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martedì 14 maggio 2024

Bolla Loves Bruno: Il colore della notte (1994)

La rubrica dedicata a Bruno rallenta, come sempre, ma non si ferma! Oggi parliamo di Il colore della notte (Color of Night), diretto nel 1994 dal regista Richard Rush.


Trama: dopo avere assistito al suicidio di una sua paziente, lo psichiatra Bill Capa si trasferisce a Los Angeles da un collega, che viene ucciso di lì a poco da un killer sconosciuto. Senza volerlo, Capa si ritrova coinvolto nelle indagini, e nella torrida relazione con una misteriosa ragazza...


Mamma mia. Il colore della notte era un film che temevo, pur non avendolo mai visto, in quanto i thriller erotici che andavano di moda negli anni '90 erano spesso delle schifezze colossali senza capo né coda. In più, Il colore della notte ha il non trascurabile difetto di essere stato massacrato da un produttore che è riuscito a renderlo più brutto ed arzigogolato, là dove la versione del regista sembrava essere molto più centrata, almeno per quanto riguarda il personaggio interpretato da Jane March, ma anche più popporno. A onor del vero, io ho visto la versione da 139 minuti e tutta questa bellezza e centratezza in più non l'ho vista. In compenso, ci sono quelle scene di scopate gratuite e per nulla sensuali che sono ciò che detesto di questo genere di film, a prescindere da quanto possa essere godibile (come in questo caso) vedere Bruce Willis nudo che sfodera il suo attrezzo in piscina e i segni dell'abbronzatura sotto la doccia. Senza fare troppi spoiler, ché Il colore della notte è un thriller, vediamo perché l'ho trovato incredibilmente cretino e schizofrenico. Bruce Willis è uno psichiatra che perde la fiducia in se stesso e diventa incapace di riconoscere il colore rosso (!!) dopo che una sua paziente (la quale all'inizio viene mostrata praticare fellatio sia a un rossetto che a una pistola, così, debbotto, in una delle scene introduttive peggiori di sempre) gli si suicida davanti, buttandosi da un grattacielo. Taglio su Bill Capa, così si chiama lo psichiatra, che per riprendersi decide di andare a L.A. da un collega con tanti di quei soldi da avere una villa e uno studio allucinanti, sui quali poi tornerò. Il collega, che ogni settimana gestisce un gruppo d'incontro frequentato dai peggio matti della zona, riceve da mesi minacce di morte e, dai che ti ridai, un bel giorno viene ucciso. Ora, una persona normale sarebbe tornata a New York, invece Bill Capa si stabilisce nella villa dell'amico, gli usa le macchine, i vestiti e si prende in carico il gruppo di schizzati, in mezzo ai quali si nasconde, presumibilmente, il killer. Qui mi taccio, perché un minimo di divertimento nello scoprire chi ha fatto fuori lo psichiatra fighètto in effetti ci sarebbe. Peccato che, tra un'indagine e l'altra, Capa si invaghisca di una sgallettata subito dopo essere stato tamponato da costei e, da quel momento, il film diventi la sagra della scopata. Ora, il personaggio di Jane March non è inutile ai fini della trama, ma la sceneggiatura è palesemente scritta da due uomini alle prime armi che ambivano a mettere su schermo le banali fantasie sessuali del maschio medio, perché Rose non ha un pregio che sia uno, a parte quello di essere porca.


