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venerdì 22 febbraio 2013

Sei madre abbastanza?

Se puoi, ti prego, torna con la luce
Anche se lavora fuori casa, l’italiana media svolge mansioni domestiche 80 minuti al giorno più del proprio partner: lo dice una ricerca dell'Università Bocconi, e in ogni caso sono questioni su cui ultimamente siamo chiamate a riflettere molto. «Una bella ora e 20 di frenetico sciacquare, riordinare, rassettare, prima o dopo aver dato il proprio contributo al Pil», scrive la mia collega Silvia Orlandini su Gioia: «sulle spalle delle donne, occupate o no, grava il 75 per cento del lavoro domestico, inteso come cura della casa, dei bambini e degli anziani». E solo la settimana scorsa, sempre per il mio giornale, ho intervistato Loredana Lipperini, che in questi giorni ha pubblicato Di mamme ce n'è più d'una (Feltrinelli). Leggetelo.



Il problema è che in Italia, negli anni Dieci del terzo millennio, se sei donna "devi" essere madre. Questo pensa la gente. E, soprattutto, devi esserlo bene. Il che accade anche all'estero, a dir la verità: la copertina di Time che vedete qui sopra è stata pubblicata nel maggio 2012 e ritrae una donna vera, una madre (intendo dire che non è una modella, anche se lo sembra) che allatta suo figlio di quasi quattro anni. Condizione essenziale, come spiega lei stessa, «per farlo crescere sereno». Tornando a noi, e alla ricerca dell’Università Bocconi, addirittura l’81,4 per cento degli intervistati è convinto che un bambino in età prescolare soffra se la mamma lavora. Come si spiega che invece, nell’Unione europea, questa percentuale scenda al 55,6 per cento? Il "trucco" forse sta nel cominciare con il piede giusto (cioè sbagliato): «In Italia le donne sono il 60 per cento degli studenti universitari, ma il 22 per cento decide di non iniziare nemmeno un percorso professionale», mi ha spiegato la Lipperini alzando un sopracciglio mentre addentava un rombo in crosta, un sabato a pranzo.
Durante il Festival di Sanremo, pochi giorni dopo Ho incontrato due mamme blogger che conoscevo già e che, vedendomi, mi hanno chiesto: «E con i bambini come fai?». «Esattamente come fate voi», ho risposto. Ma la domanda mi ha colpito moltissimo: a un padre in trasferta, nessuno si sognerebbe di porla.
Mentre i dati mi scivolano davanti agli occhi Al solito, mi si ribadisce che in Svezia e in Norvegia si sta molto meglio. Riviste e ricerche mi invitano a riflettere: la condivisione - la parità - passa anche dall'affidare il biberon per nutrire il Pupo al maschio (adulto) di casa; dal mettergli in mano una scopa e uno straccio, almeno ogni tanto. Conosco però almeno un blog, che non citerò, in cui resiste e s'amplifica il mito della moglie-mamma-geisha, eroica, insostituibile, che accoglie ogni sera il ritorno del guerriero stanco con un grande sorriso, il trucco rifatto, la cena servita, in grembiule e giarrettiera, «perché i maschi si sa, poveretti, e poi in fondo bisogna capirli». È un blog seguitissimo.
Mi chiedo sempre più spesso Quanto sia colpa anche nostra, anche mia. I pensieri s'intrecciano. Il Pupo ha 40 di febbre per la tonsillite, delira, alle due e mezza di notte si sveglia e chiede con voce cristallina: «Bisogna studiale molti anni pel diventale pompiele?». Normalmente adora la compagnia di suo padre, negli ultimi giorni invece cerca sempre me, mi chiama mammina, mi telefona al lavoro solo per mandarmi dei baci. Mi dice: «Sei bella, hai la pelle come di plimavela». Sono insonne da giorni, esausta. Assecondo stregata le sue richieste da donna incinta: «Puoi andale al supelmelcato a complalmi il cocco?». Sono le sette di sera e sono ancora in ufficio, a mescolare i sensi di colpa al sollievo per aver finito un lavoro importante. Mio figlio stamattina mi ha detto: «Se puoi, ti plego, tolna quando fuoli c'è ancola la luce». Oggi non ce l'ho fatta. A suo papà, del resto, non l'ha nemmeno chiesto.


lunedì 27 giugno 2011

L'estate sta iniziando

E così abbiamo affittato una "baracchina"
Siamo stati una settimana a Follonica, in una casina piccina picciò direttamente sulla spiaggia. Genere da evitare se siete sabbia-fobici, ma ideale se amate le stelle e la ninna nanna delle onde del mare. In un posto così i bambini, ovviamente, sbiellano dalla felicità.
La routine famigliare è sempre la stessa. Si comincia con la sveglia del Pupo, tutte le mattine alle 7, con lo stesso vocino-vocione che avete sentito nell'audio del post precedente: "Mi sono svegliatoooo!".
3 secondi dopo, imperioso: "Scéndereeee!". 6 secondi dopo, se nessuno si presenta al suo cospetto, a 130 decibel: "Mi sono magnato i pantaloni!" ("Magnato" sta per bagnato. Sappiate che non è mai vero. È la classica balla del Pupo per attirare l'attenzione).
9 secondi dopo, in ginocchio da lui, che ha ogni volta l'aria sorpresa come se non mi avesse mai visto prima: "Aaaah! Ciao, mamma. Posso andare a giocare con la sabbia?".
Alcuni numeri della settimana
1 il dentino perso dalla Pupa (era il primo). 2 gli euro arrivati in dono dalla Fatina dei denti (1 ce l'ho messo io, 1 Mike Delfino che non ha resistito alla tentazione di fare il raddoppio).
900 grammi l'aumento di peso della Pupa (misurata prima e dopo - in effetti mi sembrava mangiasse come un vitello, nonostante il dente, etc)
500 grammi l'aumento di peso del Pupo (già un toro di suo)
almeno 50 le mappine tirate senza motivo dal Pupo alla Pupa (che sta lì a prenderle perché è troppo buona)
4 i pisolini pomeridiani miei
5 le volte che sono andata a correre
26 circa i bagni in mare
5 i libri letti (tutti thriller/noir, uno più bello dell'altro)
21 (considerando una media di 3 al giorno) le volte che ho spazzato il pavimento
8 i gettoni delle macchinine acquistati per i Pupi
2 i barattoli di Nutella (grandi) spazzolati.
Un piccolo ricordo della mia nonna
Di mia nonna pugliese forse vi ho parlato in un post in cui vi raccontavo della parola "aggigghio" (una sorta di follia improvvisa che colpisce a volte i miei figli e non solo loro, sospetto) e di altri pittoreschi epiteti che usava rivolgerci.
La nonna era del 1913; è morta nel 2004, di Alzheimer, dopo anni di doloroso tormento suo e nostro. L'aspetto folcloristico era che col passare del tempo e con la perdita dei freni inibitori i suoi insulti si facevano via via più vivaci, inaspettati e gratuiti. Le passavi davanti e lei all'improvviso ti urlava "Carnevale!" (giullare, buffone) oppure "Svituprato!" (senza spina dorsale), "Va à scàzze le rìzze c'ù cùle" (vai a schiacciare i ricci di mare col sedere), "Lampasciuni!" (bambascione) e, da ultimo, un bel Vaffangule.
Poi si fissava con alcune persone, senza motivo. Una mia amica, Leonora (che lei insisteva a chiamare "Leonice") era "la figlia della fattucchiera". Un altro amico, Stefano detto Jimmy, "un barbone che vive nelle scatole dietro la Stazione Centrale".
A raccontarlo oggi fa ridere. In effetti riuscivamo a riderne anche allora.
Negli ultimi anni, d'estate, durante il giorno portavamo la nonna in un hospice per anziani dove abbiamo la nostra casa in Liguria. La lasciavamo lì al mattino - come all'asilo - e la riprendevamo al pomeriggio, tornati dalla spiaggia che lei non sopportava più. Villa Rosa, così si chiama, è un bel posto e mia nonna aveva pure un corteggiatore. Un altro signore, in Alzheimer come lei, con cui passava ore a girare in tondo in giardino, a braccetto. Erano molto teneri, tutti e due eleganti e ben pettinati e completamente fuori di testa.
Un giorno andiamo a prenderla e la troviamo senza dentiera. Tipico suo: amava togliersela e tenersela in mano. So che alcuni diranno "bleah" ma vi assicuro che questo è uno dei risvolti meno schifosi dell'Alzheimer. Così andiamo a casa, lei con la dentiera stretta tra le nocche. Insistiamo un po' perché la molli e la rimetta in bocca, altrimenti come farà a cenare? Lei resiste più del solito (immaginatevi i capricci di un bambino). Proviamo a metterle la dentiera. Non entra. Non calza. Accidenti, com'è possibile?
Mistero svelato la mattina dopo: era del suo corteggiatore. Era un pegno d'amore. C'è chi si scambia gli anelli e chi le dentiere. Abbiamo riso molto, e anche un po' pianto. Ci penso tutte le volte che, come ieri sera tornando dalla Liguria dove ho lasciato i Pupi, passo davanti a Villa Rosa.


martedì 4 maggio 2010

Garbati "vaff"

E ora qualcosa di completamente diverso

A grande richiesta, un post sui "vaff" e sui !*§&%$!! che vorremmo tirare a chi, per un motivo o per l'altro, infastidisce noi mamme.

