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martedì 3 febbraio 2015

Misteriosi pallini rossi che nascono tra i capelli

Girls in peacetime want to dance
L'altra mattina - una mattina di metà settimana - ho portato i Ratti maggiori a sciare. («Mamma, smettila di chiamarci Ratti» - mi sembra di sentire la voce della Pupa che si lamenta. «Allora vi chiamerò "adorabili fringuelli"». «Mi piace!» dice il Pupo, ma questo non c'entra nulla con Facebook).
C'eravamo abbastanza amati Il Pupo era già salito sugli sci a Natale. Ma per la Pupa, 9 anni, era una prima volta assoluta. Così ho coinvolto nell'impresa e invitato anche suo padre - l'uomo con cui un tempo sono stata sposata. Avendo uno spirito sportivo egli ha mostrato di divertirsi parecchio, nonostante per tutto il giorno io gli abbia canticchiato en amitié «Vecchio scarpone, quanto tempo è passato» osservando le sue calzature, più adatte alla Ritirata di Russia che a un'innocua gitarella a un'ora da Milano.
Poi siamo volati su dei campi di grano rettangolari Avevamo - io, Mike Delfino e il padre della Pupa - concertato preventivamente il seguente piano: a) non dire niente ai Pupi; b) uscire di casa (io - Mike Delfino è rimasto a casa con la Piccolissima) con loro alle otto del mattino come per andare a scuola, avendo nottetempo svuotato i loro zaini dai libri e avendoli riempiti di materiale da sci; c) passare a prendere il padre della Pupa, e con lui involarci per la montagna. Naturalmente qualcosa è andato storto, per esempio: i bambini hanno cercato di mettere o prendere delle matite negli zaini, Mike Delfino li ha subito rimproverati - se l'avessero fatto, avrebbero scoperto la nostra cospirazione - e minacciati di botte; i bambini si sono offesi e hanno minacciato di uscire senza salutarlo; Mike Delfino li ha pregati di fare subito pace, loro hanno accettato perché fondamentalmente sono dei buoni.
È una giornata fredda e luminosa «Perché andiamo a prendere papà?» mi ha chiesto la Pupa. Io, con voce severa: «Perché la tua maestra, figlia mia, ci ha convocato entrambi per un colloquio. Hai combinato qualcosa?». Lei, innocente: «No. Sono stata bravissima. Forse vuole parlarvi di alcuni progetti» (!). Raccattato il padre della Pupa, pochi minuti dopo, abbiamo imboccato la superstrada. «Mamma, ma non è di qui che si va a scuola». «Zitti, bambini, è una scorciatoia. Fatemi un piacere piuttosto: controllate negli zaini se vi ho messo la merenda, ché altrimenti dobbiamo passare a prenderla dal panettiere». Il Pupo, stupito: «Ma... qui c'è una tuta da sci! Una termica! Un collo di pile! Un'intera tavoletta di cioccolato con le nocciole! Degli stivali! Delle calzemaglie! » (Il Pupo è convinto che si dica così, le calzemaglie, al plurale). La Pupa: «Anche da me! Anche da me!».
Possano questi lampi illuminare la fine Sono rimasti per qualche secondo in silenzio, così emozionati e increduli da non trovare il coraggio di fare due più due. Poi il Pupo è esploso: «Ci portano a sciare!». 

E arriverà un ciclone e forse ci lascerà stare I bambini hanno avuto per tutto il giorno la faccia della felicità, l'emozione nella voce, un sorriso chiaro e sentimentale. Sono cialtroni ma molto romantici, in fondo. Hanno adorato i loro maestri dai nomi buffi: Lello, Zanna. Sono caduti spesso e poi si sono rialzati. Hanno preso la seggiovia, sono saliti, sono scesi. Hanno avuto coraggio. Li abbiamo a lungo fotografati. È stato tutto perfetto - solo,  a pranzo la Pupa ha commesso il tragico errore di ordinare non polenta e salsiccia come noialtri, ma pasta al pesto. Si può ordinare pasta al pesto a 1800 metri, e aspettarsi che sia buona? Ci credete se vi dico che il rifugio dove abbiamo mangiato si chiamava, ma è stato un caso, Ratti?
C'era un rumore in lontananza, ma eri tu  Tornando a casa i bambini mi hanno comunicato che avevo vinto il titolo di «Miglior mamma del mondo». «Se partecipassi a un concorso con le dieci madri più brave del mondo arriveresti prima». «Dopo questa giornata ti promettiamo che non litigheremo mai più, che ti ascolteremo sempre e apparecchieremo la tavola senza che dobbiate obbligarci voi a farlo». La mattina dopo, a scuola, la maestra della Pupa era commossa. «Idea geniale. Piango dalla gioia», mi ha scritto via sms. Invece il Pupo è tornato a casa un po' così. «Hai mostrato alla maestra la giustificazione sul diario?». «Sì, ma lei mi ha detto che non si va a sciare di mercoledì» (Era il suo primo giorno di assenza da scuola in tutto l'anno, nda) (Della serie: come smorzare gli entusiasmi) (Ma noi, comunque, ci torneremo).
Ragazzina piccolina La cosa più buffa del 2015 fin qui: per una serie di equivoci la Pupa si è convinta che suo fratello generi pallini rossi dalla testa. Il Pupo ha indossato felpe e maglioni rossi per diversi giorni di fila, dopo Natale, e lei, standogli vicino, gli ha scovato tra i capelli alcuni minuscoli batuffoli di lana. È successo una, due, poi tre volte. La quarta e la quinta, i pallini di lana ce li ho messi io. E anche la sesta. Adesso mi sono creata una piccola scorta di pallini rubati a un maglione e gliene piazzo uno qua e uno là ogni tanto, quando mi ricordo; poi faccio in modo che la Pupa lo noti. Anche il Pupo, di riflesso, si è convinto di essere un produttore di pallini. «Credo che mi nascano sotto i ricci», ha spiegato serio. Adoro questo fatto che a 6 anni un bambino ritenga possibile un simile fenomeno. Ma anche a 9, se è una patata come la Pupa. Ogni volta che ci penso rido (sto ridendo anche adesso. Spero anche voi).


Soundtrack: Ascoltate su Spotify, per piacere, Costellazioni (autori: Luci della centrale elettrica). È stato la mia colonna sonora per quasi tutto questo post. Poi però verso la fine ho ascoltato A Dean Martin e altre belle canzoni di Fabio Concato, tra cui Ciao, Ninìn. Un uomo dall'umorismo sottile che avevo dimenticato, ma poi per fortuna è arrivato il mio collega Sergio Labuz a ricordarmi che esiste. Il sottotitolo del post invece è quello dell'ultimo album dei Belle and Sebastian. Un gruppo che ho adorato, ma di recente hanno fatto una virata dance che mi lascia perplessa.



giovedì 24 luglio 2014

Scambiocasa con sorpresa/2

Era una raganella
L'immagine è di repertorio.
Era una raganella il grazioso animale che l'altro giorno si agitava nella tenda del soggiorno. «Così verde, ma così verde... così verde non ne avevo mai vista una», ha detto il Pupo. Come abbia fatto a finire lì, nessuno lo sa.
A vivere in campagna dicono che dopo qualche tempo ci si abitua. Sarà. Però questa campagna a conti fatti è per me un po' troppo intensa. Il gatto Bubbles (i franzusi suoi proprietari lo pronunziano, ho scoperto, Babbòls) certo se la spassa, perché può mangiare insetti e altri animali ogni santo giorno.
Scherzi Ci vuole uno spirito di patata, dico io, a mettere un finto ragno gigante, in plastica, in agguato a fianco della lavatrice in una casa già piena di ragni. Poiché portano guadagno nessuno di essi, veri o finti che siano, viene perseguitato. Ma occorrono nervi saldi per restare impassibili quando te ne stai tutto tranquillo, nudo e inerme, nella vasca da bagno e uno zampelunghe si muove in modo bizzarro, un po' sghembo, puntando dritto nella tua direzione.
Bambini Ai bambini la vacanza non è dispiaciuta per nulla. Ieri mattina il Pupo ha trillato tutto allegro: «Mamma, papà, venite a vedere! C'è un topo morto in piscina». Vero. Era piccolino, però. Ho saputo che pipistrello in francese si dice «chauve-souris», letteralmente «topo calvo». La persiana della stanza accanto alla mia sta sempre aperta e abbiamo scoperto che lì dietro, raggruppati tra il legno caldo e il muro, ce ne stanno una trentina. Mike Delfino ha usato il bastone lunghissimo che si usa per pulire la piscina per spostare la persiana, ieri al crepuscolo, e mostrare ai bambini come si libravano in aria. Spiccavano il volo uno a uno, veloci, vicini, e ho pensato che tutto sommato non erano così diversi dagli storni.
Sgarrupo Questa l'abbiamo chiamata la casa dello sgarrupo, intanto perché scricchiola tutta. La responsabilità principale è del pater familias, un ingegnere informatico con l'hobby del bricolage. Non so voi ma io diffido di questo tipo di maschio. Avrei dovuto capirlo subito, il giorno che siamo arrivati qui: davanti casa, dove la gente in genere piazza un gazebo e quattro piante, qui c'è una piccola betoniera. Il garage sembra il paradiso di Manny Tuttofare. Ma poiché l'ing. è un hobbista e non un professionista fa le cose un tanto al chilo, per esempio al primo piano - che poi è dove ci sono le stanze - qua e là mancano pezzi di parquet, dunque sembra di vivere nel gioco del Domino. Mike Delfino per malriposta solidarietà di genere si è convinto che presto il suddetto hobbista completerà l'opera. Io che sono femmina dico, non per i prossimi vent'anni.
Sgarrupo/2 L'ingegnere è un fanatico del legno. Trova un pezzo di legno e lo trasforma in arredo. Di un bancale da carico/scarico - però scartavetrato e con tre mani di flatting - ha fatto un tavolino da caffè. Di un truciolare di risulta, un portalampada. Di un gruppo di rami intrecciati una scultura che vorrebbe essere appendiabiti ma più che un cappello non tiene, inoltre rischia di cavarti un occhio ogni volta che entri in camera da letto e non hai l'accortezza di balzare, appena oltre la soglia, mezzo metro a sinistra.
Sgarrupo/3 Potrei andare avanti per ore. La padrona di casa è fanatica del Giappone e ha appeso polverosi kimono ovunque. Ha dipinto tronchi e rami secchi di rosso e li ha piantati qua e là in giardino. I mobili della sua cucina non hanno il fondo: le cose poggiano direttamente a terra. Non ci sono nemmeno i pensili, dunque per prendere l'olio e l'aceto devi fare due flessioni ogni volta. Però la casa è piena di Elle Décoration cui lei dice di ispirarsi di continuo per piazzare qua e là certe bottiglie opache, colorate, piene di sabbia grigia e vecchie biglie.
Franzusi Una volta che hai modificato (abbassato) i tuoi standard e ti adatti a pensare che quella in cui vivi sia l'equivalente di una casa scout, tutto sommato non è così male. La mia amica che vive a Marsiglia da anni e che in questi giorni è venuta a trovarmi ha sentenziato: «È la finta eleganza tipica della classe media francese. Entri e ti sembra carino, poi guardi meglio e tutto cade a pezzi». Per esempio per lavare tutto - piatti, cucina, tavolo, piastrelle, volendo anche pavimenti - c'è un'unica spugna gialloverde. Non esiste aspirapolvere ma solo uno scopino portatile e un iRoomba, quel robot idiota che rotea ubriaco per ore sbattendo qua e là, ma nonostante le ferite che si autoinfligge di continuo non riesce, com'è ovvio, a pulire né angoli né scale. Per contro, c'è un giga proiettore con impianto stereo e subwoofer, e ci siamo sparati l'intera saga di Harry Potter quasi come al cinema, a 180 decibel.
Franzusi/2 I franzusi fanno molti figli. Noi in giro con tre sembravamo dei dilettanti. La famiglia media si bulla su monovolumi a sette posti da cui escono nani in scala, ordinati e composti. L'altro giorno a un tavolo c'erano due genitori, a occhio trentacinquenni, con quattro maschi dai 15 ai 5 anni. Il padre sembrava Matt Damon investito da un tir, la madre fumava nervosa, ma facevano di tutto per salvare le apparenze. I bambini erano fermi come delle sfingi. A un certo punto il più piccolo ha tentato di muovere un arto e il padre e la madre sono saltati su all'unisono: «Calme-toi, calme-toi», calmati, gli dicevano. Ho pensato che forse potevo provare a lasciargli il Pupo per mezza giornata, e vedere come me lo restituivano.
Bilanci Tuttavia la vacanza coi Pupi è sempre uno spasso. Sia all'andata che al ritorno avevamo previsto di far tappa a Nizza, dove vive la sorella di Mike D., e non vedo l'ora che sia domattina per lasciare questo posto alla volta della Costa Azzurra, e fare un bagno in quel mare dal colore irreale. La Piccolissima, ufficialmente chiamata «The Small» dai suoi fratelli, è cresciuta bene, e molto: in un laboratorio alla Cité de l'Espace di Tolosa l'abbiamo pesata e abbiamo scoperto che qui sulla Terra pesa più di 9 chili (mentre sulla Luna solo uno). L'abbiamo anche messa davanti a un simulatore di vento a 75 chilometri orari, lei ha sbattuto forte le ciglia ma non ha detto «beh». La cosa bella della Piccolissima è anche questa: puoi metterla di fronte alla Monna Lisa, al Louvre, come a fissare una parete del gabinetto, e per lei non fa alcuna differenza. Non pensate sia una bella metafora?