Bill e Rose si innamorano dopo cinque minuti. Il perché, non è dato sapere. Cioè, è comprensibile che Bill perda la testa per una che gli si offre al primo incontro e che, dopo la prima giornata di sesso (non si può parlare di notte, visto che questa arriva già senza mutande - giuro! - per colazione e se ne va la sera), non faccia altro che cucinare nuda, ma lei perché dovrebbe innamorarsi al punto da "cambiare"? Solo perché lui, ogni volta che la vede, si mette a narrare con fare sognante le azioni di Rose (giuro, lo fa)? Perché, in effetti, è Bruce Willis quindi figo a prescindere? Perché non l'ha scassata di mazzate dopo averlo prima tamponato e poi dichiarato innocentemente di non avere la patente? Comunque, questo è quanto, la struttura del film è: un passo avanti nelle indagini, una scopata, un momento in cui Capa si pente di non essersi fatto i fatti suoi, una scopata, un passo avanti, una scopata. Il tutto, con i riflettori puntati su un'attrice, Jane March, non solo cagna (il che è un problema visto che le viene richiesta un'abilità camaleontica) ma nemmeno dotata di bellezza e sensualità eccelse. Per fortuna, ci sono i matti. Trattati, ovviamente, come ci si aspetterebbe da un film simile, ovvero senza nessuna pretesa di empatia (salvo un momento stranamente serio, dedicato al personaggio interpretato da Lance Henriksen) o verosimiglianza, ma solo come un branco di mine vaganti pronte ad esplodere in faccia a Capa. Vederli interagire tra loro, snocciolando piccoli segreti potenzialmente incriminanti, e gettare uno sguardo nelle loro folli vite, è più pertinente rispetto alle infinite performance sessuali di Capa e Rose; in più, Brad Dourif si mangia il resto del cast appena sgrana gli occhi e lo stesso vale per Lesley Ann Warren, incredibilmente sopra le righe, anche se mai quanto Rubén Blades, il cui investigatore è la cosa più improbabile di tutta la pellicola, oltre che la più esilarante. Anzi, no. La cosa più improbabile de Il colore della notte sono la villa e lo studio di Bob Moore, un trionfo di ostentazione pacchiana, arricchite da elementi ripresi dalle cattedrali gotiche. Probabilmente, nelle intenzioni di Richard Rush, scenografie simili dovevano dare un tocco originale ed autoriale a Il colore della notte, così come alcuni particolari bizzarri all'interno delle inquadrature; per quanto mi riguarda, hanno solo alimentato la sensazione di incredula ilarità che mi ha accompagnata per tutta la durata di un film che depennerei tranquillamente dalla filmografia di un Bruce Willis in declino che, grazie a Tarantino, avrebbe di lì a poco iniziato il suo ritorno in grande stile. 
 

Di Bruce Willis (Bill Capa), Rubén Blades (Martinez), Scott Bakula (Bob Moore), Brad Dourif (Clark), Lance Henriksen (Buck), Eriq La Salle (Anderson) e Shirley Knight (Edith Niedelmeyer) ho già parlato ai rispettivi link.

Richard Rush è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Professione pericolo. Anche sceneggiatore, produttore e attore, è morto nel 2021 all'età di 92 anni.


Lesley Ann Warren
interpreta Sondra. Americana, la ricordo per film come Victor/Victoria e Signori, il delitto è servito ; inoltre, ha partecipato a serie quali Missione impossibile, Colombo, Will & Grace, Desperate Housewives e Daredevil. Anche produttrice, ha 78 anni e due film in uscita. 


Jane March
era stata scelta in quanto reduce dal successo internazionale del suo primo film, L'amante, ma giustamente ha fatto, in seguito, ben poca carriera. Se Il colore della notte vi fosse piaciuto potete andare qui e recuperare tutta una serie di film simili più o meno riusciti. ENJOY!

venerdì 5 marzo 2021

Il principe cerca moglie (1988)

Dunque, poiché ieri è uscito su Amazon Prime Video Il principe cerca figlio, mi è tornata voglia di riguardare Il principe cerca moglie (Coming to America), diretto nel 1988 dal regista John Landis.


Trama: Akeem, principe del Regno di Zamunda, frustrato dalle mille imposizioni di corte, decide di andare in America a cercare una moglie che lo ami per quello che è dentro, non per il suo status sociale...