"Vaff" a...
* Gisele Bundchen, a detta sua tornata più magra di prima a soli quattro mesi dal parto, sostiene di non aver provato grandi dolori durante il travaglio perché... troppo emozionata all'idea di vedere suo figlio. A nostra parziale consolazione: Gisele sarà anche in forma smagliante ma, come mostrano chiaramente le foto di Vanity Fair che l'ha intervistata, è pure un po'... smagliata. Ahahahah!
* Mariastella Gelmini, che dopo aver dato seri scossoni al sistema-scuola ora tenta di distruggere l'autostima delle donne comuni sostenendo che ogni mamma, come lei, dovrebbe tornare al lavoro a pochi giorni dal parto. Non accanitevi contro di lei perché ci penserà la sorte a punirla, come mostra la storia di... (vedi sotto)
* ... Rachida Dati, ex ministra francese poi caduta in disgrazia. Destò scalpore, poco più di un anno fa, per esser tornata in Parlamento a cinque giorni dalla nascita della Pupa (e dal cesareo), per giunta indossando un tacco 5.
* La mitica Elisabettona Gregoraci, invero già colpita dal fato: pur avendo messo al mondo il delfino di Briatore, è bella gonfia come tutte le neomamme.
* Briatore medesimo, che sei anni fa ha avuto una bimba da Heidi Klum e non ha voluto saperne nulla. Per fortuna, Heidi Klum è una tipa in gamba e ha poi sposato un uomo-roccia come Seal, ora papà a tutti gli effetti della piccola. A proposito di facce di gesso: a voi, negli ultimi mesi, non facevano uno strano effetto le interviste a Briatore che diceva "Sarò un padre fantastico"? Briatore, ma !*§&%$!!
* Tutti quelli che ti chiedono "Come va" e poi, quando gli riassumi in 2 parole il tuo fine settimana tra congiuntivite, febbre, cacca ecc. ecc., ti guardano con sufficienza e poi dicono "Eh cara, ci siamo passati tutti". Ma allora cosa me lo domandi a fare?
* Quelli senza figli che se per avventura ti capita di dirgli che sei stanco rispondono: "Ah, guarda, non ho dormito nulla neanch'io; sai, ho fatto le cinque l'altra sera e avevo bevuto un po' troppo"
* Quelli (con o senza figli) che passano il tempo a dirti: "Ti limiti troppo, è il bambino che deve adattarsi alle tue esigenze e non tu alle sue; non esci più... dovresti dedicare del tempo a te stessa"
* Le colleghe che ti rubano la scrivania e quando rientri ti dicono "Se ti interessava tanto il tuo ruolo dovevi portarti il pc in maternità". Certo, e magari lo tenevo anche in equilibrio sulla testa mentre con una mano cambiavo il bambino, con l'altra reggevo la tetta mentre lo allattavo e, per ritrovare la linea perduta, saltellavo la corda canticchiando spensierata dopo una nottataccia di sveglie continue tra rigurgiti e pianti strazianti
* Quelli che per strada non si fanno i fatti loro, come la sconosciuta senza il minimo tatto che ti suggerisce di mettere alla bambina una cuffietta per tenere le orecchie a posto e vuole spingerti subito all'interno di un negozio di ortopedia
* Chi non capisce che un bimbo può anche essere stanco e si stupisce se piange quando lo prende in braccio e ce lo vuol tenere per forza; chi non si fa più sentire e non ti invita più perché "tanto col pargolo non puoi uscire"; chi è convinto che "allora se dorme la notte per te è una passeggiata"; e anche a chi dice "Ah bene, ora è tranquillo, ma fa sempre in tempo a cambiare: vedrai che con i dentini avrai problemi".

Grazie a tutte le collaboratrici: Didò, Marina, Micol, Typing Mummy, Francesca, Jane, C., Claudia, Chiara & le altre... e vi prego, andate avanti, perché mi diverto un sacco. Tra l'altro trovo che questo blog sia frequentato da persone molto intelligenti e con un grande senso dell'umorismo. Ve l'avevo già detto?

martedì 23 marzo 2010

Competizione tra mamme


C'è che le altre mi sembrano tutte perfette, e io ho gli adesivi dei Cuties nei capelli

Giorni fa ho letto un post della mia amica Wonderland che mi ha fatto molto ridere e al tempo stesso ho trovato inquietante per via di una coincidenza: raccontava di un colloquio di lavoro importante a cui si è presentata con un adesivo blu, o qualcosa di simile - non ricordo esattamente perché i miei neuroni ultimamente son come omogeneizzati col Bimby - incastrato nei capelli, e non se n'è resa conto che alla fine del colloquio. Ecco a me è successo lo stesso: intervistavo la moglie perfetta di un chirurgo plastico nell'ambito di un'inchiesta che sto facendo per il giornale per cui lavoro, e tornata a casa mi sono resa conto che io, nei capelli, avevo un adesivo dei Cuties. Sapete quei personaggetti della Walt Disney che costano una fucilata (due euro e cinquanta l'uno) e vengono in bustine verdi del tutto anonime per renderne impossibile il riconoscimento a priori? I Cuties sono una collezione demenziale. Saranno nove personaggetti in tutto, alti un centimetro e mezzo, prodotti in Cina a 0,001 centesimi e per trovarli tutti e nove devi comprarne quaranta. Nella mia esperienza la rarity è Paperina. O meglio la nipotina di Paperina, viste le dimensioni. L'abbiamo inseguita per settimane, avevamo sei Gastoni, otto Topolini, quattro Paperoni, e finalmente ieri l'abbiamo trovata. Nel frattempo per sostenere le spese ho fatto la cessione del quinto dello stipendio. C'è chi sottoscrive un finanziamento per l'auto, per la casa, per le vacanze: ecco io l'ho fatto per i Cuties. Me li sogno pure di notte, che venga un raffreddore forte al porco che se li è inventati.
I Cuties sono l'equivalente bambinesco della competizione tra mamme. Se non hai i Cuties all'asilo non sei nessuno. Le pupe altolocate per spocchia nemmeno se li scambiano come facevamo noi con le figurine: se cedi un Cuties per averne in cambio uno mancante significa che non hai i soldi, il che nell'asilo del centro città che frequenta la Pupa è un marchio d'infamia.
Comunque sempre meglio che confrontarsi con le altre donne sui vestiti, le borse e in generale i denari. Io vado in giro con le pezze al sedere, anzi peggio: oggi tornata a casa mi sono accorta che avevo i pantaloni squarciati, venti centimetri sotto il cavallo. E sono pure stata ai giardinetti con la Pupa in mezzo a una mandria di diavolesse vestite Prada. Le mamme quando si confrontano tra loro tirano fuori il peggio: se gli uomini combattono a colpi di Suv, esse ostentano messe in piega da urlo, accessori che costano quanto la rata mensile del mio mutuo, appartamenti la cui distanza dal Duomo di Milano si misura in centimetri e non in chilometri. Per noi trasferiti nella periferica casa-cantiere è ogni volta una dura botta.
Io nell'arena nemmeno scendo. Sto sempre seduta in prestito sull'angolo della panchina, o in piedi a fissare la Pupa cercando telepaticamente di trasmetterle il messaggio che dobbiamo andare a casa. Il peggio del peggio è la competizione sulle tate. Il gioco funziona così: vince chi ne ha di più. Semplice e implacabile. Scatole cinesi di tate: c'è quella del mattino "che fa solo le pulizie", la peruviana "perché i pupi devono imparare lo spagnolo", la au pair italo-tedesca "che è come una sorella maggiore" (ma intanto costa il suo giusto), la baby sitter serale, quella che li accompagna a nuoto. Ogni tata ha il suo ruolo.
Non so come facciano. O spendono quattromila euro al mese, o le pagano cinquanta centesimi all'ora.
Ragazze che leggete, vedete la manina rosa? Vi invito a commentare. Il tema, nel caso anche i vostri neuroni fossero nel Bimby, è proprio questo: competizione tra mamme. I commenti più divertenti vincono un botto di pannolini (vedi post precedente).
P.S. In molte mi avete chiesto di avere Quaquerello. Mi sto dando da fare per recuperarne qualche esemplare. Se li trovo attiverò un concorso parallelo e le vincitrici lo riceveranno a casa. Ma ora... scatenatevi sul tema!

