Un altro film che avrei voluto vedere ma che ovviamente non è arrivato dalle mie parti è Legend, diretto e sceneggiato nel 2015 dal regista Brian Helgeland e tratto dal libro The Profession of Violence: The Rise and Fall of the Kray Twins dello scrittore John Pearson.
Trama: alla fine degli anni '50 i gemelli Kray, Reggie e Ron, raggiungono i vertici della malavita londinese, almeno finché la follia di Ron non comincia ad attirare morte, guai e polizia...
Nonostante adori i film "di gangster" e sia abbastanza interessata a quei media che gravitano attorno al mondo della malavita più o meno internazionale (no, non sono come il protagonista di The Wannabe, tranquilli), ammetto di non avere mai sentito nominare i gemelli Kray, sebbene Legend non sia il primo film che ne parli. Ben venga dunque la pellicola di Brian Helgeland, che getta luce sul mondo oscuro della criminalità dell'east end londinese focalizzandosi su questi due gemelli (dimenticandosi un fratello per strada, ahimé) di cui viene descritta la parabola prima ascendente poi discendente attraverso il punto di vista della prima moglie di Reggie, Frances Shea. Come spesso accade in questo genere di film, la narrazione passa dal tono ammirato e speranzoso dell'inizio, che pur lascia presagire la direzione disastrosa che avrebbero preso le vite dei coinvolti, al sentimento tragico e rancoroso di una giovane ragazza che è stata incantata dai modi affascinanti di quello che sarebbe diventato il suo futuro marito e si è ritrovata coinvolta in una vita di criminalità, follia, violenze ed abusi. La diversità tra i due gemelli viene esplicata fin dalle prime battute del film: Reggie era quello apparentemente "normale", almeno dal punto di vista della sanità mentale, mentre Ron era quello dichiaratamente pazzo, probabilmente affetto da schizofrenia paranoide e quant'altro. Legend si premura di sottolineare spesso e volentieri il saldo legame di sangue che legava i due nonostante le mattane di Ron, atti di pura follia che sono arrivati a costare il "regno" ad entrambi, e l'impossibilità per Reggie di tranciare quel cordone ombelicale che, di fatto, lo condannava a tenere in vita Ron e dargli anche modo di prosperare negli affari. La "rettitudine" di Reggie e la follia di Ron diventano quindi il fulcro di ogni avvenimento presente nel film, il punto da cui si dipanano gioie e dolori per Frances e per tutti quelli che hanno avuto la sventura di incrociare i due gemelli, che fossero poliziotti come Nipper Read o biechi uomini d'affari come Leslie Payne.
A portare interamente sulle spalle questa dicotomia nonché la bellezza della sceneggiatura di Brian Helgeland è stato chiamato Tom Hardy, che interpreta ovviamente sia Reggie che Ron. Vedere recitare Hardy in questo film è una gioia non tanto per gli occhi, quanto per le orecchie, visto che la differenza tra i due personaggi risiede più nel loro modo di parlare che in quello di vestire, portare gli occhiali o pettinarsi: accanto alla parlata sicura di Reggie, affabulatore ed affascinante guascone dall'accento cockney, c'è quella strascicata e lagnosa di Ron, il "brutto anatroccolo" della famiglia nonché l'unico gangster che abbia mai visto al cinema pronto a dichiararsi orgogliosamente gay (o, meglio, bisessuale, come raccontano le cronache dell'epoca). Accanto a Hardy c'è uno stuolo di ottimi caratteristi che paiono essere stati tirati fuori dritti dalla mala londinese di quell'epoca e sono anche abbastanza viscidi da rafforzare il senso di istintivo disgusto provato da Frances davanti a Ron (vedere i suoi due lacché/amanti per credere), oltre a due attori come Emily Browning e David Thewlis, ingaggiati per interpretare due ruoli molto importanti. La Browning mi è sempre molto piaciuta come attrice ma ultimamente veniva chiamata solo per parti da mollusco addormentato, mentre in Legend riesce a tirare fuori tutta la sua bravura e a reggere il confronto con le adorabili, sfortunate mogli di gangster scorsesiani, condannate ad un tristissimo destino; David Thewlis invece, dopo essersi fissato nella mia memoria come dolce professor Lupin, si è fortunatamente riciclato come favoloso interprete di personaggi dalla dubbia moralità e sta diventando uno degli attori che più apprezzo sul grande schermo. Legend è anche curatissimo dal punto di vista della colonna sonora, che inanella una serie di brani d'epoca che riprendono furbescamente il tema di ogni sequenza che accompagnano, rendendo così le immagini ancora più piene di significato. Detto questo, se vi piace il genere non potete assolutamente perdere Legend: vi consiglio solo di recuperarlo in lingua originale, anche perché i dialoghi portano un paio di commoventi esempi di "rhyming slang" inglese che rischiano di perdersi nell'edizione italiana.
