ha fatto una comparsata nello Sweeney Todd di Tim Burton. Ha 55 anni e un film in uscita.



14256__head_l




Alexa Vega interpreta Shilo Wallace, la piccola protagonista. Ha partecipato a pellicole come Nine Months – Imprevisti d’amore, Twister, Spy Kids, Spy Kids II e Missione 3D: Game Over. Per la TV ha recitato in ER. Ha 21 anni e tre film in uscita.



AlexaVega_01

Paul Sorvino interpreta Rotti Largo, il padrone morente della Gene.co. Il buon Paul, padre della ex fiamma tarantiniana Mira Sorvino, è un attore di un certo spessore, ha lavorato innanzitutto con registi come Martin Scorsese in Quei bravi ragazzi, e Baz Luhrmann in Romeo + Giulietta. Opere minori, ma non meno importanti, sono The Stuff – Il gelato che uccide (devo recensirlo…!), Dick Tracy e Il socio. Per la TV ha partecipato a Moonlighting, La signora in giallo e Law and Order. Ha 70 anni e tre film in uscita.



paul_sorvino

Bill Moseley interpreta Luigi Largo, uno dei tre figli degeneri. Il buon Bill ce lo ricordiamo tutti nei panni del cattivissimo Otis B. Driftwood nei due film che compongono la deviata saga familiare di Rob Zombie, La Casa dei 1000 corpi e La casa del Diavolo, ma ha partecipato a moltissimi altri film. Cito solo alcuni titoli, tra i più conosciuti: Non aprite quella porta 2, Il fluido che uccide, Pink Cadillac, Pentragram - Pentacolo, La notte dei morti viventi, Tesoro mi si è allargato il ragazzino, L'armata delle tenebre, Grindhouse, Halloween: The Beginning. Ha recitato anche in telefilm come Freddy's Nightmares ed ER. Ha 57 anni e otto film in uscita tra cui il seguito di 2001 Maniacs.


 


Moseley1


Vi risparmio la biografia di Paris Hilton, francamente... di lei, meno si sa e meglio è!  E ora vi lascio con il trailer del film... un paio di canzoni si sentono, e la realizzazione si intuisce! ENJOY!





















Se vuoi condividere l'articolo

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...