giovedì 4 marzo 2010

L'ostinata persistenza del raspeghino in gola

Non sono scomparsa, è solo che
Sto finendo questo libro, e il resto purtroppo non esiste. Credo che i Pupi se potessero mi licenzierebbero. Per sovrannumero in questi giorni Mike Delfino è ad Amsterdam e quella che qualcuno chiamerebbe «gestione familiare» è in equilibrio piùcheprecario. Volevo solo raccontarvi una cosa: oggi al lavoro una collega giovane e single ha detto a me e un'altra mamma che insomma, forse, secondo lei, magari,

chi ha figli non dovrebbe fare il nostro lavoro

Le ho detto: e quindi le redazioni dovrebbero essere fatte da single e poi, mano a mano che ai giornalisti eventualmente capitasse, per accidente della sorte, di innamorarsi e fors'anche di riprodursi, dovrebbero di propria iniziativa dimettersi?
Lasciami indovinare: soprattutto se donne?
Lei mi ha risposto che nella vita a volte è questione di scelte. Mi è venuta in mente la Concita De Gregorio che se non mi sbaglio dirige un giornale e di figli ne ha avuti una batteria (oltre ad aver scritto uno dei più bei libri in circolazione sull'argomento). Stavo per citargliela poi ho pensato di lasciare perdere anche perché sono molto stanca e non ho voglia di dibattito. Certo è che tornando a casa ci ho rimuginato tanto sopra, poi mi sono messa a pensare a come sarebbero i giornali senza mamme (non solo i giornali femminili, eh), poi a come sarebbero in generale i posti di lavoro senza mamme, e ancora più in generale il mondo senza mamme.
Ora senza voler fare nessuna stupida retorica della maternità aggiungo solo che sono passate già diverse ore e mi è rimasto come un raspeghino in gola che proprio non riesco a mandar via. Coincidenza bizzarra perché su Gioia questa settimana ho proprio scritto un articolo sul «mobbing rosa» e tutto sommato oh, come è vero che in tanti casi sono proprio le donne, a odiare le donne.

lunedì 14 dicembre 2009

Mamme e papà crescono

Noi genitori siamo sottoposti a stimoli continui
Si sente dire che i bambini di oggi sono sottoposti a stimoli continui. Ma secondo me a volte i più bombardati siamo noi genitori. Questo mese di dicembre è una vera corsa a ostacoli, per svariati motivi.
1. I bambini alternano malattie a rotazione. La Pupa è curiosamente astenica, soprattutto nei giorni feriali; pallida, lamenta "brividi alle braccia" e "male al centro della lingua" la mattina prima di uscire di casa, e continua a ripetere che tornerebbe a letto volentieri. Il Pupo, ancora incapace di strategie tanto elaborate, si è fatto venire (davvero) la congiuntivite e ha gli occhi cisposi da vecchio. Del resto già prima sembrava un anziano, per via del modo di camminare, gambe traballone e braccia rigide, e di un certo cardigan a scacchi acquistato da me e da suo padre col 70 percento di sconto da H&M's.
2. La Pupa conia vocaboli nuovi, non sempre di immediata comprensione. Io non glieli correggo perché mi fanno tenerezza e perché capire quel che dice è un esercizio di prevenzione dell'Alzheimer, più efficace delle parole crociate senza schema della Settimana Enigmistica. L'ultimo termine in ordine di apparizione è stato "sterodàzzilo", termine un po' criptico che diventa però limpido appena contestualizzato in mezzo agli amici brontosauri. Il Pupo, per converso, non dice niente. Chiama tutti "mamma", compreso Mike Delfino, le due tate ed Emilio, l'uomo tuttofare della casa-cantiere.
3. Nella casa-cantiere abbiamo trascorso parte della domenica pomeriggio dedicandoci a un laboratorio di decorazioni di Natale. Una di quelle cose che non avrei mai fatto se non avessi avuto figli. Nella stanza in cui ci siamo riuniti c'era un nugolo di bambini vocianti, tutti intenti a spalmarsi vinavil tra i capelli, a farsi male con le forbici a punta tonda e a infrangere sotto i piedi delicate palline di plastica trasparente. Un discreto casino, e a un certo punto Mike Delfino mi ha lasciato anche il Pupo, il più piccolo del gruppo, che ha deflagrato come una bomba atomica. Tra le sue attività del pomeriggio: buttarsi oltre lo schienale di un divano credendo che dall'altra parte ci fosse un altro divano (falso), tentare di infilare alberelli glitter delle dimensioni di un centimetro nello scarico del bidet (parzialmente riuscito), mangiare palline di polistirolo (fermato a un pelo dall'ingestione), leccare colla Pritt come fosse burro cacao (missione compiuta). Un massacro, anche se alla fine le decorazioni son venute bene. Alla fine del pomeriggio ho desiderato infilare per qualche istante la testa nel water per rinfrescarmi un po'.

domenica 25 ottobre 2009

Prima di avere figli

Una volta, a Londra, nella mia vita precedente

Non ve l'ho mai detto, ma nella mia vita precedente mi è capitato di frequentare delle rockstar. Dieci anni fa uno di loro mi ospitava a Londra, e una sera mi ha portato in con sé in un locale semibuio di Chelsea. Niente di trasgressivo, anzi: i presenti sedevano tutti attorno a un tavolo con l'aria depressa, sorseggiando roba triste come succhi di mango o ananas. All'epoca i "rehab" per la disintossicazione non erano tanto di moda, ma gli Alcolisti Anonimi esistevano eccome: il mio amico ne faceva parte, ed ecco perché siamo finiti lì.
Il mio amico mi ha presentato il tizio che mi sedeva accanto. "Paola, Nick. Nick, this is Paola", "Nice to meet you", eccetera. Dopo i convenevoli il tizio se ne è rimasto lì in un angolo, pallido e ingobbito, a biascicare frasi di circostanza a voce bassa. E io nella penombra a pensare che era orribilmente noioso, e a pregare che arrivasse qualcuno a salvarmi, finché il mio amico, quello che mi ospitava, mi ha chiesto: "Ma Paola, Nick è famoso anche da voi in Italia?" e in quel momento, folgorazione, mi sono data dell'idiota. Gli ho parlato per un'ora e non ho capito che era Nick Cave.

In tutti questi anni mi è capitato di ripensare, ridendo, alla mia stoltezza. Poi l'altra mattina ho incontrato di nuovo Nick Cave, che non vedevo da allora. Era di passaggio a Milano per un concerto e un reading, e l'ho intervistato per tre quarti d'ora nelle viscere ovattate di un hotel di lusso. Ha scritto un libro molto bello (La morte di Bunny Munro), e abbiamo parlato a lungo di quello, e poi dei bambini - il protagonista del suo romanzo ha 9 anni - e poi anche dei figli, miei e suoi. Proprio quella mattina, la Pupa mi aveva dipinto le mani di stelle, cuori e soli color fuzzia. "Those homemade tattoos are very nice", mi ha detto Nick. L'ho ringraziato da parte della Pupa, poi tra me e me ho considerato che avevo cambiato idea su di lui, e che non è orribilmente noioso, anzi. Ho considerato anche che le cose in un locale semibuio di Chelsea sembrano diverse da quello che sono in realtà, e poi che avere dei bambini ti cambia la prospettiva; io per esempio a volte provo nostalgia per quei tristi succhi di mango e per ciò che rappresentavano, e chissà se anche Nick Cave.

mercoledì 30 settembre 2009

Uscire la sera quando si hanno dei figli

Non è un paese per vecchi
(Sorella di Mike Delfino, anche detta Giàina): "Ma allora tu e Mike Delfino giovedì volete andarci, al cinema, oppure no? Aspettavo una tua telefonata di conferma ieri sera ma poi non ti ho più sentito. Se vi serve vi faccio da baby sitter, altrimenti esco con un'amica che avevo conosciuto nel 2003. Insomma, muoviti a farmelo sapere".
(Io): "Sì, scusa Giàina, è vero, dovevo chiamarti, poi ieri sera sono crollata alle dieci, anche perché i vicini-amici della casa-cantiere mi hanno offerto sette milligrammi di rum della nota marca Pampero. E siccome, pensa un po', proprio dal 2003 non bevo superalcolici, mi sono anche vagamente ubriacata".
(Giàina): "Tra te e Mike Delfino mi fate ridere, entrambi alle 22 crollate... Vabbe', riderò meno quando sarà il mio turno, comunque facciamo così: alle 19.30 circa sono lì, mangiamo qualcosa e poi voi ve ne andate e io me ne sto".

