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mercoledì 20 maggio 2020
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venerdì 27 marzo 2020
Recensione: Tanti piccoli fuochi, di Celest Ng
| Tanti piccoli fuochi, di Celest Ng. Bollati Boringhieri, € 18, pp.
374 |
Dalle
rovine di una casa rispettabile – di quelle tutte uguali, da
ricchi, che suggeriscono ordine maniacale, perfezione e
decoro – si sollevano le spire di un incendio doloso. Dalle camere
dei Richardson sono partiti focolai che hanno inglobato la
proprietà in una cortina asfissiante. Dal prato, i membri della famiglia contemplano la disfatta. Si leccano
le ferite, additano il colpevole. Com’è
potuto accadere? Da un’immagine decisamente cinematografica – non
stupisce l’arrivo di una serie TV con due attrici d’eccezione,
Reese Whiterspoon e Kerry Washington, debuttata in patria nei giorni
scorsi – prende avvio il bestseller di Celeste Ng. Corteggiato sin
dai tempi della pubblicazione, l’ho rispolverato per prepararmi
alla trasposizione. Denso e corposo – quasi quattrocento pagine,
con capitoli piuttosto lunghi –, avrebbe potuto darmi noie in un
periodo in cui riesco a leggere poco e male. A sorpresa, nella
migliore tradizione dei page turner, ha
generato un’istantanea dipendenza.
Quanto
ci piace, infatti, curiosare nelle vite altrui? Quanto è divertente
smascherare le bugie del perbenismo? Dopo la lettura di La storia di un matrimonio,
così, ho conosciuto nuovi segreti coniugali; ennesimi divari
generazionali; un nuovo quartiere residenziale dove non è tutto oro
quel che luccica.
Proprio
quando pensi che sia tutto finito, trovi un modo. […] Come un
incendio prativo. Ne ho visto uno anni fa, mentre eravamo in
Nebraska. Sembra la fine del mondo. La terrà era bruciata e nera e
tutto il verde era sparito. Ma dopo un incendio il terreno diventa più
ricco, e possono crescere cose nuove. Anche le persone
sono fatte così, sai? Ricominciano da capo. Trovano un modo.
Anche
se non stonerebbe immaginare i protagonisti negli anni Cinquanta,
siamo nell’era di Tori Amos e Bill Clinton. La sordida relazione
tra il Presidente e la sua stagista fa parlare eccezionalmente di
sesso a tavola e a scuola. In un clima già teso, a bordo di una
Volkswagen fanno il loro ingresso Mia – fotografa hippy che si
arrangia come tuttofare – e Pearl, quindicenne stanca dei continui
trasferimenti. Desiderosa di stabilirsi lì in pianta stabile,
l’ultima arrivata vince la solitudine e si intrufola nella famiglia
degli affittuari.
I
Richardson hanno quattro figli pressoché coetanei di Pearl, e
accolgono a braccia aperte la studentessa dall’aria bisognosa:
generosi e spontanei, neanche particolarmente antipatici, possiedono
la naturalezza dei privilegiati di cui si parlava anche in Parasite.
Ma a una certa età si è sempre affascinati da ciò che non si può
avere, dallo scintillio misterioso dall’altra parte della
barricata: la minore dei Richardson, una mina vagante di nome Izzie,
compie il percorso inverso rispetto a Pearl. Si avvicina a Mia,
semplice donna delle pulizie ma dal talento artistico folgorante.
Come preferire gli incarichi ordinari della madre Elena, blanda
firma di un quotidiano locale, ai collage della fotografa? Come
identificarsi con la donna che ha fatto della genitorialità una
professione anziché sognare il passato enigmatico e la vocazione
dell’inquilina girovaga?
Grazie
a una scrittura agile e bella, che con leggerezza invidiabile scava a
fondo e all’occorrenza si libra in coinvolgenti voli pindarici –
ho amato i capitoli monografici con le sperimentazioni di Mia –, la
narratrice onnisciente spia dal buco della serratura i membri del suo
cast. A proprio agio con la gestione dei diversi punti di vista, la
Ng sviscera approfonditamente i pensieri e le azioni dei personaggi:
con il rischio di risultare, a volte, un po’ ridondante.
Per
un genitore, un figlio non è solo una persona: un figlio è un
luogo, una specie di Narnia, uno spazio vasto ed eterno dove il
presente che stai vivendo, il passato che ricordi e il futuro che stai attendendo con ansia coesistono nello stesso istante. […] È
un luogo in cui trovare rifugio, a patto di sapere come entrarci. E
ogni volta che lo lasci, ogni volta che tuo figlio esce dal tuo campo
visivo, hai paura di non potervi più fare ritorno.
Benché
non sia un thriller, Tanti piccoli fuochi ne ha il
ritmo e gli intrighi. È un garbuglio di fraintendimenti, bugie e non
detti, di cui soltanto lettore e narratrice hanno la visione
d’insieme. Alcuni personaggi non vengono mai sfiorati dalle
conseguenze della vicenda in atto. Altri, senza grandi epifanie,
cambiano seduti sui gradini del portico. A differenza che nella serie
TV, immagino ben più focalizzata sullo scontro ideologico tra Mia e
Pearl, queste donne agli antipodi non si accapigliano e di rado
figurano nella stessa pagina. I veri protagonisti sono i loro figli,
imprevedibili e ormonali, insieme al magnetismo che lo status
dell’una esercita sull’altra. Le madri di Celeste Ng ascoltano,
ficcanasano, agiscono per un bene maggiore. E ci fanno riflettere sui
bambini nati in serie, su quelli mai venuti al mondo, su quelli
promessi e poi pretesi indietro. Cos’è più forte: la biologia o
l’amore?
Mentre nel quartiere si confabula dell’adozione in forse dei McCollough, ci si alzerà di frequente da tavola con il broncio; si infrangeranno i dogmi del politicamente corretto parlando per la prima volta di fecondazione assistita o aborto. Purtroppo, con il senno di poi, sono costretto a mettere in discussione quell’incipit forte ed esplicativo all’inizio lodato: dice troppo – colpevole incluso –, mentre l’epilogo aggiunge troppo poco. Nel mezzo mezzo, a dispetto della mancanza di colpi di scena, ci sono per fortuna pagine rimarchevoli e tantissima carne al fuoco. Il successo di Celest Ng, un’intrusa in quel di Shaker Heights, non è solo fumo.
Mentre nel quartiere si confabula dell’adozione in forse dei McCollough, ci si alzerà di frequente da tavola con il broncio; si infrangeranno i dogmi del politicamente corretto parlando per la prima volta di fecondazione assistita o aborto. Purtroppo, con il senno di poi, sono costretto a mettere in discussione quell’incipit forte ed esplicativo all’inizio lodato: dice troppo – colpevole incluso –, mentre l’epilogo aggiunge troppo poco. Nel mezzo mezzo, a dispetto della mancanza di colpi di scena, ci sono per fortuna pagine rimarchevoli e tantissima carne al fuoco. Il successo di Celest Ng, un’intrusa in quel di Shaker Heights, non è solo fumo.
Il
mio voto: ★★★½
Il
mio consiglio musicale: Adele – Rumor Has It
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