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venerdì 28 agosto 2015

Rainbow Day - Cruising (1980)


Quest'oggi La fabbrica dei sogni compie sette anni e la padrona del blog ha chiesto alla solita cumpa di cinefili scribacchini di farle gli auguri in modo un po' speciale, ovvero parlando di un film a tematica omosessuale per ricordare quanto ancora sia diffusa l'omofobia e quanta strada si debba fare (soprattutto in Italia) perché alle coppie gay vengano giustamente riconosciuti gli stessi diritti di quelle etero. La mia scelta è caduta, più per curiosità che per effettiva conoscenza del film in questione, su Cruising, diretto e sceneggiato nel 1980 dal regista William Friedkin partendo dal romanzo omonimo di Gerald Walker.


Trama: dopo una serie di brutali delitti compiuti ai danni di alcuni omosessuali dediti a pratiche sadomaso, un poliziotto viene scelto dal suo capo per infiltrarsi all'interno di questo "microcosmo" e scovare il killer...



Sono sinceramente dispiaciuta di avere scelto Cruising come film per celebrare la diversità e l'orgoglio omosessuale, dico davvero. E non perché la pellicola di Friedkin non mi sia piaciuta, anzi, l'ho trovata molto weird ed intrigante ma c'è da mettersi le mani nei capelli per il modo in cui dipinge la scena gay "underground" del Greenwich Village e non c'è da stupirsi che il film sia stato boicottato già durante le riprese dalla comunità omosessuale. Immaginate qualsiasi stereotipo possa venirvi in mente sui gay, cominciando molto banalmente da un mix tra i video dei Village People e le scene ambientate al Blue Oyster in Scuola di polizia, aumentate brutalmente il livello di pornografia e avrete una vaga idea di quello che vi aspetterà se mai deciderete di guardare Cruising: il film infatti non lesina scene hard di ordinarie orge sotterranee tra fustacchioni dotati di baffoni a manubrio, aderentissimi pantaloni con apposite aperture ad altezza chiappe, accessori sadomaso e berrettini da poliziotto, oppure panoramiche di parchi popolati da aitanti omosessuali in modalità "cruising", ovvero pronti a cercare la scopata facile (da cui nasce il gioco di parole tra "cruising" inteso come andare in cerca di partner e "cruising" nel senso di andare di pattuglia) e sculettanti buliccetti sognatori rigorosamente scrittori, costumisti, attori, ecc. ecc. Non certo un bel modo di presentare la comunità gay ad un pubblico che l'anno seguente avrebbe cominciato a vedere ovunque l'alone violaceo del morbo dell'AIDS e scatenato una caccia all'omosessuale che, siamo sinceri, dura ancora oggi. Pensandoci a mente fredda, lo sguardo di Friedkin è impietoso e, sia a livello di sceneggiatura che di regia, ci sono pochissime occasioni in cui lo spettatore viene spinto non tanto a provare pietà ma perlomeno ad empatizzare con le vittime in particolare o con gli omosessuali in generale. Tutto viene infatti filtrato attraverso il punto di vista (dapprima naif poi sempre più allucinato e distorto) di un giovanissimo sbirro che viene costretto non solo a fare da esca per un eventuale killer ma anche a diventare "carne da macello" agli occhi di questi branchi di gay violenti ed infoiati, all'interno di ambienti talmente sordidi che la mente del protagonista viene inevitabilmente travolta ed annullata. Soltanto una volta Steve Burns prova un reale impulso di umana pietà nei confronti di un giovane omosessuale brutalizzato dalla polizia ma è solo perché, per esigenze di "copione", si mette finalmente nei panni di chi viene malmenato ed umiliato in quanto "diverso" e ciò lo porta a mettere in discussione tutto quello che gli è sembrato normale fino a poco prima, fidanzata e lavoro compresi. Un po' poco per celebrare l'orgoglio gay.


