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venerdì 7 febbraio 2025

Companion (2025)

Nonostante la natura caprina dei programmatori del multisala savonese, è miracolosamente uscito anche qui Companion, diretto e sceneggiato dal regista Drew Hankock, quindi mi sono subito fiondata in sala (ormai dovreste sapere di cosa parla il film, anche perché il trailer è abbastanza chiaro, ma seguono SPOILER, nelcaso siate vissuti su Marte finora)!


Trama: Iris e Josh, giovani e innamorati, decidono di trascorrere un weekend sul lago, nella villa di un ricco amico di lui. La vacanza viene però stravolta da eventi terribili...


Companion
è una divertentissima commedia horror che guarda ad esempi "alti" come La fabbrica delle mogli. C'è chi si è lamentato che il film di Drew Hancock non sia granché horror, e in effetti non ha torto. Si tratta più di un mix tra fantascienza e thriller, perché va a toccare importantissimi temi che sono il fondamento di molte opere seminali del genere fantascientifico, soprattutto il dilemma sull'autodeterminazione e sulla natura "umana" delle macchine progettate per replicare alla perfezione i sentimenti dei loro creatori umani. In questo caso, Companion parte da una storia d'amore, quella tra Iris e Josh, incontratisi nel solito modo carino/imbarazzante in cui iniziano tutte le migliori rom-com che ci hanno propinato fin dall'infanzia. Infatti, questo incontro per caso (non in un giorno di pioggia, ma in un supermercato) è talmente perfetto da essere semplicemente un impianto nel cervello di Iris, splendido sex-bot o "compagno" che Josh ha noleggiato invece di uscire a cercarsi una ragazza vera. Per quanto sia più o meno discutibile la scelta di Josh (Companion lascia intendere che, nella società rappresentata all'interno del film, in un futuro molto prossimo, una simile pratica sia molto diffusa, con tutto ciò che ne consegue), non ci sarebbe nulla di male se quest'ultimo non decidesse, a un certo punto, di violare tutti i protocolli di Iris per spingerla a compiere un omicidio, oggettificandola ancora più di quanto facesse in precedenza. Da questo punto in poi, Companion diventa una storia di sopravvivenza e dolorosa presa di coscienza, in quanto Iris non solo deve cercare di non farsi disattivare (o peggio) ma deve anche venire a patti con la consapevolezza di essere stata indotta ad amare un pezzo di merda. Companion è, dunque, la metafora neppure troppo sottile di una società che martella le persone (non necessariamente donne ma, non neghiamolo, succede soprattutto a noi) con un ideale d'amore che consiste nell'annullarsi per il compagno, sacrificarsi per renderlo felice, arrivare a cambiarlo con la forza della gentilezza e del martirio, sorvolando sui difetti macroscopici di chi accanto vorrebbe, appunto, solo un'automa compiacente. Non è un caso che Kat, un'umanissima, imperfetta persona, a un certo punto confessi ad Iris di odiarla per la paura di venire un giorno sostituita da "quelle come lei", con le quali non è facile competere, visto che sono programmabili al punto da poterne diminuirne l'intelligenza a piacere (altra simpatica trovata di sceneggiatura, molto ficcante e plausibile). 


Tra una stoccata all'imminente strapotere dell'A.I., alle cybercar dell'Elmo di Pretoria, ai broflake piagnucoloni e alla superficialità senza sesso né genere che sconfina in stupidità grottesca, Companion procede spedito per 97 minuti di continui colpi di scena, capaci di coinvolgere anche chi si era spoilerato buona parte della vicenda con trailer e locandine. La regia di Drew Hancock, al suo primo lungometraggio, alterna atmosfere da thriller a momenti di commedia nera, sfruttati soprattutto per rendere ancora più sciocchi e melensi i finti ricordi di Iris, e per sottolineare la pochezza del "legame" tra lei e Josh. Le citazioni a La fabbrica delle mogli, come ho già scritto, sono infinite, a partire soprattutto dalle mise vezzose e prive di personalità di Iris, e questo aspetto vivace e pop (anche superficiale) della messa in scena viene ripreso dall'abbondanza di successi ballabili e beffardamente romantici come la splendida Boy dei Book of Love, Iris dei GooGoo Dolls, This Guy's in Love with You ed Emotion sui titoli di coda, che vi consiglierei di non saltare, per non perdere un paio di scene aggiuntive. Per quanto riguarda gli attori, forse sono di parte. Trovo infatti Sophie Thatcher una delle giovani dive più promettenti all'interno della scena horror odierna, e anche qui la ragazza buca lo schermo, a partire dal modo di camminare nelle prime scene, con quel qualcosa di stonato che lo rende buffo, non del tutto naturale. Jack Quaid le fa da ottima spalla, con quella faccetta patatona da bravo ragazzo resa inquietante dal luccichio negli occhi (ereditato dal padre) tipico di chi, sotto sotto, è anche un po' stronzo e non esiterebbe a pugnalarti alle spalle. Il resto del cast brilla grazie a caratteristi e volti ricorrenti di tutto rispetto, a partire da Harvey Guillén (devo recuperare la serie di What We Do in the Shadows, lo so!) e, per quanto mi riguarda, ho percepito tanto di quell'affiatamento e voglia di divertirsi sul set da portarmi a sorvolare su eventuali difetti e forzature di quella che, in fin dei conti, è un'opera prima, per quanto notevole. Aspetto di vedere se quello di Drew Hancock diventerà un nome da tenere d'occhio, nel frattempo vi consiglio la visione di questo adorabile Companion!


