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venerdì 14 giugno 2024

The Watchers - Loro ti guardano (2024)

Pur non andando tanto d'accordo col papino, mercoledì sono andata a vedere The Watchers - Loro ti guardano (The Watchers), diretto e co-sceneggiato da Ishana Night Shyamalan a partire dal romanzo omonimo di A.M. Shine.


Trama: Mina, ragazza dal passato tormentato, rimane bloccata all'interno di una foresta durante un viaggio in macchina. Mentre cerca una via d'uscita, incontra altre tre persone che tentano di sopravvivere senza incorrere nelle ire delle creature che, di notte, vagano tra gli alberi...


Leviamoci subito il dente. The Watchers, opera prima di una dei figli di M. Night Shyamalan, dalle pellicole di quest'ultimo ha preso la quantità di puttanate col botto che nascono dalla scelta di mescolare favola, horror e approfondimento psicologico universale. Quest'ultimo aspetto, fortunatamente, non si avverte troppo in The Watchers. Ishamalan non ha lo stesso presumin arrogante dello Shyabadà "impegnato" e, nonostante anche il suo film sia imperniato su persone incapaci di vivere un'esistenza piena e di affrontare i propri mostri, se non altro non sottovaluta il cervello dello spettatore reiterandogli più volte il concetto, neanche fosse lo studente più stupido del mondo. Purtroppo, in famiglia hanno il vizio di prendere creature del folklore e appiccicarci attorno con con lo sputo una storia che le rende ridicole, totalmente avulse dal contesto, e questo perché non curano i dettagli. Stephen King, per esempio, in uno dei suoi racconti brevi più terrificanti utilizzava un fauno in guisa di tagliaerbe, e giuro che non c'era nulla di ridicolo in questa scelta. Qui, senza fare spoiler, ci sono altre creature lontane dall'iconografia alla quale siamo abituati ad associarle, però ce ne sarebbero potute essere altre, perché il fatto che siano state scelte proprio loro, fra tutte, non è fondamentale ai fini della trama. Peggio ancora, la loro presenza non sconvolge né mette paura perché la sceneggiatura sembra scritta da un bambino che vuole far succedere determinate cose senza rispettare alcuna logica. Un paio di esempi che possono essere ricavati anche dal trailer: Mina arriva in questa fantomatica foresta dalla quale non si può uscire, ma lì dentro dovrebbe esserci mezza popolazione irlandese, visto che Google Maps la ritiene l'inevitabile zona di passaggio per andare da una grande città all'altra, invece ci sono solo tre persone (quattro, se contiamo quello che fa una brutta fine all'inizio). Insomma, non stiamo parlando di Aokigahara, dove la gente va apposta a suicidarsi. Le tre persone obbligano Mina a rifugiarsi in un bunker da cui non si può uscire di notte e dove bisogna seguire determinate regole, pena punizioni orribili, ma le regole vengono disattese dopo nemmeno 15 minuti di film e succede ben poco a chi trasgredisce, considerato che le creature potrebbero entrare lì dentro quando vogliono. Potrei continuare per righe e righe, tra dettagli apparentemente importantissimi, in quanto enfatizzati da dialoghi e inquadrature, che verranno dimenticati dopo pochissimo per non venire mai più ripresi, o la spiegazione su come sia finito un bunker in una foresta da cui non si può uscire né comunicare verso l'esterno, ma non sparo sulla croce rossa.
 