Nonostante tutto questo bailamme di stereotipi e momenti talvolta anche abbastanza trash, pare che Cruising abbia fatto storia e si sia comunque conquistato un suo spazio nell'empireo dei cult, per vari motivi. Innanzitutto, il film è basato sulla storia vera di un serial killer che negli anni settanta aveva fatto parecchie vittime tra gli omosessuali e, molto probabilmente, l'omicida era un tale Paul Bateson, che aveva partecipato a L'esorcista nei panni dell'infermiere che infila Reagan sotto la terribile macchina per la scansione cerebrale e che, di conseguenza, è stato spesso consultato da Friedkin durante la realizzazione di Cruising. Una realizzazione travagliata, come avrete capito dal tema trattato, e non solo per le giuste proteste della comunità gay: pare infatti che il regista abbia dovuto tagliare le scene più spinte onde evitare che il film venisse interamente censurato e non si sa tutt'oggi se questi quasi 40 minuti di girato siano stati (come si vocifera) distrutti oppure se ancora esistano da qualche parte, cosa di cui i fan sono convinti e che da anni li spinge a chiedere una riedizione integrale della pellicola. Come avrete capito, non faccio parte degli aficionados di Cruising e starei serena anche senza un eventuale director's cut ma non nego di avere apprezzato il cupissimo clima generale di ambiguità ed incertezza che permea l'intera vicenda, fatta di continui scambi di ruolo tra prede e predatori, di vicendevoli pregiudizi, di violenza tollerata e malcelata, di imbarazzo e di follia. Altro non aggiungerò sulla trama, perché credo che Cruising sia un film da scoprire (e da cui lasciarsi sconvolgere) a poco a poco, con un Al Pacino reduce da ruoli già iconici ed impegnato in una parte per molti versi difficilissima e logorante; sono quasi convinta che, alla fine delle riprese, gli attori coinvolti abbiano dovuto tirarsi delle gran secchiate di acqua addosso per lavare via quell'aura di "sbagliato" e corrotto che si portano addosso quasi tutti i protagonisti, salvo forse la povera ed ignara Karen Allen, la fidanzata della porta accanto costretta a stare fianco a fianco con una realtà pericolosa appena fuori dalla portata del suo campo visivo. Altro che Rainbow: la comunità gay americana non è mai stata così Black!!


Se volete continuare a celebrare La fabbrica dei sogni e il Rainbow Day potete andare a leggere i post scritti dai colleghi blogger! ENJOY!

In Central Perk
Inside the Obsidian Mirror
Non c'è paragone
Pensieri Cannibali
La fabbrica dei sogni
Delicatamente perfido
Solaris
Director's Cult
Montecristo
WhiteRussian


domenica 23 giugno 2013

L'esorcista (1973)

Il 19 giugno 1973 usciva in America L'esorcista, giustamente uno degli horror più famosi del mondo, diretto dal regista William Friedkin e tratto dall'omonimo libro di William Peter Blatty (anche sceneggiatore del film). A 40 anni di distanza, per festeggiarne l'anniversario, l'Edizione Integrale sarebbe dovuta ri-uscire al cinema, ma dalle mie parti è stata snobbata, quindi mi sono consolata il 18 giugno, guardando la pellicola in tv dopo anni di astensione.  


Trama: la piccola Regan viene posseduta da un demone. Due preti, uno vecchio e malato, l'altro giovane ma vittima di problemi personali che lo portano a mettere in dubbio la propria fede, cercheranno di esorcizzarla...


Alle elementari, quando ho cominciato ad aver sentore di un genere di film chiamato "d'orrore", le pellicole che facevano più paura anche solo per sentito dire erano naitmer (Nightmare - Dal profondo della notte), Profondo Rosso (che nelle parole di mia cugina perdeva di significato, diventando solo "il film dove il burattino andava ad uccidere la gente", pensa te come una sola sequenza possa incidere nella mente di un ragazzino!) e, ovviamente, L'esorcista. Innumerevoli leggende metropolitane volevano che chiunque avesse visto L'esorcista si fosse ritrovato poi con una nonna o un nonno in meno, inspiegabilmente morti il giorno dopo la visione; guai anche a cancellare accidentalmente la videocassetta o buttarla via per esorcizzare, appunto, questa maledizione peculiare, perché il risultato sarebbe stato il medesimo, se non peggio. "Nonno, esco, vado a vedere L'esorcista" e via, l'anziano patriarca giù a ravanarsi i maròni per scongiurar la sfiga. A dar credito alle voci il 1973 sarà stato un anno dove le morti inspiegabili di arzilli vecchietti si sprecavano!! Tutto questo per dire che L'esorcista è diventato, giustamente, un film seminale e ben impresso persino nella mente di chi si è sempre rifiutato di vederlo, un pezzo di storia cinematografica non solo di genere, un icona dell'horror e un fenomeno sociale.