Di Sophie Thatcher (Iris), Jack Quaid (Josh), Rupert Friend (Sergey) e Marc Menchaca (Vicesceriffo Hendrix) ho già parlato ai rispettivi link.

Drew Hancock è il regista e sceneggiatore della pellicola, al suo primo lungometraggio. Americano, anche attore e produttore, ha 46 anni.


Lukas Gage
interpreta Patrick. Americano, ha partecipato a film come Manuale scout per l'apocalisse zombie, Assassination Nation e Smile 2. Anche sceneggiatore, ha 30 anni e due film in uscita. 


Megan Suri
interpreta Kat. Americana, ha partecipato a film come Missing e It Lives Inside. Ha 26 anni. 


Se Companion vi fosse piaciuto recuperate il pluricitato La fabbrica delle mogli, M3gan ed Ex Machina. ENJOY!




mercoledì 18 dicembre 2024

Heretic (2024)

Facendo i debiti calcoli, direi che Heretic, diretto e sceneggiato dai registi Scott Beck e Bryan Woods, sarà l'ultimo horror di cui parlerò quest'anno, e il 2024 non poteva finire meglio!


Trama: sorella Barnes e sorella Paxton, giovani missionarie metodiste, bussano alla porta del gioviale Mr. Creed, senza sapere di essersi appena condannate a vivere un incubo...


Di Heretic avevo giusto visto un teaser o poco più, ma poiché ho sviluppato una passione per l'ultima evoluzione di Hugh Grant, pronto ad addentrarsi nel terreno scivoloso dei ruoli sgradevoli, me l'ero segnato come uno dei film da guardare assolutamente. Ci ho visto giusto, per fortuna, anche se non mi sarei aspettata un film così "ragionato". Più che un horror, infatti, Heretic è un thriller psicologico, che entra nel vivo dopo un'introduzione molto lunga che serve non solo a presentarci i personaggi, ma anche a mettere sul tavolo le dinamiche di potere tra gli stessi. Senza addentrarsi troppo in spoiler, sorella Barnes e sorella Paxton sono due anacronistiche ragazze mormone, che troviamo in procinto di compiere la loro missione di diffusione della parola di Cristo, atta a fare proseliti tra i cosiddetti "investigators", ovvero coloro che sono interessati a capire di più della dottrina della loro Chiesa. Diversamente da quanto accade in opere simili, Barnes e Paxton non sono caratterizzate come delle matte invasate, ma come ragazze normali, motivate da una fede profonda e consapevoli di essere considerate delle reiette dalle loro coetanee; la trama sposa, fin dall'inizio, il loro punto di vista innocente e talvolta ottuso, tanto che è difficile provare antipatia nei loro confronti. Allo stesso modo, almeno nel corso delle prime sequenze di "confronto", è difficile non rimanere affascinati da Mr. Reed, colto gentiluomo per nulla disposto a farsi prendere per il naso da quella che è, fondamentalmente, una setta, e ben disposto ad inculcare un po' di sale in zucca alle due ragazzine con stoccate ironiche e pungenti. Solo che, andando avanti, il registro cambia e si chiarisce il focus di un'operazione come Heretic, che sfrutta la religione per parlare, come ho scritto sopra, di dinamiche di potere e prevaricazione. Di fronte al titolo, mi sarei aspettata che l'incontro col ciarliero, talvolta buffo Mr. Reed, si sarebbe tradotto in qualcosa di satanico, oppure in uno scontro tra invasati religiosi come molto spesso si incontrano all'interno di questo genere di film. In realtà, "Heretic" si fonda sull'etimologia stessa di questa parola ed è interamente basato sulle "scelte" delle protagoniste, condizionate (sin dagli innocenti dialoghi dell'inizio) da fede, credenze, preconcetti e, soprattutto, iterazioni, tutti elementi sapientemente manipolati da un affabulatore nato come Mr. Reed e atti a torturare il prossimo non tanto per diletto, quanto per una patologica mania di controllo.


