Visualizzazione post con etichetta gore verbinski. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta gore verbinski. Mostra tutti i post

venerdì 31 marzo 2017

La cura dal benessere (2016)

Ci ho messo un po' ma alla fine anche io sono riuscita ad andare a vedere il controverso La cura dal benessere (A Cure for Wellness), diretto e co-sceneggiato nel 2016 dal regista Gore Verbinski.

Trama: un giovane affarista americano viene mandato in Svizzera per recuperare l'amministratore delegato della ditta per cui lavora, recatosi in una sorta di centro benessere e mai più tornato in patria. Dopo un incidente, il ragazzo è costretto a rimanere nel centro e comincia a testimoniare avvenimenti inquietanti...


La cura dal benessere è un film bellissimo. No, davvero, non scherzo, anche se so che lo stanno massacrando tutti. Dal punto di vista della regia, della scenografia, del montaggio e della fotografia (la stessa, "acquatica", di The Ring) è davvero un balsamo per gli occhi. Non c'è un solo fotogramma che non possa venire utilizzato per una lezione di cinema, tanta è la ricerca della perfezione di Verbinski, che non spreca neppure un movimento di macchina e rifugge sdegnato la sciatteria e l'approssimazione tipica dei blockbuster americani. Dalla sequenza iniziale, con quel treno che si riflette sulla sua stessa superficie creando un'effetto straniante e vertiginoso, all'incubo all'interno della camera di privazione sensoriale, dalla comparsa di Hannah, che cattura lo sguardo di Lockhart e ricompare ad ogni curva del sentiero, alla panoramica dei corpi sospesi, dall'incubo mortale della madre alle allucinazioni del protagonista: in La cura dal benessere tutto è realizzato per compiacere l'occhio dello spettatore, per "curarlo", quasi, dalla bruttura di buona parte del cinema di genere americano (qualcuno ha detto found footage?), e non c'è un solo fotogramma che non mi sia piaciuto, persino durante il finale tanto criticato da tutti, un trionfo di barocchismi che corteggia allegramente il kitsch e che col resto del film sta come i cavoli a merenda, neanche fosse la versione in acido de Il fantasma dell'opera. Cito una pellicola a caso, visto che in quel momento una voce nella mia testa si è messa a strillare "The Phaaaantomoftheoperaisheeeeeere, inside mymiiiiind!!!", ma fondamentalmente la bellezza visiva di La cura dal benessere spalanca  al cinefilo mediamente esperto un mondo di ricordi ed omaggi. I richiami allo Shutter Island di Scorsese sono continui e quasi sfacciati ma Verbinski si permette di saccheggiare persino il Sorrentino di Youth - La giovinezza, il Kubrick di Arancia Meccanica, il Del Toro di Crimson Peak, atmosfere alla Suspiria (e forse non è un caso vista la presenza di Mia Goth) e persino echi di Mario Bava e Lucio Fulci, giusto per non farsi mancare nulla. Sarebbe semplice criticare il regista per quelle che potrebbero risultare mere scopiazzature, ma la verità è che lo stile de La cura dal benessere riesce a fondere tutti questi elementi e a crearne uno nuovo, perfetto proprio per questo tipo di film e per la storia che vuole raccontare... il problema di questa pellicola, però, è proprio la trama in sé, talmente zeppa di buchi che ad un certo punto ho sentito odore di groviera.