Adesso andrò contro i gusti "cult" del novanta per cento delle persone che leggono questo blog o che, in generale, hanno vissuto infanzia o adolescenza negli anni '80, ma io non ho mai particolarmente amato Il principe cerca moglie e averlo riguardato dopo, credo, 25 anni dall'ultima volta ha rinconfermato le mie opinioni di bambina. All'epoca adoravo i vari 48 ore, Beverly Hills Cop e Il bambino d'oro, cose più avventurose e dinamiche oltre che molto più divertenti, e per me Eddie Murphy dava il meglio di sé proprio in quelle occasioni, con quella meravigliosa risata regalatagli dal compianto Tonino Accolla, mentre Il principe cerca moglie l'ho sempre trovato prevalentemente noioso. Salvo pochi momenti divertenti, legati ovviamente alle esagerazioni del cerimoniale di corte del regno di Zamunda (il  "pene reale" su tutte) e a qualche momento di scontro culturale tra africani e americani, Il principe cerca moglie è un film anche troppo serio, questo perché il principe Akeem deve essere ammantato comunque da una regale superiorità, soprattutto nei momenti in cui la commedia si fa più romantica, e inoltre è lungo come la quaresima, cosa che lo fa sembrare ancora più lento, un sentire, per la cronaca, condiviso dallo stesso John Landis, che da anni vorrebbe proporre un director's cut un po' più stringato. E un sentire, per inciso, condiviso anche da Mirco, che già dopo mezz'ora stava dando segni di cedimento dopo aver esordito con un "Ah, ma questo l'ho già visto" (Sì, ma non te lo ricordi!! Mortacci tua!). Se non ci fossero le mattane di Arsenio Hall e l'esordio dei ruoli multipli di Eddie Murphy, oltre a un cast all black di tutto rispetto, credo che Il principe cerca moglie sarebbe finito nel novero di flop anni '80 perché, davvero, il nucleo centrale di questo film sono le peripezie nemmeno troppo ardue di un principe che si incapriccia (vai a sapere perché visto che Lisa è noiosissima e banale) di un'americana e cerca di "conquistarla" (considerato che è fidanzata con un cretino, le ci vogliono circa 10 minuti per infatuarsi perdutamente di Akeem), nulla più.


Visto oggi, con un po' più di consapevolezza rispetto a quando avevo 11 anni, beh, ovviamente il divertimento (relativo) della visione de Il principe cerca moglie deriva dal riconoscere una serie di attori diventati col tempo anche famosissimi oppure sgamare Eddie Murphy e Arsenio Hall sotto i vari travestimenti, cosa che, dopo decenni di Simpson, diventa un po' più facile col primo; in realtà, l'unica trasformazione che ancora oggi, grazie al make up di Rick Baker, lascia con la mascella slogata, è quella in cui Eddie Murphy diventa un vecchio ebreo bianco (italoamericano nella versione italiana), davvero notevole. Ci si diverte a vedere il "solito" Samuel L. Jackson, al suo quarto/quinto film, già impegnato ad interpretare uno sboccatissimo criminale, oppure quello che sarebbe diventato il compassato Dr. Benton di E.R., qui nei panni di un arrogante fighetto dai capelli unti, e si apprezza una sorta di continuity Landiana quando senza preavviso spuntano i Dukes di Una poltrona per due, felici perché finalmente l'incubo della povertà è finito. Per il resto, onestamente, mi sono spesso distratta e ho buttato più volte un occhio all'ora, chiedendomi quanto ancora sarebbe passato prima di arrivare al confronto in metropolitana, una delle cose che ricordavo da quando ero piccola assieme alla sposa abbaiante, al rituale mattutino e alla canzone Mbube, che corre sui titoli di testa e che altro non è se non la versione originale di The Lion Sleeps Tonight. Stantibus rebus, non oso immaginare quanto mi romperò le scatole a guardare Il principe cerca figlio, considerato anche che Accolla non c'è più e che dovrò necessariamente guardarlo in lingua originale senza neppure commuovermi per l'iconica risata di Akeem.  