Il set dove si svolge quasi interamente Heretic, un capolavoro di architettura ed ingegneria "sbagliato" sin dalle prime immagini, è lo specchio della mentalità contorta del suo padrone e uno degli aspetti più interessanti ed originali del film. Scott Beck e Bryan Woods avevano già dimostrato, con Haunt, di saper giocare con le percezioni dello spettatore e dei protagonisti, trasformando un banale horror a tema "case stregate di Halloween" in un gioiellino di tensione; qui, secondo me, alzano ulteriormente il tiro sfruttando alla perfezione il montaggio (una particolare sequenza Kubrickiana si distingue per il gusto finissimo), il sonoro e le musiche, inoltre anche il graduale cambio di registro da commedia grottesca a dramma disperato funziona alla grande e i dialoghi contengono tante di quelle informazioni che servirebbe una vita per confutarle tutte, il che contribuisce ad alimentare l'incertezza dello spettatore relativamente al personaggio di Mr. Reed. Riguardo a quest'ultimo, se Hugh Grant si portasse a casa il Golden Globe festeggerei per giorni. Come ho detto, l'ex eroe delle rom com raffinate è diventato un vecchio bastardo sia nelle interviste che nei ruoli che sceglie, e questa sua nuova natura lo rende, ai miei occhi, molto più interessante che in passato. Pur gigioneggiando come se non ci fosse un domani, Grant non si mangia però tutto il film, perché i realizzatori di Heretic hanno avuto l'intelligenza di affiancargli due giovani attrici dal fascino diametralmente opposto, capaci di completarsi come il giorno e la notte. Da una parte, abbiamo Sophie Thatcher, bellezza crepuscolare e dotata di uno sguardo profondo, fin da subito connotata come l'elemento carismatico della coppia di missionarie; dall'altra abbiamo Chloe East, ingenua e timorosa eppure sempre più importante col proseguire della storia. L'interazione tra i tre, fatta di dialoghi, sguardi e silenzi, svia continuamente lo spettatore, spingendolo in direzioni inaspettate che rendono la visione di Heretic, nonostante la sua natura di slow burn, un viaggio continuo sulle montagne russe, pieno di twist inaspettati (se vi va, nei commenti, vi racconto tutti i castelli mentali che mi sono fatta a un certo punto, perché c'è da ridere). Arrivato alla fine di questo ricchissimo 2024, Heretic è uno dei film più originali che vedremo in Italia l'anno prossimo, e il mio consiglio è di non farselo scappare per niente al mondo!


Dei registi e sceneggiatori Scott Beck e Bryan Woods ho già parlato QUI. Hugh Grant (Mr. Reed), Sophie Thatcher (Sister Barnes) e Topher Grace (Elder Kennedy) li trovate invece ai rispettivi link.



martedì 10 settembre 2024

MaXXXine (2024)

Finalmente. Quando ormai non ci speravo più, anch'io sono riuscita ad andare al cinema e vedere MaXXXine, diretto e sceneggiato dal regista Ti West.


Trama: anni dopo la terribile esperienza in Texas, Maxine Minx, sempre decisa a diventare una stella del cinema, ottiene una parte in un film horror. Qualcuno, però, è sulle sue tracce, pronto a rivangare il suo passato...


Ti West
ha concluso la sua trilogia, il suo progetto più ambizioso. Per quanto avessi adorato, all'epoca, X, mentirei se dicessi che avrei scommesso anche solo un'euro sulla riuscita dell'operazione. Credevo, erroneamente, che non si potesse fare meglio di così. Invece, il regista ci ha prima stupito con un racconto di frustrazioni e speranze tanto potente da farci provare pietà per quella che, a rigor di logica, avrebbe dovuto essere solo una disgustosa e rancorosa matta, infine ha concluso il percorso del personaggio Maxine Minx, inserendolo in un discorso più ampio legato al cinema di genere e alla società americana, senza una sola sbavatura. Maxine ha cominciato, in X, come potenziale stellina dell'hard dotata del "fattore X", quel qualcosa in grado di bucare lo schermo, riconducibile ad una cazzimma e una durezza interiore nate dalla ferma volontà di sfondare, a qualunque costo; in parallelo, West raccontava un'America ipocrita, che rinnegava in pubblico la fame di libertà sessuale stigmatizzando un'industria del porno mai stata così fiorente, e rivendicava la dignità di chi in quell'industria lavorava o creava legami familiari. Con MaXXXine, arriviamo agli anni '80 in cui le speranze di ricchezza e di progresso si scontravano con un clima di puro terrore, alimentato da un'amministrazione durissima e bigotta, pronta a creare nemici mediatici per ciò che più contava davvero, riassumibile con Patria, mamma, torta di mele. Negli anni del Satanic Panic e delle proteste contro horror, pornografia e persino giochi di ruolo, la realtà abilmente nascosta sotto il tappeto dell'ipocrisia puritana era fatta di squallidi localini a luci rosse, serial killer e quant'altro e questa sensazione di pericolo e "sporco" tangibile viene resa da Ti West ogni volta che Maxine esce di casa per andare a lavorare. Quanto alla protagonista, il tempo passato e il mancato successo non l'hanno resa meno determinata, anzi; ben consapevole della realtà che la circonda, dov'è un attimo venire uccise da un pazzo e dimenticate in un angolo di strada, Maxine è ben decisa a non lasciare che nulla disturbi la sua paziente ricerca di un'occasione giusta, e finalmente quest'ultima arriva con un ruolo all'interno di un film horror. L'amore di Ti West per la sua protagonista e per l'industria cinematografica è tangibile. La regista del film "La puritana II", le maestranze e il set diventano per Maxine l'unico punto fermo di un'esistenza minacciata da un caotico passato, e ogni azione "altruista" intrapresa da un personaggio al quale importa solo di se stesso (e, nonostante questo, impossibile da odiare) nasce proprio dal desiderio di non perdere in primis questo porto sicuro, oltre alla ovvia possibilità di diventare una star, finalmente. Di vivere la vita che Maxine merita.


