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mercoledì 5 novembre 2014

Trenta giorni all'alba

Dovete fare pensieri dolci e meravigliosi
Mi è piaciuto che questo inizio d'autunno sia stato a conti fatti fin qui così clemente. Mi piace però anche il vento che oggi agita le foglie degli alberi in giardino e rende i bambini elettrici. Per finire il libro che sto scrivendo di recente mi capita di alzarmi alle 5.40, subito dopo la poppata mattutina della Piccolissima, anziché tornare a letto a rotolarmi e imprecare nel tentativo di riprendere sonno. Così ho osservato l'alba più spesso di quanto mi sia mai capitato prima. Molti scrittori che ho intervistato per lavoro negli anni, in effetti, mi hanno ripetuto che è proprio in quel momento sospeso tra la notte e il giorno che riusciamo a volare alti; è in quell'ora assieme magica e tragica che ancora possiamo sentire quel prurito sulle spalle nel punto dove un tempo avevamo un paio di ali.
Nessun uomo bianco è così astuto Da cogliere di sorpresa i pellerossa senza imbrogliare. Pensavo che quelle raccontate dai famosi scrittori fossero fregnacce e invece ho capito che se ho una probabilità su cento di riuscire, un giorno, a campare di libri, quella probabilità risiede per me nell'arrivare in anticipo sulla giornata; evitando, nei limiti del possibile, di farmela rotolare addosso come uno schiacciasassi implacabile che non ho modo di schivare.
Quando il primo bambino rise per la prima volta Nel frattempo i miei figli permangono in modalità casino, il che non aiuta la mia concentrazione. Sono lieta di verificare giorno dopo giorno che hanno in questo preso da me, tutti e tre, e amplificano con la crescita il fare caciarone ma tenace tipico dei Maraonidi. Il Maraone non entra, irrompe. Il Maraone non cammina, corre. Non si stanca, si sfinisce. Non mangia, si abbotta. Non discute, ma massacra l'avversario. Non sorride, si contorce a terra dalle risate fino a svenire. È in fondo una specie di Chuck Norris, però di origini ciociare.
Tutti i bambini crescono, meno uno Avere in casa tre Maraonidi di statura compresa tra i 70 e i 130 centimetri è un bello sbattimento persino per la Maraonide-madre, che avendoli generati e geneticamente influenzati ben sa di che pasta sono fatti. All'asilo nido della Piccolissima l'ultimo report la descrive «ottimamente inserita, simpatica, decisa, ostinata; per ottenere quel che vuole strilla a più non posso finché non l'ottiene». Tra gli altri achievements della Pupa ci sono la risata sforzata a comando (con tono gutturale), il ripetere «mamma» con voce bassissima e rauca, tipo E.T., il segnalare l'appetito con una serie di «am, am, am» progressivi espressi a decibel che aumentano esponenzialmente.
Oh, perché non puoi restare così per sempre? I Pupi grandi sono molto affezionati alla sorella. Le affibbiano ogni genere di soprannome e lei risponde a tutti. La chiamano «corpo» perché soprattutto da nuda somiglia a un compatto tronchetto della felicità. Oppure Bobona, Small Boboni, Sbomballoni, e ultimamente anche Small Farloni che non vuol dire niente ma fa ridere. «Dov'è tua sorella?». «Sta farlonando sotto il tavolo». «Che combina Boboni?». «Ha dato ancora il suo Plasmon al cane». Laccio ha capito come gira il fumo e si fa trattare come una bambola di pezza in cambio di doni gastronomici: il Pupo lo chiama «lo spazzino» perché quando a tavola non gli piace qualcosa è sufficiente farlo scivolare a terra con discrezione; qualcuno, nel giro di pochi istanti, arriverà a farlo sparire. Se mi fate una lista dei soprannomi più buffi in voga nelle vostre famiglie ve ne sarò grata.

Soundtrack: Se avete capito le citazioni (penso di sì, eh) allora sapete anche cosa andare a (ri)ascoltare.

giovedì 24 aprile 2014

Amiche mie (e altri dilemmi)