giovedì 17 luglio 2014

Scambiocasa con sorpresa

Pipistrelli (e altri animali)
Per qualche motivo non del tutto comprensibile, ma certo spinti anche dalla stanchezza e dagli ormoni post-parto, qualche mese fa abbiamo concordato il nostro consueto scambiocasa estivo con una famiglia francese che vive in un'oscura località del Midi-Pirenei. Già dal nome avremmo dovuto capire che non è montagna (non ancora), non è mare, è insomma una mezza campagna incerta e polverosa la cui principale attrattiva sono le zanzare.
And it was not your fault, but mine La località, nel caso voleste spinti da umana curiosità anche solo sbirciare su Google Maps, porta l'accattivante nome di Escorneboeuf, letteralmente "scorna-buoi". Attorno non c'è nulla. Ma nulla davvero. Solo una chiesa romanica sempre chiusa la cui campana però, mistero della fede, non manca di svegliarci ogni mattina alle 7; un microscopico bosco di cedri; e un immenso campo di grano a tre metri da casa. Ma tre metri veri, eh? Tra noi e lui c'è giusto un piccolo fosso pieno di insetti e di una cosa che sembra compost ma che non oso guardare da vicino.
I really fucked it up this time La famiglia francese che nel frattempo a Milano occupa casa nostra, che sapeva bene dove abitava ma ovviamente non ci ha avvertito, ci sbeffeggia mandandoci email tipo «Siamo stati a vedere la mostra di Salgado» oppure «ma che bello, il nuovo allestimento del Design museum» o ancora «Meraviglioso, il sushi all-you-can-eat che ci hai consigliato», mentre noi qui mangiamo lenticchie e investiamo i nostri risparmi in palette scacciamosche. A proposito, non avevo mai visto le zanzare muoversi in piccole nubi compatte. Voi sì?
Come as you are Al Pupo per fortuna certe cose vengono naturali. Mentre mangiamo attorniati da mosche che si posano di continuo sui piatti e sul cibo - è la campagna, bellezza - lui le schiaffeggia a mani nude per tenerle lontane. Alcune però le grazia, secondo insondabili criteri suoi personalissimi: «Questa è mia amica», «Questa ho capito che fa la brava». Dà una caccia spietata anche a vespe e formiche rosse, ma vuole bene a tutti gli altri insetti: dal bombo allo scarrafone alla forbice alla coccinella al ragno che porta guadagno, tutto lo interessa, nulla lo schifa.
You see a lot up there but don't be scared Il problema di come occupare il tempo considerato che nei dintorni c'è poco o nulla da vedere è un problema, diciamo, secondario. Siamo anzitutto impegnati a tenere la campagna fuori da casa. Topi non ne abbiamo ancora visti ma l'altra sera stavo leggendo seduta in soggiorno in un raro momento di quiete e ho sentito due «plop», «plop» come due polpette di sabbia umida scagliate contro il muro. Poi ho alzato brevemente lo sguardo e ho chiamato Mike Delfino pregandolo di venire a vedere. «Fai che non siano quello che penso», ho sospirato rassegnata, indicando due grumi scuri e pelosi appollaiati contro uno degli alberi-scultura di cui questa casa è piena.
Who needs action when you got words «Madre santa, non avevo mai visto un pipistrello tanto da vicino». «E adesso che si fa?». «Non sono esperto di pipistrelli». «Aspetta che li googlo. Dice di prenderli delicatamente con i guanti». «Non se ne parla». «Non ti credevo così pavido». «Allora fallo tu». «Sei matto? Potrei vomitare». «Aspetta, ho un'idea, porto in giardino tutto l'albero-scultura con le due bestie sopra».
Nel trasferimento, uno dei due animaletti ha spiccato il volo, è andato a sbattere contro un vetro e poi si è infilato sotto un pianoforte. Siamo andati a letto rassegnati e un po' preoccupati. Per tutta la notte mi è sembrato di sentire dei sommessi «plop», «plop», come di una polpetta di sabbia umida che cercasse invano di uscire di casa. La mattina dopo abbiamo trovato il grazioso animaletto, invero un po' stordito, appollaiato sul cavo di una delle lampade da terra del soggiorno.
Jesus don't want me for a sunbeam Contavamo molto sul Pupo, ma lui ci ha liquidato con un «Siete matti», e così, senza troppe speranze, abbiamo tirato fuori la nostra carta di riserva. «Pupa, hai visto che bello scoiattolino?». «Ma mamma, perché è nero e ha le ali e la faccia da topo?». «Sono francesi. Sono fatti così». «È un pipisssstrello!» ha sibilato il Pupo, fervente naturalista, tradendoci all'istante. «Se lo prendi con delicatezza e lo porti fuori ti dò dieci euro», ho offerto alla mia angelica bambina. Lei ha mormorato «Non c'è bisogno», è andata in camera e con semplicità è tornata tenendo in mano una maglietta, ha avvolto con tocco lieve il pipistrello e l'ha portato in giardino, sotto una pianta. Cinque minuti dopo è tornata a controllarlo. «Non c'è più! È volato via! Allora sta bene!» ha trillato contenta. Poi ha guardato la sua maglietta e ha scosso il capo con un sorrisetto. «Che c'è, mia eroina?» le ha chiesto Mike Delfino, ammirato. «È tutta pelosina. Non la voglio più lavare».
And the work, it was fun Adesso vorrei raccontarvi qualcosa sull'arredamento di questa casa e sulle condizioni di pulizia in generale, ma vedo che la tenda in fondo al soggiorno ondeggia. Forse non sono abbastanza forte per vivere in campagna. Chi di voi ci abita, come diavolo fa? Mi faccio coraggio e vado a dare un'occhiata. Voi intanto andate a riascoltarvi questa, che secondo me non sentite da un po'. Quanto alle altre canzoni citate, vi lascio il piacere di andarvele a scoprire mentre io capisco che razza di bestiola è entrata qui dentro stavolta.

venerdì 4 luglio 2014

Errori da non fare (con bambini)

È quattro giorni che ti amo
Credo di essere arrivata al capolinea. Un paio d'ore fa mi sono addormentata con la bavetta all'angolo della bocca come non mi succedeva da mesi, allattando la Piccolissima nel suggestivo borgo ligure già teatro, all'inizio di maggio, dell'incidente idiota a causa del quale mi sono rotta un polso. Da due giorni mi sono trasferita qui, armi e bagagli, assieme ai bambini e ai miei genitori, che litigano abbastanza e spesso si comportano come bambini. Dunque totalino bambini = cinque.
I follower di questo blog sono ormai da giorni fermi a 799. Cosa ci vorrà all'800esimo a prendere il coraggio di fare quel «clic» lo sa solo il Signore.
Il tempo, qui, è immoto come il numero dei follower del blog. Il borgo è torpido fuorché nelle ore notturne. È dopo il tramonto che i giovani abitanti del luogo, come i vampiri, si animano e si intrattengono in gioviali passatempo tipo suonare i campanelli di tutte le case alle 23.40. È successo l'altroieri, ché eravamo appena arrivati dopo un viaggio complesso e io desideravo solo dormiredormiredormire.
Però stai bene dove stai Va detto che i miei genitori hanno due auto. Mia madre fino a pochi anni fa non aveva il bancomat ma alla sua macchina personale guai, non avrebbe mai rinunciato. In più sono litigarelli (l'ho già detto?) e condividere uno spazio intimo come quello dell'abitacolo per loro è una sfida inaffrontabile. Dunque due auto. Mio padre però doveva già trasportare i gatti e mia madre ha una guida diciamo creativa, perciò caricarle a bordo i Pupi e affrontare con lei la Cisa impestata di tir e gallerie implica un atto di fede che non mi sono sentita di fare. Ho così deciso di profittare della sugosa offerta estiva di Trenitalia «i bimbi viaggiano gratis» e con soli 26 euro io e la progenie l'altroieri abbiamo percorso la Milano-La Spezia in comode 3 ore e 40 (compreso ritardo di 35 minuti, intrinseco alla tratta). I Pupi si sono comportati bene da Milano a Voghera, due fermate in cui abbiamo condiviso il vagone con una mamma furlana e le sue rustiche figliolette. Da Voghera a Sestri Levante ci hanno fatto compagnia due severissimi inglesi mangia-minori, che hanno passato il tempo a leggere riviste coltissime e a scambiarsi commenti sgradevoli sui miei figli. Ero troppo stanca per litigare e così mi sono limitata, per punirli, a lasciare che i bambini compissero gesti snervanti e orribili tipo fare slittare in su e in giù il poggiatesta di continuo (Pupo) ed essere meosa e piagnucolare (Pupa, che aveva anche la febbre). La Piccolissima alternava i classici versi da neonata a risate gutturali che ha di recente messo a punto e che trova accattivanti, e non ha avuto bisogno di presentazioni.
Da Sestri Levante a Spezia - praticamente l'ultima mezz'ora - siamo rimasti da soli e ci siamo infine decompressi. Il Pupo ha passato il tempo a far puzzette nello scompartimento chiuso, ma almeno eravamo rilassati.
Uomo che cammina sui pezzi di vetro Sempre il Pupo sostiene ormai da un anno che circoli a piede libero un misterioso sconosciuto che per fargli dispetto ha infilato un pezzo di vetro sul pungiglione di un'ape, e che ha poi costretto l'ape a pungerlo in un occhio, col che lui ora sarebbe orbo. Non so per quale motivo si sia inventato questa storia ma devo ammettere che è piuttosto suggestiva. Un po' meno suggestivo è stato, al termine di una frenetica giornata di commissioni, portare il giorno prima della partenza tutti e tre i bambini dalla dottoressa ZiaBubu. Da sola. Questo lo devo veramente mettere nella lista degli errori da non fare con i bambini. Lo studio della dottoressa in due minuti è diventato l'Arena das Dunas al momento dell'incontro-scontro Suarez-Chiellini, con il Pupo che diceva «L'ho morsa per sbaglio, sono caduto su di lei» a proposito della sorella maggiore.
Niente a che vedere col circo La dottoressa ha misurato, tastato e intervistato a lungo i bambini, facendo molte domande ai due grandi, che è uno dei motivi per cui mi piace andare da lei. Tra le informazioni che ho trattenuto:
- il Pupo è il più alto della classe e in senso più ampio ha sfondato ogni possibile tabella di percentili. Pesa come sua sorella, aka la Pupa
- la Pupa è la più bassa della classe ma sta bene anche se in formato mignon
- la Piccolissima è, in proporzione, la più grassa dei tre
- la Piccolissima non sa fare la cacca nel pannolino ma prima o poi imparerà. Per ora va benissimo metterla sul water al mattino e farla evacuare lì sfruttando la forza di quel che la dottoressa ha definito «torchio addominale»
- la Pupa è una bambina gentile. Il Pupo invece ha molti margini di miglioramento
- I bambini ogni tanto vanno portati dall'oculista e dal dentista ma non mi ricordo con che cadenza
- Gli amici del Pupo si chiamano Matthews, Jon Howard, Brandon, Shahira, Vandana e Ada. Con quest'ultima, l'unica italiana, il Pupo si è prima sposato, poi separato, poi rifidanzato. L'ha infine fecondata mettendo al mondo un certo numero di figli. Il primogenito si chiama Alberto e ha 40 anni. In generale i figli del Pupo «vivono con la madre» e «dormono». Lui non li vede quasi mai, né provvede economicamente al loro sostentamento.
Come ombrello teso tra la terra e il cielo Sono tornata a casa un po' confusa. Alle 21.33, poco prima di crollare addormentata, ho mandato un sms alla dottoressa ZiaBubu scrivendole che ero esausta e mi scusavo, ma purtroppo avevo capito solo il 30 per cento di tutto quel che mi aveva detto nel corso della visita. Lei mi ha risposto: «A quest'ora dovresti essere già a nanna. I tuoi figli sono vispi, sani e simpatici. Il loro habitat naturale è la giungla, il che è positivo. Ti basti sapere questo».