Pertanto, siccome il finale, grossomodo, salva il film in virtù di un simpatico twist shyamalano e un'apertura verso un'eventuale seguito che A.M. Shine pubblicherà a fine anno, è giusto anche parlare degli aspetti positivi di The Watchers, i quali riguardano essenzialmente gli aspetti tecnici della pellicola. Ishana usa bene la macchina da presa, soprattutto nelle sequenze iniziali o comunque il quelle ambientate all'interno del bosco; grazie all'ausilio dell'ottima fotografia di Eli Arenson, ci sono dei momenti in cui le ombre sembrano letteralmente muoversi e inghiottire i protagonisti lasciando loro solo un piccolo cerchio di luce a proteggerli, per non parlare dei colori vividi e caldi di tutto ciò che è "buono" o comunque salvifico. Molto suggestive anche le immagini dello specchio nel bunker, che dal trailer mi avevano fatto pensare a un altro genere di trama (probabilmente migliore di questa, ma non si può essere tutti Jordan Peele), e buono anche il montaggio, mentre ho patito parecchio la resa grafica delle creature, i soliti pupazzoni brutti in CGI a cui ricorre chi vuole buttare giù un mostrillo quanto più generico possibile. A tal proposito, tutti scomodano le grandi opere Shyamalane come Signs o The Village, mentre a me è sembrato che The Watchers avesse molti punti in comune con Wayward Pines, serie prodotta da Shyamalan padre che era partita molto bene per poi sgonfiarsi nel tempo. Il che mi porta a pensare che Ishana abbia tutte le carte in regola per realizzare opere di grande impatto visivo, ma dovrebbe tirare fuori un po' di coraggio ed affrancarsi dall'ombra di papà, onde intraprendere un percorso personale. Viceversa, il rischio è quello di continuare a sfornare opere belline ma superficiali come i protagonisti del film, i quali, nonostante i traumi raccontati nei dialoghi, hanno lo stesso spessore psicologico dei protagonisti di un qualsiasi reality, come quello che costituisce l'unica fonte di intrattenimento all'interno del bunker. Non scherzo se dico che mi interessava di più sapere chi sarebbe stata la coppia vincitrice della trasmissione, rispetto a se i personaggi sarebbero riusciti a salvarsi. Provaci ancora, Ishana. 


Di Dakota Fanning (Mina), Georgina Campbell (Ciara) e Olwen Fouéré (Madeline) ho già parlato ai rispettivi link.

Ishana Night Shyamalan è la regista e co-sceneggiatrice del film. Al suo primo lungometraggio, ha diretto anche episodi della serie Servant. Americana, anche produttrice, ha 24 anni.


John Lynch
interpreta Kilmartin. Inglese, ha partecipato a film come Hardware, Nel nome del padre, Sliding Doors, Boys from County Hell e a serie quali Le avventure del giovane Indiana Jones e The Terror. Anche sceneggiatore e produttore, ha 63 anni. 


Se The Watchers vi fosse piaciuto recuperate The Hole in the Ground, The Village e Signs. ENJOY! 

mercoledì 15 maggio 2024

La profezia del male (2024)

La sacra regola dice che qualunque horror esca al cinema vada visto, il che vale anche per pellicole poco pubblicizzate come La profezia del male (Tarot), diretto e sceneggiato dai registi Spenser Cohen e Anna Halberg a partire dal romanzo Horrorscope di Nicholas Adams, peraltro introvabile online se non a prezzi spropositati.


Trama: durante una festa di compleanno, dei ragazzi trovano un mazzo di tarocchi all'interno di una villa. Haley, esperta di oroscopi, decide quindi di leggere il futuro ad amici ed ex fidanzato, attirando su tutti quanti un'antica maledizione...


Dubito che qualcuno de los titolistas legga il mio blog ma, nel caso fosse così, sappiate che vi detesto come la Nicolodi detestava lo spirito del male in Paganini Horror. E il punto è proprio il male. Ma perché lo mettete persino nella minestra? Vi pareva brutto lasciare il titolo originale, Tarot, tanto adesso sono tornati di moda i tarocchi e avrebbero capito tutti l'argomento del film? E poi, profezia perché? Potevate scegliere parole come predizione, oroscopo, mazzo, tarocchi, e invece no. "Profezia", neanche il film avesse argomento divino, satanico, oppure la fine del mondo. Giuro, non vi capisco, spero che un giorno mi spiegherete quali arzigogolati ragionamenti di marketing stiano alla base di queste scelte. Nel frattempo, parliamo di La profezia del male. Un film banale quanto il titolo italiano che porta, il tipico horror per ragazzini dalla trama collaudata: i protagonisti incappano in una maledizione a caso per motivi risibili, seguono incidenti mortali che toccano, a turno, ognuno di loro, i sopravvissuti cominciano ad indagare per non fare la stessa fine (mettendo in mezzo l'inevitabile viaggio in macchina verso l'esperto inutile/dannoso), la maledizione viene affrontata e la conclusione può essere positiva o negativa, a seconda della bastardaggine degli sceneggiatori. Non so come sia il romanzo Horrorscope, da cui è tratto il film, ma La profezia del male ha l'enorme difetto di avere come sceneggiatori due paraculi, di conseguenza vanta uno dei finali più brutti di sempre e, di sicuro, il peggiore visto quest'anno. E' proprio di una stupidità al cubo, il "perché sì" all'ennesima potenza, e ha innervosito persino il mio compare Ale, solitamente molto più indulgente della sottoscritta. La cosa fa ancora più rabbia perché, nei limiti della sua natura di film derivativo, votato allo spavento facile e classificato PG-13, La profezia del male non è malfatto. I tarocchi mi affascinano da sempre e ci sta approcciarsi ad essi con un po' di "paura", soprattutto se non si conoscono o si è molto superstiziosi, quindi l'idea di un mazzo maledetto che dispensa morte per mano delle figure presenti sulle carte è interessante. Ed è anche divertente indovinare come moriranno i protagonisti. Il film sfrutta il concetto alla base di Final Destination, che vede il destino di ogni personaggio anticipato all'inizio (in questo caso, dall'oroscopo di Haley) e reiterato da tanti piccoli dettagli che richiamano la carta a loro legata, quindi lo spettatore può sbizzarrirsi a sua volta a fare previsioni. 