Mia madre, se contasse bene i panni che ha lavato, probabilmente vestirebbe il mondo
«Sbrigati a scrivere questo post, che il libro diventa vecchio» (dice la mia amica). «Non posso, non ce la faccio, non ho tempo». «Dì la verita, il problema è che sei pigra». «Hai ragione. È colpa mia. Perché al mattino verso le cinque cinque e mezza, dopo aver allattato e riaddormentato la Piccolissima, potrei benissimo alzarmi, andare a correre al parco profittandone per portare fuori anche il cane Laccio (che non è un pagliaccio), tornare e fresca di doccia, dopo essermi passata la crema idratante su tutto il corpo e un po' di contorno occhi che non guasta mai, preparare per il resto della famiglia ancora dormiente anche la colazione, magari qualche centrifugato, un po' di yogurt fatto in casa, e poi spalmare artisticamente generose quantità di marmellata biologica sul pane impastato a mano la sera prima, e ancora mi avanzerebbe tempo per scrivere un'oretta, dopodiché potrei svegliare il mio amato con qualche dolce carezza di quelle che piacciono a lui, e poi sottrarre i bambini al sonno ricoprendoli di baci e cominciare allegramente la giornata insieme a loro. Invece sai che faccio, dopo aver allattato e riaddormentato la Piccolissima?». «No». «Mi riaddormento pure io».
I battiti del cuore Però, però, però: la settimana scorsa ho incontrato Silvia Ballestra, di cui sono sempre stata fan e che ha da poco pubblicato il romanzo Amiche mie, diventando definitivamente la mia eroina personale. Perché racconta di quattro donne - Carla Sofia Norma Vera - che, amiche mie, potrebbero esserlo davvero, preoccupate del cibo scadente della mensa scolastica, afflitte dopo una separazione, stritolate dal ruolo di madre-moglie oltre il quale (a volte) c'è il nulla, sconcertate da uomini-piacioni impegnati a corteggiare ragazzine. Di cosa parla il libro? «Di donne che in fondo non erano state raccontate né studiate. Insomma, non erano state celebrate seriamente».
I cani hanno la febbre tutto l'anno Mi piace di Silvia Ballestra che dopo tanti anni a Milano, dove sono nati i suoi due figli, le sia rimasto appiccicato addosso l'accento marchigiano, viscoso e birichino, sicché mi accorgo riascoltando l'intervista che certe sfumature delle parole le escono diverse da come escono dalla mia bocca, ma per il resto mi sento simile a lei e alle protagoniste di Amiche mie, che affrontano i fatti della vita «semplicemente, perché è così che va fatto: sono appena passate da una fase precisa, quando i bambini sono piccoli, in cui si è chiamate a essere madri. Del resto di alcune cose, tipo le gravidanze, lo svezzamento, è ovvio che si debbano occupare le mamme. Il punto è che quando hai finito di farle tenti di tornare in possesso della tua vita, anche lavorativa, ma sappiamo che molte donne, quando tornano, il lavoro non lo trovano più. Manca la via di mezzo. Ci sono quelle che il lavoro non lo trovano da principio, quelle che lo perdono perché hanno avuto un figlio, e però all'opposto sono tante anche quelle che lavorano troppo; c'è ancora quel detto lì, o i figli o il lavoro, e invece bisognerebbe trovare un compromesso».
Tutto nasce dal basso (e poi va su) Quando parla Silvia Ballestra inclina la testa di lato e fa un mezzo sorriso, «Io penso che dal basso possiamo e dobbiamo cambiare le cose. Alcune cose positive adesso stanno succedendo, dei segnali ci sono. Dopodiché certo ci vuole fatica, il nostro è un percorso di lotta». Addirittura? le chiedo. «Massì. In una metaforica partita a Risiko l'uomo ammassa carrarmatini, la donna si indebolisce. Ancora accade, fuori e dentro il mio romanzo. L'importante è non deprimersi, semmai arrabbiarsi. Socialmente con la mensa che non funziona, nel privato con i mariti. Sono stufa dei "Che bravo, quest'uomo che cucina. Che bravo, questo papà che cambia il pannolino"». Quante volte sentite ripetere questa frase o magari la dite voi stesse? (Se la dite, perché la dite?)
Tutto può succedere, su questo non ci piove Se chiedete a un bambino di disegnare la sua famiglia è facile che sul foglio ci finiscano una mamma ai fornelli che cucina, e un papà che guarda la tv. «Non sarebbe un male in sé se a volte, almeno a volte, accadesse il contrario. Sennò si genera infelicità, almeno credo. Io non potrei starci in un rapporto così». Le protagoniste di Amiche mie lo sanno bene. «Per Carla, Sofia, Norma e Vera la relazione di coppia non è un "sogno da realizzare" ma piuttosto un "progetto". Mi piace la parola progetto perché ha dentro l'idea di qualcosa che bisogna sforzarsi di costruire, concretizzare, non è il sogno di Biancaneve. Mi interessava parlare anche di donne separate senza entrare nel giudizio sulle coppie, volevo almeno sfiorare il tema delle famiglie smembrate, poi lo so che chi rimane sul campo spesso ci rimane fra macerie, lì per lì è un vero choc, però è una fortuna, trovo, che il matrimonio non sia più una condanna "fine pena mai"».
E dopo un po' mi hai lanciato la solita scarpa col tacco A proposito di ruoli, «È pur vero che il maschio, mentre tu litighi e gli dici le peggio cose, ribalti tutta la tua vita, metti in discussione il rapporto, minacci di andartene, arrivi per la rabbia a prendere selvaggiamente a pugni l'auto in cui sei seduta, è capace di non dirti nulla se non "Ehi, guarda che quello è l'airbag del passeggero"».
E tu già lo sai che ritorno da te Certe cose dunque, ci ricorda Amiche mie, non cambiano mai. «Però cose che un tempo erano ovvie oggi non sono più tali, come la moglie senza bancomat a cui il marito elargisce ogni settimana il denaro contato per fare la spesa, anche se è ancora vero il contrario: un marito che perde il lavoro e deve farsi mantenere dalla moglie entra in crisi profonda». La donna invece no. «Sa farsi bastare quel che ha. Un aspetto tipico del femminile postmoderno sono "i lavoretti". L'altro giorno in piscina ho visto una donna con i suoi bambini che si tirava fuori dalle tasche dell'accappatoio decine di collane fatte da lei. Lo slogan è: "Almeno faccio qualcosa"». Da madre di figli maschi (due) come si regola nell'educarli? «Fatico tanto e dico a me stessa e alle "amiche mie": non dobbiamo tornare indietro, dobbiamo ricordare le lotte delle donne che hanno combattuto per noi negli anni 70, siano benedette sempre. Però penso che piano piano anche i maschi stiano cambiando, sono ottimista da questo punto di vista. Grossi spostamenti ancora non si sono visti, lo so. Ma secondo me arriveranno». Allora da madre di figlio maschio (uno) mi chiedo e vi chiedo, questi cambiamenti sono proprio dietro l'angolo, oppure un po' più lontano?   