Qui comincia l'inevitabile stroncatura de La cura dal benessere, ahimé. Al quale non riesco comunque a voler male sia per un paio di scene capaci di far impallidire le torture più efferate di Hostel (diciamo che quando hanno cominciato a volare denti e anguille ho smesso di guardare lo schermo) sia per la capacità di tenere desta l'attenzione dello spettatore durante la prima metà del film, non fosse che ad un certo punto ho capito l'arcano alla base della trama e allo stesso tempo il tutto ha smesso di avere senso. Per citare uno dei cinque/sei articoli americani che ho scorso tentando di trovare delle spiegazioni logiche, La cura dal benessere "tratta gli spettatori come imbecilli" ed è assolutamente vero. HIC SUNT SPOILER, quindi non leggete e saltate oltre il pezzo bianGo. Il "mistero" di Hannah e Volmer, soprattutto quello di lei, è facilmente intuibile dal momento in cui la vecchia appassionata di storia racconta a Lockhart dei vecchi proprietari della struttura. Verbinski e company si impegnano a disseminare indizi, ribadendoli anche più volte tra fotografie antiche, parassitelli che nuotano nell'ottima acqua del centro benessere, ciondoli, sciacquoni che titillano, ragazzine speciali, cruciverba, maschere di carne, laboratori nascosti... eppure, con tutto questo, Lockhart non capisce un Pazzo. Niente. Imbecille fino alla fine, con tutti i campanelli d'allarme che avrebbero dovuto farlo salire sul primo treno e portar via le suole da lì il giorno stesso in cui è arrivato. Se il mistero "base" viene svelato, non si capisce però perché diamine ad un certo punto i degenti siano costretti ad inghiottire anguille e, soprattutto, perché non si ricordino della cosa una volta usciti dalla terrificante "camera del prelievo". Cioé, io capisco che l'acqua porta gli ospiti della struttura a stare male e conseguentemente a rimanere nel centro benessere per curarsi ma COSA sfruttano Volmer e soci per far loro il lavaggio del cervello e renderli degli zombi decerebrati? Soprattutto, una volta infilata nel corpo del malcapitato una bulaccata di anguille, queste ultime che fine fanno? Vengono espulse goccia a goccia assieme ai fluidi vitali del paziente grazie sempre agli abominevoli macchinari per poi venire raccolte in forma liquida all'interno delle boccette azzurre che sanno, non a caso, di pesce e sudore? Ma soprattutto, perché nel 2017 gli abitanti di un paesino Svizzero, peraltro servito da treni e brulicante turisti, dovrebbero ancora vivere nel terrore di un duecentenario sfigurato quando basterebbe imitare i contadini dell'800 e dare fuoco (di nuovo) a lui e alla sua struttura o, mal che vada, spifferare tutto allo sprovveduto turista di turno? Vista la miseria in cui vivono i quattro gatti del paese non credo Volmer gli passi dei soldi... FINE SPOILER Peccato per quest'abbondanza di buchi logici e per il fatto che vengano spalmati in una durata che risulta in questo modo infinita, perché come ho detto il film è visivamente bellissimo e Dane DeHaan, con la sua faccetta naturalmente odiosa, è un perfetto protagonista, più che altro la perfetta incarnazione dell'uomo d'affari moderno, uno al quale servirebbe davvero una bella cura per non crepare d'infarto anzitempo. E poi, Jason Isaacs è sempre un bell'uomo anche quando non indossa la parrucca bionda, quindi i miei soldi non sono stati spesi invano.


Del regista e co-sceneggiatore Gore Verbinski ho già parlato QUI. Dane DeHaan (Lockhart), Jason Isaacs (Volmer) e Carl Lumbly (Wilson) li trovate invece ai rispettivi link.

Mia Goth interpreta Hannah. Inglese, ha partecipato a film come Nymphomaniac - Volume 2 ed Everest. Ha 24 anni e tre film in uscita, tra cui il remake di Suspiria.


Non l'ho mai visto ma ho letto che La cura dal benessere ha parecchi punti in comune con Gli orrori del castello di Norimberga quindi provate a recuperarlo (io lo farò) e, se il film di Verbinski vi fosse piaciuto, aggiungete The Wicker Man e Rosemary's Baby. ENJOY!

domenica 12 marzo 2017

The Ring (2002)

Siccome il 16 marzo dovrebbe uscire The Ring 3 in tutta Italia e probabilmente anche a Savona, ho deciso di fare un po' di ripasso con i remake americani della saga nipponica dedicata a Samara/Sadako, cominciando proprio con The Ring, diretto nel 2002 dal regista Gore Verbinski.


