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venerdì 12 aprile 2013

i film - El Verdugo



1969 El Verdugo (100 Rifles)

di Tom Gries. Con Jim Brown, Raquel Welch, Burt Reynolds, Fernando Lamas, Dan O'Herlihy, Eric Braeden, Michael Forest

Uno sceriffo americano (Brown) insegue nel Messico rivoluzionario un mezzosangue che ha rapinato una banca (Reynolds). I soldi del bottino servono per finanziare l'acquisto dei cento fucili del titolo originale, utili agli Yaqui per ribellarsi ai rurales. I due finiscono nelle grinfie di questi ultimi, ma vengono salvati da una bella guerrigliera (Welch). Tutti insieme si mettono a capo dei rivoltosi e li guidano alla vittoria, che sarà pagata però a caro prezzo.

Regista trascurato e interessante Tom Gries, forse anche perché prematuramente scomparso nel 1977 a cinquantacinque anni. Prima di questa pellicola, l'anno precedente, aveva già avuto l'onore, un po' per caso, di varare la nobile stagione dei western crepuscolari con il bellissimo Costretto ad uccidere. Con questo film invece canonizza le caratteristiche del meno aristocratico filone del western americano girato in Almeria. Riprende l'ambientazione rivoluzionaria del precedente Viva! Viva Villa!, ma pur restando fedele a buona parte dei luoghi comuni hollywoodiani sul Messico li aggiorna ad una spettacolarità più disinvolta, agile e moderna, alleggerendo la materia dal colore turistico più facile e da qualsiasi scomodo riferimento storico, raccontando di una generica rivoluzione di indios straccioni contro rurales cattivi, il tutto in un Messico visto come una terra spietata e senza regole. Ad esempio la battaglia finale, con gli indios che assaltano a bordo di un treno un paese presidiato dai rurales, è imponente e complessa, ricca di carrellate che mostrano centinaia di comparse in azione contemporaneamente, ma Gries riesce a infondere alle scene un'impressione di confusione e violenza che evita la tronfiaggine da kolossal.



Pur non particolarmente influenzato dall'estetica dei western all'italiana, il film evita comunque la tradizione americana del genere, dove il racconto doveva sviluppare un più o meno evidente percorso morale dei personaggi. La presa di coscienza dello sceriffo su dove stiano i torti e le ragioni è questione di pochi minuti cinematografici, il resto è solo azione, evasioni, fughe, agguati, battaglie. Ne viene fuori un film divertente e spettacolare, affine ad un certo cinema d'azione che mescola il buddy movie con l'azione violenta e si risolve quasi sempre nel mostrare personaggi simpatici che devono uscire da situazioni pericolose. Film che funzionano se funzionano i personaggi, che è il caso di questa pellicola. Al posto di divi ormai datati come Mitchum e Brynner, vanno di scena i giovani ed emergenti Jim Brown, probabilmente il primo attore di colore protagonista assoluto di un western (almeno ad alto budget), un Burt Reynolds fresco di Navajo Joe ad un passo dalla fama mondiale e una Raquel Welch all'epoca all'apice della fama come bomba sexi. Tutti e tre sono ben valorizzati e risultano simpatici, anche se - o proprio perché - alle prese con caratterizzazioni decisamente improbabili: uno sceriffo americano di colore storicamente per nulla attendibile e una bellissima guerrigliera indios miracolo della genetica, se si considera che tutti gli altri indios che si vedono nel film sono piccoli brutti e scuri.



Come ben esemplificato da molte locandine, la Welch e la sua prorompente sensualità sono uno dei punti forti del film. Quel che non era riuscito di fare agli autori di Shalako con la Bardot, riesce alla grande con l'attrice americana. Funziona la maliziosa contraddizione tra il glamour del suo personaggio e il contesto sporco e violento in cui si muove. Merito anche della regia di Gries, che non aveva una gran personalità e adattava il suo stile di volta in volta alle sceneggiature, ma era un regista non banale, particolarmente abile nel creare atmosfere sature di tensione e violenza. Notevoli quindi sequenze come quella della Welch che si fa una doccia sotto una cisterna per fermare un convoglio ferroviario militare, dove lo spirito porcellone della scena si mescola ad un'improvvisa esplosione di violenza. Ma da antologia soprattutto la scena d'amore tra lei e Jim Brown, da molti indicata come la prima esplicita sequenza erotica tra un nero e una bianca in un film hollywoodiano, che Gries immerge in un clima di orgia anarchica, con gli indios attorno che devastano una villa. Tocco degno di nota anche il finale amaro.