Del regista John Landis ho già parlato QUI. Eddie Murphy (Principe Akeem, Clarence, Saul, Randy Watson), Cuba Gooding Jr. (il ragazzo che si fa tagliare i capelli), Eriq La Salle (Darryl Jenks), Vondie Curtis-Hall (bibitaro alla partita di basket), Samuel L. Jackson (Rapinatore), Tobe Hooper (Ospite alla festa) li trovate invece ai rispettivi link.

James Earl Jones interpreta il Re Jaffe Joffer. Americano, lo ricordo per film come Il dottor Stranamore - Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba, L'esorcista II - L'eretico, Caccia a Ottobre Rosso, Una pallottola spuntata 33 1/3 - L'insulto finale, Rogue One, Star Wars: L'ascesa di Skywalker e a serie come Una famiglia del terzo tipo, La vita secondo Jim, Due uomini e mezzo, Dr. House, The Big Bang Theory; come doppiatore ha lavorato in Guerre stellari, L'impero colpisce ancora, Il ritorno dello Jedi, Il re leone e I Simpson. Ha 90 anni.


Arsenio Hall
interpreta Semmi (ma anche Morris, la ragazza bruttissima al bar e il Reverendo Brown). Americano, ha partecipato a film come Ghost - Fantasma e a serie quali Alfred Hitchcock presenta e Più forte ragazzi; come doppiatore ha lavorato in The Real Ghostbusters. Anche produttore, sceneggiatore e cantante, ha 65 anni.


Frankie Faison
interpreta l'affittacamere. Americano, ha partecipato a film come Il bacio della pantera, Brivido, Manhunter - Frammenti di un omicidio, Mississippi Burning - Le radici dell'odio, Il silenzio degli innocenti, Hannibal, Red Dragon, The Grudge e a serie quali I langolieri e Luke Cage. Ha 71 anni.


John Amos
interpreta Cleo McDowell. Americano, ha partecipato a film come 58 minuti per morire, Diamanti grezzi e a serie quali A-Team, Hunter, La signora in giallo, I Robinson, Willy, il principe di Bel Air, Walker Texas Ranger, Oltre i limiti, My Name is Earl e Due uomini e mezzo. Anche sceneggiatore e produttore, ha 81 anni e un film in uscita.


Per il ruolo del re era stato preso inizialmente in considerazione Sidney Poitier. Anche a Paul Gleeson, così come a Don Ameche e Ralph Bellamy, era stato chiesto di riprendere il ruolo che aveva in Una poltrona per due, ma l'attore è stato costretto a rifiutare perché già impegnato sul set di Trappola di cristallo. Ovviamente, adesso aspettiamo Il principe cerca figlio ma, se Il principe cerca moglie vi fosse piaciuto, recuperate già Una poltrona per due anche se siamo fuori stagione! ENJOY!

martedì 7 marzo 2017

Logan - The Wolverine (2017)

Nonostante la pochezza delle pellicole a lui dedicate, potevo perdermi l'ultimo film dedicato al mutante artigliato canadese, quel Logan - The Wolverine (Logan) diretto e co-sceneggiato da James Mangold? Assolutamente no! NO SPOILER, suckers!


Trama: Anno 2029, Logan si è ritirato dal suo ruolo di eroe e lavora come autista di limousine. E' invecchiato e il suo fattore rigenerante non è più quello di una volta ma viene richiamato sul campo da una donna e una strana bambina in cerca di protezione...