Trama: dopo la morte della nipote in circostanze misteriose, la giornalista Rachel comincia ad indagare e scopre l'esistenza di una videocassetta che condanna lo spettatore a morire sette giorni dopo averla guardata.


Questo sarà un post strano, diviso tra passato e presente, nel quale cercherò di essere  più sentimentale e allo stesso tempo più obiettiva possibile. Cominciamo per l'appunto con un momento amarcord. Quella sera lontana di ormai quindici anni fa, seduta al cinema e pronta a guardare The Ring, non avevo assolutamente idea del fatto che esistessero i film di Hideo Nakata o, meglio, lo sapevo ma non avendoli mai visti ero assolutamente "vergine" e la storia di Samara e della videocassetta maledetta mi aveva colta impreparata e conseguentemente uccisa di paura. Ricordo in particolare (e come faccio a dimenticarlo) di essere quasi morta durante la sequenza finale, quella che mostra il destino di chi arriva al settimo giorno e si ritrova alla mercé della cattivissima ragazzina; l'immagine della mocciosa dai lunghi capelli neri che, tra scatti, freeze frame e stacchi improvvisi di montaggio, usciva dalla TV pronta a ghermire il malcapitato di turno mi aveva sconvolta al punto che, arrivata a casa, avevo staccato le spine di tutti gli apparecchi televisivi e, per buona misura, li avevo anche coperti con un asciugamano, per la gioia di mia madre che si era finalmente resa conto di avere una figlia scema. Dopo quella volta, ho rivisto The Ring almeno in altre 3/4 occasioni, l'ultima assieme al Bolluomo (visione interrotta da un blackout che ha convinto il povero Mirco, già impaurito di suo, a non proseguire oltre), e non sono mai riuscita a voler male al remake di Verbinski, nonostante risulti, se paragonato all'originale nipponico, la solita pappetta premasticata e sputata nel piatto del pubblico bue occidentale che abbisogna di spiegoni, retroscena, effetti speciali e make-up ben preciso, così da non lasciare nulla al dubbio o all'immaginazione. Col tempo, fortunatamente, si è attenuata un po' la paura di Samara, sebbene sia la sequenza iniziale che la già citata scena finale mi stringano ancora oggi il petto e non possa quindi dire che The Ring sia un film noioso o poco efficace, eppure riguardandolo qualche sera fa ho dovuto constatare che qualcosa è cambiato in me oppure che gli anni non sono stati proprio clementi con questa pellicola.


Rivedendo The Ring per la quinta volta sono stata colpita come un maglio dalla sua aria "finta". La fotografia è piagata da un filtro che rende ogni immagine verdastra (il che ha senso visto il legame tra Samara e l'acqua) e le immagini dell'acero ripreso al tramonto feriscono gli occhi per quanto sono alterate digitalmente; sicuramente è una scelta stilistica, come se i personaggi dopo aver visto la videocassetta maledetta fossero letteralmente entrati in una dimensione "altra", irreale, però credetemi se dico che i quindici anni passati si sentono tutti. Lo stesso vale per il video di Samara, che a differenza dell'originale giapponese sembra davvero "il lavoro di uno studente di cinema" (come viene detto ironicamente nel film), privo di anima e mai davvero inquietante, per non parlare di alcuni elementi tratti direttamente da esso, come la disgustosa scolopendra in CGI che sembra appiccicata allo schermo (a differenza della mosca. Quella è sempre molto realistica). Purtroppo, anche la sequenza incriminata, ovvero quella in cui Samara esce finalmente dallo schermo, sta cominciando a mostrare il fianco, non tanto per quel che riguarda l'atmosfera quanto proprio per l'effetto digitale che sta dietro alla costruzione della stessa: paradossalmente, nonostante la versione giapponese sia più artigianale, Ringu fa molta più paura, anche grazie all'utilizzo di una colonna sonora capace di fare accapponare la pelle, elemento di cui il film di Verbinski difetta. Quello che è ancora oggi molto apprezzabile è invece la scelta della carismatica Naomi Watts come protagonista, costretta a dismettere gradualmente la sua natura pragmatica man mano che la maledizione comincia ad agire sulle sue percezioni e su coloro che le stanno attorno, e anche il bimbetto che interpreta suo figlio continua ad essere inquietante come la prima volta che l'ho visto, oltre che fastidioso come pochi. Comunque, pur con tutti i difetti e la diminuzione progressiva dei pregi, The Ring ha segnato un'epoca particolare dell'horror (se in maniera positiva o negativa non sta a me dirlo ma punterei il dito su di lui se vi siete stufati, come me, dell'ondata di mostre bianchicce e capellone del cosiddetto J-Horror che per un decennio hanno invaso il mercato occidentale) e ad ogni visione non mi lascia mai insoddisfatta quindi ribadisco il mio voler bene alla creatura di Verbinski. Basta che non me lo chiamate "regista visionario" come nei trailer de La cura dal benessere, ecco. Quello proprio no.