Soundtrack: Pezzi di vetro



giovedì 5 giugno 2014

Alla vigilia di un viaggio (con bambini)

Mai indossare calze di collant subito prima di un viaggio
Ore 21.02 «Mamma, ti sei fatta male o ti sei solo spaventata?» mi ha chiesto l'altra sera il Pupo, osservandomi accasciata, immobile ai piedi dei due gradini che, in casa nostra, separano la cosidetta «stanza segreta» (un ripostiglio che contiene soprattutto giochi, nda) dalla zona soppalco.
In effetti ci ho messo qualche istante a rispondere, stringendo i denti e piangendo in silenzio mentre davo a me stessa dell'idiota.
Rewind. Ore 21.01 Stavo per l'appunto uscendo dalla stanza segreta, quando, avendo ai piedi due sottili calzini di collant, sono scivolata e caduta, andando a sbattere sul parquet prima con entrambe le ginocchia - sulle quali ora si stagliano ben visibili i due lividi di riferimento - e immediatamente dopo, per par condicio, con entrambi i polsi, nell'istintivo quanto inutile gesto che il 98% della popolazione mondiale compie per proteggersi il volto e la testa in caso di capitomboli. «Idiota idiota idiota», mi sono ripetuta 15/16.000 volte.
Perciò ho esitato Soffermandomi qualche istante a valutare i danni prima di rispondere al Pupo. Per fortuna ho presto capito di non essermi fatta (quasi) niente. Del resto è solo da una settimana che sono senza gesso: sarebbe stato paradossale rompermi subito un altro osso. Qualcuno nei commenti a questo blog mi aveva parlato del senso di liberazione che si prova quando, dopo aver perso per un mese l'uso di un arto (nel mio caso, il braccio destro) all'improvviso lo si riacquista. In effetti, a me la liberazione l'hanno fatta proprio sudare.
Una mattina di fine maggio, all'ospedale Galeazzi Mi sono presentata garrula e speranzosa all'accettazione, con 55 minuti d'anticipo rispetto al mio appuntamento.
(Io, 54 minuti dopo, al banco informazioni) «Mi scusi, secondo quanto c'è scritto qua tra un minuto sarei attesa in sala raggi. Ma pur essendo arrivata presto, allo sportello ho ancora ventordici persone davanti, è mai possibile? Come faccio adesso?»
(Addetta) «Abbia pazienza, è che l'età media dei pazienti è un po' alta, gli anziani fanno fatica in sede di accettazione. Non si preoccupi, non la rimandano a casa con il gesso».
(27 minuti dopo, finalmente all'accettazione, dopo aver pagato il ticket) «Benissimo cara, ora attenda che chiamino il suo numero. Quando sentirà il suo numero vada in fondo a questo corridoio a destra, al presidio infermieri, e mostri queste carte. Sapranno indirizzarla».
How soon is now? 14 minuti dopo, con 45 minuti di ritardo rispetto al mio appuntamento, mi sono consegnata spontaneamente al presidio infermieri.
(Infermiera brusca) «Abbiamo chiamato il suo numero?»
«Sì».
«È sicura?»
(Senza esitazione) «Sì».
«Uhm... strano, qui non risulta. Vabbe' vabbe' dia qua. Ok, mi faccia vedere... Bene, deve andare al primo piano e chiedere della dottoressa R».
«È lei che mi farà la lastra?»
«No. La dottoressa R deve solo firmare e timbrare questo foglio. Poi con il foglio lei andrà al piano -1, in sala raggi».
«Ah».
Officina ortopedica Di fronte agli occhi del visitatore, al primo piano, si staglia la scritta della speranza: «Officina ortopedica». Vien da pensare che qui si crei, si ripari, si rimonti con grazia ciò che è stato smontato. Però in corridoio, di fronte allo studio della dottoressa Romanò, ci sono sei sette persone in attesa. «Scusate, voi state aspettando...». La risposta è un coro all'unisono: «La dottoressa R. Però sta  v i s i t a n d o».
«Potrei secondo voi velocemente intrufolarmi, farle firmare codesto foglio e nello spazio di 30 secondi togliere il disturbo?»
È come se gli occhi dei pazienti in attesa fossero campioni di nuoto sincronizzato. S'alzano al cielo perfettamente coordinati, poi uno bofonchia: «Mmmm ooocchei, se proprio deve».
Le sudate carte Qualche minuto dopo vittoriosa fuggo verso il piano -1. Prendo l'ascensore sbagliato, finisco davanti alla sala operatoria, fingo indifferenza, salto sull'ascensore giusto, ed eccomi finalmente in sala raggi.
(Infermiere brusco): «Qui manca un foglio».
«Quale foglio?»
«La fotocopia di quest'altro».
«Eh».
«Senza la fotocopia non può fare i raggi. Dovevano fargliela in accettazione».
«Sì, ma non me l'hanno fatta».
«Adesso è un problema».
(Io, paziente) «Vuole che torni su? Magari rifaccio la coda, poi tra un 75/90 minuti ci vediamo qui con la fotocopia».
(Voltandosi verso una fotocopiatrice già accesa): «Ooocchei, gliela faccio io». 
Sicura di non essere incinta? 30 minuti dopo, in sala raggi. La radiologa è un tipo ansioso e mi chiede quattro/sei volte se sono sicura di non essere in gravidanza. Le dico che sto allattando una neonata e lei mi snocciola le decine di casi di sue conoscenti rimaste incinte dopo una settimana dal parto. Le dico un po' secca che, a parte questo, non deve preoccuparsi: non c'è nessuna possibilità che io sia incinta. «Ooocchei, la mia era solo una domanda». Fortunatamente la lastra va bene. «E adesso cosa faccio?»
«Torni al primo piano, dalla dottoressa R. È lei che toglie i gessi».
Un po' penso a uno scherzo, un po' mi viene da piangere. L'ascensore non funziona. Salgo a piedi, lentamente: piano terra, primo piano. Per fortuna davanti a me, all'officina ortopedica, non c'è più nessuno. I pazienti in attesa si sono come dissolti. Mi cade l'occhio su una finestra che qualcuno ha lasciata aperta e penso che si siano tutti buttati di sotto, per l'esasperazione.
I bet you look good on a dance floor Busso, ma nessuno risponde. Riprovo a bussare, poi entro. La dottoressa R è al telefono: sta parlando con qualcuno dell'organizzazione di una festa. È seccata perché un amico comune porta sempre vino scadente. Ormai ho perso ogni ritegno, le agito il gesso davanti al naso per farmi notare. L'assalto olfattivo funziona: dopo meno di un minuto chiude la telefonata. Per scalpellarmi via il gesso chiama uno specializzando, che si gode il delicato bouquet floreale emanato dal mio braccio dopo un mese di costrizione ma mi usa la gentilezza di fingere indifferenza. Una volta libera corro in bagno. Stranamente il dispenser non è rotto e contiene anche il sapone, così mi prendo il lusso di passare 10 minuti d'orologio a strofinarmi e sciacquarmi.
Esco dall'ospedale con due ore di ritardo, la Piccolissima a casa avrà certamente fame, il braccio è debole e lo sento strano: però sono di buonumore, pazienza, tutto passerà. Nelle ore immediatamente successive stringo mani, tocco persone e batto cinque come neanche Matteo Renzi in visita nelle scuole, carezzo bambini, firmo documenti, mi lavo i denti, scolo la pasta, taglio la carne, mi faccio pure giocosamente mordere la mano da Laccio («il cane che ti rompe un braccio» ©).
Good vibrations Pensieri sparsi nelle notti che seguono:
1. È proprio vero. Quando vieni privato di qualcosa, la gioia che provi nel tornarne in possesso è indescrivibile.
2. È proprio vero. I meccanismi secondo i quali funziona, in Italia, la sanità sono spesso farraginosi, inutilmente faticosi (avete aneddoti in merito? Se sì, mi divertirebbe molto leggerli).
3. È proprio vero: alla vigilia di un viaggio bisognerebbe più che mai stare attenti a non finire in pericolo. Domattina se il cielo ci assiste partiamo per una settimana di mare. Non devo non devo non devo indossare più i collant, non devo scivolare. Non devo rompermi un altro polso.
4. (ultimo) È proprio vero: mi riduco sempre all'ultimo momento. Ore 15.56: devo fare le valigie, un poco di spesa, partecipare a una festa di bambini, portare a scuola i regali per le maestre, istruire il vicepadre di Laccio,  un amico che starà a casa nostra con lui durante la nostra settimana di vacanza, sul da farsi.
Voi ci riuscite, a organizzarvi in anticipo? Se sì: come? Quali sono i segreti? Io non ne sono mai stata capace. E così, in queste ore, un'ansia sottile mi pervade. Però senza gesso la vita mi sorride. Ho due braccia. La lavanda nel mio patio è sfacciatamente in fiore. Ooocchei, lo dico: sono felice.

