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mercoledì 16 febbraio 2022

Giuseppe Barazzetta, a Jazz Life

 

Finalmente, mi viene da dire, una volta terminata la lettura di questo libro. E sì, perché in questo momento, il testo di Barazzetta incarna e “traduce” la miriade di dibattiti che si svolgono da sempre attorno al Jazz italiano, molto più di testi enciclopedici come quello di Mazzoletti [1], o di vera e propria ricerca sul tema, come le relazioni del convegno “Jazz e cultura mediterranea” [2].


Intanto perché Barazzetta è tra gli appassionati jazzofili che hanno perorato la causa della comprensione e relativa diffusione di questa musica che chiamiamo Jazz dal suo apparire in Italia.
 
Con la sua felice penna infatti collabora come redattore, praticamente da subito, all’unica rivista di Jazz per molti anni pubblicata in Italia. [3]
Sua è anche la prima discografia italiana, con la collaborazione di Enzo Fresia e Oscar Moiraghi, apparsa sulla prima enciclopedia del Jazz [4] mai pubblicata al mondo.
E ancora frutto del suo lavoro è “Jazz inciso in Italia” [5], agile libretto che inaugurava la collana di libri di “Musica Jazz”, dove l’autore si prodigava nel documentare e recensire quasi tutta la musica registrata nel nostro paese da musicisti italiani o da illustri ospiti stranieri, creando il primo archivio di incisioni del Jazz italiano.


Ma questo non è l’unico motivo che mi spinge ad usare parole di riconoscenza verso l’autore, che è stato anche curatore e produttore di collane discografiche, corrispondente dal nostro paese per giornali stranieri come il Melody Maker, organizzatore di Festival e concerti.
No, quello che mi preme sottolineare è l’attiva partecipazione, la diretta testimonianza e l’infinita passione che Barazzetta ha vissuto al fianco e dentro la Storia del Jazz italiano.


Questo, come dicevo in apertura, è l’aspetto più interessante, che ho ritrovato solo in pochi testi, come quello di Cogno [6], e in parte nella raccolta di ricordi del batterista Franco Mondini [7] o di Rudy Rabassini [8], perché rispecchia l’aspetto più vero di questa musica, quello che, in una parola, si potrebbe definire Glocal, dove la visione globale del Jazz viene raccontata attraverso la lente “locale” della personale esperienza umana.
 
Cito Barazzetta che cita John Lewis:
…il Blues è come una confessione… è completamente identificativo di chi lo suona o canta… è come uno specchio.


Per cui i ricordi di Barazzetta, diventano pagine di Storia, della nostra storia, come quando, sul finire degli anni Trenta, l’autore iniziò ad acquisire la consapevolezza di un necessario bisogno di individuare una politica “diversa” da quella imposta dal regime, cambiamento al quale contribuì il carattere di “musica contro” che il Jazz rappresentava in quegli anni, o come quando nel 1943 fu fatto prigioniero dalle essesse, dalle quali riuscì a fuggire, rifugiandosi in Svizzera (terra neutrale alle imposizioni del regime fascista), dove ebbe la possibilità di frequentare assiduamente l’Hot Club de Neuchatel, il più attivo della Confederazione, approfondendo le sue nozioni jazzistiche che, in Italia, erano proibite ai più.


Descrive ancora la nostra Storia il racconto delle prime riunioni di redazione, in quella Milano del ’46 ancora distrutta dalla guerra, dove insieme a Testoni, Polillo, Roberto Nicolosi, Livio Cerri ed altri collaboratori, il nostro partecipò allo sviluppo della neonata rivista Musica & Jazz, ed alla sua definitiva trasformazione nella testata Musica Jazz, che esiste ancora oggi.

"Eravamo in pochi ma buoni. Ricordo che una volta al mese Testoni mi mandava a fare la "colletta" per raccogliere i dischi da recensire ed io andavo a visitare tutte le case discografiche di Milano e chiedevo se avevano qualche disco da darci. Naturalmente ho raccolto improperi però qualche disco buono lo raccoglievo e poi, in redazione, ce lo dividevamo da buoni fratelli. Musica Jazz è stata una esperienza che è andata oltre l’aspetto puramente giornalistico. Il gruppo che la portò avanti fu un vero "vulcano" dal quale eruttavano proposte e innovazioni continue. Le idee di fondo venivano sempre fuori da Testoni, poi noi le organizzavamo e le attuavamo."


Un altra importante memoria riguarda la ri-costituzione dell’Hot Club Milano nel 1946, che annunciava la ripresa delle attività in un clima sociale e politico totalmente diverso da quello nel quale era nato il primo circolo del jazz milanese, il Circolo Jazz Hot Milano, che vide luce per volontà di Gian Carlo Testoni ed Ezio Levi nel 1936, e che a causa delle leggi razziali, che obbligarono all’espatrio forzato alcuni soci, come Levi stesso o Alessio Gurvitz nel ’38, dovette chiudere.
Dico importante perché tramite queste due esperienze, la rivista e la ricostituzione dell’HC, fu possibile organizzare tutti gli appassionati della penisola e costituire, sempre su iniziativa di Testoni, una Federazione Italiana del Jazz. 