Del regista Gore Verbinski ho già parlato QUI. Naomi Watts (Rachel), Brian Cox (Richard Morgan), Jane Alexander (Dr. Grasnik), Sasha Barrese (una delle due ragazze che fumano con Rachel dopo il funerale di Katie) e Adam Brody (all'epoca solo una comparsa, è il ragazzo che dopo il funerale di Katie racconta a Rachel della cassetta) li trovate invece ai rispettivi link.

Amber Tamblyn interpreta Katie. Figlia di Russ Tamblyn, ovvero il viscido dottor Jacobi di Twin Peaks, ha partecipato a film come The Grudge 2, 127 ore, Django Unchained e a serie quali Buffy l'ammazzavampiri, CSI, Senza traccia, Dr. House e Due uomini e mezzo. Americana, anche produttrice, sceneggiatrice e regista, ha 34 anni e tre film in uscita.


Daveigh Chase interpreta Samara. Americana, ha prestato per anni la voce a Lilo nei film Lilo & Stitch, Stitch! The Movie, Leroy & Stitch e in Lilo & Stitch: La serie e ha doppiato Chihiro nella versione inglese de La città incantata oltre ad essere stata Samantha Darko sia in Donnie Darko che nel sequel S. Darko. Ha partecipato a serie come Sabrina vita da strega, Streghe, ER Medici in prima linea, CSI, Cold Case e Senza traccia. Ha 27 anni.


Il ruolo di Rachel era stato offerto a Jennifer Connelly (che avrebbe poi partecipato al remake di Dark Water) poi a Gwyneth Paltrow, Jennifer Love Hewitt e Kate Beckinsale prima di andare a Naomi Watts mentre Daveigh Chase è diventata Samara dopo che le era stata preferita Kristen Stewart per il ruolo della figlia di Jodie Foster in Panic Room. Altro fatto interessante: Chris Cooper avrebbe dovuto essere presente nel film ed interpretare un killer, probabilmente pedofilo, che all'inizio cerca di convincere Rachel a riabilitare il suo nome mentre sul finale riceve dalla giornalista la copia della videocassetta duplicata dal figlio, un subplot completamente tagliato dalla versione definitiva del film assieme ad un altro finale in cui Rachel nasconde la videocassetta tra i titoli di un videonoleggio. The Ring è stato seguito nel 2005 da The Ring 2 (nel mezzo c'è il corto Rings, girato nello stesso anno, utile ma non indispensabile per capire gli eventi iniziali della pellicola) e tra poco arriverà The Ring 3 mentre per quel che riguarda le versioni giapponesi, The Ring è il remake diretto di Ringu (già remake di un omonimo film  TV), il quale ha dato origine alla serie TV in 12 episodi Ringu - Saishuushou, al sequel Ringu 2 e al prequel Ringu 0: Birthday; in realtà, il "vero" sequel di Ringu, in quanto basato sui romanzi di Kouji Suzuki, sarebbe però Rasen, conosciuto come The Spiral, che ha dato vita a una serie TV omonima e ai sequel Sadako 3D e Sadako 3D 2. Se ancora non vi basta, sappiate che esiste anche un remake coreano dal titolo Ring e, come dimenticarlo, Sadako vs Kayako, dove la saga di The Ring si incrocia con quella di The Grudge. Recuperate tutto e... ENJOY!