Soundtrack: Rewind
How soon is now?
I bet you look good on a dance floor
Good vibrations




giovedì 15 agosto 2013

Frrancia, Frrancia, Frrancia (ancora sullo scambio casa)

Là, dove vive la Gente Segreta
In quest'ultimo tratto di pigra estate, una manciata di giorni prima di tornare al lavoro, combatto a fronti alterni con il sonno e l'insonnia. Reduce da una vacanza nella Loira traggo una provvisoria conclusione: forse non sarei in grado, come sogno da tempo, di abitare in una casetta indipendente con un giardino tutto mio. Perché ogni volta che laggiù, circondata dai boschi, mi svegliavo di notte, con diabolica precisione tra le 2 e le 2.30, per far pipì – si sa che le donne incinte, eccetera – cominciavo a immaginarmi mostri e ladri acquattati in un angolo buio, pronti ad attaccarci.

Queste sono balle.
Cadute di stile Ciò detto: il nostro quinto scambio casa è andato molto bene. I loiresi sono persone a modo, civili, affabili. In cambio della nostra casa-cantiere milanese (ancora non ho finito di capire cosa ci vengano a fare, i turisti stranieri, d'estate nella mia città) ci hanno offerto una graziosa villotta nascosta nel verde. A parte i mobili di casa, con tutta evidenza scelti grazie al metodo Braille, e i regali di benvenuto - una discutibile bottiglia di bianco frizzantino che in Italia avremmo definito pumante e un fiasco di rosso prodotto attorno al 1812 - per il resto esperienza indimenticabile. 
Ragionevoli dubbi Quando sei in vacanza e passi tante ore con i tuoi figli hai occasione di accorgerti che stanno diventando grandi: le loro domande cambiano, si fanno più complesse e articolate, le riflessioni profonde, sempre più sofisticate. Tipo:
(Ovunque) «Perché i francesi, che hanno inventato il bidet, poi a casa non ce l'hanno?». 
(Durante una gita in campagna, immersi nella quiete e nel silenzio) «Dove vive la Gente Segreta?». 
(Durante una gita in campagna/2) «Mi sa che siamo finiti in un dicolo cieco, non credi?».
(Al museo di Storia Naturale) «Mai visto tanti animali impanati tutti assieme, e tu?».
(In vari luoghi) «Posso fale un lutto e una puzzetta contempolaneamente?».
Nuove passioni Come è, come non è, la Loira è piena di castelli. I castelli sono pieni di fossati, i fossati sono pieni di carpe. Il Pupo, 4 anni e mezzo, le ha osservate a lungo prima di annunciare ufficialmente che avrebbe voluto imparare a pescare. Durante la vacanza ha guardato una ventina di coinvolgenti tutorial intitolati «Trota a lago», «La pesca con la granata finisce male», «Catture sul Tevere», «L'esca giusta per il salmerino», «Vertical jigging, spinning e traina». 
Bilanci Danni procurati da noi ai francesi: 1. rotte due (su quattro) fibbiette di plastica per sigillare il coperchio della Jacuzzi in giardino. D'altro canto oggi come oggi possedere una Jacuzzi è da sboroni, e qualcuno provi a contraddirmi in questa sede se ha il coraggio. 2. Bevuta (e non rimpiazzata) molta Perrier, con gran godimento di papille mie e della Pupa (i maschi di casa non apprezzano l'acqua frizzante).
Danni procurati dai francesi a noi: 1. schiantato uno stendibiancheria, a proposito del quale ci hannno lasciato un enigmatico biglietto con scritto «It's very sick». 2. Stranamente esaurita una luce al neon sotto i pensili della cucina 3. Dispersa la vaschetta riponi-formaggio che stava dentro al frigorifero. 4. Trovate tracce di origine organica non meglio definita sulle mie lenzuola di lusso (quelle in raso color porpora che mi regalò 15 anni fa il mio coinquilino). In compenso ci hanno lasciato in omaggio una frusta elettrica nuova di pacca, che effettivamente in casa mancava. 
Il mistero delle cose E la pesca? Vi chiederete forse, se avete letto attentamente fin qua. Ebbene, tornati a Milano e prima di scendere in Liguria ci siamo procurati il necessaire: uno starter kit con canna+amo a 5,90 euro, più un retino telescopico con secchiello a due vani separati tipo "explore", antiestetiche ciabatte di gomma antiscivolo. Il Pupo, in assenza di suo padre che sta facendo un trasloco di lavoro, mi costringe ad acrobazie di svariate ore sugli scogli. «Guarda quella, è incinta. È pazza», è il commento più frequente (e più gentile) che mi sento rivolgere. Del resto mia madre e mio padre si rifiutano di supportarmi in alcun modo. Il massimo del sostegno per loro è pronunciare le frasi: «Digli di scendere», «Digli che si fa male», «Digli che andiamo a casa». Di pesci non ne abbiamo visto mezzo, finora, ma il Pupo ha imparato a pescare i granchi con le mani (inutile perciò anche il retino), a staccare le patelle dagli scogli prendendole a sassate, a fissare minaccioso i pomodori marini sperando che, preda del terrore, gli si consegnino spontaneamente.
E ora, la madre di tutte le domande Mentre il Pupo si allena a pronunciare la "erre", piazzandosi davanti allo specchio e scandendo «Frrancia, Frrancia, Frrancia», io ripenso alle mie estati infantili. La mia madeleine: ore interminabili passate a costruire castelli di sabbia, a scavare buche e tunnel, a giocare con le biglie di plastica. I miei figli disdegnano questo tipo di attività: piuttosto giocano - però senza palette né rastrelli - con i sassolini in riva al mare, e poi fanno il bagno, si tirano la sabbia, si tirano la sabbia, si tirano la sabbia. Del resto, nel capanno del Lido che frequentiamo giacciono intoccati, dimenticati, sacchi pieni di giochi per bambini. Possibile che siano passati di moda? Gli under 10 che conoscete ne fanno uso? Ho pensato che magari dipende anche dalla latitudine. Noi per dire al mare andiamo a Marinella di Carrara, diciamo per capirci all'inizio della Versilia, quella povera però.

giovedì 25 luglio 2013

Genitori da weekend

Rivive l'anima mia assetata
Laccio, il cane straccio.
Non ha fatto in tempo a cominciare che già sta per finire, quella parte dell'estate che in genere scorre al ralenti beatamente sospesa in terra di nessuno, in cui i bambini sono al mare con i nonni (e una tata di cui non riesco a imparare il nome perché cambia ogni anno), e noialtri due in città. In genere approfittando per recuperare, almeno in parte, gli arretrati: amici da incontrare, film da vedere, pareti da imbiancare, e molte (moltissime) lampadine da cambiare.
Ma quest'anno Siamo per qualche motivo sopraffatti. Mi ha fatto notare qualcuno  (quel genere di "qualcuno" che ha sempre una risposta per tutto): ti ci mancava solo il cane. Non saprei se attribuire a lui la responsabilità della nostra débâcle. Sono scettica. Certo è che dimentico le scadenze, fatico a compiere operazioni semplici tipo fare la spesa, confondo i volti delle persone - e chiedo scusa alle due ragazze che (la scorsa settimana al concerto di Thom Yorke, ieri mattina alla fermata della 70) mi hanno salutato calorosamente e non ho riconosciuto.
A nostra parziale discolpa Mike Delfino, va detto, è rimasto per quasi una settimana ostaggio del suo socio in affari olandese che per giunta quando viene in Italia mangia e dorme da noi, una specie di Chuck Norris, avete presente? Tra le sue frasi ricorrenti: «Mia figlia, 6 anni, parla quattro lingue». «Prima di avere un infarto correvo circa 22 km al giorno e facevo 80 vasche in piscina, adesso momentaneamente ho dovuto dimezzare». «Avrei potuto ma proprio non ho voluto, con la mia attività, diventare una multinazionale perché sono troppo onesto per certi giochetti». «C'è stato un periodo, prima che io scegliessi definitivamente la mia compagna di vita, in cui le ragazze mi si buttavano letteralmente addosso, faticavo a tenerle a distanza, ero costretto a inventarmi palle sgradevolissime, tipo che di lavoro facevo il masturbatore di gorilla».
La speranza è la nostra compagna Capisci che Mike Delfino è molto stanco, oppure in difficoltà - o entrambe le cose assieme - quando comincia a perdere oggetti. Lo fa solo con oggetti preziosi o utilissimi. Nelle ultime due settimane, complice la presenza di Chuck Norris, ha smarrito le chiavi di casa, le chiavi del lavoro, poi l'intero portafoglio. Quando ritrova un oggetto, immediatamente perde il successivo. Dopo aver rinvenuto il portafoglio che si era abilmente nascosto sotto una scatola vuota di lampadine, ha tirato fuori la patente ("per metterla al sicuro") e il giorno dopo l'ha persa da sola.
Non bisogna arrabbiarsi, però Quando Mike Delfino perde un oggetto tipo la patente, anche se sei giorni dopo devi partire per la Loira con uno scambio casa e non è pensabile che tu, incinta di 21 settimane, guidi da sola per tutto il viaggio, la strategia giusta non è arrabbiarsi ma riderci sopra. Se ti arrabbi Mike Delfino va in loop e comincia a ripetere «Non ti scaldare, non ti scaldare». Essendo monotasking non riesce a più a concentrarsi sul ritrovamento dell'oggetto.
Su spinosi ricci di castagne Dei Pupi, nel frattempo, si sente più che mai la mancanza. Quest'anno in particolare sono molto seccati e la domenica sera, quando li lasciamo al mare, manifestano a gran voce disappunto. Pupa: «Non è giusto che nostra sorella torni a Milano con te mentre noi dobbiamo stare qui». Pupo, piagnucolando e parlando di noi al passato: «Io ci tenevo tanto, di voi». 
Cartoline dalle vacanze E ora, le domande. Riconoscete le citazioni musicali che infilo qua e là, soprattutto nei titoletti dei post? Siete già in vacanza? Dove andate quest'estate? Domani pomeriggio tornano finalmente i Pupi e poi, sabato mattina (spero presto) partiamo per la Francia. Qui si suda da pazzi. Da voi quanti gradi ci sono? Se qualcuno è a Livigno o simili non si vergogni e lo scriva, non ci arrabbieremo ma penseremo felici che qualcuno è messo meglio di noi. Tipo la piccolissima bambina Stella che mentre scrivo queste righe mi dà qualche calcetto. Lei sì che non soffre il caldo.