La mia prima reazione è: evviva, finalmente un'occasione per uscire (escluso il viaggio a Parigi, l'ultima volta era stata il 20 agosto), poi il mio cervellino iperattivo inanella le seguenti considerazioni:
1) non facciamo in tempo ad andare al cinema al primo spettacolo, e il secondo inizia alle 22.30. La domanda è, come si fa a restare svegli fino a mezzanotte passata? Voi ci riuscite? Se sì, che sostanze assumete per restare in piedi il giorno dopo?
2) in effetti Mike Delfino vorrebbe portarmi a vedere "Drag me to hell", davanti al quale immagino sia difficile cadere vittima di un colpo di sonno. La domanda in questo caso è, ma se guardo un horror fino a tarda ora, una volta tornata a casa come farò ad addormentarmi? Voi ci riuscite? Specifico che sono un tipo estremamente suggestionabile (l'anno scorso ho visto "Riflessi di paura", poi per mesi ho evitato di guardarmi allo specchio perché ero sicura che prima o poi ne sarebbe uscita una creatura diabolica; ancora oggi non sono del tutto tranquilla). 

Mentre rifletto su queste difficoltà, ecco arrivare una mail di Giàina:
"Però ora che ci penso, sai che ho avuto quella crisi d'asma, se è una cosa virale non vorrei attaccare qualcosa ai Pupi, anche se comunque sono dotata di mascherina. O mi tengo a 1,5 metri di distanza da loro oppure la indosso, che dici?"

Dico che sono felicissima dei miei bambini ma che a volte, anche se so che è un'utopia, vorrei poter uscire senza programmarlo con otto settimane d'anticipo e senza incastrare orribilmente orari e persone in funzione di quel che devo fare. 
Che poi per un motivo o per l'altro, che sia la pandemia di suina o un semplice fatto di logistica estremamente sconveniente, finisce sempre che mi lascio sopraffare dalla stanchezza. Così rinuncio e resto nel cortile della casa-cantiere, tra betoniere e carriole, a fare quattro parole con i vicini-amici anch'essi orribilmente incastrati dai figli. Una volta su due, per giunta, nella penombra tendo a impantanarmi nel cemento fresco, azione cui preludono le imprecazioni degli operai la mattina dopo: "Ma  chi c***z* è lo scemo che ha camminato ancora qui sopra?", esclamano i galantuomini nel chiarore dell'alba del nuovo giorno. 


martedì 22 settembre 2009

Ah, come sono distratte le mamme

Io, che mi ero dimenticata di me
Lo scorso weekend sono stata a Parigi. A trovare un'amica. Da sola.
E' la prima volta che vado via da sola in quattro anni, se si eccettuano le occasionali brevissime trasferte lavorative.
Vorrei poter dire che me la sono cavata benissimo, ma non è così.
(Alle partenze di Linate, con tono vagamente piccato): "Signora dell'ufficio informazioni, mi scusi, ho un volo per Parigi ma al check-in della Easy Jet non c'è nessuno".
(Signora gentile): "Mi fa vedere la sua prenotazione?"
(Io): "Certo. Eccola".
(Lei, sospirando): "Signora, il suo volo è da Malpensa. A quest'ora ci vuole più di un'ora ad arrivarci. Non ce la farà mai":
(Io, fingendo indifferenza): "Bene. Mi dica allora, cosa vola su Parigi da qui?"
"A quest'ora della sera solo Alitalia. Ma non so se trova posto, sa, è venerdì. Vanno tutti a Parigi al venerdì".
"Certo. E' naturale, tutti vanno a Parigi il venerdì".

(Alla biglietteria Alitalia, tra il riso e il pianto): "Signora, cosa costa il biglietto per Parigi?"
"Solo andata o andata e ritorno?"
"Il ritorno ce lo avrei già".
"Sì, ma solo andata le posso dare unicamente la business. Fanno... 850 euro".
(A questo punto mi veniva proprio un po' da piangere. Ho attivato il pensiero laterale, ho riflettuto sulle soluzioni alternative e): "E se allora proviamo a cercare una tariffa andata e ritorno promozionale, con un ritorno a caso, per trovare l'offerta più bassa?"
"Aspetti, mi faccia vedere. Dunque... ecco, in effetti se prendiamo un ritorno il 18 ottobre ho una promo a 214 euro, più 30 di diritti d'agenzia, che fanno..."
"... 244?"
"Brava. Vede, è conveniente".
"Eh certo. Soprattutto contando che l'andata ce l'avevo già".
"...?"
"Sì, vede, ho sbagliato aeroporto. Non mi guardi come se fossi scema. Ho due figli piccoli, il minore ha 10 mesi e ancora non dorme la notte."
"Ah. E riesce anche ad andare via?"
"Cos'è, mi vuol fare sentire in colpa?"
"Macché. La invidio. Io, per dire, non riesco neanche ad andare a un concerto all'hangar di Linate".

A Parigi, come succede una volta ogni millennio, la metropolitana era bloccata per via di un incidente. Mentre percorrevo in taxi la strada tra l'aeroporto e l'albergo mi sforzavo di pensare a quanto shopping avrei dovuto evitare di fare per riparare al danno economico. Poi il weekend è stato bellissimo: con la mia amica sono andata all'hammam della Moschea, un'esperienza rigenerante anche se mentre una donna araba mi massaggiava mi sono resa conto che non ero più padrona dei contorni di me.
Un po' come scriveva Irene nel post precedente: quando diventi mamma la prospettiva sulle cose cambia talmente che non riesci nemmeno più bene a capire come occupare lo spazio, come riempire i silenzi, come tenere impegnato il tempo che da troppo tempo non è più tuo. Nella microscopica camera d'albergo affacciata su un cavedio e sui fumi di un ristorante ho avuto persino modo, tra una cosa e l'altra, di provare tutti i getti idromassaggio della doccia, pulire gli stivali, trastullarmi con un giochino elettronico sul cellulare. Roba che neanche alle medie. Non ho messo piede nemmeno in un negozio (per i noti motivi) ma ho mangiato cus cus e formaggi francesi, bevuto vino rosso con l'accento sull'ultima sillaba, camminato fino ad avere male ai piedi, spedito una cartolina a Mike Delfino, una al Pupo, una alla Pupa. A lei, scrivendo in stampatello e con le lacrime agli occhi per la commozione: "sei il mio amore", pensando che sarà la prima cartolina che leggerà da sola (quante prime volte ci sono, coi bambini).

Tornata nella casa/cantiere ho trovato: un discreto disordine, il frigo vuoto, Mike Delfino con la bava alla bocca per aver badato, pur volentieri, al Pupo durante il weekend (la Pupa era sistemata altrimenti). Dopo due notti di sonni interrotti Mike era veramente provato. E' andato a letto alle 20.30, prima dei Pupi, blaterando frasi sconnesse.
Messi a nanna i bambini mi sono trovata di nuovo immersa nel silenzio e nella quiete e ho pensato, io erano quattro anni che non dormivo come ho fatto in questi due giorni.
E poi ho pensato: che vita vuota sarebbe, senza i bambini e senza Mike. Ma come sarebbero puliti i miei stivali, e quanti record batterei con quel giochino, e forse mi farei pure la vasca da bagno con la cromoterapia.
E poi ho pensato che Parigi è proprio bella, e poi che ci tornerei domani.

mercoledì 8 luglio 2009

Arrivederci alla fine di agosto!

