Incipit: "Prendiamo quel sentiero". Lui chiuse il cancello del giardino dietro di lei e indicò l'Elm Walk.
Avvolgendosi nello scialle, lei inspirò profondamente l'aria fresca della nuova stagione che si accingeva a rinverdire la campagna. Era l'anno 1795, e il giorno sembrava credersi il primo della primavera. In alto, sulla quercia, gli uccelli cinguettavano di gioia e i ramoscelli luccicavano di resina novella. Insieme, i due giovani salirono il pendio dietro la canonica e proseguirono per il varco nella siepe.
Avvolgendosi nello scialle, lei inspirò profondamente l'aria fresca della nuova stagione che si accingeva a rinverdire la campagna. Era l'anno 1795, e il giorno sembrava credersi il primo della primavera. In alto, sulla quercia, gli uccelli cinguettavano di gioia e i ramoscelli luccicavano di resina novella. Insieme, i due giovani salirono il pendio dietro la canonica e proseguirono per il varco nella siepe.
Questo libro possedeva fin dall'inizio caratteristiche tali da renderlo per me desiderabile: l'impatto di una bellissima copertina, un titolo appropriato e la scoperta che trattasi del racconto di Cassandra, sorella di Jane Austen.
Non ho mai dedicato un articolo alla celebre scrittrice inglese, l'ho solo citata in diversi post. Pur avendola amata durante gli anni dell'adolescenza, quando una lettrice accanita non può non apprezzare le rocambolesche vicende di Lizzie Bennet, Emma Woodhouse, Elinor Dashwood o Fanny Price, ne conservo comunque un ricordo non proprio esaltante.
Leggere i romanzi di Jane Austen è divertente, sono ben scritti, non è un caso che fra i maggiori estimatori del suo repertorio si annoverino nomi come Virginia Woolf, che la definisce "perfetta e immortale". L'aspetto che non riuscii ad apprezzare appieno fu il reiterato tema della strenua ricerca di un uomo da sposare, leit motiv di tutto - o quasi - il repertorio austeniano, motore dell'azione e obiettivo di ogni intendimento.