Soundtrack: Capo Horn
Un raggio di sole
Dal basso
Tutto può succedere

martedì 12 febbraio 2013

Buongiorno Italia, buongiorno Maria

Succede al Festival
Mentre Crozza a Sanremo tenta di salvare il suo show - chi l'ha visto in tv, in diretta, sa cosa intendo - io dalla sala stampa dell'Ariston posto come una matta interventi sulla pagina Facebook di Gioia. Se venite a trovarmi anche di lì e a dirmi cosa pensate mi farà molto piacere.
A casa i Pupi se la passano piuttosto bene. Nella foto, li vedete in un raro momento di quiete (apprezzate, prego, il movimento perpetuo del braccio destro della Pupa) proprio ieri, la sera prima della mia partenza. Potete anche notare quel che resta di me, mentre spalmata secca sul pavimento con valigia ancora da fare e interviste da preparare concedo ai miei angeli un biberon, strumento come tutti sanno pedagogicamente perfetto per bambini di 7 e 4 anni. Del resto bisogna pur che in qualche modo si consolino: da domenica sono in castigo per aver allagato la mansarda mentre facevano il bagno, tre giorni senza tv con il Pupo che finge di dimenticarsene e ciclicamente ci riprova: «Mamma, posso gualdale un caltone?» e al mio no conclude ogni volta. «Allola non ti voglio più bene. Pelò sei bella».
La tempesta perfetta Stamattina sono partita da casa con le valigie e con la Pupa, che ho accompagnato a scuola in taxi per poi proseguire verso la stazione. Quando faccio queste cose ho sempre il terrore di confondermi, tipo che mando la Pupa in classe con il mio computer e io parto per la trasferta con il suo cestino per la merenda. Miracolosamente non è successo, ma non ho neanche fatto in tempo a ringraziare il cielo e tutti i santi per aver fatto le cose per bene che subito il tassista ha attaccato un Pippotto Universale: è partito dalla neve caduta su Milano e dalle mezze stagioni che eccetera, e in sei minuti netti ha esondato, arrivando a commentare il fatto che io vivo in una zona (molto) multietnica, per concludere con la seguente massima: avere tanti bambini stranieri nelle classi peggiora la qualità dell'insegnamento.
Siamo arrivati in stazione in quel momento, io avevo un treno da prendere e non potevo fermarmi a discutere, gli ho solo detto «Sa una cosa? Se potessi farlo, non la pagherei». Poi sono arrivata qui ed ecco che hop! due (2) disturbatori tra il pubblico dell'Ariston hanno dato del pirla a Crozza durante la sua esibizione e ci mancava poco che lui abbandonasse il palco per lo sconforto. Subito dopo due uomini - Federico e Stefano - hanno raccontato che si sposeranno a New York visto che da noi le leggi non lo permettono, e tutti ad applaudire il bacio, miei colleghi compresi, perché in Italia un bacio tra gay è evidentemente ancora un evento epocale, e io ho collegato gli eventi della giornata e per qualche secondo ho pensato: Crozza in fondo ha ragione, siamo un Paese ingovernabile.  
Nel frattempo i big che dovrebbero esibirsi sul palco dell'Ariston tirano un sospiro di sollievo - per la serie, come tutti andavano ripetendo nei giorni scorsi, "finalmente un Festival centrato sulla musica".