Per essere un PG-13, La profezia del male gode di un paio di omicidi particolarmente efferati (almeno sulla carta), una caratteristica che Spenser Cohen e Anna Halberg riescono con abilità a far percepire allo spettatore, spaventandolo senza mostrargli più di quanto consentito dal visto censura. Inoltre, ha dalla sua tanti aspetti tecnici che rendono molto piacevole la visione. I tarocchi, tanto per cominciare, sono dotati di una macabra eleganza che mi fa sperare, prima o poi, per una stampa anastatica del mazzo, e le figure che fuoriescono dalle carte mettono parecchia paura, soprattutto l'Appeso, la Papessa, il Mago e il Matto, probabilmente quello che più ha terrorizzato me; sul finale, purtroppo, l'ingerenza della CGI si fa evidente, ma un paio di creature sono ben interpretate da James Swanton (già apprezzato come Ash Man in Stopmotion, di cui parlerò prossimamente) e la sinergia tra le scenografie evocative, i bellissimi costumi e la regia a tratti interessante riescono a mitigare un po' questo difetto. Non saprei dire, invece, se gli interpreti sono insipidi o se si è trattato di un problema di doppiaggio non particolarmente curato. Jacob Batalon è insopportabile (o forse SPOILER è la mia convinzione che il suo personaggio se la sia cavata col barbatrucco del coinquilino solo perché ai giovani spettatori sarebbe dispiaciuto vedere morire l'amichetto di Spider-Man) e gli altri attori mi sono sembrati bellocci ma dimenticabili, in particolare la protagonista, ben poco carismatica. Per quanto mi riguarda, non è un film che rivedrei, né vi consiglierei di buttare via i soldi al cinema, soprattutto se avete superato l'età anagrafica del target della pellicola, ma ricordatevene quando verrà distribuito in streaming. Se non altro, fatemi sapere se il finale ha fatto schifo tanto a voi quanto a me!


Di Jacob Batalon (Paxton) e Olwen Fouéré (Alma Astryn) ho già parlato ai rispettivi link.

Spenser Cohen e Anna Halberg sono i registi e co-sceneggiatori della pellicola. Americani, sono al loro primo lungometraggio, ma hanno già collaborato insieme alla serie di podcast Classified. Entrambi produttori, la Halberg è anche attrice. 


Se La profezia del male vi fosse piaciuto recuperate la saga di Final Destination. ENJOY!





mercoledì 27 aprile 2022

The Northman (2022)

Siccome è miracolosamente uscito anche qui, sabato sono corsa a vedere The Northman, l'ultima fatica di Robert Eggers come regista e co-sceneggiatore.


Trama: un principe vichingo, ancora bambino, fugge al tentativo di omicidio da parte di suo zio e torna a cercarlo, da adulto, per riscuotere una sanguinosa vendetta...