Ebbene sì, sono cominciate le cacanze anche per noi
La parola "cacanze" non è un refuso ma un'invenzione (geniale) della mia amica Jolanda Restano e indica quel periodo di tempo fuori città che le mamme (più che i papà) passano con i propri bimbi. Le cacanze sono fantastiche perché si sta coi Pupi full time. Il tempo per sé è limitato alla notte (fortunato chi la passa dormendo ininterrottamente); il massimo che una neomamma riesce a leggere di solito sono i fustini del detersivo in bagno. Io ho inaugurato le mie cacanze con una bizzarra intervista in radio (Rai RadioUno) con Maurizio Costanzo! L'uomo della notte (questo il titolo della sua trasmissione, in onda a un'ora improbabile per una neomamma, ma per fortuna l'abbiamo registrata) mi ha chiesto, per tutta la durata dell'intervista: "Ma davvero lei pensa che sarebbe meglio sapere prima come sarà avere un figlio?". Ho cercato di spiegargli che l'obbiettivo del mio libro non è quello (fantasmagorico) di insegnare alle donne come si diventa mamme, ma condividere emozioni + paure e sdrammatizzarle un po', ma non credo di esserci riuscita. Il Baffo non perdona. L'ho salutato dopo dieci minuti di domande incalzanti che ruotavano attorno allo stesso interrogativo ("Ma è sicura?"; "Ma lo pensa davvero?"), un po' depressa, e per fortuna che c'era la Pupa a consolarmi:
"Mamma, tiprometto" (trad.: mi prometti) "che domani andiamo al mare?"
"Sì, Pupa, te lo prometto".
"Vabèngono". (trad.: va bene, ma al plurale. Una cosa "va bene", due cose "vabèngono", voi "vabenghète")
"Pupa, al mare faremo cento bagni".
"Sì, ma speriamo che il tempo essa bello" (dopo il fortunale che ha investito Milano).
"Essa bello, Pupa, essa bello. Tiprometto anche questo, valà".

Cari amici (e soprattutto care amiche) del web, grazie di averci seguito fin qui. Grazie dell'affetto che ci avete dimostrato. Se durante le vostre cacanze riuscirete a leggere il mio libro, sarò felice. Viprometto che alla fine di agosto saremo di nuovo con voi. Vi penseremo. Fate tanti castelli di sabbia, nuotate, tuffi. Ascoltate una canzone che vi piace. Bevetevi un mojito se potete. Se siete neomamme, non fate caso alla nuova forma del vostro ombelico. Ecco una cosa che non viprometto: che tornerà come prima. Ma è bello anche così. Siete belle anche così. Anzi, siete più belle. Nonostante la stanchezza. Parola di bravamamma, e naturalmente di Pupi.

giovedì 11 giugno 2009

Assenze giustificate

Con quelli come il Pupo non ci si annoia mai
Prima di tutto: grazie per il vostro sostegno, in momenti come quello che stiamo attraversando è fondamentale. Come vedete ci sono riuscita: una settimana esatta senza scrivere niente sul blog, per colpa soprattutto delle notti insonni. Il Pupo continua a svegliarsi parecchio, ma siccome non è un tipo noioso ogni volta lo fa per un motivo - e con modalità - diverse. Prevedere tutte le variabili è impossibile.
Può capitare che abbia freddo.
Può capitare che abbia caldo.
Può capitare che perda il ciuccio.
Che si faccia la (ehm, scusate) cacca addosso.
Stamani all'alba, erano le cinque, si è molto eccitato al canto degli uccellini. La notte fin lì era andata bene, poi si è sparato un biberon di lattino e anziché riassopirsi ha cominciato a trovare estremamente interessante il cinguettio che proveniva da fuori. Si è riaddormentato alle sei. Noi no. Ora aspettiamo che la Pupa trascorra una notte fuori casa per tentare una terapia d'urto col Pupo (= lasciarlo piangere. L'alternativa è il sonnifero).
Il nostro ménage risente, almeno in parte, di questa costante privazione del sonno. Ieri ho presentato il libro con la maglietta al contrario. Le piante di casa hanno sete. Prendo appuntamenti con amici e amiche e poi li disdico: sono troppo stanca. Se avessimo un gatto, lo trascureremmo in modo orribile.
In una famiglia, il frigorifero dice molto di come vanno le cose. Il nostro attualmente ospita: acciughe coi capperi, la codina di un salame di cioccolato scaduto, ravioli rinsecchiti, tre sottilette, un melone troppo maturo, un marshmallows di Hello Kitty.
L'altra mattina dovevo mettere le scarpe alla Pupa; sono andata a cercarle nell'armadio, ne sono uscita tenendo in mano un Pampers del Pupo. Poi sono rimasta interdetta a spostare lo sguardo dal pannolino ai piedi della Pupa, senza capire cosa avessero a che fare l'uno con gli altri.
Ho capito che siamo messi davvero maluccio quando, sempre l'altra mattina, Mike Delfino si è messo in tasca un piccolo termometro digitale al posto del cellulare. Ieri sera, invece, ha cercato di telefonarmi con la carta di credito.

giovedì 4 giugno 2009

Stanchezza

Mi guardo intorno e sono tutti migliori di me
Sono in equilibrio precario. Mi fanno male gli occhi, la vita è una corsa continua, Mike Delfino continua a non sentire suo figlio quando si sveglia di notte. Il Pupo ha antipatie altalenanti: per il seno quando vorrei dargli il seno, per il biberon quando gli propongo il biberon. La Pupa manifesta invece uniforme dissenso. Contro il mondo, contro la vita, contro di me. Mi picchia, mi morde, mi graffia e poi, pentita, col labbro tremulo mi sfida: "Questo ti piace, mamma?", e ho capito che è il suo modo per testare i confini e capire fin dove può arrivare ma fa male, ed è frustrante.
Gli altri blog sono costantemente aggiornati, io fatico a inserire tre post alla settimana.
Le altre mamme sono tutte amiche, linkate tra loro, ospiti le une delle altre in mirabolanti convegni (reali) e rubriche (virtuali). Io, in questi giorni, anche qui sul web mi sento come quando vado al parco, o all'asilo a portare la Pupa: alla periferia dell'impero.
Mercoledì 10 Jolanda Restano di FattoreMamma presenta il mio libro alla Rizzoli di Galleria Vittorio Emanuele, a Milano (ore 18), e ancora non ho avuto tempo di invitare tutti. Flavia di VereMamme aspetta un mio post da giorni (domani lo scrivo. Giuro). Il mio sondaggio "I vostri figli dormono?" ha avuto come unico risultato quello di deprimermi ulteriormente: gli unici bambini col sonno a intermittenza come le lucine dell'albero di Natale sono i miei. L'altra notte la Pupa è addirittura caduta dal letto. Ha pianto e poi, mezza addormentata, mi ha spiegato che sognava di essere Peter Pan.
Vorrei tornare alla sua età. Non per la pelle liscia e splendente ma per avere qualcuno che mi lava con dolcezza, passandomi la spugna su tutto il corpo. Qualcuno che mi prepara il lattino caldo prima della nanna, che mi tiene la mano quando attraverso, che mi pettina piano i capelli al mattino sforzandosi pure di disporre simmetricamente le mollettine colorate. Vorrei qualcuno che mi sbuccia la frutta, che mi tiene in serbo i bocconi migliori, che mi porta in braccio su su per le scale, fino alla porta di casa.
A pensarci bene, Mike Delfino faceva tutto questo per me. Poi sono arrivati i Pupi.