Di Tom Hardy (Reggie e Ron Kray), Christopher Eccleston (Nipper Read), Emily Browning (Frances Shea), David Thewlis (Leslie Payne), Chazz Palminteri (Angelo Bruno) e Paul Bettany (Charlie Richardson) ho già parlato ai rispettivi link.
Brian Helgeland è il regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Payback - La rivincita di Porter, Il destino di un cavaliere e un episodio della serie Racconti di mezzanotte. Anche produttore e attore, ha 55 anni e nel 1998 ha vinto un'Oscar per la sceneggiatura di L.A. Confidential.
Se Legend vi fosse piaciuto recuperate Quei bravi ragazzi, Black Mass - L'ultimo gangster, Lock & Stock - Pazzi scatenati, Snatch - Lo strappo e The Krays - I corvi (anche se non l'ho mai visto è comunque una biografia dei fratelli Kray). ENJOY!
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domenica 24 aprile 2016
martedì 1 aprile 2014
Pesce d'aprile: I soliti sospetti (1995)
Oggi è il primo di Aprile e assieme all'adorato gruppetto di blogger abbiamo deciso di festeggiarlo con una rassegna di film dedicati a truffe ed inganni. Calzava a pennello, dunque, la visione di uno dei miei film preferiti, I soliti sospetti (The Usual Suspects), diretto nel 1995 dal regista Bryan Singer.
Trama: dopo un colpo andato male, Verbal Kint è l’unico superstite della banda coinvolta nel fattaccio e gode di piena immunità, ma il detective Kujan non ci sta e lo trattiene per scoprire la verità sull’accaduto. Le riluttanti rivelazioni di Verbal dipaneranno un intreccio ben più complicato del previsto…
Negli anni ’90 tutti, almeno una volta, si sono posti una sola fatidica domanda. C’è vita nell’Universo? Naah, banale! E’ nato prima l’uovo o la gallina? Puff. Riuscirò a trovare l’amore? Macché. Quello che ci siamo chiesti tutti è: chi è Keyzer Soze? Chi ha già visto I soliti sospetti o è vagamente appassionato di musica “giovane” italiana (‘nuff said) conoscerà già la risposta ma, nel caso plausibile in cui qualcuno tra i lettori non avesse ancora visto questo caposaldo del cinema moderno, cercherò di buttar giù una recensione priva di spoiler. Sì perché dare anche solo un indizio sull’identità di questo criminale davanti a cui persino Danny Trejo si metterebbe a piangere significherebbe rovinare uno dei finali più belli di sempre, in grado di competere col twist de Il sesto senso o altri similmente sconvolgenti. Bon, ho già detto troppo. I soliti sospetti è una "tipica" storia criminale raccontata come un lungo flashback che comincia, per l'appunto, dall'immagine di locandina, ovvero quando cinque malviventi vengono raggruppati tutti insieme per un confronto all'americana. Da lì a pianificare un colpo tutti insieme è un attimo, il problema è che i nostri protagonisti si ritroveranno, involontariamente, a farsi fregare prima e a pestare i piedi del fantomatico Keyzer Soze poi. Questo nome, di conseguenza, comincia ad aleggiare nell'aria più o meno a metà film, diventando il fulcro dell'intera vicenda, ma noi spettatori riusciamo a capire fin da subito che qualcosa non va e che la deposizione del povero, terrorizzato Verbal è incompleta. Al pari dell'agguerritissimo agente Kujan, sebbene con motivazioni diverse, vorremmo incalzare il testimone e capire cosa ci viene nascosto e, a poco a poco, la storia torna indietro, balza in avanti, si arricchisce di immagini, dettagli ed ulteriori punti di vista, disegnando un inquietante e pericoloso affresco criminale dove nulla è quello che sembra.
Il giovane Singer, al suo secondo lungometraggio, asseconda la sceneggiatura ad orologeria di Christopher McQuarrie e riempie di indizi ogni sequenza de I soliti sospetti senza calcare la mano o esagerare, immergendo la pellicola in un'atmosfera fredda, cupa ed elegante. Ogni inquadratura non è assolutamente realizzata a caso e troverà il suo senso alla fine del film, che abbonda di soggettive viste attraverso gli occhi delle terrorizzate vittime di Keyser Soze e si distingue per un flashback che ricorda vagamente i film più violenti, estremi e tamarri di Rodriguez. Ma la vera gioia per gli occhi sono le interpretazioni degli attori coinvolti (tolti Baldwin e Pollak che sono sì perfetti per il ruolo che ricoprono ma in quanto ad espressività apriti cielo!), Kevin Spacey, Benicio Del Toro e Chazz Palminteri su tutti, soprattutto alla luce di quanto è ormai diventato leggenda nel mondo del Cinema, ovvero che TUTTI gli interpreti dei cinque malviventi erano convinti di essere Keyser Soze. Almeno quattro di loro sono stati quindi buggerati da regista e sceneggiatore e, se è vero che Kevin Spacey s'è portato a casa l'Oscar per la toccante, emozionantissima interpretazione di Verbal, è altrettanto vero che Benicio Del Toro ruba la scena ad ogni apparizione grazie al suo inglese incomprensibile, da godersi rigorosamente in lingua originale, e all'incredibile stile del suo Fenster: la sceneggiatura di McQuarrie, infatti, sarà anche stata ad orologeria ma gli attori si sono affidati parecchio all'improvvisazione, tanto che ogni reazione davanti alle mattane di Benicio è genuina e non prevista dal copione, così come le sfuriate tra Pollack e Baldwin o lo scatto sorpreso ed incazzato di quest'ultimo quando Peter Greene gli lancia la sigaretta sulla faccia (avrebbe dovuto colpirlo sul petto. Ops.). Vederli gigioneggiare sullo schermo quasi come se fossero in competizione tra loro è una goduria per lo spettatore, che riesce a divertirsi ed essere teso come una corda di violino per tutta la durata della pellicola. Ma, probabilmente, chi ama I soliti sospetti avrà già capito di cosa parlo, gli altri si fiondino a vederlo immantinente!