giovedì 17 gennaio 2013

Viaggio in Scozia con bambini/2

Awakenings (risvegli)
All'inizio delle Highlands
La nostra casa, da fuori

Capita che certe giornate comincino in salita. A parte Blogger (la piattaforma che ospita questo blog) che mi fa impazzire - a proposito, se avete nuove segnalazioni sul tema "non riesco a inserire un commento" vi prego di scrivermi qui - a volte le difficoltà sono causate da chi ti dovrebbe aiutare, tipo... vediamo... il tuo compagno di vita.
Per esempio, Mike Delfino si è dimenticato di avvisarmi che ieri un nostro vicino, la cui famiglia è decimata dall'influenza, ci aveva chiesto se potevamo accompagnargli la figlia a scuola. Ho appreso della povera bambina dimenticata stamani alle ore 8.49, quando mi è squillato il cellulare:
«Paola?»
«Sì, ciao Riccardo, che c'è?»
«No, scusa se ti disturbo... è che è un po' tardi, ho visto che non siete passati, però non ti preoccupare, adesso vesto il piccolo anche se ha 41.2 di febbre e cerco di accompagnare la grande a scuola».
Tralascio il seguito E aggiungo solo che per portare l'innocente in aula prima del 2014 - senza far uscire di casa il suo fratellino malato - ho dovuto chiedere la macchina in prestito a un altro vicino, svegliandolo: per lui le 8.49 equivalgono all'alba. E aveva in effetti l'aria di chi vorrebbe ucciderti, quando è uscito sulla soglia del suo appartamento brandendo le chiavi dell'auto come fossero un pugnale.
La Terra, ai confini
Intanto, gli scambi casa Offrono vortici di possibilità. Stimolano desideri. Inducono bisogni. Per la prossima estate abbiamo ricevuto una proposta dalle isole Faroe, un posto magico che ha più o meno questo aspetto e che non mi sarebbe mai venuto in mente di visitare se qualcuno non mi avesse invitato. Ma poi anche Londra, Parigi, Bordeaux, e una casa di campagna vicino a Barcellona "con un campo da tennis privato" (peccato che nessuno di noi giochi a tennis).
Dalla Scozia, frattanto, tutto tace Pertanto presumo che non abbiamo fatto troppi danni. Ero un po' in ansia perché i nostri scambisti scozzesi, quanto a ordine e pulizia, soffrono di OCD (disturbi ossessivo-compulsivi). Per intenderci, questa è gente che mette il cibo in dispensa in ordine alfabetico, gli asciugamani allineati e le t-shirt disposte per colore. Però carini, eh? Ché altrimenti, se non lo fossero, nemmeno scambierebbero casa.
A conti fatti, l'ultimo viaggio è andato molto bene. Ho solo avvertito una vaga inquietudine perché eravamo un po' isolati e una notte all'1.35 il telefono di casa è suonato più volte. Sapete come si dice in questi casi: sono i ladri che chiamano per controllare se c'è qualcuno. Conoscete anche il potere delle paranoie notturne: io e il valoroso Mike Delfino ce la siamo fatta addosso. Abbiamo deciso a quel punto di inserire l'allarme, che la mattina dopo, molto presto (ben prima delle 8.49) è suonato facendo venire un infarto pure ai Pupi. Volete sapere chi era l'intruso? La colf, che ovviamente non sapeva dell'allarme né aveva il codice per disattivarlo. Così abbiamo dovuto chiamare gli scozzesi in Italia per chiederlo a loro. Svegliandoli. Curiosità: voi quanto dormite, e come? Vi svegliate stanchi o riposati? Perché da queste parti, a ben pensarci, ultimamente proprio sonni tranquilli non ne abbiamo fatti.


martedì 8 gennaio 2013

Viaggio in Scozia con bambini/1

No, per me la guida a destra non è un problema
Buon anno, bentornati e bentornata anche a me. Siamo fortunosamente rientrati ieri notte dopo una vacanza di otto giorni in Scozia, sempre con Scambiocasa - questa faccenda sta diventando, per certi versi, una droga.
veduta dalla cucina di casa nostra (con tentativo di sole)
Della serie, «certo che so farlo» La Scozia, intanto, proprio come vuole lo stereotipo, è una zona estremamente piovosa e disseminata di castelli abitati da fantasmi. Non fidatevi di chi vi dice che non esistono. Non si spiegherebbe altrimenti il fatto che il secondo giorno di vacanza, avendo io deciso per sfidare Mike Delfino di mettermi personalmente al volante dell'auto scozzese - un carcassone largo circa 6 metri, per sovrannumero con il cambio automatico e l'orrida guida a destra - una forza invisibile mi abbia attratto irresistibilmente fino a farmi sbattere con la ruota anteriore sinistra contro il marciapiede. So solo che un istante prima percorrevo tranquilla la carreggiata vantandomi di aver subito preso confidenza con il nuovo mezzo, e un istante dopo... buum!
Qui tira aria di polemica Dopo l'urto Mike Delfino, da vero gentleman nonché compagno innamorato, ha subito solidarizzato con me sforzandosi di non farmi pesare la cosa.
(Con voce lievemente alterata): «Lo vedi che non sai guidare? Te l'avevo detto di lasciar perdere, adesso così hai rotto la macchina».
(Io, scuotendo la testa): «Cosa vuol dire "hai rotto la macchina", che frase è? Intanto è colpa della macchina, che è troppo larga. E poi che senso ha che tu mi accusi così davanti ai bambini, non mi devi maltrattare sempre».
«Ma chi ti accusa, chi ti maltratta. È che il botto l'hanno sentito fino in Irlanda del Nord, anzi guarda, l'hanno preso per un attentato dell'Ira».
«Piantala, che esagerato. Scendi e guarda. Vedrai che non è successo proprio niente».
(Pupa, dal sedile posteriore, ovvero 20 metri più indietro, con voce tremula): «È grave? È successo qualcosa di grave?»
(Mike Delfino, sceso dall'auto): «Perfetto. Hai polverizzato il copertone. E adesso qui chi ci aiuta?»
(Io, scendendo a mia volta): «Guarda che non siamo nel Ghibli e nemmeno in terza corsia sulla tangenziale, ma in una tranquilla zona residenziale a Dumfries, Galloway, a 500 metri, anzi, a un terzo di miglio da casa. E questa, checché tu ne dica, è solo una gomma bucata. Ne usciremo brillantemente».
Il solito tempismo Come abbiamo scoperto poco dopo, in Scozia tenere in auto la ruota di scorta è considerato un vezzo da fanciulline. I fieri discendenti degli Highlander non hanno bisogno di questo. Ergo, per paradossale che sembri, il nostro carcassone è stato come prima mossa trainato dal carro attrezzi fino a casa. Un tizio alla guida del mezzo di soccorso, per quanto con la bocca piena di patate - dimenticatevi l'inglese di Oxford - ci ha spiegato che, essendo il 31 dicembre pomeriggio, tutte le autofficine erano chiuse.
«Mi spiace. Se solo aveste fatto l'incidente mezz'ora fa... Purtroppo, adesso, dovete aspettare il 3 gennaio».

«Perché, cosa succede il 2? In fondo è un mercoledì, mica domenica».
«Il 2 lo usiamo per riprenderci dai postumi della sbornia di Hogmanay, che è come qui chiamiamo il Capodanno».
Abbiamo atteso, dunque, e ancora atteso Per ingannare il tempo, il primo gennaio - unico giorno di sole su otto di vacanza - abbiamo costretto i bambini a marciare in tondo nelle foreste circostanti casa nostra, avvistando innumerevoli pecore e passando attraverso un gregge di mucche. È andato tutto bene e loro sono stati eroici, camminando per ore (quasi) senza lamentarsi, salvo quando il Pupo è caduto a faccia in giù nel fango e poi, nel tentativo di salvarsi, ha perso uno stivale cominciando subito a significare il suo disappunto:
«Mamma, le sabbie mobili! Sto molendo nelle sabbie mobili e tu, mamma, tu non fai niente pel salvalmi!».
Dopo aver valutato se valeva la pena di estrarre dal guano un essere tanto pericolosamente simile a suo padre, siamo riusciti in qualche modo a tornare a casa.
(Ore 18, mentre spogliavo in cortile le creature di sabbia): «Bambini, quanto vi siete divertiti oggi da 1 a 10?»
(Pupa): «Infinito». (Pupo): «Milialdi».
Cinque minuti dopo, dormivano.
Poiché questo è un reportage a puntate Mi fermo qui e vi chiedo intanto come sono andate le vostre vacanze... mi piacerebbe sapere se vi siete mossi da casa o se avete cercato di riposarvi, se qualche inconveniente ha funestato i vostri giorni (da un lato spero di no, dall'altro sarebbe divertente leggerlo), se il giorno di Natale è stato un incubo o una riunione familiare deliziosa e armonica. Noi il 25 eravamo tutti malati, ma questa è un'altra storia.

Ps: Il vincitore del concorso del post precedente è Papongi, che riceverà il libro promesso.
Pps: quanti di voi hanno problemi a postare commenti sul blog da device tipo iPhone, iPad o nuovi Mac? Fatevi avanti, ve ne prego. Sono terrorizzata perché ho già ricevuto un paio di segnalazioni in tal senso. Qualcuno sa aiutarmi? 



mercoledì 29 agosto 2012

Madeleine di fine vacanze

Non c'è come tentare di parlare con tuo figlio al telefono
Nell'attesa che Baracca (la Pupa) e Burattini (il Pupo) tornino dal mare dopo nove settimane di vacanza, io e Mike Delfino viviamo le ultime ore di relativa spensieratezza e folleggiamo blandamente in città. Dove per «folleggiare» si intende alzarsi tardissimo (anche alle nove del mattino!), guardare tre puntate di seguito della serie tv Mentalist (conoscete?), ingannare il tempo dipingendo le pareti di casa di vari colori (es. verde tavolo da biliardo, carta da zucchero, turchese), farsi sfottere il giorno dopo dai colleghi in ufficio («È tempera, quella che hai sparsa tra i capelli e le unghie dei piedi?»)
Il vuoto legato alla mancanza dei Pupi è del resto mitigato dai weekend di costante pendolarismo tra Milano e la Liguria. Roba che fiaccherebbe anche un cavallo: in settimana si sgobba, nel fine settimana si trotta su e giù per la spiaggia all'inseguimento dei nani, senza contare che il viaggio in sé prevede a. treni superaffollati oppure b. code in autostrada o ancora c. partenze all'alba del lunedì mattina per essere al lavoro in tempo.
In ogni caso, ciascuno di noi elabora la nostalgia come può. Mike Delfino sostiene la teoria secondo cui «i bambini è meglio non sentirli proprio, per non intristirsi e non intristire loro». Io invece li chiamo tutti i giorni.
Storie di insuccesso I Pupi, del resto, non vogliono quasi mai venire al telefono. Se lo fanno, sono bruschi e sbrigativi. Qualche esempio:
(Pupo): «Mamma, tu sei bella, pelò non ti voglio pallale» (clic).
Oppure: «Mamma, sei blutta e devi andale a vivele con un'altla famiglia. Ti voglio bene» (clic).
Oppure: «Mamma, sono mimmo mommo. Ahahahah!» (clic).
(Pupa): «Ciao mamma, da grande voglio avere la tua stessa voce e i tuoi stessi capelli. Ti voglio un bene come una carezza. Ciao, devo andare» (clic).
Oppure: «Ciao mamma, ti ricordi la mia bambola Paolona, quella che aveva paura di tutto, persino del risotto? Ora non ha più paura né del risotto né dei leoni. Però ha paura delle eruzioni dell'Etna. Ciao, devo andare» (clic).
Ogni telefonata dura in media 7/8 secondi e non prevede alcun intervento da parte mia, né interazione. Del resto, neanche con mia mamma.
(Io): «Ciao, mamma, tutto bene?»
(Lei): «Bene, bene, tu?»
«Bene. Cosa avete fatto oggi? Cos'hanno detto i Pupi?»
«Non me lo ricordo. Ogni tanto mi dico: "Questa devo proprio scrivermela" e poi hop! mi passa di mente».
«Peccato. Vabbé, mi passi il Pupo?»
Ammesso che vengano a parlarmi, la loro tecnica è: dirmi una frase a caso (massimo due) e poi attaccare. Quando va male, invece, non riesco neanche a parlarci. Allora mi accontento di sentire che aria tira sullo sfondo, mentre parlo con mia madre.
(Io): «Ciao mamma, tutto bene?»
(Lei): «Sì, bene. Mettilo dentro».
(Io): «Cosa devo metter dentro?»
(Lei): «Ce l'ho con tuo figlio. Ho detto mettilo dentro!».
(Io): «Scusa?»
(Lei): «Adesso metti subito il pisello dentro il costume. Non fare l'esibizionista. Paola, tuo figlio è un porco».
(Io): «Lo so. Si è denudato di nuovo?»
(Lei): «Stavolta il costume ce l'ha: ha tirato fuori solo il pisello. Ho detto mettilo dentro, non mi interessa se ha caldo».
Il che mi porta a chiedervi Che rapporto hanno i vostri figli col telefono? Vi parlano volentieri? Da che età sono in grado di sostenere conversazioni, diciamo, non totalmente surreali? A volte mi diverto a immaginare cosa succederebbe se i Pupi mantenessero quest'atteggiamento neghittoso anche durante la loro vita adulta. Anni fa ho conosciuto un tizio che detestava il telefono. Non si è mai comprato un cellulare, preferisce scrivere, meglio se lettere di carta e non email. Non ha molti amici, però.