Avevo letto le peggio cose di The Northman, anche scritte da persone fidate. Non so se è perché da Eggers ci si aspettava un delirio lisergico ancora peggiore, nel senso migliore, di The Lighthouse come terzo lungometraggio, oppure perché chi lo ha visto in lingua originale probabilmente non è riuscito a superare lo scoglionamento da dialoghi rimaneggiati, dopo le critiche, persino dallo stesso regista, che si è cosparso il capo di cenere (sì perché noi italiani, invece, con Anya Taylor Joy doppiata con l'accento da bagassa dell'est... vabbé. Vergogna. E vergogna anche ai sottotitolatori, ché poi mi tocca leggere Valalla invece che Valhalla e mi viene in mente "la palla di Lalla". Ma su!), eppure prima della visione mi sono comparsi sotto agli occhi solo commenti negativi. Il "problema" di The Northman, se di problema si può parlare, è che viene fatto passare per un blockbuster fruibile da chiunque, cosa che scontenta ovviamente la maggior parte degli spettatori casuali (ma al Bolluomo è piaciuto molto), e che è troppo "commerciale" per i cinèfili, i quali probabilmente sono morti dall'orrore di dover condividere una sala con gli utenti medi per godere dell'opera di un Autore che, fino a ieri, conoscevano solo loro. Da par mio, che fortunatamente cinèfila non sono, bensì una semplice appassionata di cinema, credo di aver lasciato il segno della bocca spalancata contro la mascherina, perché The Northman è davvero una meraviglia. Epico nel vero senso della parola, di quell'epica che si studia a scuola e che si scopre in tutta la sua crudezza e fantasiosità da soli, è tanto semplice nella sua struttura portante quanto ricco di tutto ciò che può rendere assolutamente avvincente la storia di un eroe antico: morte, tradimenti, riti di iniziazione, leggende, oggetti mitici, mostri, spiriti, superstizioni, sacrificio, divinità, odio, amore, peccati, sesso. L'"origin story" di una dinastia di re, l'ideale "primo libro" di un ciclo vichingo, segue le vicende di un principe rozzo e disperato che non può fare a meno di vivere per l'odio e la vendetta, tenuto d'occhio da messaggeri degli dèi che tessono le fila di un destino già scritto, al quale non ci si può sottrarre, pena l'ignominia perpetua o un'ancor più peggiore condanna di codardia.


E così, Amleth procede come un treno nella sua vendetta, ben lontano dall'intellettuale shakespeariano che porta un nome assai simile (Il co-sceneggiatore Sjón ha preso ispirazione dalle leggende narrate da Saxo Grammaticus, alle quali si era ispirato già Shakespeare per il suo Amleto), e noi spettatori non possiamo che plaudire al suo cammino, benché zeppo di deviazioni che avrebbero fatto storcere il naso alla Sposa, e chiudere un occhio schifato sulle pene sanguinarie inflitte a nemici talmente immorali da mettere i brividi (uno in particolare; se la maggior parte dei personaggi, Amleth compreso, è abbastanza monodimensionale, c'è qualcuno a cui invece viene regalato un monologo talmente feroce e ben recitato da mettere i brividi, oltre che qualche dubbio sulla bontà del cammino del protagonista). Chiudere un occhio, virgola, ché distogliere lo sguardo dalla bellezza della regia di Eggers sarebbe peccato mortale. Il regista confeziona violentissime scene di battaglia calibrate con perfezione millimetrica e l'ausilio di piani sequenza meravigliosi, ma a mio avviso questa è stata solo la punta dell'iceberg; ciò che mi ha davvero catturata sono le scene oniriche di battaglie e prove visionarie, il volo di una valchiria tremenda e bellissima allo stesso tempo, l'inquietante orrore di sacrifici umani colorati dalle tinte del fuoco ed eseguiti con mano "elegante" dalla particolare Olwen Fouéré, la bellezza di una natura lussureggiante ma per nulla amichevole, fatta di colline verdissime, boschi consacrati agli dei e mari salvifici e pericolosi in egual modo. In tutto questo, ovviamente, ci sono fior di attori. Nonostante il brevissimo metraggio di presenza, la Kidman è per The Northman che meriterebbe delle nomination, non per filmetti come Being the Ricardos, quanto a Alexander Skarsgård e Anya Taylor Joy, definirli dream couple di una bellezza esagerata non rende l'idea e nonostante la differenza di età sarebbero coppia da shippare anche nella vita vera; grandissime lodi anche a Claes Bang, affascinante sia quando fa Dracula che quando interpreta lo Scar versione vichinga, e complimentissimi sia a lui che a Skarsgård per la fisicata mostrata in quello che è già il duello finale migliore di sempre. Avrete capito che l'entusiasmo mi impedisce di scrivere qualcosa che vada oltre il "bello bello in modo assurdo", quindi non date retta alle malelingue menose e andate a vedere The Northman, AL CINEMA, per Odino, non aspettate lo streaming! Ce ne fossero di film "banali" e imperfetti così!