Ovviamente, dopo due tentativi più o meno falliti ci ritroviamo con IL film su Wolverine per eccellenza proprio quando Hugh Jackman ha scelto (d'altronde sono anche 17 anni) di abbandonare il personaggio, aprendo così la via a probabili reboot che getteranno al vento tutto il bel lavoro fatto da Mangold in Logan. Il bravo James Mangold che, ottenuta carta bianca e un bello R Rating alla faccia di tutti i mocciosi che pagano denaro contante per gadget, fumetti ed ammenicoli vari, ha girato un film di supereroi senza cretini in tutina, senza fenomenali poteri cosmici che minacciano di devastare il mondo (quasi), senza villain con l'unica ambizione di parlare molto e fare poco, senza scomodi retaggi da un passato che neppure lui era riuscito a riportare su pellicola senza far piegare in due gli spettatori dal ridere e, soprattutto, senza supereroi. I personaggi che popolano il mondo di Logan sono innanzitutto persone, umanissimi vecchi e bambini per i quali il potere è una piaga più che una benedizione, che hanno perso tutto a causa di vicende immortalate sulle pagine di fumetti che non raccontano che la punta dell'iceberg del dolore e della sofferenza di chi si ritrova ad essere mutante in un mondo che ormai ne è privo. Logan e Xavier sono diventati due vecchi, uno sconvolto nel fisico e l'altro nella mente, due reietti per i quali delle vecchie avventure e della vecchia vita non rimangono che tristi ricordi e la speranza di un futuro nel quale lasciarsi tutto alle spalle per morire in relativa pace, lontano dal mondo. Nel mezzo del cammin di questa loro non-vita spunta la piccola Laura, mutante che con i due condivide più cose di quante vorrebbe, compresa la maledizione di un potere terribile e l'impossibilità di avere il controllo sulla propria esistenza, pianificata fin dalla più tenera età da persone senza scrupoli in cerca dell'arma definitiva. Logan è costruito come un lungo road trip intrapreso da questi tre personaggi, focalizzato non tanto sui loro poteri (che pur sono un punto chiave della vicenda) quanto sul rapporto che li lega, sulla consapevolezza di sé stessi e sul rapporto col mondo che li circonda, un viaggio ben poco allegro e affrontato a braccetto con la morte, il rimpianto, la nostalgia, la decadenza fisica e mentale, talvolta la speranza benché pagata a caro prezzo. L'uomo Logan è ben diverso dall'eroe conosciuto nei film precedenti, è una creatura cinica e ormai stanca che scarica letteralmente il proprio dolore su chi è tanto incauto da stuzzicarlo quando lui vuole soltanto stare in pace; se i suoi artigli nelle altre pellicole erano utilizzati con uno scopo, talvolta trattenuti, talvolta sfoggiati come eccesso di sboroneria, nel film di Mangold diventano l'ultimo, disperato sfogo di un uomo distrutto ed è giusto quindi che vengano rappresentati in tutto il loro terribile realismo.