sabato 30 maggio 2009

Smettere di allattare

E i vostri nati torcano il viso da voi
Di recente su questo blog ho avuto un proficuo scambio con altre mamme a proposito dell'allattamento al seno, con cui ho sempre avuto un rapporto conflittuale. E' vero che il latte materno è l'alimento ideale per il bambino perché fornisce tutti i nutrimenti di cui ha bisogno nella prima fase della vita, ed è vero che fa bene anche alle donne: tutto spiegato con grande chiarezza qui. Sull'argomento sono stati scritti interi libri, e noi mamme del terzo millennio non osiamo nemmeno pensare che allattare non sia sacrosanto. Però, soprattutto con il Pupo, ho fatto una grande fatica. Fisica, prima di tutto. Essendo il delizioso infante assai vorace, a ogni poppata restavo spremuta come un tubetto di dentifricio usato da un'intera caserma, e per reintegrare le energie (e il latte) sono arrivata a bere sei litri di liquidi (tra cui circa sei centilitri di alcolici) al giorno, senza contare gli integratori vitaminici e i magnesi e i potassi che neanche uno scalatore del Nanga Parbat. E così ho salutato con giubilo l'ora delle pappe, e della mia ritrovata - ancorché estremamente parziale - indipendenza. Ora, dovete sapere che il Pupo mangerebbe anche l'asfalto. Gli piace tutto. Potrei scommettere che da adulto farà parte del 3 percento della popolazione che ama alla follia persino rognone, trippa e cervella.
Voi, amiche del gruppo di Feisbuk "Baciarsi i gomiti", ora mi direte: devi baciarti i gomiti, per una volta, un Pupo che mangia senza fare storie. E avete ragione: il problema è che negli ultimi giorni, arrivato a regime - due pappe quotidiane, frutta, yogurt - il Pupo non vuole più il seno. Volta la testa dall'altra parte quand'è il momento della poppata di colazione. Volta la testa pure a merenda. Se voglio allattarlo devo coglierlo di sorpresa, durante la notte. Il mio latte, come è naturale che sia, è in costante diminuzione. Ieri sera gli abbiamo dato un biberon di latte artificiale. Ha ciucciato 210 ml in 4 minuti, felice e soddisfatto. "Si sta svezzando da solo", mi ha scritto saggiamente la mia amica Luisa. Già.
Dovrei essere contenta.
Già.
Eppure.
(La verità è che sono vagamente depressa e lo scrivo in piccolo perché questo è un blog dai contenuti lievi, il cui primo obiettivo è quello di sdrammatizzare situazioni drammatiche e non viceversa. Sto anche pensando di farmi una grappa, per consolarmi. In fondo sono, dunque, 9 mesi + quasi 7 = 16 mesi che non ne tocco una)

mercoledì 13 maggio 2009

E se fossero i maschietti a fare i bambini?

Chiacchiere da spogliatoio tra neomamme
Stamattina, dopo la lezione di nuoto del Pupo, mi sono ritrovata nello spogliatoio assieme a una ghenga di neomamme al primo pargolo. Le ho ascoltate parlare e mi sono tornate in mente un sacco di cose.
Per esempio che della Pupa controllavo spessissimo il respiro nel sonno. Mentre ora che ho anche il Pupo mi metto i tappi nelle orecchie nella speranza che, quando si sveglia,
Mike Delfino lo senta prima di me. E poi che su molte cose, quando si ha più di un figlio, ci si rilassa. Per fortuna, altrimenti non si vivrebbe - come dimostrano gli stralci di conversazione da spogliatoio sotto riportati.

(Neomamma apprensivissima): "Mi è appena arrivato dall'Inghilterra l'equivalente dell'Angelcare, quello per monitorare il respiro del bambino. Se il bambino smette di respirare, suona l'allarme, ma questo è ancora più sicuro perché anziché sotto il materassino si mette direttamente nel pannolino" (dev'essere gran comodo, ho pensato).
(Neomamma espatriata): "Noi ci siamo appena trasferiti qui dall'Olanda. L'Olanda è il paese dei sacchi nanna".
(Io): "Ma non era il paese dei mulini a vento, degli zoccoli e dei tulipani?"
(Espatriata, fingendo di non avermi sentito): "In Olanda lenzuola e coperte sono bandite. Noti i casi di soffocamento dei neonati per via di un lenzuolino, tutti usano i sacchi nanna".
(Io): "Ho provato a mettere il Pupo in un sacco nanna, ma si sente soffocare e gli viene una crisi di panico. E a proposito di lenzuolini, lui se non ne ha uno in faccia non dorme".
(Apprensivissima): "E se soffoca? Ce l'ha l'Angelcare?"
(Io): "Ma come fa a soffocare con un lenzuolino di cotone? E poi scusa, l'Angelcare non ti sembra eccessivo?"
(Apprensivissima): "Sì... no... è perché siccome mio marito non riusciva a riposare bene, poverino, allora abbiamo messo la bambina in un'altra stanza. Però il pediatra mi ha fatto una testa quadra con la storia della morte in culla, e mi ha detto che fino al primo anno può succedere, con un picco verso l'undicesimo mese" (della serie: pensavate di avercela fatta, e invece) "e allora insomma, con quello mi sento più tranquilla".
(Espatriata): "In Olanda sono banditi anche i ciucci di caucciù".
(Io): "E perché mai?"
(Espatriata): "Non so ma sono pericolosissimi".
Sono uscita dallo spogliatoio con il Pupo buttato sciattamente su una spalla e una gran voglia di ubriacarmi di mojito nonostante fossero le undici di mattino. Ho pensato che io non ero così neanche ai tempi della Pupa, e che non invidio affatto queste mamme preoccupatissime, soprattutto quella che vorrebbe dormire in stanza con sua figlia ma non può perché il marito poverino non riposa bene. Ho messo assieme tutte queste cose e poi ho riso ricordando un'email della mia amica Micol, che sta per partorire la sua terzogenita:
"Sul tuo libro c'è una considerazione che ho sempre fatto anch'io, quando guardi il neonato e pensi che da grande farà soffrire le donne... io, in più, guardo le neonate e penso che avranno la cellulite e si cuccheranno la gravidanza! Ok, non sono in un momento di distacco emotivo, lo so che è un privilegio che la natura ci offre (se fossero i maschietti a fare i bambini? Mah!), ma quando hai raggiunto le dimensioni e la mobilità (fuori dall'acqua) di un discreto cetaceo è difficile rimanere obiettivi. Soprattutto se sei in carenza perpetua di sonno come me, e se penso che tra poco dovrò ricominciare con le levatacce... sai, ora i miei figli si svegliano ancora di notte, ma almeno si trasferiscono nel lettone con
le loro gambine... poi sfrattano il papà che si mette ai piedi del letto come un cagnone. A proposito di animali: con noi vivono anche ben tre gatti! Li trascuro molto, poverini, e mio marito si occupa della loro sabbietta dicendo che è il suo 'giardino zen'".
Oh, lalà. Questo sì che è un uomo.


giovedì 7 maggio 2009

I bambini, la vita, il tempo che passa

Noi siamo figli delle stelle non ci fermeremo mai per niente al mondo
Leggo sul blog di Desian che suo figlio, cinque anni, riflette sul senso profondo dei concetti di perdita, abbandono, passaggio. I bambini hanno questa cosa speciale: ti stupiscono sempre. Pensi che siano "troppo piccoli" per certe cose e invece non lo sono. Quasi mai.
La Pupa, quasi quattro anni, affronta la questione a suo modo. Tra i tanti personaggi immaginari che popolano il nostro zoo familiare c'è il Sindaco. Che non è la Moratti (noi viviamo a Milano) ma un signore misterioso che osserva le prodezze della Pupa e le fa trovare dei regalini quando si comporta particolarmente bene. Un deus ex machina che non punisce ma, quando è il caso, premia. Ieri la Pupa mi ha guardato e mi ha detto, sospirando: "Mamma, ma tu non diventi mai vecchia, vero?"
(Io, non sapendo cosa rispondere): "Ehm... perché? Non vuoi?".
(Lei, con lo sguardo liquido): "No, mamma, non voglio. Tu resti sempre giovane. Adesso dico al Sindaco che prenda la sua bacchetta magica e faccia quaqque magia perché tu rimanga sempre la bruttamammina più bella del mondo".
Ho pensato alla mia, di bruttamammina più bella del mondo. Mi sono venuti in mente i suoi occhi buoni, gli occhiali spessi, i dolori di schiena di cui si lamenta perché ha portato troppi pesi.
Sostanzialmente, ha tenuto troppo in braccio noi figli.
Allora mi si è stretta la gola, ho guardato la Pupa, le ho dato un bacione, poi l'ho abbracciata stretta e le ho sussurrato all'orecchio che no, non invecchierò mai. Terribile bugia ma in quel momento l'ho sentita necessaria.