Del regista e co-sceneggiatore Robert Eggers ho già parlato QUIAlexander Skarsgård (Amleth), Nicole Kidman (Regina Gudrún), Ethan Hawke (Re Aurvandil Corvo di Guerra), Anya Taylor-Joy (Olga della Foresta di Betulle), Willem Dafoe (Heimir Il Folle), Olwen Fouéré (Áshildur Hofgythja), Ralph Ineson (Capitano Volodymyr) e Kate Dickie (Halldóra) li trovate invece ai rispettivi link.


Claes Bang interpreta Fjölnir il Senzafratello. Danese, ha partecipato a film come The Square, Millenium - Quello che non uccide e a serie quali Dracula. Ha 54 anni e un film in uscita. 


Björk
(vero nome Björk Guðmundsdóttir) interpreta la veggente. Cantante e compositrice islandese, la ricordo per film come Dancer in the Dark. Anche regista e sceneggiatrice, ha 56 anni. 


Ingvar Sigurdsson
, che interpreta lo stregone, era il protagonista di A White, White Day. Bill Skarsgård era stato scelto per il ruolo di Thorir, il fratello di Amleth, ma ha dovuto abbandonare il progetto dopo che la produzione è stata ritardata causa Covid. Ovviamente, se The Northman vi fosse piaciuto recuperate The VVitch e The Lighthouse. ENJOY!


mercoledì 23 febbraio 2022

Non aprite quella porta (2022)

Nonostante ne abbiano parlato cani e porci, ho deciso di scrivere anche io due (stupide e spoilerose, vi avverto) righe su Non aprite quella porta (Texas Chainsaw Massacre), diretto dal regista David Blue Garcia e disponibile su Netflix.


Trama: i giovanissimi investitori che hanno acquistato una cittadina del Texas per trasformarla in un paradiso commerciale si ritroveranno a dover affrontare un problema tanto imprevisto quanto mortale, ovvero Leatherface.


Non aprite quella porta
, frutto della collaborazione tra David Blue Garcia, Fede Alvarez e la Romania, è probabilmente il film "horror" più divertente che vi capiterà di vedere quest'anno, ma vi avviso: per approfittare come si deve dei suoi mille aspetti esilaranti, dovrete essere un po' brilli, altrimenti vi gireranno solo le palle. Diamo a Cesare quel che è di Cesare. Dal mero punto di vista dello splatter, Non aprite quella porta 2022 ve ne regalerà litri, così come abbondanza di morti violente particolarmente atroci, quasi tutte inflitte ai danni di persone non granché simpatiche, se non addirittura detestabili, e un'altro punto di forza del film è che è talmente breve e veloce nel suo andare subito al punto, che non avrete modo di annoiarvi. Se da un horror chiedete solo questo, non sarò assolutamente io a dissuadervi dal guardarlo, e potrei anche dirvi che Non aprite quella porta è perfetto per quanto possa esserlo qualsiasi altro dimenticabile horror realizzato in esclusiva per Netflix. Purtroppo, anche sotto l'effetto di Riesling e Don Zoilo, non sono proprio riuscita ad evitare di venire schiaffeggiata da quelle due o tre belinate in guisa di eclatanti esempi di pigrizia in fase di sceneggiatura, oltre che dalla smaccata voglia di scimmiottare (o magari volevano cavalcarne il successo? Non si capisce) il recente reboot di Halloween, tanto che spesso mi è parso di guardare quei "bei" film horror di serie Z zeppi di dialoghi imbecilli e cretinate assortite che tanto mi divertivo a recensire armata di blocchetto per gli appunti, oppure uno Sharknado. Da qui in poi sono SPOILER come se piovessero, io vi avverto!