martedì 24 luglio 2012

Intercettazioni e altre catastrofi

Ci sono periodi dell'anno in cui le cose vanno per loro natura più lente, oppure
Oppure è il mio cervello a essersi definitivamente inceppato. Registro input diversi in modo casuale. Li assorbo a occhi socchiusi, scrutando criptica l'orizzonte. Tendo a non reagire, anche quando dovrei.
(Un collega): «Puoi scrivere subito una notizia sulla strage di Batman? La facciamo fotografica. Però sii lombrosiana, mi raccomando».
(Io): «Uh».
(Sempre lui, un'ora dopo): «Hai scritto?»
(Io): «No, così nel vuoto non me la sento. Dammi l'impaginato. Non mi far scrivere fuori dall'impaginato che non sono capace».
«Neanche se ti dico la lunghezza esatta? Sei giornalista professionista da quanto, dal 1960?»
«Spiritoso. È che non ce la faccio. Cioè non me la sento. Devo vedere che espressione ha il tipo, devo ispirarmi».
(Lui, un'ora dopo): «Ehi, lascia perdere. Nel frattempo la notizia l'ha scritta la collega X».
«Uh. Devo sentirmi in colpa?»
La realtà è che ero distratta. Stavo pensando a una conversazione captata per caso sul filobus
Donna sudamericana, in buon italiano, parlando con un'amica: «È tanto provinciale, povera ragazza. Figurati che lui, il suo fidanzato, ogni tanto quando è arrabbiato la piglia a calci sul sedere. Lei non reagisce perché crede che sia normale, poveretta, viene dalla campagna».
«E non gli dice niente, a quel maldido
«Dire, non dice proprio niente. Però gli mette di nascosto il laxante nel caffè. Come si chiama il laxante in italiano? Quello che ti fa andare tante volte in bagno». 
E non è ancora finita (questa è impagabile) 
 (La mia amica, al telefono) «Guarda, ieri ho combinato un disastro. Non solo ho sbagliato orario...»
Ragazza B: «Come, hai sbagliato orario?»
«Massì, sai che ero salita a Milano per quel matrimonio. Ho lasciato M. e le bambine al mare, a Ladispoli. Avevo prenotato il ritorno a Roma per il lunedì mattina, tariffa scontatissima, partenza ore 7.19».
«Fin qui tutto bene, mi pare».
«Sì ma poi non so per quale motivo nel corso della notte mi sono progressivamente convinta di dover prendere il 6.19. Allora per andare alla stazione ho dovuto prendere il taxi perché la metropolitana a quell'ora non va, quindi aggiungi 13 euro alla tariffa scontatissima».
«Che seccatura».
«E questo non è niente. Salgo sul treno e dopo un po' passa il controllore. "Guardi, signorina, che con questo codice di prenotazione non trovo nulla". E io: "Maccome, ma non è possibile", faccio l'indignata e chiedo a un signore col computer di farmi controllare su internet. Vien fuori che ero sul treno sbagliato. Come ti ho detto, avrei dovuto partire un'ora dopo».
«E lui?»
«Mosso a compassione non mi ha fatto la multa ma solo l'integrazione di tariffa. 77 euro in più. Mi consolo pensando: "Almeno vedrò le bambine un'ora prima del previsto"».
«Fantastico. Altro che tariffa scontatissima».
«Ma il peggio deve ancora venire».
«Non ci credo».
«E invece sì. Arriviamo a Roma Tiburtina e tra me e me penso: scendo a Ostiense, la fermata successiva, così sono più comoda per il mare. Peccato che quel treno, a Ostiense, non fermasse».
«E dunque?»
«Ho proseguito per Napoli».
«E il controllore?»
«Quando gli ho spiegato cos'era successo ha voluto chiamare il responsabile. Ha voluto che mi vedesse in faccia, che vedesse che esistevo davvero».
«Chissà che risate si son fatti».
«Però la tratta Roma-Napoli me l'hanno offerta. Cortesia di Italo Treno, mi hanno spiegato».
«Che carini. E il ritorno?»
«No, quello ho dovuto pagarlo. Altri 43 euro».
«Ma quando sei arrivata a Roma, alla fine?»
«Alle tre del pomeriggio. Ci ho messo nove ore. È un viaggio, te l'assicuro, che non dimenticherò. Puoi parlarne sul tuo blog per piacere? Mi piacerebbe sapere se al mondo girano a piede libero altri storditi come me».


giovedì 12 luglio 2012

Conversazioni surreali/1

Politically (un)correct
Mi piacerebbe inaugurare una rubrica intitolata "Conversazioni surreali", possibilmente con il vostro aiuto. Di seguito qualche esempio:
Lo scorso weekend ero a Capri per lavoro. Qualcuno dirà: c'è di peggio, per esempio lavorare. Appunto, stavo lavorando. Sì, vabbè. Comunque a Capri non c'ero mai stata prima e posso dirvi che è bella ma anche piena di gente assurda. Tipo una coppia di amiche sedute a pranzo al tavolo accanto al mio, una sulla cinquantina forse di origine tedesca, l'altra sulla settantina, lo sguardo vitreo e l'espressione fissa di chi ha fatto qualche lifting di troppo:
(Carampana 1) "Zai, mio marito quando andiamo a Parigi vuole ztare sempre a Champs Elysées. Sembra che a Parigi non ci sia nient'altro. Costa zacco di soldi ma ze non siamo a Champs Elysées lui piuttosto non parte".
(Carampana 2) "Eh, ma ha ragione. Parigi guarda si è molto molto rovinata. Se sbagli zona è la fine".
"Poi le parigine sono molto molto attente al veztire. Qui in Italia siamo più rilazzate, forse troppo".
"Oggi tanto vale non buttare tanti soldi per le firme. Le firme sono molto molto scadute. Meglio un abito originale, particolare".
"A trovarlo. Tu sei brava perché hai un tuo ztile molto molto... tuo".
"Sai, ho imparato a mie spese. Hai presente quel vestito maculato della Blumarine che avevo in spiaggia l'altro giorno. Sai che l'ho pagato 1280 euro. Una sera vado al circolo del Golf e c'era una che ce l'aveva addosso. Identico. E se quella sera l'avessi messo anch'io?
"Sarebbe ztato dizastro".
Per converso, l'altra settimana ho trascorso ore e ore in un ufficio di Equitalia - a più riprese - per cercare di farmi annullare una cartella esattoriale. Ogni volta mancava qualcosa. Alla fine l'impiegato allo sportello ha commesso un errore formale per cui, di fatto, ho avuto automaticamente ragione. Intendiamoci: io sapevo di avere ragione. Ma, per un verso o per l'altro, i documenti da me prodotti non bastavano mai. Non so se avete mai avuto esperienze in un posto simile - spero di no - ma è quanto di più simile a un girone dantesco io abbia mai conosciuto. Che poi per carità, la cifra da me dovuta (secondo loro) era "ridicola": 300 euro o giù di lì. E in fondo da Equitalia ci sono dovuta tornare solo tre volte (più una volta dai Vigili, e una volta in Prefettura). Ma ho visto gente messa molto peggio di me, come un signore disperato che a un certo punto ha sbottato: "Mi chiedete 70.000 euro. Ma se ho dovuto chiudere l'impresa, non ho i soldi per pagare i dipendenti né per mantenere la mia famiglia, mi spiega come faccio a darveli?"
(Impiegato dall'altra parte, con sorriso di plastica) "Mi dispiace signore, ma la cifra è questa. Però può rateizzarla".
"Posso rateizzarla in 300 anni?"
I bambini dal canto loro sono al mare in Liguria e se la passano benissimo, accuditi dai nonni e dalla tata. La Pupa cresce impudente e sfrontata, come è giusto che sia. L'altro giorno, in macchina diretti verso la spiaggia, di fronte alla tata:
"Mamma, ma lo sai che tu hai VENTUNO anni più della baby sitter?"
Il Pupo è l'adorabile porco che ormai avete imparato a conoscere. Con regolarità, tra i lindi ombrelloni blu dello stabilimento, si passa le mani in testa,  tra i biondi ricci salmastri e pieni di sabbia, poi prende a grattarsi furiosamente e declama entusiasta, a volume altissimo, con l'irresistibile esse sibilante: "Lo sai, mamma" (o "nonna", ndr), "dico, lo sai che mi sono tornati i pidocchi?". Ogni volta, anche in un'affollata domenica di luglio, all'improvviso attorno a lui si crea il vuoto.

Ps: Se volete contribuire alla mia raccolta di stralci di conversazione, ve ne sarò grata.

martedì 3 luglio 2012

In fondo non esiste maschio che non sia piacione

Paparazzi a Oh-No
Post allegro e leggero, per dire che le vacanze servono eccome. Anche se di una settimana sola. Per dire, la mattina prima di partire per Oh-No ero talmente stanca che ho cercato di farmi il caffè con il biberon. Al mare ci siamo divertiti, riposati, amati, la Pupa ha sconfitto la varicella e il Pupo ha stretto nuove amicizie. Premessa: dovete sapere che a Milano, prima della fine dell'asilo, si era sposato con una sua coetanea di nome Ada, una deliziosa biondina dagli occhi azzurri (rito officiato con tutti i crismi dalla Pupa) e ancora oggi, se tu gli chiedi «Chi è Ada?», lui ti risponde tutto serio «La mia sposa». Dio benedica quel bambino e la sua esse sibilante.
Siccome qualcuno mi ha detto «Ho riconosciuto Oh-No, è il paesino da cui Wonderland ci manda i suoi bei reportage», rispondo che sì, è vero, è proprio così. Lei forse lo scrive senza il trattino ma a me piace di più con. E dunque, mi azzardo a entrare in competizione con lei (in realtà siamo già in competizione privata su Facebook, dove stiamo postando le foto di quel che resta del nostro ombelico dopo la gravidanza) e pubblico anch'io un accattivante servizio fotografico.
Spiacerà forse alla mamma di Mike Delfino apprendere che suo nipote, a poche ore dall'arrivo a Oh-No, già s'infrattava con una bellezza dall'aria esotica da cui è rimasto inseparabile per l'intera settimana. Purtroppo per lui i paparazzi sono in agguato ovunque, anche a Oh-No, e credo che la photogallery qui sotto parli da sola.
Ho solo una domanda: voi, il primo amore, ve lo ricordate? Il mio risale alla terza elementare. Si chiamava C., e pochi anni dopo ho scoperto che era gay. Ricordo che non era nella mia classe, e che mi scriveva molti bigliettini. La Pupa, 7 anni, ancora non si è fidanzata con nessuno. Il Pupo, che ne ha 3 e mezzo, mi sembra un po' precoce... o no? (Oh-No!)


I due amanti clandestini tra le piante.

Momenti di intimità a Oh-No.
Il Pupo ha il sospetto di essere nel mirino dei fotografi.