lunedì 27 aprile 2009

Risvegli notturni - La saga continua

Finisce che poi alcuni si addormentano camminando
Scrivo questo post in stato di trance, perciò non sono interamente responsabile dei suoi contenuti. E' che il Pupo, ultimamente, di notte è imprevedibile. Sul mio libro (che, volendo, trovate qui) ho dedicato ampio spazio al tema delle notti travagliate dei neogenitori. Ecco una cosa a cui davvero non si può essere preparati, prima di avere un figlio: la stanchezza che ti investe e ti schiaccia. L'amica Marilde, nel suo bel blog La solitudine delle madri, racconta la maternità con una doppia immagine molto efficace: un dono, e una mancanza. Mi vengono in mente mancanza di autonomia, di libertà di movimento. E poi di sonno.
A spiegarla di giorno, quando i contorni delle cose non sono bigi e cupi come di notte, sembra quasi divertente. In estrema sintesi, fino all'anno di vita il ciclo del sonno del bambino è indipendente dall'ambiente e regolato solo dai bisogni interni legati alla fame e alla sete. A mano a mano che cresce, però, gradualmente si adatta a ritmi più "umani" (= adulti). Questo dovrebbe avvenire a partire dal quarto mese. Ma il Pupo sta vivendo una spaventosa regressione. Un'altra amica blogger, Raperonzolo, mi consola e assieme mi terrorizza: mi dice che con il suo secondogenito è andata avanti due anni a botte di otto/nove risvegli per notte. Per quanta esperienza una mamma abbia, per quanto brava sia a snocciolare inappuntabili riflessioni accademiche, poi nella realtà il comportamento di un neonato riserva sempre sorprese. A volte meravigliose, altre volte meno.
Il Pupo, ora, ha sicuramente un paio di problemi oggettivi: ha più fame del solito e sta mettendo i dentini. Vorrei svezzarlo ma siamo in partenza per una gita all'estero, perciò devo aspettare qualche giorno.
Ultimamente funziona così: si sveglia alle due o alle tre di notte, piange, provo a calmarlo. Gli metto il ciuccio in bocca senza dire una parola, al buio. Una parte di me spera sempre che non mi riconosca e si accontenti del caucciù ma grazie al suo potentissimo olfatto - il neonato riconosce l'odore del latte della madre anche a poche ore di vita - lui mi becca subito e inizia a emettere una serie di suoni rauchi e gutturali a circa 120 decibel. Il suo papà finge indifferenza oppure non sente. Finisce che sveglio anche lui con piccole pacche ritmiche sul fianco, mentre rifletto su quanto un bambino possa a mettere a dura prova la vita di una coppia. A quel punto lui si alza emettendo a sua volta suoni rauchi e gutturali, in controtempo col neonato. Prova a calmarlo a sua volta. Il Pupo s'infuria perché non è scemo e capisce che suo papà non ha il latte. Insistiamo un po', convinti - la riflessione non è priva di una sua coerenza - che se ogni volta accontentiamo le sue richieste di cibo non ne usciremo mai più. In teoria un bambino della sua età dovrebbe essere in grado di gestire almeno un risveglio, riaddormentandosi da solo. E' un passo importante nella conquista dell'autonomia. Lo stiamo aiutando a diventare uomo, rifletto ancora mentre il Pupo passeggia per la casa in braccio a suo padre, che si muove in automatico fermandosi (quasi sempre) e invertendo la rotta quando incontra un ostacolo tipo un muro o un mobile, come fanno quei robottini aspirapolvere di recente immessi sul mercato. Io penso che alcuni padri finiscano con l'addormentarsi camminando.
Dopo un'ora di questo tran tran ci arrendiamo. Il Pupo continua a digrignare i denti che non ha. Ha vinto. Lo allatto sapendo che si sveglierà ancora, prima dell'alba. Torno a letto che mi fa male tutto: schiena gambe palpebre persino sopracciglia. In lontananza, nel sonno, la Pupa grida qualcosa rivolta a Topolino. Dio la benedica perché, occasionali incubi a parte, almeno lei è in grado di dormire dodici ore filate. Abbraccio da dietro il papà del Pupo, gli accarezzo la schiena. "Domani sera ti invito a casa mia e ti mangio di baci," gli mormoro fingendo di averlo appena incontrato. "Volentieri, bella. Sei uno schianto," fa lui stando al gioco, poi crolla svenuto.
Ce la faremo, è il mio ultimo pensiero prima del black out.

giovedì 16 aprile 2009

Ero una brava mamma prima di avere figli

Sentire la mancanza dell'ufficio. Ecco una di quelle cose che non ti aspetteresti mai, e invece
La buona creanza vuole che, quando si avvicina il momento di rientrare al lavoro dopo i mesi di congedo, la neomamma si lamenti. "Il mio piccolone cucciottolone orsacchiottolone mi mancherà tanto tanto", dice arricciando le labbra, facendo anche la vocina per risultare più convincente. "Non so proprio come farò". In realtà, nella maggior parte dei casi, lo sa benissimo.
Superata una prima, comprensibile fase di sbandamento, il ritorno in una comunità popolata esclusivamente da bipedi alti più di 70 centimetri - mediamente anche capaci di controllare gli sfinteri e di portare alla bocca il cucchiaino senza scagliare tutto il cibo sulla parete - è un accadimento salutare. Per il corpo e soprattutto per la mente. Una mia amica mi ha scritto di recente questa mail: "Ora, dopo la Pasqua al mare, sto meglio. I bambini mi distruggono, sono delle belve, mi annientano. Rivoglio la mia vita comoda, accidenti".
A proposito di Pasqua, noi siamo stati via qualche giorno con il Pupo, la Pupa e un'altra amica che si è offerta volontaria per darci una mano. Si è davvero immolata, passando lunghe ore a spingere la Pupa sull'altalena - a dispetto del fisico atletico, quando sale sull'altalena la piccola si finge poliomielitica e tiene le gambe immobili. Dopo due giorni di questa vita, la mia amica mi ha detto: "Non so come fai a stare ancora in piedi. A me sono bastate 48 ore con tua figlia per sentirmi a pezzi". C'è da dire che lei ha dato il 100%, mentre una neomamma impara ben presto come risparmiare, almeno in parte, le energie, per esempio dilatando artificiosamente la durata della sua permanenza in bagno (io ho cominciato a portarmi dietro i giornaletti, come fanno i maschi, per ritagliarmi un'oasi di pace di quindici minuti almeno).
Ma avere un bambino è davvero faticoso. E quando si torna al lavoro è tutta un'altra cosa. Ah, la suprema, perfetta armonia di otto ore - nove, se si includono i trasferimenti - trascorse senza pensare a nulla. Be', insomma, quasi.

domenica 12 aprile 2009

La mia piccola delinquente

La Pupa ha rubato un cuore - No, non è una metafora
L'altro giorno ho lasciato il Pupo con la baby sitter e sono uscita assieme a mia mamma e alla Pupa per un "giretto rilassante".
Uscire con un bambino, anche se sta per compiere quattro anni, in realtà non è mai rilassante. La Pupa poi, in particolare dalla nascita del suo fratellino, ha sviluppato una serie di astute strategie che mirano allo sfinimento dei suoi accompagnatori. Tentare di slacciare la cintura di sicurezza del seggiolino quando viene trasportata in auto, minacciare di gettare un oggetto dal finestrino, gettare effettivamente l'oggetto in questione (quanto più è prezioso per lei, meglio è: così poi può piangere come una pazza perché l'ha perso), il tutto ripetendo ossessivamente la stessa frase come Jack Nicholson in Shining (vi ricordate "Il mattino ha l'oro in bocca"?) sono solo alcune delle suddette strategie.
Comunque, dicevo: l'altro giorno io, mia mamma e la Pupa siamo andate in un bellissimo, gigantesco negozio di bric-à-brac. Sempre da quando è nato il fratellino, la Pupa insiste per essere trasportata in passeggino (il che ci costringe normalmente a girare in questa formazione-tipo: Mike Delfino tiene il fratellino, cinque mesi per quasi nove chili, in braccio; io spingo la Pupa seduta sul passeggino del Pupo).
Prima di avere figli consideravo questo negozio un posto rilassante e piacevole. Poca gente, corridoi larghi, molta luce, piante ovunque eccetera. Ma con la Pupa è un incubo, perché vuole toccare tutto e comprare tutto. L'altro giorno ha posato gli occhi, tra l'altro, su: levapelucchi elettrico, pelacarote, borsa per gli attrezzi da giardino, sottopentola a forma di cuore in silicone, attrezzi da giardino senza borsa, fertilizzante universale, libro sulla cucina molecolare, armadio in teak, arredo bagno in rovere moro laccato lucido. Davanti a ogni oggetto strillava: "Mamma, ti di-co-una-co-sa: questo dobbiamo proprio prenderlo". Mi sono fatta l'appunto mentale di non portarla più in quel negozio fino al 2019, ma per fortuna, molto orgogliosamente, alla fine sono riuscita a convincerla a uscire praticamente senza aver fatto acquisti - okay, tranne la borsa per gli attrezzi da giardino.
L'ho già detto da qualche parte, ma devo mettermi in testa che quando la Pupa è troppo tranquilla sta architettando qualcosa. E' passata dalle casse in silenzio, con un vago sorrisetto sul volto. Non ha pianto perché non le avevo comprato nulla. Mia mamma la spingeva, io ho pagato, siamo uscite. Arrivate alla macchina le ho chiesto di scendere dal passeggino per piegarlo. L'ho vista esitare. Poi ha spostato di un centimetro le morbide chiappette. Quel tanto che bastava perché da sotto i suoi pantaloni vedessimo spuntare all'improvviso l'estremità rosa di un sottopentola in silicone, a forma di cuore.