Non aprite quella porta
2022 parte dall'idea di essere un reboot ma anche un sequel, e non lo dico io che della saga ho visto giusto un paio di film, ma proprio la sceneggiatura, che ambienta le vicende in un universo dove Sally, l'unica sopravvissuta alla mattanza anni '70, ha passato tutta la sua vita (come Laurie Strode! *wink wink*) a cercare Leatherface per accopparlo. Peccato che Leatherface, tutt'altro che interdetto, abbia pensato bene, per non farsi beccare, di rifugiarsi in un orfanotrofio e mescolarsi ai pargoli dell'istituto nonostante fosse un omone di, a spanne, direi almeno 20 anni oltre che 190 cm, facendola fessa per lunghi decenni pur abitando nella stessa città. Se già questo non vi pare un assunto idiota, parliamo di come gli sceneggiatori hanno scelto di spedire giovani vittime da Leatherface. Nell'anno del Signore 2022, un branco di fighètti della grande città (non se ne salva uno. Né il ragazzo di colore, né la ragazzetta traumatizzata da una sparatoria che si convince di essere predestinata alla morte, nemmeno avesse sbagliato film) decide di acquistare proprio "quella" cittadina del Texas per trasformarla in rinomato centro di shopping, divertimenti, raffinatezza, vita migliore. E per quali eventuali clienti, di grazia? Per lo zotico panzone che sta alla pompa di benzina e non vede il sapone da decenni o per lo zotico che si presenta come un celodurista di prim'ordine, tutto fucili automatici, The South Gonna Rise Again e cazzimma, e poi soccombe appena Leatherface gli tira un buffetto? Giustamente è troppo anche per Leatherface, che di fronte all'idea di avere sotto casa ristoranti poké, negozi bio e monopattini, sbrocca male come un vecchio improvvisamente privato dei cantieri.


Quanto a Sally, la povera Sally. Sally cammina per la strada senza nemmeno guardare per terra, e si vede belin, sono decenni che hai Leatherface attaccato alle chiappe e manco te accorgi. Però chi se ne frega, direte voi. Sally è una vecchia incazzata, pure lei non se lo fa menare, ha un fucile e lunghi capelli bianchi, la carogna sulle spalle allevata a odio e rancore, sai che bello scontro fra titani ne uscirà fuori? Invece no. Nell'anticlimax più grosso della storia del cinema recente, Old Man Leatherface (cit.) se la trova davanti e la guarda con ancora meno interesse di quanto ne avrei io per l'ultima trasmissione della D'Urso e giuro che lei avrebbe ogni possibilità di fare spallucce e andarsene. Purtroppo, la poveraccia non solo viene dileggiata dalla sua ragione di vita, ma anche vilipesa dagli sceneggiatori mostrando di valere, ai fini della trama e dell'eventuale salvezza di un paio di personaggi, quanto il due di coppe a briscola, con buona pace di chi sperava in qualcosa di più di una semplice, triste lista di citazioni. La raffinatezza del "saluto" finale di Leatherface allo spettatore e alla gentrificazione è l'ennesimo, esilarante chiodo nella bara di un film che probabilmente voleva anche essere un serio e rispettoso omaggio aggiornato al gusto odierno di un film che, ancora oggi, è mirabile esempio di terrore e disagio privo o quasi di sangue, ma che si è invece trasformato nella pellicola più esilarante dell'anno. D'altronde, l'immagine che segue poteva darci un'idea di quali "stimoli" avrebbe indotto la visione. 


Di Olwen Fouéré, che interpreta Sally Hardesty, ho già parlato QUI mentre Alice Krige, che interpreta Mrs. Mc, la trovate QUA.

David Blue Garcia è il regista della pellicola, al suo secondo lungometraggio. Americano, lavora principalmente come direttore della fotografia ma è anche sceneggiatore, produttore e attore. 


Elsie Fisher
interpreta Lila. Americana, ha partecipato a serie quali Medium e Castle Rock; come doppiatrice, ha lavorato in Cattivissimo me, Masha e Orso, Cattivissimo me 2 e La famiglia Addams. Ha 19 anni e due film in uscita. 


Non sono particolarmente esperta di Non aprite quella porta ma, a ragion di logica, questo dovrebbe essere un sequel diretto del primo film; se siete amanti della completezza avete da recuperare però anche Non aprite quella porta - Parte 2 , Non aprite quella porta - Parte 3, Non aprite quella porta IV (1994), Non aprite quella porta 3D (che dovrebbe essere un sequel-reboot del primo) e Leatherface, ai quali potete aggiungere il remake del 2003 Non aprite quella porta e il suo prequel Non aprite quella porta: L'inizio (2006). ENJOY!

domenica 24 maggio 2020

Sea Fever (2019)

Nel bel mezzo della pandemia, quando a differenza di molti ho avuto la (s)fortuna di continuare a lavorare, ho chiesto a Lucia quali horror guardare assolutamente tra quelli che escono non dico quotidianamente ma quasi e lei mi ha fatto il nome di Sea Fever, diretto nel 2019 dalla regista Neasa Hardiman.