Per la prima volta quindi, e per fortuna, gli artigli di adamantio lacerano, mutilano e spillano litri di sangue ma senza la giocosa cattiveria di Deadpool, anch'esso film R Rated. Vedendo finalmente quelle artigliate libere dalle restrizioni di un montaggio da galera non si prova gioia né catarsi perché ogni colpo inferto da Laura è un pezzo della sua innocenza di bambina che se ne va mentre per Logan è il ricordo di una vita andata in frantumi, tra amori scomparsi e amici defunti; il make up applicato a Hugh Jackman, sempre più sfregiato e vecchio mano a mano che il film prosegue, riversa all'esterno tutto il veleno che il personaggio ha dentro, un senso di rabbia impotente e disgusto che poco hanno a che fare con i recenti cinecomic Marvel e persino con quelli DC, i cui protagonisti paiono sempre comunque "superiori" a noi esseri umani; Logan è prosaico e terra terra ma in senso buono, talvolta è persino buffo e a tratti triviale, ma il suo è un umorismo che non invoglia al famoso trenino Brigittebardòbardò immortalato da Ortolani, bensì fa salire un groppo alla gola grosso quanto una palla di pelo canadese. Così come l'umorismo, sono sottili anche i riferimenti nerd (passatemi il termine) al mondo degli X-Men o agli eventi passati, tanto che Logan è un film da guardare con molta attenzione perché molto di ciò che ha portato i protagonisti al punto in cui li ritroviamo viene appena accennato nei dialoghi, come se avesse ben poca importanza per lo spettatore il quale, per una volta, è costretto a confrontarsi con personaggi che si sviluppano esclusivamente all'interno delle due ore di spettacolo e ad affidarsi a sceneggiatori capaci e attori favolosi invece che annichilirsi il cervello con fantastiliardi di effetti speciali. Hugh Jackman e Patrick Stewart non potevano accomiatarsi meglio da Wolvie e Xavier, si vede anche col filtro del doppiaggio che i due attori si sono impegnati in quanto coinvolti in un film che prima di essere "l'ultimo capitolo della trilogia di Wolverine" era un racconto serio e strutturato, in grado di veicolare emozioni potenti; di fatto, è la prima volta che guardando un cinecomic ambientato nel mondo degli X-Men mi sono commossa e ho provato reale compassione per i personaggi su schermo (protagonisti o secondari che fossero, come il dolce Calibano di Stephen Merchant) e persino simpatia verso quell'insopportabile vecchio porco pedofilo di Xavier. Favolosa anche la dodicenne Dafne Keen, le cui apparizioni nei panni di Laura mi hanno messo spesso i brividi, sia durante le concitate ed esaltanti scene d'azione che in quelle in qualche modo più "poetiche" e poco importa che un paio di scelte di sceneggiatura fossero un po' tirate per i capelli (va bene regalare a Laura e regalarsi un po' di tranquillità familiare ma non puoi immaginare che i Reavers stermineranno chiunque dovesse ospitarvi? E poi, un branco di pargoli con potentissimi poteri incapaci di spazzare via dei cyborg? Mah.): se mi avessero dato altri due film come questo, la trilogia di Wolverine avrebbe meritato un posto d'onore nel cinema in generale, non solo nell'ambito dei cinecomics.


Del regista e co-sceneggiatore James Mangold ho già parlato QUI. Hugh Jackman (Logan), Patrick Stewart (Charles Xavier) e Richard E. Grant (Dr. Rice) li trovate invece ai rispettivi link.

Boyd Holbrook interpreta Pierce. Americano, ha partecipato a film come Milk, Behind the Candelabra, L'amore bugiardo - Gone Girl, Morgan e a serie come Narcos. Anche regista e sceneggiatore, ha 36 anni e un film in uscita, The Predator.


Stephen Merchant interpreta Calibano. Comico inglese, ha partecipato a film come Hot Fuzz, Comic Movie e a serie quali 24, Extras e The Big Bang Theory; come doppiatore ha lavorato nelle serie Robot Chicken, I Simpson e American Dad!. Anche sceneggiatore, produttore e regista, ha 43 anni.


Elizabeth Rodriguez interpreta Gabriela. Americana, ha partecipato a film come Desperado, Blow, Chi è senza colpa e a serie come Six Feet Under, ER Medici in prima linea, Fear the Walking Dead e Orange is the New Black. Ha 37 anni.


Eriq La Salle interpreta Will Munson. Attore americano che ricordo per il suo ruolo di Dottor Benson in ER Medici in prima linea, ha partecipato a film come Il principe cerca moglie, Allucinazione perversa, Il colore della notte, One Hour Photo e ad altre serie quali 24 e Under the Dome. Anche regista e produttore, ha 55 anni.


Alla fine dell'anno o nel 2018 Mangold dovrebbe fare uscire una versione in bianco e nero di Logan; nell'attesa di questa versione, di Deadpool 2 e dei prossimi X-Men e X-Force (entrambi ancora senza titolo ufficiale né sceneggiatura), se il film vi fosse piaciuto recuperate  X-MenX-Men 2X-Men - Conflitto finale, X-Men - L'inizio X-Men: Giorni di un futuro passato, X-Men: ApocalisseX-Men Origins: Wolverine, Wolverine - L'immortale e ricordate che Logan è ambientato nella linea temporale che è stata cambiata in Giorni di un futuro passato, dove quindi gli eventi dei primi tre X-Men non contano più una beata min**ia! ENJOY!