domenica 14 luglio 2013

The Lone Ranger (2013)

La regola d’oro d’ora in avanti sarà “andare al cinema già DILUSI”. Pare sia l’unico modo per apprezzare al meglio i film e godersi anche quelli su cui non avrei scommesso un euro, come questo The Lone Ranger, diretto da Gore Verbinski e tratto dall'omonima serie televisiva andata in onda dal 1949 al 1957.


Trama: il futuro procuratore John Reid “muore” assieme al fratello nel corso di un’imboscata. “Riportato in vita” dal Comanche Tonto, Reid prende l’identità del Lone Ranger e cerca di assicurare alla giustizia i responsabili della strage…


The Lone Ranger equivale a più di due ore di infantile, godurioso divertimento estivo; assai più simpatico e meno pretenzioso di Alice in Wonderland o Il grande e potente Oz (giusto per fare due nomi eccellenti), meglio diretto e molto meno tamarro de La leggenda del cacciatore di vampiri, l’ultimo film di Verbinski è l’equivalente western dei film dedicati alla serie Charlie’s Angels, ovvero un alternarsi ininterrotto di momenti esilaranti e scene d'azione. Intendiamoci, il Lone Ranger televisivo non l’ho mai visto quindi parto da un’ignoranza crassa per quanto riguarda il mito del personaggio, ma devo ammettere che questa versione slapstick mi è piaciuta parecchio, soprattutto perché il protagonista è un damerino impedito e ligio al dovere che si ritrova, suo malgrado, a vestire i panni del fuorilegge mascherato mentre la sua folle spalla indiana avrebbe preferito il fratello defunto (kemosabe, fratello sbagliato!). In mezzo, il canovaccio della trama inserisce qualsiasi topos del genere western: indiani, ranger, sordidi inganni per ottenere le terre dei poveri Comanches, damigelle in pericolo, uomini d’affari ancora più pericolosi dei fuorilegge, la caccia ai metalli preziosi e chi più ne ha più ne metta.


In costante bilico tra pretesa di realismo e delirio fantastico, The Lone Ranger viene presentato in maniera assai intelligente, perché la storia viene raccontata da un Tonto ormai vecchio e completamente inattendibile, un narratore costantemente interrotto e sviato dalla sua audience. Attraverso questo escamotage, tutto quello che viene mostrato sullo schermo diventa quindi plausibile perché frutto della mente dell'indiano matto e quindi lo spettatore può accettare con gioia anche che un cavallo si arrampichi su un albero, per dire. Azione e goliardia a palate, quindi, ma anche (attenzione!!) una cattiveria inusitata per un film prodotto dalla Disney. La pellicola non mostra un goccio di sangue, d'accordo, ma si parla senza troppe remore di cannibalismo, il body count si avvicina pericolosamente a quello di Django Unchained e, soprattutto, verso la fine del film si assiste ad uno sterminio insensato e crudele ai danni dei poveri indiani, una sequenza devastante che fatica a venire dimenticata nonostante la seneggiatura si riassesti poi su toni più allegri e scanzonati. Cambiano inoltre i tempi per quel che riguarda la vedovanza e l'amore, anche se alla fine a rimetterci sono sempre le povere donne con figli a carico, maledetta Casa del Topo.