Ovviamente, per raggiungere l'happy end, sempre che qualcosa di simile esista, Maxine dovrà passare per un'ordalia di morte e follia. Sono tanti i modelli a cui guarda Ti West, purtroppo per la sottoscritta è passato tuttavia tanto tempo da quando quegli stessi modelli mi sono passati sotto agli occhi. Perdonatemi, dunque, se non citerò Fulci e il suo Lo squartatore di New York, bensì i padri del Giallo all'italiana come Bava e Argento, "genitori" di killer senza volto e con le mani guantate, in grado di trasudare odio e perversione nonostante siano privi di un sembiante riconoscibile. Ma più del killer e del gusto di Ti West per delle morti ancora più splatter che nei film precedenti, mi ha colpita il modo in cui sono state rappresentate le sordide strade di una Los Angeles priva di patina nostalgica o glamour, con uno stile che mi ha ricordato moltissimo Cruising di Friedkin (anche se lì l'azione si svolgeva a New York); la fotografia di MaXXXine, fatta principalmente di ombre e cupe luci al neon, enfatizza ancora più la sensazione di pericolo imminente, di una città caotica e corrotta, dove gioventù e bellezza sopravvivono poco e male. Quanto a Mia Goth, sarebbe un delitto non parlarne. Mi riservo di farlo con più competenza quando avrò rivisto il film in lingua originale, perché al momento ho apprezzato maggiormente la sua interpretazione in Pearl, ma ormai direi che l'attrice ha centrato in pieno il personaggio titolare, portando a termine il non facile compito di spingere lo spettatore a fare il tifo per una "macchina da guerra" egoista e dalla morale ambigua. Anzi, sul finale a me è salito persino il magone per l'amarezza dello sguardo e delle espressioni di Mia Goth, specchio di un futuro incerto, sempre appeso a un filo, anche quando le cose parrebbero essersi risolte per il meglio (non ha aiutato la presenza, sui titoli di coda, della canzone Bette Davis Eyes, che mi spezza il cuore dal 2015). Il resto del cast non è meno interessante. Su tutti, ho apprezzato tantissimo l'inedito Kevin Bacon in versione detective laido e anche Elizabeth Debicki, con la sua algida eleganza, è perfetta come mentore di Maxine e motivatrice in grado di riportare il personaggio sulla "retta" via verso il successo. Sono sicura che MaXXXine meriterebbe ulteriori approfondimenti ma, come nel caso di Pearl, è un film che riuscirei a capire ed apprezzare di più a una seconda visione, quindi per ora mi fermo qui, ringraziando Ti West e Mia Goth per il bellissimo viaggio e per una delle trilogie migliori degli ultimi anni... nell'attesa che ci siano altre storie da raccontare!


Del regista e sceneggiatore Ti West ho già parlato QUI. Mia Goth (Maxine Minx), Elizabeth Debicki (Elizabeth Bender), Giancarlo Esposito (Teddy Night), Kevin Bacon (John Labat), Michelle Monaghan (Detective Williams), Bobby Cannavale (Detective Torres), Larry Fessenden (Guardia), e Lily Collins (Molly Bennett) li trovate invece ai rispettivi link. 

Sophie Thatcher interpreta la FX artist. Americana, ha partecipato a film come The Boogeyman e a serie quali The Exorcist e Yellowjackets. Anche produttrice, ha 24 anni e un film in uscita, Heretic.



Se MaXXXine vi fosse piaciuto, recuperate X - A Sexy Horror Story e Pearl. ENJOY!

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