Passeggiata romantica.
Discussione su dove passare la serata.


Lei si allontana e lo invita a raggiungerla.
Lui, dapprima incerto, decide di seguirla.
Lui si accorge dei paparazzi e li maledice.



martedì 26 giugno 2012

Pupi, mare, varicella/2

Quando si dice che il tempismo è tutto
Avendo prenotato da tempo, con rocamboleschi incastri lavorativi e qualche amabile discussione con il Direttore del giornale ("Eddai, sposta le ferie. E che sarà mai?") un'unica settimana di vacanza - esattamente questa - con Mike Delfino e i bambini nel ridente paese di Oh-No, ecco che alla Pupa, in questa sede ritratta in una rara immagine in versione "Pimpa", sono spuntate le prime macchie di varicella esattamente il giorno prima della partenza, cioè venerdì mattina.
A conforto di quanti si trovano esattamente nella nostra situazione, voglio dirvi che sabato siamo partiti lo stesso per affrontare un viaggio in macchina di otto ore, confortati dalla gloriosa Dottoressa ZiaBubu, pediatra "liberal" e un po' selvaggia inside. "Dalle l'antivirale, farà dieci macchie in tutto e vedrai che non se ne accorge nemmeno. Tienila lontana dagli altri bambini; cioè segregata, visto che siete in un villaggio-campeggio a densità di popolazione più di Napoli nell'Ottocento. Niente sole, il che significa protezione totale e maglietta+cappellino o, meglio, mutina da sub fissa anche se ci sono 50 gradi. Bagnetti rapidi: l'acqua di mare facilita la rigenerazione della pelle, non credere a chi ti dice che i bimbi con la varicella non possono fare il bagno fino alla caduta delle croste".
Effettivamente armati di antivirale, antistaminico (per il prurito) e olio Vea Spray (lo sapete che non faccio marchette ma ve lo devo ri-segnalare perché è miracoloso), eccoci qui a Oh-No, svegliati dall'animatore-muezzin che tutte le mattine alle 9 esprime a 180 decibel il seguente richiamo: "Oooola... Oooola! Buona, meravigliosa giornata dallo staff di Oh-No! Tutti in pista per il ballo-ballo, per il risveglio muscolare, la baby dance, e già che ci siamo il liscio! Io questo ballo ci ho messo un'ora per impararlo, ma a voi che siete più bravi basteranno tre mosse! Non vale nascondersi dietro le piante perché tanto vi becco lo stesso! Ooola... Ooola!". 
Con un po' di accortezze e tanta pazienza - le dieci macchie promesse dalla pediatra sono in realtà duecento, la Pupa è pallida e vive in isolamento, i bagni (non troppo rapidi) in effetti li fa; la situazione, in ogni caso, migliora di giorno in giorno - stiamo facendo la nostra vacanza. Ieri sera ho scoperto che il Pupo, tre anni e mezzo, sa fare l'occhiolino. Io non ho mai imparato in vita mia!
Ora tre rapide domande per voi, prima di tornare in spiaggia:
1. quanti di voi hanno afferrato il riferimento a Oh-No? Lo chiedo così, per curiosità.
2. come avete affrontato varicella e altre malattie infettive se avevate contemporaneamente progettato una vacanza? Rinunciato alla vacanza o partiti lo stesso?
3. c'è qualcosa che i vostri figli, anche piccoli, sanno fare e voi no? Questa cosa dell'occhiolino mi ha molto colpito.
Oooola... Ooola!

venerdì 25 maggio 2012

In viaggio coi bambini/3 (e per ora è tutto)

Grandi verità rivelate
Siamo tornati da Disneyland, e in senso più ampio, pure dal viaggio a Parigi. Lungo weekend costellato da perniciosi ed esilaranti eventi. Come possano le due espressioni «pernicioso» ed «esilarante» stare assieme in un'unica frase, non è del tutto chiaro neanche a me.
Anti terrorismo In aeroporto, il Pupo è stato fermato sia all'andata che al ritorno ai controlli di sicurezza. Incriminato: il suo zaino di Barbapapà, all'interno del quale era nascosto il bizzarro modellino di un bob evidentemente simile a un'arma pericolosa. Ci siamo molto divertiti a lasciare che il Pupo affrontasse la trafila da solo, rispondendo serissimo alle domande dei controllori che, a loro volta, trattenevano a stento le risate: «Come ti chiami?». «Come si chiama il tuo migliore amico dell'asilo?» «Qual è il tuo preferito tra questi pupazzi?» «Chi ti ha regalato questo zaino dei Barbapapà?» «Hai preparato tu, personalmente, il tuo bagaglio?». Il Pupo era fantastico perché rispondeva concentrato, col linguino (avete presente?). Io sono intervenuta solo per le traduzioni dal francese.
Attese Un viaggio come questo lo pianifichi per mesi. A dire la verità, la Pupa sono anni che sogna di andare a Disneylànd. Peccato che poi quando arrivi un po' ti cade la mascella. Benvenuti a Disneyland Paris, ingresso al pubblico al netto delle promozioni 70 euro per adulto e 66 per bambino: scenografie brillanti, curate nel dettaglio, prati all'inglese con l'erba regolata meglio delle mie sopracciglia, mille accattivanti striscioni: «Benvenuto nel mondo delle fiabe»; «Incontra Topolino in persona»; «Qui a Disneyland la magia diventa realtà». Il che stride parecchio con il  tempo di attesa per ciascuna attrazione: sabato 19 maggio, 60 (sessanta) minuti in media, ma per alcune bisognava aspettare anche 70, 80 minuti (e per alcune, va detto, "solo" 45). Allora, cosa rispondi a tuo figlio/a quando ti chiede «Mamma, ma perché non possiamo fare nessun gioco?».
Numeri Va detto che esistono i cosiddetti "Fastpass", che funzionano come il talloncino numerato dal salumiere: ti interessa un'attrazione, ritiri lo scontrino sul quale c'è scritto a che ora potrai ripresentarti (saltando la coda). La cosa buffa è che già alle 14 venivano distribuiti scontrini per le 18 o addirittura le 19 (cinque ore dopo). E già alle 15.30 non c'erano più scontrini disponibili.
Gadget Il problema è poi che - mia impressione - tutto quello che non è attrazione (e quindi, attesa) a Disneyland, è merchandising. Ci sono negozi che vendono qualunque cosa. T shirt e vestiti da principesse, pupazzi e adesivi, costumi da supereroe, certo; ma anche pinze da ghiaccio con le manine di Topolino, orecchie di Topolino, thermos, saliere e pepiere, mestoli di Topolino. C'è pure il barbiere di Topolino, che ti fa i capelli come ai tempi del Far West.
Fish & chips Ho visto gente divertirsi, a Disneyland? Certamente sì. Famiglie infoiate che con telecamerine e smartphone facevano video e foto di qualunque cosa. O bambine con le mani piene di gadgets, vestite e truccate da fatine, che in quegli abiti ci avrebbero sicuramente dormito. Però ho visto anche gente distrutta dalla stanchezza, gente che aveva perso i figli (incredibilmente, non noi) e nel casino aveva l'aria davvero disperata, poi gente parecchio arrabbiata perché persino la coda per prendere da mangiare all'orrido e carissimo fast food era lunga più di mezz'ora.
Quello che ho scoperto alla fine Mi hanno poi spiegato che il weekend del 19 maggio, in Francia, c'era un bel ponte. Il che può spiegare una maggiore affluenza ai parchi di divertimento come Disneyland. io trovo comunque eccessivo che la struttura fosse al collasso. La cosa peggiore: a un certo punto per caso abbiamo incontrato Pippo (in carne e ossa! The real one). I bambini l'hanno guardato ipnotizzati, cercando fiduciosi di avvicinarsi a lui, per toccarlo o farsi fare una foto assieme al loro eroe. Ma lui continuava a respingerli: i Pupi, e pure gli altri bambini. Aveva una specie di bodyguard che lo aiutava a tenere a distanza la folla (di altezza media 1.30), e lui stesso prendeva i bambini di peso, spostandoli senza fatica, per farsi largo e restare il più possibile tranquillo. Poi, ogni tanto, si concedeva (per due secondi), a favore di telecamera o di macchina fotografica. I bambini lo guardavano esterrefatti. Gli adulti lo guardavano esterrefatti. Da sabato scorso, signori, la mia vita è cambiata: ho scoperto che Pippo è uno str..., e ha pure il buttafuori.
Se avete esperienze diverse (magari più positive) su Disneyland, vi prego vivamente di condividerle.

venerdì 18 maggio 2012

In viaggio con i bambini/2

Questa volta solo Pupi veri (credo)
Solo per dire che stasera torno a Parigi, però con la mia famiglia. Andiamo a Disneyland! Poi vi racconto cos'hanno combinato i miei, a partire - lo prometto - dall'aeroporto. Prenderò accurati appunti.