giovedì 22 novembre 2012

Giro d'Europa in 72 ore

Una cosa allucinante che non farò mai più
Io, cioè la cavia, in aereo con Rihanna.
Intendo rassicurare coloro che si fossero nel frattempo chiesti (alcuni in effetti mi hanno scritto anche via mail) che fine ho fatto: nell'ultima settimana sono stata a Stoccolma, Parigi, Berlino, al seguito della popstar mondiale nota come Rihanna.
In occasione della pubblicazione del suo settimo album Ella ha organizzato un ambiziosissimo tour, chiamato 777: 7 concerti in 7 città, in 7 giorni. E ha deciso di imbarcare su un Boeing 777 noleggiato per l'occasione un centinaio di giornalisti e altrettanti fan da 70 Paesi del mondo, attirandoli con il miraggio di «incontri/interviste/tempo di qualità passato assieme»).
Nulla di tutto ciò è accaduto, poiché Ella possiede la naturale inclinazione a frequentare afterparty dopo i concerti, a non sentire le sveglie, a presentarsi agli appuntamenti (e sul palco) in ritardo di due, tre, quattro ore. Ebbene, ho avuto il privilegio di trascorrere con la sua proiezione ologrammatica (della serie: beato chi l'ha vista) 72 ore appena, abbondantemente sufficienti a inserire quest'esperienza nella Top Ten delle 10 cose più allucinanti che ho fatto in vita mia. Vi interessasse, trovate il resoconto completo su Gioia; qui vi dico soltanto che a un certo punto per la fame, il sonno, la disperazione, i ritardi accumulati per colpa della Star, un mio collega australiano, per fortuna belloccio, si è spogliato nudo come mamma l'ha fatto e ha cominciato a correre su e giù per il corridoio dell'aereo, urlando, «Esci, Rihanna! Fatti vedere, se hai il coraggio!». Di lei, ovviamente, neanche l'ombra.
I Pupi mi hanno fatto sapere tramite i loro legali che intendono dismettermi dal ruolo di madre. Preferiscono farsi affidare a un tutore. Anche perché, dopo un breve transito milanese di 24 ore, l'altroieri mattina sono dovuta ripartire alla volta di Parigi in auto con Mike Delfino. Ma questa è un'altra storia, e soprattutto, adesso - cioè ieri sera - sono rientrata (inutile specificare che ora non intendo muovermi dal quartiere Dergano-Bovisa almeno fino a Natale).
E adesso sparatemi Martedì mattina, prima del viaggio in auto a Parigi, ho portato a scuola il Pupo e ho chiesto alla maestra di poter lasciare anche la sua valigia (avrebbe dormito dalla nonna, quella sera) in aula. Purtroppo, accidenti a me, dalla valigia mi è caduto un biberon.
(Maestra): «Mami! Non mi dire che beviamo ancora dal biberon» (ecco, io non so voi, ma a me quelli che fanno le domande in prima persona plurale lasciano un po'... cioè... insomma).
(Io - ricordate che ero reduce da Rihanna). «Ebbene sì. Se capita, se siamo in giro, se siamo stanchi, cioè in pratica il 99 per cento delle volte, beviamo ancora dal biberon».
(Maestra): «Aaaah. Adesso si capiscono tante cose.»
«Tipo quali cose, scusa?»
«Aaah. Tanti atteggiamenti. L'atteggiamento per esempio di tuo figlio nei confronti della Regola».
«Non vedo il nesso, scusa».
«Eeeh.»
«Ancora non lo vedo».
(Lei, stringendosi nelle spalle): «Abbiamo combattuto contro il ciuccio e abbiamo vinto, Mami. Ora combattiamo anche contro questaaaah cosaaah. Il bambino deve crescereeeh. Eeeh.»
E così sono partita per Parigi, in auto, dopo aver dormito una media di 4 ore a notte nell'ultima settimana, con le palle che mi giravano a elica un lievissimo nervosismo addosso. Intanto però pensavo sorridendo tra me e me che non conosco bambino più autonomo, profondo, consapevole, dispettoso dotato di forte personalità del Pupo. E poi, sorridendo pure un po' di più... quanto sono fuori contesto le domande della nostra troll-persecutrice, la tizia anonima che periodicamente viene su questo blog ad accusare chi è diventato genitore «di pensare solo ai figli, e avere il cervello in pappa»? Aaah. Eeeh. Ditemi che ne pensate del biberon, e anche di Rihanna.