Il titolo originale "100 Rifles" è stato fedelmente tradotto in quasi tutto il mondo, solo in Italia è saltato fuori il cretinissimo titolo "El Verdugo". Il personaggio del titolo sarebbe il cattivo della storia, il Generale Verdugo interpretato da Fernando Lamas, personaggio antipatico al punto giusto, ma assolutamente marginale e privo di reale interesse.

sabato 14 gennaio 2012

i film 2 - Costretto ad uccidere

1968 COSTRETTO AD UCCIDERE (Will Penny) di Tom Gries, con Charlton Heston, Joan Hackett, Donald Pleasence, Lee Majors, Bruce Dern, Ben Johnson, Slim Pickens, Anthony Zerbe, Clifton James















Bellissimo western senza eroi realistico, lirico ed intimista, nonostante la seconda parte più convenzionale e verbosa non sia all’altezza della prima, incentrata invece sulla dura vita del cowboy, che spogliata di ogni connotazione romantica viene descritta per quello che probabilmente realmente era: un lavoro duro, sporco e pagato poco.
E’ probabilmente il miglior film di Tom Gries, ottimo regista di altri solidi western come El Verdugo (100 Rifles, 1969) e Io non credo a nessuno (Breakheart Pass, 1975), scomparso prematuramente nel 1977 a soli cinquantaquattro anni, ed è tratto dal telefilm The Line Camp, da lui scritto e diretto per la serie televisiva western “adulta” The Westerner, creata da Sam Peckinpah e interpretata da Brian Keith.
Inizialmente il film segue piuttosto fedelmente la traccia dell’episodio televisivo, tralasciando però alcuni aspetti anche piuttosto pregnanti come la diffusione del whisky e la piaga dell’alcolismo nel mondo dei cowboys, per poi allontanandosene aggiungendovi una storia d’amore e un gruppo di cattivi monodimensionali quasi da film horror.
Lo stesso Peckinpah, che era il primo sostenitore della pellicola e la annoverava tra i suoi western preferiti, riteneva non raggiungesse la complessità dell’episodio Tv.
Il film, ad ogni modo, è diretto benissimo, con uno stile già crepuscolare e antiepico nonostante sia ancora della seconda metà degli anni sessanta, una grande fotografia invernale, dei bellissimi esterni nella Inyo County in California, una magnifica ricostruzione d’epoca, un Charlton Heston – che lo considerava addirittura il migliore tra i film da lui interpretati – semplicemente fenomenale e un cast di grandi attori western come Ben Johnson, Bruce Dern, Slim Pickens e Luke Askew.
Giusto il finale con la resa dei conti tra Heston e Donald Pleasence, presenza anomala in un western, che fa il predicatore invasato, personaggio un po’ fuori linea rispetto alla seriosità della narrazione, è forse un po’ tirato per i capelli, con una specie di “arrivano i nostri” generale poco credibile come tempismo. Poi però Gries si riscatta alla grande facendo mollare a Heston la donna di cui si è innamorato e il bambino di cui si è affezionato per seguire la sua indole vagabonda, in un momento anche piuttosto commovente.
La versione italiana è tagliata rispetto a quella americana (sono stati epurati quasi tutti i dialoghi tra Heston e la bravissima Joan Hackett, reintegrati in lingua originale nell’edizione dvd) e ho il sospetto che il doppiaggio abbia sovvertito il senso del finale del film (come accaduto in Lo straniero senza nome), dando l’impressione che quello di Heston sia solo un arrivederci e non invece un addio.


Mauro Mihich