Sproloqui a parte,The Lone Ranger mi è piaciuto parecchio anche per il respiro quasi epico di alcune riprese, per il citazionismo dei grandi classici, per lo scarso uso di effetti digitali e per le coreografie ad orologeria di sparatorie, inseguimenti e combattimenti (ho adorato ogni scena accompagnata dal Guglielmo Tell di Rossini, leggermente riarrangiato). Quanto agli attori, Johnny Depp mi è risultato molto meno indigesto rispetto agli ultimi film (certo, il personaggio è simile a Jack Sparrow nella sua cialtroneria, ma a modo suo fa anche tanta tenerezza ed è stranamente malinconico), Arnie Hammer è bambascione da morire e verrebbe voglia di prenderlo fortissimamente a pugni nella faccetta belloccia, la Bonham Carter porta a casa la solita, weirdissima comparsata di gran classe e i malvagi fanno la loro porchissima figura, soprattutto il cannibale William Fichtner e quel Barry Pepper che non ti aspetti nei panni del soldato privo di nerbo ma avidissimo. Quindi, porca miseria! Mi aspettavo di scrivere una recensione piena di strali, invece mi sono proprio divertita e consiglio The Lone Ranger, rigorosamente in 2D, a tutti quelli che hanno voglia di passare una serata fanciullesca senza pretesa di aver davanti IL filmone del secolo. Quello, a quel che sto leggendo in giro, è Pacific Rim, che dovrei proprio veder stasera.


Del regista Gore Verbinski ho già parlato qui. Johnny Depp (Tonto), Armie Hammer (John Reid/Lone Ranger), Helena Bonham Carter (Red Harrington), James Badge Dale (Dan Reid) e Barry Pepper (Fuller) ho già parlato ai rispettivi link.

William Fichtner interpreta Butch Cavendish. Americano, ha partecipato a film come Malcom X, Strange Days, Heat – La sfida, Insoliti criminali, Contact, Armageddon, La tempesta perfetta, Pearl Harbor, Equilibrium, Il cavaliere oscuro e alle serie Baywatch e Prison Break, inoltre ha lavorato come doppiatore per American Dad!. Ha 57 anni e quattro film in uscita tra cui Elysium e Teenage Mutant Ninja Turtles, dove interpreterà Shredder.

  
Tom Wilkinson interpreta Cole. Inglese, lo ricordo per film come Nel nome del padre, Ragione e sentimento, Spiriti nelle tenebre, Full Monty, Wilde, Rush Hour – Due mine vaganti, Shakespeare in Love, Michael Clayton, The Eternal Sunshine of the Spotless Mind, Batman Begins, In the Bedroom e The Exorcism of Emily Rose. Ha 65 anni e sei film in uscita.


E ora, un paio di curiosità. Per il ruolo di Rebecca erano stati fatti i nomi di Jessica Chastain ed Abbie Cornish, ma alla fine la parte è andata a Ruth Wilson, già vista in Anna Karenina. La serie televisiva, che è nata negli anni '30 come serie radiofonica prima e fumetto poi, è approdata anche in Italia col titolo Il cavaliere solitario, mentre a metà anni '60 ne è uscita una versione animata. Se, come immagino, non avete voglia di recuperare tutto questo materiale nonostante The Lone Ranger vi sia piaciuto, consiglierei di guardare la prima trilogia dei Pirati dei Caraibi e magari Rango, che devo ancora vedere. ENJOY!!

giovedì 31 maggio 2007

Pirates of the Caribbean (2003-2007)

E' finita, purtroppo, una delle più belle saghe cinematografiche degli ultimi anni. Ieri sera ho visto Pirati dei Caraibi - Ai Confini del Mondo e devo dire che il livello qualitativo dell'intera Saga si è mantenuto alto fino alla fine, almeno per chi come me ha sempre adorato i film d'avventura, i pirati, le storie di cappa e spada e, ovviamente, Johnny Depp.

E pensare che è nato tutto da un'attrazione di Eurodisney che nessuno si filava, la versione francese dei nostri Cosari a Gardaland. Un film affidato a Gore Verbinski, quello del Topolino sotto sfratto, e di altri film non proprio memorabili fino al 2003. A farci ben caso, il primo Pirates of the Caribbean doveva essere a sé stante, tanto che potrebbe venir benissimo slegato dagli altri due, grazie anche all'ottusa distribuzione italiana che ha titolato il primo La maledizione della prima luna e solo dal secondo in poi ha cominciato ad usare il Pirati dei Caraibi.