giovedì 13 settembre 2012

Quando sarò grande

Purché Tu non me la faccia diventare così
(Pupa) «Mamma, da grande voglio avere i capelli come i tuoi e la voce come la tua. Voglio essere edentica a te. Sei bellissima. Stupenda. Perfetta».
Quando la Pupa mi fa queste dichiarazioni una parte di me è orgogliosa e felice, un'altra la trova francamente eccessiva. Per dire: non ricordo di aver mai detto a mia madre che volevo avere i capelli come i suoi (tutto può essere - magari invece l'ho fatto).
Purtuttavia durante una trasferta Milano-Napoli, a/r in treno in giornata giusto per non farci mancare nulla, a Bologna mi si siede davanti - è ancora davanti a me nell'esatto istante in cui scrivo questo post - una eeeeh, una cosa, cioè una specie, una... non saprei come dire, forse se proprio dovessi paragonarla a qualcuno direi che sembra la versione femminile di Pete Doherty, avete presente quello che stava con Kate Moss e forse per un po' di tempo anche con Amy Winehouse e nonostante tutta la droga che si è iniettato ancora campa e diffonde per il mondo Grandi Verità; dunque questa cosa, cioè questa ragazza dai capelli scuri che mi è seduta davanti, meno tossica di Pete Doherty, lo ricorda però nel look; tira ogni tanto su col naso (ehm) e porta pure un cappello nero da uomo tipo bombetta, che ora ha poggiato davanti a sé.
Se non che al vostro ritratto mentale Ora dovete aggiungere un iPhone con la cover rosa a forma di coniglietta di PlayBoy che la ragazza trova «troppo fico» e con cui continua a giocherellare; due tatuaggi sulle dita delle mani con la scritta "Give" a sinistra e "Take" a destra, una lettera per ogni dito esclusi i pollici; una giacca di pelle rossa troppo grande; una cosa blu avvolta attorno al collo che lei chiama «capuccio»; una minigonna di pelle marrone troppo stretta, su gambe non perfettamente depilate e un po' borderline tipo «volevo essere una fotomodella ma poi non ci sono riuscita»; anfibi slacciati che vi giuro ha appena definito «stracomodi per dormire»; unghie laccate marrone scuro e soprattutto un profumo dolciastro fortissimo e insopportabile.
Quel che più m'infastidisce della Padrona di Coniglietta Tra l'altro, a giudicare dalle rughette qua e là, avrà di sicuro più di trent'anni. È accompagnata da un assistente/manager che per la prima mezz'ora di viaggio, fin quando cioè cominciano le gallerie e le conversazioni al cellulare diventano impossibili, s'impegna assai a «chiudere date» al telefono, per lei. A un certo punto della conversazione intuisco che potrebbe essere una deejay. Appartiene al tipo umano a cui piace molto prendere in giro le persone che la circondano. Fa commenti ad alta voce sui vicini di posto; io che le sto davanti rappresento assieme enigma e sfida, non riesce a inquadrarmi, però mi sbircia, bisbiglia e ridacchia oscure freddure all'orecchio dell'assistente, che sghignazza di rimando. A un certo punto per attirare l'attenzione fa un rutto. Partono risatine. L'assistente si finge schifato. Io valuto l'espressione sonora paragonandola ai boati d'abitudine prodotti dai Pupi: l'exploit della Padrona di Coniglietta, in confronto, è un impercettibile bisbiglio.
Potrei alzare un sopracciglio, sollevare un angolo della bocca, abbozzare complicità. Poi opto per l'indifferenza totale. Nel frattempo davanti a me scorrono senza soluzione di continuità discorsi del seguente tenore:
(Lui, cioè l'assistente): «Ho 200 canali e mi costa meno di 10 euro al mese. Diciamo 9 euro, una vera bazza».
(Lei): «Hai anche, come cazzo si chiama, Discovery Channel e i Simpson tutto il giorno? Troppo fico».
(Lui): «Cioè mi hanno proposto questa cosa da maggio a ottobre, hotel 5 stelle a St. Moritz, ti danno vitto e alloggio e 2000 euro al mese. Certo sei inchiodato lassù, però poi non è che ti chiedano tante serate».
(Lei): «Tu l'unica che mi dovevi fissare non me l'hai fissata. Questa serata è l'evento top dell'anno e tu non sei riuscito a fissarmela».
(Lui): «Mi ha chiamato quella ragazza di colore che hai sentito al B Club, quella un po' scema che cantava tutto il tempo Olelele, olelele, olelele. Mi ha chiesto se andavi a suonare al suo compleanno. Le ho chiesto 2000 euro».
(Lei): «E che ti ha detto?»
(Lui): «Più sentita. Che zoccola».
Bologna-Roma sola andata Per due ore, salvo brevissima pausa-pisolino, i due chiacchierano ininterrottamente o si mandano sms a vicenda, ridendo di continuo perché è Veramente Molto Buffo scambiarti messaggi con qualcuno che se ne sta seduto a cinquanta centimetri da te. Ogni tanto lui parla al telefono con una donna che chiama «amore» ma poi piazza casualmente la mano sulla coscia della Padrona di Coniglietta. Pure la cover dell'iPhone, di fatto, è oggetto di discussione.
(Lei, dominante): «A quei due del locale possiamo pure regalargli una bella cover dell'iPhone».
(Lui, sottomesso): «E se poi non gli piace? E se poi già ce l'hanno?»
(Lei, risolutiva): «È sempre un bel gadget da 40 euro. Al limite a Natale la regalano a qualcun altro».
A un certo punto, a lei suona il telefono. «Nooo, sei tu? Che sbatti! Guarda non sai lo sbattimento che dobbiamo fare nel weekend. Lavoriamo sabato sera, poi alle 6 dalla disco andiamo direttamente a Bergamo e via! Alle 8 siamo già sull'aereo per Fiumicino. Guarda, è uno sbatti assurdo!».
Per fortuna, a Roma L'ineffabile coppia scende. Accanto a me resta un tenero signore americano che, dizionario alla mano, ripassa ad alta voce l'italiano che, ne è convinto, lo aiuterà a sopravvivere a Napoli. «Schiusa. Schiusa. Schiusate. Può indikòarmi la via per la pizeriaah?».
Vi capita mai di immaginare come saranno i vostri figli da grandi? Di riflettere sulle aspettative, di sperare qualcosa per loro? Io per esempio da questo momento in poi pregherò con costanza che la Pupa  faccia quel che vuole della sua vita, tranne diventare come la tizia che mi è stata seduta davanti per tutto questo tempo.