mercoledì 8 aprile 2009

Altri trucchi per svezzare un neonato

Da cui si evince che non tutti i bambini sono uguali
Il rapporto tra bambini e cibo è una delle classiche cose su cui, in famiglia, si ride quando i figli crescono ("Quand'eri piccino mi hai fatto diventare pazza"), augurando loro di partorire neonati anoressici ("Così capirai cosa vuol dire"). La Pupa ha sempre mostrato apertamente la sua ostilità nei confronti delle pappe. Alternava momenti di manifesta indifferenza a smorfie di cupa disperazione. A complicare il quadro, il fatto che cambiava gusti continuamente. Ha mangiato la banana fino agli otto mesi, poi basta. Lo yogurt fino ai nove, poi basta. La mela solo tra i sei e i sette mesi. Anche oggi è impossibile prevedere con assoluta certezza quel che le piacerà e quel che no. Il suo è uno snervante astensionismo gastronomico a rotazione.
Ricordo a chi mi stesse leggendo e avesse perso il post precedente che nel mondo occidentale nessun bambino muore di fame e che i neonati soprattutto si autoregolano alla perfezione, mangiando sempre ciò di cui hanno bisogno.
Ma, se vostro figlio fa storie, la fase del pasto potrebbe caricarsi di tensione (più per voi che per lui) e diventare uno dei momenti meno piacevoli della giornata.
Per contro, se il vostro bambino è un golosone, come il mio secondogenito, mangerà qualunque cosa gli capiti a tiro con vostra grande soddisfazione. Il Pupo, che non ha nemmeno cinque mesi, manifesta vivo interesse nei confronti di sushi, pizza, 'nduja, impepata di cozze, crostacei e in generale qualunque cibo potenzialmente nocivo per un neonato. Ho cominciato a dargli la frutta quando ha compiuto quattro mesi, perché apriva la bocca e faceva schizzare gli occhi all'infuori schioccando la lingua se solo percepiva la presenza di un alimento nella stessa stanza in cui si trovava lui. Ha già assaggiato patata bollita, carota, pesce ai ferri, parmigiano, alla faccia delle raccomandazioni sullo Svezzamento dopo il sesto mese, e gli è piaciuto tutto: ora viaggia al ritmo di cinque poppate di latte, più una pera, più una banana al giorno (a proposito della banana, ieri ho pregato mio padre di dargliela al posto mio. L'ho trovato che teneva il Pupo in braccio e gli cacciava in bocca il frutto intero. Il Pupo, con le sole gengive, era già riuscito a ingurgitarne più di metà. "Papà, ma non l'hai schiacciata con la forchetta?" gli ho chiesto esterrefatta. "Mi è sembrato che non ce ne fosse bisogno," ha risposto lui. Il Pupo, in effetti, gorgogliava felice).

martedì 7 aprile 2009

Tutti i trucchi per svezzare un neonato

Riflessioni schematiche sul fatto che i neonati mangiano quel che vogliono (con grande cruccio delle mamme)
Prima Legge della Puericultura: nel mondo occidentale nessun neonato muore di fame.
Seconda Legge della Puericultura: nel mondo occidentale, nessuna mamma è immune dall'ansia, quando si avvicina l'agognato e assieme temuto momento dello Svezzamento.
Lo Svezzamento (la maiuscola è d'obbligo vista l'importanza del tema) in pratica significa:
a) liberarsi dalla schiavitù del latte, e questo è bene. Vuol dire che una volta ogni 40/60 giorni riuscirete ad andare al cinema, affidando il pupo a una baby sitter/nonna/sorella volenterosa che lo nutrirà al posto vostro.
b) incominciare a produrre a ritmo serrato orribili pappine che voi non mangereste nemmeno con un fucile puntato addosso, e questo è un pacco.

Avendo avuto due figli ho capito che:
Per quanto buone siano le pappe che preparate, se il vostro bambino mangia per vivere e non viceversa (il che è, in assoluto, un atteggiamento sano) è molto probabile che schifi tutto ciò che gli mettete davanti. La Pupa ha sempre fatto così, e anche ora che ha quasi quattro anni non è certo una ghiottona. Con lei ho cominciato lo Svezzamento rigorosamente a partire dal sesto mese compiuto, non ho mai usato omogeneizzati ma sempre e solo frutta fresca, carne cotta al vapore e poi amorevolmente sminuzzata, crescenza e ricotta biologica, ho rispettato tutti i dettami sull'introduzione graduale degli alimenti. Eppure ricordo i primi mesi come infernali. Ecco i metodi adottati dalla Pupa, che molte mamme riconosceranno:
- a. Metodo "Non passa lo straniero”: il bambino tiene le mascelle serrate. Vi guarda negli occhi e visto che non sa ancora parlare vi comunica il seguente messaggio subliminale: ehi, bella. Ci conosciamo io e te, vero? Bene. Se credi che io introduca nella mia bocca anche un solo grammo di quella sbobba, sei pazza.
- b. Metodo “Credevi fosse amore, e invece era un calesse”: il bambino apre la bocca giulivo e incoraggiante, sorridendo gentile. Baldanzose, partite con un cucchiaio di pappa che lui finge di inghiottire. La rumina un po’, poi vi guarda negli occhi come nell’esempio precedente, ammicca e op!, la sputa spruzzandola qua e là in modo salomonico: un po’ su di voi, un po’ su se stesso, un po’ sul seggiolone.
- c. Metodo “Houdini o dell’Illusionista”: il bambino inghiotte senza problemi il primo e anche il secondo cucchiaino di pappa. Rese più scaltre dall’esperienza precedente, gli schiacciate le guance per costringerlo ad aprire la bocca e verificare che abbia deglutito. Lui vi guarda negli occhi – lo fa sempre, è per fregarvi meglio in seguito – e vi sorride rassicurante. Tirate un sospiro di sollievo. Poi vi girate a prendere un tovagliolo e quando vi girate di nuovo, et voilà! Il piatto è sparito. Lo ritroverete a primavera sul ripiano più alto della libreria, dove il neonato l’ha inspiegabilmente fatto volare.
- d. Metodo “Madre, perché mi fai questo?” (o “Ricatto morale”): il bambino inghiotte un solo cucchiaino di pappa, poi strabuzza gli occhi, inizia a produrre versi disgustosi con un rumore impressionante e si provoca il vomito. Notare come si tratti della sua tecnica preferita in presenza di estranei. Alla fine scoppia a piangere guardandovi negli occhi.

Può anche darsi che il neonato alterni gli atteggiamenti di cui sopra, a rotazione, o che ne adotti due contemporaneamente all’interno dello stesso pasto. Guide e manuali raccomandano sempre di non insistere e di non spingere il bambino a mangiare controvoglia, perché questo potrebbe dare origine a disturbi alimentari che si protraggono per anni. Tutti i libri sono pieni di precisissime tabelle da seguire per un corretto svezzamento: i cibi che vengono proposti e le regole di base sono sempre le stesse e tutto ruota attorno a un concetto, quello di gradualità. Gradualità nell’introdurre alimenti nuovi, nel rispettare i tempi del bambino, nel lasciare che il passaggio dal seno (o dal biberon) al cucchiaino avvenga in modo dolce, senza forzare.
Il rancio del neonato è monotono e deprimente, come e peggio del menù dell’ospedale. D’altronde, se va bene, a sei mesi un bambino ha due denti, e questo limita necessariamente la gamma di opzioni disponibili. Prima di avere un figlio non avevo un’opinione precisa su quel che mangia una creatura di pochi mesi. In effetti non mi ero mai posta il problema. Forse pensavo che i bambini non mangiassero affatto.