Non saprei onestamente cos'ha garantito il successo mondiale di queste tre pellicole, posso solo dire cosa ne penso io:



Il primo film, La maledizione della Prima Luna, presenta già tutti gli elementi che caratterizzeranno la saga, ovvero avventura a palate, effetti speciali spettacolari, una regia di ferro, ironia, personaggi ben caratterizzati e soprattutto il Jack Sparrow di Johnny Depp, un cialtrone con le movenze da Fabius, influenzato dal look rock di Keith Richards, che in originale fa ancor più sbellicare. Ovviamente il primo film getta solo le basi della saga, e a riguardalo è ingenuo e fresco nella sua semplicità, e i personaggi riflettono bene questo. C'è la principessa innamorata dell'ingenuo garzone, il pirata svanito e buffone, privo di qualsiasi onore, e un villain perfetto, privo di qualsivoglia pietà. Il film d'avventura per eccellenza, con un eccellente happy ending. 



Il secondo film, La maledizione del forziere fantasma, segna la svolta della trilogia, ed è molto più adulto e cupo del primo,continuando tuttavia a mantenere quell'ironia e quelle gag che sono tipiche del capostipite.
Nonostante solitamente le trilogie peggiorino invece di migliorare, il secondo film non si limita a scopiazzare il primo. Innanzitutto montaggio e regia, così come gli effetti speciali, progrediscono in maniera impressionante, inoltre i protagonisti maturano. Elisabeth, la principessa ingenua, cresce e conosce il dolore, l'amore non è più puro e semplice ma i sentimenti che prova per Will vengono messi in discussione, anche dalla palese attrazione che la ragazza prova per Jack Sparrow. Inoltre, il cattivo di turno, Davy Jones (un incrocio tra una seppia, un granchio e il Fantasma dell'Opera) e' molto piu' complesso e romantico di quanto non appaia in realta'. Vecchi personaggi tornano e vengono usati in modo completamente nuovo, e i nuovi personaggi aggiungono freschezza al tutto e serviranno per porre le basi della terza pellicola, oltre ad aggiungere interessanti elementi alla trama ( Tia Dalma è un personaggio splendidamente affascinante e sentirla parlare in originale con quell'assurdo
patois è da urlo).


pirates-of-the-caribbean-2-at-world-s-end-poster-2


Quest'ultimo (forse) capitolo della Trilogia, Ai confini del mondo, mantiene la complessità e le atmosfere cupe del secondo film, aggiungendo una vena di misticismo e sequenze che definire oniriche è dir poco, visto che sono veri e propri deliri psichici. Vengono riprese e risolte tutte le questioni lasciate in sospeso nel secondo film, i personaggi incontrano il destino che si erano preparati e vengono mostrati altri nuovi ed interessanti pirati. La scena iniziale è un capolavoro di ironia e azione (in alcuni punti sembra un omaggio tuttavia a La città incantata di Hayao Miyazaki), Jack Sparrow se possibile è anche più assurdo e incomprensibile del solito, gli intrighi a base di inganni, macchinazioni nascoste e vendette più o meno palesi sono portati all'ennesima potenza e la sequenza del matrimonio in battaglia e del Maelstrom entreranno sicuramente negli annali, perché sono un capolavoro. Il tutto viene scandito dalle note della ballata piratesca, e si sente aleggiare quella tipica malinconia di un'epoca alla conclusione; il fil rouge del film è libertà e ritorno all'innocente avventura. Certo, ci sono alcuni buchi nella trama e potenzialità sprecate (la Dea Calypso per esempio serve solo a faci vedere Davy Jones al naturale: sarebbe stato molto più interessante un flashback) ma si perdono nella grandiosità di un film che finalmente, per la gioia dei fans tutti, ci regala la vista di Keith Richards nei panni del papà di Jack.


Il regista della trilogia è lo stesso per tutti i film, Gore Verbinski. La sua filmografia è tutta recentissima, non proprio eccelsa. Ha esordito nel 1997 con il divertente Topolino sotto sfratto, proseguito con il deprimente (nonostante uno splendido James Gandolfini) The Mexican e girato il dignitoso remake americano di The Ring. Ha 43 anni, per ora nessun film in uscita.