martedì 24 luglio 2012

Intercettazioni e altre catastrofi

Ci sono periodi dell'anno in cui le cose vanno per loro natura più lente, oppure
Oppure è il mio cervello a essersi definitivamente inceppato. Registro input diversi in modo casuale. Li assorbo a occhi socchiusi, scrutando criptica l'orizzonte. Tendo a non reagire, anche quando dovrei.
(Un collega): «Puoi scrivere subito una notizia sulla strage di Batman? La facciamo fotografica. Però sii lombrosiana, mi raccomando».
(Io): «Uh».
(Sempre lui, un'ora dopo): «Hai scritto?»
(Io): «No, così nel vuoto non me la sento. Dammi l'impaginato. Non mi far scrivere fuori dall'impaginato che non sono capace».
«Neanche se ti dico la lunghezza esatta? Sei giornalista professionista da quanto, dal 1960?»
«Spiritoso. È che non ce la faccio. Cioè non me la sento. Devo vedere che espressione ha il tipo, devo ispirarmi».
(Lui, un'ora dopo): «Ehi, lascia perdere. Nel frattempo la notizia l'ha scritta la collega X».
«Uh. Devo sentirmi in colpa?»
La realtà è che ero distratta. Stavo pensando a una conversazione captata per caso sul filobus
Donna sudamericana, in buon italiano, parlando con un'amica: «È tanto provinciale, povera ragazza. Figurati che lui, il suo fidanzato, ogni tanto quando è arrabbiato la piglia a calci sul sedere. Lei non reagisce perché crede che sia normale, poveretta, viene dalla campagna».
«E non gli dice niente, a quel maldido
«Dire, non dice proprio niente. Però gli mette di nascosto il laxante nel caffè. Come si chiama il laxante in italiano? Quello che ti fa andare tante volte in bagno». 
E non è ancora finita (questa è impagabile) 
 (La mia amica, al telefono) «Guarda, ieri ho combinato un disastro. Non solo ho sbagliato orario...»
Ragazza B: «Come, hai sbagliato orario?»
«Massì, sai che ero salita a Milano per quel matrimonio. Ho lasciato M. e le bambine al mare, a Ladispoli. Avevo prenotato il ritorno a Roma per il lunedì mattina, tariffa scontatissima, partenza ore 7.19».
«Fin qui tutto bene, mi pare».
«Sì ma poi non so per quale motivo nel corso della notte mi sono progressivamente convinta di dover prendere il 6.19. Allora per andare alla stazione ho dovuto prendere il taxi perché la metropolitana a quell'ora non va, quindi aggiungi 13 euro alla tariffa scontatissima».
«Che seccatura».
«E questo non è niente. Salgo sul treno e dopo un po' passa il controllore. "Guardi, signorina, che con questo codice di prenotazione non trovo nulla". E io: "Maccome, ma non è possibile", faccio l'indignata e chiedo a un signore col computer di farmi controllare su internet. Vien fuori che ero sul treno sbagliato. Come ti ho detto, avrei dovuto partire un'ora dopo».
«E lui?»
«Mosso a compassione non mi ha fatto la multa ma solo l'integrazione di tariffa. 77 euro in più. Mi consolo pensando: "Almeno vedrò le bambine un'ora prima del previsto"».
«Fantastico. Altro che tariffa scontatissima».
«Ma il peggio deve ancora venire».
«Non ci credo».
«E invece sì. Arriviamo a Roma Tiburtina e tra me e me penso: scendo a Ostiense, la fermata successiva, così sono più comoda per il mare. Peccato che quel treno, a Ostiense, non fermasse».
«E dunque?»
«Ho proseguito per Napoli».
«E il controllore?»
«Quando gli ho spiegato cos'era successo ha voluto chiamare il responsabile. Ha voluto che mi vedesse in faccia, che vedesse che esistevo davvero».
«Chissà che risate si son fatti».
«Però la tratta Roma-Napoli me l'hanno offerta. Cortesia di Italo Treno, mi hanno spiegato».
«Che carini. E il ritorno?»
«No, quello ho dovuto pagarlo. Altri 43 euro».
«Ma quando sei arrivata a Roma, alla fine?»
«Alle tre del pomeriggio. Ci ho messo nove ore. È un viaggio, te l'assicuro, che non dimenticherò. Puoi parlarne sul tuo blog per piacere? Mi piacerebbe sapere se al mondo girano a piede libero altri storditi come me».