Del regista Bryan Singer ho già parlato qui. Benicio Del Toro (Fred Fenster), Kevin Spacey (Roger "Verbal" Kint), Pete Postlethwaite (Kobayashi), Dan Hedaya (Sergente Jeff Rabin), Clark Gregg (Dr. Walters) e Peter Greene (Redfoot) li trovate invece ai rispettivi link.
Stephen Baldwin interpreta Michael McManus. Americano, fratello di tutti gli altri Baldwin che popolano Hollywood, ha partecipato a film come Nato il quattro luglio, I Flinstones in Viva Rock Vegas e a serie come Casa Keaton e CSI - Scena del crimine. Anche produttore e regista, ha 48 anni e cinque film in uscita.
| Arrivati a una certa età i Baldwin si inquartano.. questo s'è magnato tutti i fratelli, che orrore!! |
Kevin Pollak interpreta Todd Hockney. Americano, ha partecipato a film come Willow, Pazzi a Beverly Hills, Non dirmelo... non ci credo, Codice d'onore, Fusi di testa 2 - Waynestock, Due irresistibili brontoloni, Casinò, That's Amore! Due improbabili seduttori, Giorni contati, FBI: Protezione testimoni, Il dottor Dolittle 2 e FBI: Protezione testimoni 2. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha 57 anni e un film in uscita.
Chazz Palminteri (vero nome Calogero Lorenzo Palminteri) interpreta Dave Kujan. Americano, lo ricordo per film come Oscar - Un fidanzato per due figlie, Amore all'ultimo morso, Bronx, Diabolique, Scomodi omicidi, Bugie, baci, bambole & bastardi e Terapia e pallottole; inoltre, ha partecipato a serie come Dallas e Kojak e, come doppiatore, ha prestato la voce a film come Stuart Little - Un topolino in gamba, Lilli e il vagabondo 2 - Il cucciolo ribelle e Cappuccetto Rosso e gli insoliti sospetti. Anche sceneggiatore, regista e produttore, ha 62 anni e tre film in uscita.
Il film ha vinto due Oscar, uno come miglior sceneggiatura originale e uno per il miglior attore non protagonista (e pensare che Spacey avrebbe voluto il ruolo di Keaton o Kujan!). Nei panni dell'agente speciale Jack Baer compare l'attore Giancarlo Esposito, già Specchio Magico/Sydney Glass della serie Once Upon A Time. Passsando, come al solito, a chi non ce l'ha fatta, il ruolo di Redfoot era stato offerto a Christopher Walken, Tommy Lee Jones, Jeff Bridges, Charlie Sheen e Al Pacino; quest'ultimo aveva "puntato" la parte di Dave Kujan (scritta originariamente per Chazz Palminteri, poiché l'attore per un certo periodo non è stato disponibile era stata offerta a Robert De Niro e Christopher Walken, che l'hanno direttamente rifiutata, e anche al futuro Agente Coulson, Carl Gregg) ma aveva dovuto rinunciare perché in quel momento stava girando Heat - La sfida. Cambio in corso d'opera invece per Benicio Del Toro, che era stato "consigliato" al regista da Kevin Spacey, era stato chiamato per interpretare McManus e alla fine ha richiesto espressamente di poter avere il ruolo di Fenster. Ci sarebbero un sacco di altre curiosità da aggiungere, ma riguardano tutte Keyser Soze.. e il bello del film risiede proprio in questo enigmatico personaggio, quindi mi astengo!! Aggiungo solo che, se I soliti sospetti vi fosse piaciuto, potreste cercare l'indiano Chocolate: Deep Dark Secret, la versione Bollywoodiana della pellicola, oppure attenervi ai più "sicuri" Identity, Frailty, Mystic River, Se7en, The Game - Nessuna regola, True Romance o Le iene.
Nel caso siate ancora indecisi su cosa guardare, ecco i titoli scelti dagli altri blogger. Leggete i loro post e... ENJOY!!
Recensioni ribelli
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