Trama: una biologa marina sale a bordo di un peschereccio e nel corso della battuta di pesca si imbatte in una creatura marina sconosciuta e pericolosa, che nel giro di breve tempo infetta l'equipaggio...


La sea fever è l'equivalente marino della cabin fever, ovviamente declinata all'interno di un luogo ancora più scomodo e pericoloso, circondato da mare profondo, dove non si fa fatica a capire come la gente possa dare di matto per l'ansia, le privazioni e la claustrofobia. Bella ligure, che sono, eh? Comunque, nel caso del film di Neasa Hardiman "sea fever" ha anche un significato più letterale, è una febbre che colpisce l'equipaggio di una nave dopo l'incontro con un gigantesco animale sconosciuto i cui tentacoli secernono un liquido non solo pericoloso per la struttura delle navi ma anche e soprattutto per gli umani, che si ritrovano a fare da incubatrici per piccole, inquietanti bestiole. L'equipaggio di pescatori, spinti dal bisogno di lavoro verso una zona interdetta al traffico marino ma comunque ricca di pesce, si ritrovano in balìa tra l'istinto di sopravvivenza e il desiderio di mantenere l'attività, ed è la biologa marina Siobhan ad introdurre una terza, importantissima variante, ovvero la necessità di preservare la comunità da un'infezione mortale e potenzialmente inarrestabile, anche a costo di sacrificare poche persone. I risultati di queste interazioni non saranno scontati come accade nella maggior parte degli horror a tema "pandemico", perché a differenza di molti altri film dove i personaggi idioti "vanno in cantina anche se sanno che la casa è infestata (cit.)" qui abbiamo una protagonista che incarna il lume della ragione, sicuramente scomoda, sicuramente in contrasto con qualunque sentimento e rimpianto umano, talvolta persino così "sfacciata" da considerare l'animale sconosciuto come un organismo che merita di esistere tanto quanto noi, eppure sempre pronta ad offrire soluzioni concrete e potenzialmente utili, per quanto alla fine poco efficaci. Il risultato è dunque una trama avvincente, zeppa di tutti gli elementi che rendono efficace un film a tema pandemico-claustrofobico, e anche originale, per quanto possibile.


Il climax del film viene raggiunto più o meno a metà della sua durata, quando si concentrano anche gli elementi gore e i momenti in cui la paranoia si fa violenta e insinuante, dopodiché l'ottima costruzione dei personaggi che troviamo nella prima parte va un po' a farsi friggere in un prefinale a mio avviso sbrigativo (Freya? Boh.), che fortunatamente lascia il posto a un finale d'impatto, molto bello sia a livello di sceneggiatura che di regia. C'è da dire che io sono molto parziale quando si parla di Irlanda e mi è bastato godermi l'accento utilizzato dai bravissimi attori, tutti perfetti per i ruoli che sono stati loro assegnati, a partire dalla bellissima Hermione Corfield, "rossa portasfortuna" in grado di incarnare un personaggio allo stesso tempo fragile e deciso, costretto ad accollarsi soluzioni scomode e ad affrontare la diffidenza degli altri compagni di sventura senza mai indietreggiare di un passo; tra i comprimari, spiccano l'interessante Olwen Fouéré, che avrei voluto onestamente vedere molto di più sullo schermo, e la coppia "rude" e malinconica formata da Connie Nielsen e Dougray Scott ma in generale ho apprezzato tutto il cast, senza distinzioni. Se vi piace il genere, Sea Fever non vi deluderà, anche se forse neppure questo è un film molto adatto alla paranoia da Covid-19.


Di Connie Nielsen (Freya) e Dougray Scott (Gerard) ho già parlato ai rispettivi link.

Neasa Hardiman è la regista della pellicola. Irlandese, ha diretto episodi della serie Jessica Jones ed è anche produttrice e sceneggiatrice.


Hermione Corfield interpreta Siobhan. Inglese, ha partecipato a film come Mission: Impossible - Rogue Nation, PPZ: Pride and Prejudice and Zombies, King Arthur: Il potere della spada, Star Wars - Gli ultimi Jedi e Slaughterhouse Rulez. Ha 27 anni.


Olwen Fouéré interpreta Ciara. Irlandese, ha partecipato a film come This Must Be the Place, Mandy e Animali fantastici: I crimini di Grindelwald.


Se Sea Fever vi fosse piaciuto recuperate La cosa e Alien. ENJOY!

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