giovedì 12 luglio 2012

Conversazioni surreali/1

Politically (un)correct
Mi piacerebbe inaugurare una rubrica intitolata "Conversazioni surreali", possibilmente con il vostro aiuto. Di seguito qualche esempio:
Lo scorso weekend ero a Capri per lavoro. Qualcuno dirà: c'è di peggio, per esempio lavorare. Appunto, stavo lavorando. Sì, vabbè. Comunque a Capri non c'ero mai stata prima e posso dirvi che è bella ma anche piena di gente assurda. Tipo una coppia di amiche sedute a pranzo al tavolo accanto al mio, una sulla cinquantina forse di origine tedesca, l'altra sulla settantina, lo sguardo vitreo e l'espressione fissa di chi ha fatto qualche lifting di troppo:
(Carampana 1) "Zai, mio marito quando andiamo a Parigi vuole ztare sempre a Champs Elysées. Sembra che a Parigi non ci sia nient'altro. Costa zacco di soldi ma ze non siamo a Champs Elysées lui piuttosto non parte".
(Carampana 2) "Eh, ma ha ragione. Parigi guarda si è molto molto rovinata. Se sbagli zona è la fine".
"Poi le parigine sono molto molto attente al veztire. Qui in Italia siamo più rilazzate, forse troppo".
"Oggi tanto vale non buttare tanti soldi per le firme. Le firme sono molto molto scadute. Meglio un abito originale, particolare".
"A trovarlo. Tu sei brava perché hai un tuo ztile molto molto... tuo".
"Sai, ho imparato a mie spese. Hai presente quel vestito maculato della Blumarine che avevo in spiaggia l'altro giorno. Sai che l'ho pagato 1280 euro. Una sera vado al circolo del Golf e c'era una che ce l'aveva addosso. Identico. E se quella sera l'avessi messo anch'io?
"Sarebbe ztato dizastro".
Per converso, l'altra settimana ho trascorso ore e ore in un ufficio di Equitalia - a più riprese - per cercare di farmi annullare una cartella esattoriale. Ogni volta mancava qualcosa. Alla fine l'impiegato allo sportello ha commesso un errore formale per cui, di fatto, ho avuto automaticamente ragione. Intendiamoci: io sapevo di avere ragione. Ma, per un verso o per l'altro, i documenti da me prodotti non bastavano mai. Non so se avete mai avuto esperienze in un posto simile - spero di no - ma è quanto di più simile a un girone dantesco io abbia mai conosciuto. Che poi per carità, la cifra da me dovuta (secondo loro) era "ridicola": 300 euro o giù di lì. E in fondo da Equitalia ci sono dovuta tornare solo tre volte (più una volta dai Vigili, e una volta in Prefettura). Ma ho visto gente messa molto peggio di me, come un signore disperato che a un certo punto ha sbottato: "Mi chiedete 70.000 euro. Ma se ho dovuto chiudere l'impresa, non ho i soldi per pagare i dipendenti né per mantenere la mia famiglia, mi spiega come faccio a darveli?"
(Impiegato dall'altra parte, con sorriso di plastica) "Mi dispiace signore, ma la cifra è questa. Però può rateizzarla".
"Posso rateizzarla in 300 anni?"
I bambini dal canto loro sono al mare in Liguria e se la passano benissimo, accuditi dai nonni e dalla tata. La Pupa cresce impudente e sfrontata, come è giusto che sia. L'altro giorno, in macchina diretti verso la spiaggia, di fronte alla tata:
"Mamma, ma lo sai che tu hai VENTUNO anni più della baby sitter?"
Il Pupo è l'adorabile porco che ormai avete imparato a conoscere. Con regolarità, tra i lindi ombrelloni blu dello stabilimento, si passa le mani in testa,  tra i biondi ricci salmastri e pieni di sabbia, poi prende a grattarsi furiosamente e declama entusiasta, a volume altissimo, con l'irresistibile esse sibilante: "Lo sai, mamma" (o "nonna", ndr), "dico, lo sai che mi sono tornati i pidocchi?". Ogni volta, anche in un'affollata domenica di luglio, all'improvviso attorno a lui si crea il vuoto.

Ps: Se volete contribuire alla mia raccolta di stralci di conversazione, ve ne sarò grata.

martedì 20 dicembre 2011

Riunione di redazione

Come vanno veramente le cose nei giornali
Non so quanti di voi leggano su Grazia la rubrica chiamata "riunione di redazione", in cui appunto si racconta cosa succede durante le riunioni. A noi di Gioia fa sorridere perché è altamente improbabile, senza nulla togliere ai cari colleghi che lavorano lì (alcuni li conosciamo personalmente e gli vogliamo anche bene). Ecco un sunto di quel che si dice da noi un mercoledì pomeriggio qualunque (in questo caso, l'ultimo).
(Collega S, l'unico maschio tra i giornalisti, rivolto a tre di noi casualmente vestite di nero): "Cominciamo la riunione con le vedove nere. Qui sembra di essere a Orgosolo"
(Collega E) "Comunque, in Shame Fassbender che interpreta il malato di sesso è un grande. Vedrete che intervista"
(Collega F) "Mi han detto che non è messo male lì sotto, vero? E soprattutto che in certe scene si vede tutto"
(Vicedir) "È molto magro e questo aiuta l'illusione ottica"
(Collega F) "È pure bassino, vero? Credo che anche questo conti"
(Collega E) "Che ne dite se portiamo qualche personaggio al cinema a vedere Shame, e gli chiediamo di commentarlo per noi? Tipo Pierfrancesco Favino, è uno che ha sempre cose interessanti da dire"
(Collega S) "E poi Favino è un nome perfetto, in un caso come questo"

(Collega G) "Questo non è un radiatore, questo è un soffione boracifero"

(Collega E) "E se ci portassimo uno come lo scrittore C, al cinema a vedere Shame?"
(Io) "Lo scrittore C tacchina la collega L da quando lei l'ha intervistato e, per salutarlo, gli ha dato un bacino sulla guancia. A quello gli è partito l'embolo e da allora non la molla"
(Collega L) "Vorrei mantenere l'amicizia con lo scrittore C possibilmente senza darla via"

(Direttore) "Si può sapere perché non abbiamo intervistato la Fornero quando ha pianto?"
(Collega S) "Sapete se per caso la Ferilli vuole adottare un figlio da sola?"
(Collega F) "Non sono propriamente la biografa della Ferilli"
(Collega I) "Nessuno vuole intervistare la povera Caprioli? La povera Caprioli sta finalmente prendendo spazio in Tutti pazzi per amore"
(Direttore) "Io sono impazzita per la serie tv Trono di spade. È quella fatta meglio".
(Collega I) "Sangue, elfi e sodomia a go go. Mio figlio di 11 anni ne ha viste due scene e si è messo a piangere"
(Direttore) "Però è fatta benissimo, ti dico"

