Incipit: "Beth Hamishpath" - la Corte! Queste parole che l'usciere grida a voce spiegata ci fanno balzare in piedi giacché annunziano l'ingresso dei tre giudici: a capo scoperto, in toga nera, essi entrano infatti da una porta laterale per prendere posto in cima al palco eretto nell'aula. Ai due capi del lungo tavolo, che presto si coprirà di innumerevoli volumi e di oltre millecinquecento documenti, stanno gli stenografi. Subito sotto i giudici c'è il banco degli interpreti, la cui opera è necessaria per i dialoghi diretti tra l'imputato (o il suo difensore) e la Corte; per il resto, sia la difesa sia la maggior parte degli stranieri seguono il dibattimento, che si svolge in lingua ebraica, ascoltando con la cuffia la traduzione simultanea, che è ottima in francese, passabile in inglese, e veramente pessima e spesso incomprensibile in tedesco.
Questo è un post inevitabilmente lungo e impegnativo da leggere. Per me è un'esperienza di approfondimento e consolidamento dei contenuti del libro, per chi vorrà leggere forse un'occasione di riflessione su una delle pagine più tragiche e brutali della Storia.
Mi sono accostata a questo saggio con la ferma intenzione di colmare una lacuna: non conoscevo nei particolari uno dei più importanti eventi storici, il processo tenutosi a Gerusalemme nel 1961 a carico di un esponente importante del nazismo, Adolf Eichmann.