Per la cronaca, i fumetti mostrati nel film non sono veri e sono stati realizzati ad hoc dall'artista Dan Panosian

E ritorna, per la gioia di tutti i bambini... 

L'angolo del Nerd (o del gnégnégné, fate voi) rigorosamente scritto a memoria e senza l'aiuto di Wikipedia 
HIC SUNT SPOILER!:

CalibanoIl mutante Calibano era già comparso nel film X-Men: Apocalisse, interpretato da un altro attore. In quel film se non rammento male gestiva una sorta di losco ritrovo per mutanti disagiati, qui si parla di una vecchia collaborazione con la multinazionale per cui lavorano Pierce e i Reavers. Nei fumetti Calibano era uno dei Morlock, mutanti deformi e per questo costretti a vivere nel sottosuolo di New York e il suo potere era identico a quello mostrato in Logan, ovvero la capacità di rintracciare altri mutanti. Potrei sbagliarmi ma ora dovrebbe essere morto oppure perso in un limbo editoriale come il 90% dei mutanti Marvel.

X-23: clone "venuto male" di Wolverine e macchina assassina che solo negli ultimi anni gli sceneggiatori hanno dotato di un minimo di capacità interattiva, Laura Kinney ha cominciato a bazzicare nelle storie degli X-Men quando avevo smesso di leggerle quindi non posso essere più precisa di così (ed effettivamente non ricordavo neppure il Dr. Rice che, invece, era già comparso proprio in quelle storie come creatore di Laura). Adesso dovrebbe essere LA nuova Wolverine, costumino gialloblù compreso, visto che il povero Logan è finalmente morto, pace all'anima sua.

X-24: di cloni di Logan è pieno l'universo Marvel ma siccome questo è legato ai Reavers potrebbe rifarsi in parte ad Albert, cyborg creato proprio da Pierce e soci nelle vecchie storie degli X-Men per uccidere Wolverine. Questo cyber-Wolvie negli anni '90 andava in giro con un'altra cyborg dalle fattezze di bimba chiamata Elsie Dee; da avversari i due sono diventati amiconi di Logan ma anche loro si sono persi nel solito limbo causato da innumerevoli cambi di gestione delle varie collane.

Pierce e i Reavers: Anche di Pierce non ricordo moltissimo, tranne che era sicuramente un cyborg a base umana (non mutante), probabilmente l'Alfiere Bianco del Club Infernale e che ai tempi in cui gli X-Men vivevano in Australia lui e i Reavers (altri cyborg in mezzo ai quali se non sbaglio ha militato anche Lady Deathstrike) avevano torturato e crocefisso Wolverine. In tempi relativamente recenti dovrebbe essere stato disintegrato da un Ciclope furioso dopo l'ennesima ca**ata ma sinceramente non rammento.

Rictor e gli altri amichetti di X-23: Julio Esteban Richter, detto Rictor, è un mutante capace di generare onde sismiche ed è in giro dai tempi della prima X-Force quindi non è un bambino come invece viene rappresentato nel film. Per inciso, è uno dei pochi mutanti apertamente gay ma anche lui s'è perso in un limbo editoriale dopo la bella gestione Davidiana di X-Factor, in cui lo si vedeva inciuciare col compagno di squadra Shatterstar. Degli altri bimbi, sicuramente una è stata creata dal DNA di Bobby "Uomo ghiaccio" Drake, il ciccionetto ha dei poteri che somigliano tanto a quelli di Surge, il resto dei piccoli mutanti non sono pervenuti ma chissà che in un prossimo film dedicato a Laura non rifacciano capolino, magari un po' meglio definiti. 




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