(Collega F) "Come si chiama quell'attrice? Perché non mi ricordo mai le cose?"
(Collega I) "Perché hai il cervello troppo grosso. Secondo studi americani recenti, le cose rimbalzano contro le pareti del cervello"

(Io) "Allora lo intervistiamo Tiziano Ferro, oppure no?"
(Direttore) "Sì ma dopo che ha fatto Vanity Fair ci deve dire qualcosa di grosso, un vero scoop. Tipo che ha lasciato il suo compagno, o che è incinto".
(Collega I, leggendo un sms appena ricevuto) "Questi mi invitano da Giletti. Io in tv da Giletti non ci vado. Mando una controfigura, come Penelope Cruz che usa la sorella"

(Direttore, buttando l'occhio su un'email) "Mi scrive un lettore di Capo d'Orlando per farci i complimenti e per lamentarsi che nella sua edicola espongono male Gioia. Segnatevelo: mazzo di rose rosse al lettore di Capo d'Orlando"
(Vicedir) "Sempre meglio di quello che ci scriveva per chiederci se gli mandavamo le foto in alta risoluzione delle modelle in intimo o con gonne alte max 4 centimetri"
(Direttore) "Non gli abbiamo mai risposto, vero?"

(Collega F) "Secondo me il problema è che ultimamente in questa redazione ridiamo poco"

lunedì 7 novembre 2011

Ma come fa a far tutto?

Settimana in salita
In effetti il libro mi era piaciuto un sacco, mentre il film con Sarah Jessica Parker non l'ho ancora visto, e voi? Comunque, mai come in questi giorni mi sento affine alla protagonista - descrizione in sintesi: madre incasinata di due nani piccoli, donna si fa per dire in carriera, fatica bestiale a conciliare lavoro e famiglia. Venerdì 11.11.11 è il terzo compleanno del Pupo ed esattamente quel giorno io parto per un viaggio di lavoro irrimandabile a Londra, per tornare a Milano domenica mattina, in tempo per la sua festa che si terrà al pomeriggio.
In questo momento la madre di tutte le domande è: e se ci fosse qualche problema con l'aereo? Mi si affollano in testa scenari apocalittici, tipo
1. A causa di uno sciopero a singhiozzo dei controllori di volo riesco finalmente ad atterrare a Orio al Serio, dopo 6 scali, solo alle 21.40 di domenica sera. Mike Delfino non riesce a perdonarmi e non mi viene nemmeno a prendere. Vittima dei sensi di colpa, ricomincio a fumare, mi mangio le unghie fino all'osso e prendo in lacrime l'orrido e lentissimo shuttle che, a mezzanotte, mi ricondurrà finalmente a casa, dove nel frattempo Mike Delfino ha cambiato la serratura. Dormo in garage.
2. Non chiudo occhio per tutta la notte tra sabato e domenica per il terrore di non sentire la sveglia. Verso mattina, esausta, cado addormentata e in effetti non sento la sveglia. Perdo l'aereo. Vedi scenario 1.
3. L'aereo ha un guasto. Mentre precipitiamo, mi assale la fulminea ma schiacciante consapevolezza che la festa di mio figlio andrà comunque a carte quarantotto.
4. (Un po' meno grave) L'aereo è in ritardo ma riesco ad essere a casa per le 18. In aeroporto mi hanno perso il bagaglio con il classico orsetto Paddington, costosissimo regalo last minute per il Pupo che comunque non l'avrebbe degnato di uno sguardo. Mio figlio ha già soffiato sulle candeline, appena mi vede si mette a piangere. A Mike Delfino nel frattempo la situazione è sfuggita di mano: i bambini hanno spalmato tutti i muri di cioccolato, infilato muffins sotto i cuscini del divano e Didò nel bidet, alcuni minorenni bevono alcolici, altri succhiano con la cannuccia l'acqua della vasca dei pesci. Mia suocera, che per il lieto evento ha appositamente affrontato il lungo viaggio da Treviso, ha due sparachiodi al posto degli occhi e mi appiccica al muro appena entro. Nelle foto del compleanno, io non compaio.

A tutto ciò aggiungete che, in ordine sparso: a) mi si è rotta la macchina b) oggi c'è lo sciopero dei mezzi c) piove, governo ladro, non solo fuori ma anche in casa, da un lucernario d) ho dimenticato di dare da mangiare ai pesci e) i genitori dei compagni di classe di mia figlia faticano a darmi i 10 euro che, in qualità di rappresentante di classe, sto cercando di raccogliere per l'assicurazione infortuni f) devo ancora comprare i vaccini per l'antinfluenzale che i Pupi faranno domani g) Mike Delfino va ad Amsterdam e sta via tre giorni h) ieri sera ho visto un film dell'orrore, poi ho lasciato per sbaglio la luce accesa in una camera, poi mi sono convinta che la casa fosse infestata e ho coinvolto Mike Delfino in improbabili esplorazioni notturne in cerca di Poltergeist.
In questo momento, a ben pensarci, quel che più mi preoccupa sono i pesci.