Johnny Depp è Capitan Jack Sparrow, il cuore della pellicola e probabilmente uno degli ingredienti principali del suo successo, nonché uno degli attori più versatili ed abili degli ultimi decenni, se non il migliore.



Il buon vecchio Johnny ha esordito nel lontano 1984 con un film ormai cult, Nightmare dal profondo della notte, ove interpretava il ragazzo della protagonista Nancy e veniva ucciso in un modo talmente spettacolare che se non avete il DVD non riuscirete MAI a vederlo a causa della censura (peraltro tornerà in un cameo nell'orrido Nightmare 6 - La fine come Oprah Noodlemantra). Da allora, il ruolo in 21Jump Street e una marea di film splendidi, soprattutto come musa di Tim Burton con il quale ha girato Edward mani di forbice, Ed Wood, Il mistero di Sleepy Hollow e Charlie e la fabbrica di cioccolato, oltre ad aver dato voce e fattezze a Victor ne La sposa cadavere. Tra le sue pellicole più belle ricordo Donnie Brasco, Paura e delirio a Las Vegas, Chocolat, From Hell, C'era una volta in Messico. Ha 44 anni e cinque film in progetto, tra cui il nuovo musical di Burton, Sweeney Todd e, pare, i due seguiti di Sin City.



Geoffrey Rush è Capitan Barbossa, il nemico per eccellenza di Capitan Jack Sparrow, nonché villain della prima pellicola.


barbossa1


L' attore australiano, ha vinto  un oscar come miglior protagonista per Shine,  che gli ha donato fama internazionale. Tra i suoi film Elisabeth, Shakespeare in Love, Il mistero della casa sulla collina: inoltre ha prestato la voce a Nigel in Alla ricerca di Nemo. Ha 56 anni e un film in uscita.


 rush_geoffrey


Orlando Bloom interpreta Will Turner, il bel garzone innamorato di Elisabeth. Non sto a mettere foto del prima e dopo perché essenzialmente il ragazzone non cambia. Il successo internazionale dell'Orlando deriva da un'altra trilogia, quel Signore degli Anelli dove ha fatto sbavare milioni di ragazzette allupate nei panni dell'elfo Legolas, anche se aveva già avuto una particina in Wilde. Dopodiché ha partecipato ad altre innominabili superproduzioni in costume, e l'unico film che vale la pena di citare per me è Elizabethtown. Ha un film in uscita e 30 anni.



Keira Knightley interpreta la contesissima Elisabeth Swann, destinata a diventare pirata e combattente. L'attrice inglese è stata coprotagonista dell'inquietantissimo The Hole, e del successo inaspettato Sognando Beckam. Ha 22 anni e 3 film in uscita.



Chow Yun-Fat interpreta Sao Feng, uno dei nuovi pirati introdotti nella pellicola, quello dove si recano all'inizio i protagonisti. L'attore di Hong Kong, dopo miriadi di film mai arrivati sul mercato italiano, ha recitato anche in produzioni internazionali come Anna e il Re e La Tigre e il dragone. Ha 42 anni e due film in uscita.


chow_yun_fat2


Citare tutti gli altri bravissimi attori coinvolti mi prenderebbe un post lungo kilometri, quindi, finisco in breve con due attori che stimo per vari motivi.Jonathan Pryce interpreta il Governatore Swann (per una biografia di costui si veda il post su Qualcosa di Sinistro sta per Accadere). Bill Nighy, che interpreta Davy Jones, è stato il patrigno PHILIP in Shaun of the Dead.


 


Ed ora ecco l'attrazione di Eurodisney che ha ispirato il film.... con un ospite d'eccezione!!


 



Ah, ricordate: rimanete fino alla fine dei titoli di coda in tutti e tre i film. C'è sempre una bella sorpresa in agguato!

Se vuoi condividere l'articolo

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...