giovedì 12 gennaio 2012

Reportage da Berlino/2

Non devo più perdere i miei figli a Legoland
Elenco dei buoni propositi per il nuovo anno, ripresi da quelli di gennaio 2011:
1. Smettere di mangiarmi le unghie. In lista per il 27esimo anno di fila (l'anno scorso erano 26)
2. Continuare a fare tanta attività fisica. Stasera, se non stramazzo, prima lezione di yoga kundalini. Poco fa a pranzo, nella mensa detta "dell'insalata triste", una mia collega mi ha spiegato che la kundalini è una cosa legata al chakra della creazione e, in qualche oscuro modo, alla zona del perineo.
3. Il perineo, questo sconosciuto. Scoprire dove si trova, capire perché è così importante e, se possibile, prendersene cura.
4. Smettere di ridurmi all'ultimo momento quando devo consegnare un lavoro. In lista per il 12esimo anno di fila - cioè da quando lavoro. Prima il proposito era: smettere di ridurmi all'ultimo momento quando devo preparare un esame all'università. Eccetera, eccetera.
5. Non perdere mai più, mai più i miei figli a Legoland. È stata un'esperienza orribile, che qui vi riassumo.
Berlino, 3 gennaio: apprendiamo che quei furbetti dei tedeschi hanno aperto una piccola succursale di Legoland. Ci precipitiamo: come si evince dal post precedente, la Pupa ha qualcosa di simile alla tubercolosi da quando siamo partiti dall'Italia, perciò i luoghi chiusi - e non lo zoo di Christiane F, spazzato dal vento, pur con tutto il suo fascino decadente - diventano il nostro obiettivo ideale. All'ingresso una gentile signora tedesca che a sua volta continua a tossire mi spiega che possiamo scendere nelle viscere di Legoland dalle scale o dall'ascensore, tanto è lo stesso.
«Si arriva nello stesso punto?» chiedo io, sbirciando con la coda dell'occhio i bambini che corrono giù per le scale mentre Mike Delfino, con il passeggino, si è già infilato in ascensore.
«Jawohl, cara signora».
«Sicura?»
«Zicura. Ach».
Valuto rapidamente che non ho speranza di raggiungere i Pupi a piedi, mi infilo in ascensore con Mike e pigio velocemente il piano -1. All'arrivo, qualche secondo dopo, mi accoglie una bolgia da girone dantesco. Bambini ovunque, con pezzi di Lego infilati nelle narici e nelle orecchie. Schiavi della Lego disperati che, a quattro zampe, raccolgono in loop mattoncini che qualcun altro, un istante dopo, rovescia di nuovo al suolo. Luci forti, musica dagli altoparlanti, gente che urla in tedesco e... dei Pupi e delle scale, nessuna traccia.
Cerco di risalire in ascensore per tornare in superficie, ma il vigliacco si chiude all'istante e riparte: dal piano meno 1 - dice un cartello - è vietato chiamarlo per risalire. Del divieto in sé, come si dice, me ne fotterei: se non fosse che manca proprio il bottone. L'uscita, come in certi cinema multisala, sbuca da tutt'altra parte, in strada, in un luogo X che non c'entra nulla con il punto da cui siamo entrati. Entro subito in modalità "panic" e comincio a sbattere qua e là come un moscone impazzito. Mike Delfino, al contrario, entra in modalità "finto calmo" e rallenta i movimenti fino a diventare un bradipo tridattilo, il che mi irrita oltremodo. Soprattutto, sono angosciata: mi immagino i Pupi rapiti da qualche malintenzionato tedesco, visualizzo le scene peggiori di me che li cerco invano sotto una pioggia alla Blade Runner. Non li vedo da 30 secondi e già vorrei chiamare la polizia. Urlo a una commessa vestita da fidanzata di Uomo Ragno, visibilmente stordita dal chiasso: "Ho perso i miei figli! Come si fa a risalire in superficie?". E lei, che ci crediate o no, comincia a scuotere la testa e a ripetere: "This is not good. Das ist nicht gut". Un altoparlante diffonde in tedesco parole che non capisco del tutto, ma più o meno dicono che un bambino e una fraulein sono appena stati ritrovati, e che attendono i genitori all'ingresso. "This is not good", dice ancora la commessa, come se io pensassi che perdere i figli è una ficata.
Ehi. Tu. Che hai l'intelligenza emotiva di un petardo. Vuoi dirmi per piacere come cavolo si fa a uscire da questo inferno? Finalmente lei si riscuote, mi indica con gesto vago una scala che non avevo visto. Salgo di corsa, con la coda dell'occhio scorgo Mike Delfino immobile, evidentemente impegnato ad attirare a sé i bambini con la forza del pensiero o della meditazione kundalini. Faccio una rampa e vado a sbattere contro una giovane schiava di Legoland vestita da fidanzata di Indiana Jones, che ha la lucidità di indicarmi un corridoio da cui si accede a un'altra scala: finalmente, l'ingresso!
Che incubo. I Pupi sono sudati, in lacrime, accuditi da una schiava vestita da fidanzata di Batman che li tiene compressi in un angolo, contro il vetro che dà sulla strada, e sibila loro parole di conforto in tedesco. Quando la fidanzata di Batman mi vede, attacca con la solfa del "This is not good" e io vorrei mettermi a piangere oppure tirarle un pugno. Poi mi vede il Pupo, mi atterra tra le braccia, e mi dice singhiozzando una cosa che non dimenticherò mai: "Mamma, io sono un bambino piccolo. Un bambino piccolo deve stare sempre con la sua mamma". Un paio di minuti dopo, in tutta calma, arriva Mike Delfino e mi dice: "Be', dai, prima o poi doveva capitare, che si perdessero. Meglio qui che alla porta di Brandeburgo la notte di Capodanno, comunque". Di nuovo, non so se piangere o tirare un pugno anche a lui.

giovedì 5 gennaio 2012

Reportage da Berlino/1

Notti insonni in Tedeschia
Auguri! E scusate la lunga vacanza. Prima di accendere il computer ho pensato: chissà mai che qualcuno mi solleciti, visto che da tanto non pubblico niente. Ed ecco, puntuale, il commento di Daniela al post precedente ("perché, perché, perché non scrivi più spesso?"). Messaggio ricevuto.
È che siamo appena tornati da Berlino, dove ho trascorso giorni di totale distacco dal mondo della tecnologia - so che alcuni di voi mi credono ventenne, ma devo confessarvi che non sono una nativa digitale. Ora però vi posto la prima puntata del mio reportage di viaggio.
Lì vive un mio caro amico, che dirige un mensile di musica elettronica. Come direbbero i Pupi: wow, fico. In più Berlino è una città meravigliosa, e il mio amico molto ospitale. Ci ha lasciato la stanza di suo figlio, in cui noi quattro italianos, tutti assieme, abbiamo finalmente sperimentato il cosleeping.
Piccolo bilancio del cosleeping: fallimento totale.
Prima sera, ovvero a Capodanno: fuori la città è un delirio di botti, io e Mike Delfino a dormire alle 23.10 su materasso finto-matrimoniale, il Pupo al mio fianco su un divano in leggera pendenza, la Pupa autoesiliatasi nell'angolo opposto della stanza su un materassino da palestra alto 1 centimetro e mezzo, come una piccola fiammiferaia.
La Pupa tossisce a intervalli regolari di 30 secondi, come l'antifurto di un'auto che qualche scimunito ha dimenticato inserito prima di partire per le vacanze. Il Pupo mi rotola addosso 15 minuti secchi dopo che io e Mike ci siamo coricati, come un sacco di sabbia mi atterra prono sullo sterno senza nemmeno svegliarsi, provocandomi una lievissima sensazione di oppressione al petto/infarto in corso. Con molta fatica contro-rotolo i 18 chili di Pupo inerte su, su, su per il divano in leggera pendenza.
Propongo a Mike Delfino di scambiarsi di posto con me previa contropartita in denaro di 22 euro, ovvero tutto il denaro contante che ho in tasca. Rifiuta.
Ore 1.15: seconda rotolata del Pupo, che mi sfascia tre costole. Emetto lo sfiato stanco di un animale morente. Lui non si sveglia nemmeno adesso: dormirebbe volentieri così, stavolta di schiena, con una manina puntata contro il mio fegato e l'altra nella bocca di Mike. Che per questo motivo, eroico, pronuncia la seguente frase: "Dormo io sul divano in leggera pendenza, ci starò comodissimo", lasciando me e il Pupo sul finto materasso matrimoniale, e la Pupa a tossire nel suo angolo. Troveremo Mike Delfino piegato in tre parti, al mattino, a maledire la leggera pendenza e la sua (di lui, Mike) altezza eccessiva, che pur rendendolo molto attraente lo penalizza un po' quando si tratta di dormire su un divano lungo 1,60.
Nelle due sere successive lo schema si ripete con variazioni sul tema: tipo che il Pupo vaga per tutta la stanza pregandoci di alzarci e andare a giocare anche se sono le tre di notte, oppure apre la porta senza dir nulla e lo troviamo riverso e dormiente sul pavimento della cucina; mentre Mike Delfino, mal sopportando la tosse della Pupa, ogni tanto si alza senza preavviso e va a dormire in soggiorno, su un divano senza pendenza e pure un po' più lungo dell'altro, ma con curiose intercapedini tra i cuscini che a sua detta gli provocano alcune ernie. Apprendiamo anche che il mio amico tedesco, a sua volta stremato dalla tosse del figlio di un anno, ha tentato a) il suicidio e b) svariate incursioni in soggiorno, ma trovandoci Mike Delfino che russava è tornato indietro scornato.
Le ultime due notti, colpo di genio: mettiamo il Pupo a dormire in un box convincendolo che è un lettino. Lui accetta a patto di poterlo riempire di vaccate tipo personaggi, cuscini, copertine extra, un biberon, qualche carillon, una torcia a led multicolore. Alla fine sembra la camera da letto di Moira Orfei. Il Pupo non può più vagare, il che è un bel sollievo per tutti, ma in compenso ogni tanto si tira a sedere e, con voce cristallina ma in realtà dormendo, fa affermazioni ontologicamente ineccepibili: "Qui dommo. Qui bevo. Quetto è il mio cuscino. Io abito qui. Io, sono io". La Pupa, spostata di forza dal suo angolo buio al divano in leggera pendenza, sospira rassegnata cercando di non rotolarmi addosso e, ogni tanto, proprio quando stiamo per prendere sonno, ancora tossisce.


martedì 13 dicembre 2011

Una vita senza cervello

A volte, cioè spesso, confondo persino il nome dei Pupi
"Maraons, hai il cappello al contrario, ti si vede l'etichetta" (collega). "Maraone, se dimentica il badge un altro giorno non la faccio più entrare in azienda" (custode della Hearst). "Mamma del Pupo, di chi sono queste chiavi della macchina? Cerchiamo di non fare come l'altra volta che poi un bambino se le mette in tasca e le troviamo nel suo letto all'ora della nanna" (bidella). "Paola, come fai a vivere senza cervello?" (madre).
Questo nasce come un post di servizio per insegnare a me stessa- e possibilmente pure a voi - come fare a non dimenticare più le cose. Ho appena finito di leggere un libro che in questo senso è estremamente motivante: si intitola Checklist, l'autore è un chirurgo illuminato che mi piace moltissimo. In breve Atul Gawande - si chiama così - spiega che "per fare andare meglio le cose" la condizione necessaria e sufficiente è quella di fare liste attente e meditate di tutti gli impegni/obiettivi/procedure da adottare durante lo svolgimento degli incarichi quotidiani. Secondo Gawande le liste sono fon-da-men-ta-li anche per evitare disastri aerei ed errori che, in sala operatoria, portano alla morte del paziente.
A me, per esempio, basterebbe ricordare dove ho messo le fotocopie che dovevo fare per la classe della Pupa. Ho appena finito di scrivere un messaggio alla maestra dicendo che mi cospargo il capo di cenere e che di solito non perdo le cose. Le ho scritto: "Mi dia per punizione da fare cinquecento fotocopie in ogni formato possibile, anche a colori".
Poi ieri ho perso una medicina che dovevo prendere assolutamente e ho dovuto discutere con il farmacista che non voleva ridarmela uguale perché la ricetta era già timbrata. La settimana scorsa non so più dove ho cacciato il carnet dei biglietti, sono salita sul tram senza (prima volta in un anno) e ovviamente ho preso la multa. Sono solo 51,50 euro se pago entro 60 giorni, ma probabilmente dimenticherò di farlo.
Nel ponte dell'Immacolata siamo stati a Venezia con i Pupi, grazie allo scambio casa. Siamo finiti nell'appartamento delizioso di una famiglia deliziosa che nel frattempo è venuta a Milano a stare a casa nostra. Ha funzionato tutto benissimo, tranne che quando siamo tornati sul fondo dell'acquario c'erano due dita di cibo decomposto, e i pesci erano torpidi e quasi immobili per l'indigestione. Altro piccolo dettaglio è che io ho dimenticato di lasciare le chiavi di questa famiglia sotto lo zerbino - come mi avevano chiesto - e le ho date invece alla proprietaria di un locale lì vicino, da cui le avevo recuperate all'arrivo. Peccato che quando poi loro sono arrivati a casa il locale fosse chiuso.
Venezia con i bambini è meravigliosa e massacrante. Temevamo che il Pupo, vista la sua vivacità, finisse "a canale". Si è invece limitato a cadere in una fontana nell'elegante negozio Olivetti di piazza San Marco, un bene del FAI. La signora all'ingresso ci aveva avvertito: "Ah, sapeste quanti bambini sono finiti lì dentro!" (mentre lo diceva ho pensato: ma taci un po', menasfiga). Per una volta, tra l'altro, il Pupo non è neanche caduto apposta facendo il giullare. Si era semplicemente distratto ascoltando rapito l'audioguida (la intravedete nella foto) che spiegava nel dettaglio come il grande progettista Carlo Scarpa avesse immaginato spazi, luci, marmi e legni di altissima qualità architettonica. Per un bambino di tre anni, evidentemente un racconto irresistibile.
PS vi sarei molto grata se mi raccontaste le vostre strategie per non dimenticare. Oppure qualche aneddoto consolante/solidale su cose che avete dimenticato.