Ma come mai L'esorcista è riuscito a superare i confini di tempo e genere? Alla fine, io ho avuto il coraggio di vederlo due volte e, nonostante in entrambe le occasioni non abbia dormito la notte, non ho avuto così tanta paura durante la visione. Certo, il famosissimo make-up di Regan è ancora oggi spaventoso, così come la terribile voce del demone che possiede la ragazzina, e le sequenze dell'esorcismo colpiscono sia per il loro realismo che per la tensione palpabile che si può percepire nel corso del rito... ma la durata di queste scene è trascurabilissima (9 minuti!!) se si pensa che il film, nella sua versione integrale, va avanti per due ore e non concede quasi nulla a quegli spaventi facili che vanno tanto di moda adesso. No, il bello de L'esorcista è quel suo costruire la tensione, l'ansia e l'attesa del "confronto" finale fin dalla prima sequenza, con quelle immagini girate nell'abbacinante sole del deserto, dove qualcosa di antico viene risvegliato per sempre. Sono le terribili "cure", gli osceni ed invasivi esami medici a cui viene sottoposta la piccola Regan, una roba che al confronto quella dell'esorcismo è una scena buona giusto per la Melevisione. E' quella maledetta casa a due piani, dove i domestici della famiglia MacNeil e la povera Chris subiscono la demoniaca influenza della ragazzina sempre più incontrollabile, tra morti sospette, fenomeni inspiegabili, urla e freddo infernali. E' il terribile disagio di Padre Damian, immigrato, preda del senso di colpa per la morte della madre, prete quasi per sbaglio si direbbe. E' il famosissimo score di Mike Oldfield, quell'inquietante Tubular Bells che conoscono ormai persino i bambini. E', almeno per me, il "Dio Cristo" ossessivamente ripetuto dall'atea Chris, un'imprecazione che ho udito solo nella versione italiana de L'esorcista e in nessun altro film doppiato, quasi come se la donna si fosse chiamata la sfiga da sola nominando il nome di Dio invano. E' la debolezza di Padre Merrin, fiaccato sin dall'inizio nel corpo e nello spirito, costretto a combattere una forza ben più grande di lui. E', infine, la perfezione formale e l'estremo realismo della regia di Friedkin, che non lascia nessun dettaglio al caso, arricchisce ogni visione di particolari sempre nuovi e, soprattutto, radica una storia sovrannaturale in un contesto legatissimo alla realtà. E', in poche parole, un capolavoro imperdibile, che val la pena vedere almeno una volta nella vita... con un po' di coraggio, ovvio.


Di Max Von Sydow (Padre Merrin), Jack MacGowran (Burke Dennings) e ovviamente Linda Blair (Regan MacNeil) ho già parlato ai rispettivi link.

William Friedkin è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Il braccio violento della legge (per il quale ha vinto l’Oscar come miglior regista), Vivere e morire a Los Angeles, L’albero del male, The Hunted – La preda, Bug, Killer Joe ed episodi delle serie Ai confini della realtà e CSI – Scena del crimine. Anche produttore, sceneggiatore e attore, ha 78 anni.


Ellen Burstyn (vero nome Edna Rae Gillooly) interpreta Chris MacNeil. Americana, ha partecipato a film come Alice non abita più qui (che le è valso l’Oscar come miglior attrice protagonista), Scherzi del cuore, Requiem for a Dream, Red Dragon, Il prescelto e a serie come Perry Mason. Anche produttrice, ha 71 anni e sei film in uscita.  


Jason Miller, ovvero l’attore che interpreta Padre Damian, ha partecipato anche a L’esorcista III come “Paziente X” (che poi se non rammento male è sempre Padre Damian senza i suoi ricordi, una roba bruttissima che rende vana l'inquietudine dell'ambiguo finale del capostipite...), mentre il regista John Boorman ha rifiutato di dirigere L’esorcista perché “troppo crudele verso i bambini”, poi però ha accettato di buon grado di realizzare L’esorcista II – L’eretico. Rimaniamo in tema di star capricciose: Audrey Hepburn era stata la prima scelta di Friedkin per quanto riguarda il ruolo di Chris MacNeil, ma l’attrice avrebbe accettato solo se il film fosse stato girato a Roma, mentre Stanley Kubrick si era offerto di girare il film a patto di poterlo anche produrre e avere il controllo sull'intera operazione. Gli studios, temendo il solito sforamento di tempi e budget, gli hanno purtroppo fatto una bella leva. Stessa cosa ha fatto l'Academy con la nomination all'Oscar come miglior attrice non protagonista per la giovane Linda Blair, che ha perso ogni chance di vincere l'ambita statuetta quando ci si è accorti che la voce del demone in realtà non era sua ma dell'attrice Mercedes McCambrige. La pellicola ha così vinto "solo" due Oscar, quello per miglior sonoro e quello per la migliore sceneggiatura non originale. Del film esistono due sequel, i già nominati L'esorcista II - L'eretico, che ha per protagonista sempre Linda Blair, e L'esorcista III. Più recentemente, sono stati inoltre girati due prequel che, se non ho capito male, sono praticamente la stessa identica storia, solo scritta e diretta in modo differente: L'Esorcista - La genesi, del 2004, l'avevo visto al cinema ed era un horroraccio spaventevole diretto da Renny Harlin mentre l'altra versione, Dominion: Prequel to the Exorcist, è stata girata nel 2005 da Paul Schrader e mi si dice sia nettamente migliore. Se L'esorcista vi fosse piaciuto recuperate quindi tutte queste pellicole e magari aggiungeteci Il presagio, Rosemary's Baby, Stigmata e The Amityville Horror. ENJOY!!

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