Ancora nel libro trovano ampio spazio le emozioni personali dell’autore all’incontro con i musicisti, tra i quali Coltrane, Lee Konitz, Bill Russo, John Lewis, Max Roach, Buddy Collette, Joe Venuti, Wes Montgomery, Tony Scott, Harry Carney e molti altri.
Ovviamente, tra questi, Barazzetta si sofferma su quei grandi che hanno toccato il nostro paese e che lui stesso ha potuto avvicinare, offrendo una visione oltre che squisitamente musicale, ancora più gustosa sul lato umano, sottolineando e, a volte, ribaltando quella osservazione superficiale che negli anni è diventata consuetudine.

Ad esempio, di quando incontrò “Satchmo”, il primo grande jazzista ad arrivare in Italia nell’ottobre del ’49, l’autore ha voluto ricordare un aspetto che, a dispetto della sua fama di eterno burlone, ci racconta della profondità e della consapevolezza dell’uomo Louis Armstrong:
“…sono sicuro che tu non potrai mai renderti del tutto conto del mio stato d’animo quando ti affermo che mia nonna era una schiava. E aggiungo che sto parlando di una donna, oltretutto molto cara, e non di una cosa comprata da un padrone, i cui figli diventarono altrettante cose proprio perché la loro madre era una schiava.

Lo stesso lato umano, in questo caso quasi del tutto assente, ha lasciato traccia dell’incontro tra il nostro e Benny Goodman, che sviando alle domande sulla situazione “attuale” del Jazz, portava il dialogo esclusivamente su contesti che lo “elevavano” dal ruolo di jazzista, dal quale in seguito ha tratto infinita fama, come il suo impegno con alcuni compositori classici (Aaron Copland, Paul Hindemith). Un altro aspetto che è rimasto impresso nella memoria di Barazzetta era l’ostile rapporto che Goodman intratteneva con i suoi musicisti, per i quali aveva spesso parole caustiche, persino dure e che, anni dopo, gli fu confermato dal batterista Gene Krupa il quale, così rispose all’autore sul perché avesse lasciato Goodman nel ’38:

"ma lo sai che non ha mai, dico mai, chiamato nessuno dei musicisti che lavorarono con lui, e siamo stati in molti, sia che fossero solisti o no, buoni o cattivi, col nome proprio? Per lui noi siamo sempre stati dei «pop» qualunque. Hai capito bene? Non ci riconosceva alcun tipo di identità, quella artistica compresa.”


Di tutt’altro spessore è stato il rapporto che Barazzetta ha stretto con Duke Ellington, non a caso conosciuto da tutti come il Duca, anche per la sua eleganza musicale e per la sua nobiltà d’animo, che lasciò un ricordo indelebile e diede anche alcune fondamentali indicazioni per la sua professione di acuto osservatore musicale:

"voi critici non dovete parlare né considerare il Jazz come musica esclusivamente americana, perché questa è «una visione molto europea del Jazz». Ed ancora suggeriva: “di focalizzare sempre l’indagine sul ruolo e l’opera dell’individuo, perché sono sempre loro i personaggi più importanti sulla scena. E non bisogna perdere tempo a raggrupparli in stili, scuole o tendenze. Osserva come io considero i miei individui, so esattamente ciò che ognuno di loro può darmi e sono sicuro che solo loro possono interpretare nella maniera giusta le mie composizioni.

Ma su tutti colpisce la lunga esperienza umana che ha legato Barazzetta a Charles Mingus, di cui vengono pubblicate delle lettere inedite, che ci permettono di conoscere altri aspetti del grande musicista e compositore e, soprattutto, la difficile condizione, da noi immaginata come privilegiata, di un jazzista afroamericano, come racconta lui stesso in questo stralcio di lettera datata 29 maggio 1962:

“…comunque io voglio solo suonare in condizioni più comode e oneste di quelle che ci sono ora. Certo, Miles Davis ce l’ha fatta, ma pensa ai quindici anni di successo che avrebbe potuto avere prima. Pensa a Lester Young che muore in un albergo da un dollaro e un quarto a notte, all’attuale povertà delle famiglie di Fats Waller, di Jelly Roll Morton, di Bird. Perché non dovrei avere il diritto di chiedere a qualcuno del tuo paese se ci aiuta a cambiare qualcosa del potere che c’è sugli artisti? Qui nessuno lo farà. Qui il Jazz lo stanno uccidendo se non va per la strada voluta da Glaser e dai suoi padrini. E se muore qui credi che possa sopravvivere nel tuo paese?


Mingus, che spesso viene dipinto come schivo, irascibile e razzista al contrario, si è rivolto diverse volte con sincerità e modestia all’amico “Joe” Barazzetta, come nel maggio 1966 (di cui viene pubblicata la lettera manoscritta, cosa veramente rara):

Caro Giuseppe, AIUTO! Qui stanno cercando di danneggiare i miei affari. Soprattutto da quando ho registrato la musica di Monterey 1964 [9]. Non conosci qualcuno che vorrebbe lavorare con me… mi serve aiuto…



Ovviamente, su tutto questo, la professionalità del critico Barazzetta, non si è mai lasciata coinvolgere dal giudizio personale ma a noi lettori ci viene offerto il raro privilegio di assistere a questo spettacolo con un posto in prima fila anzi, direttamente tra le quinte del palcoscenico.
In queste duecento pagine Barazzetta è riuscito ad infondere l’anima del Jazz, nel suo aspetto più interessante e vero, che spesso sfugge ai più, e che ne garantisce invece la vitalità e la sua peculiarità come musica sempre nuova, continuamente cangiante, unica nel panorama culturale e di immenso valore umano.


Non è un caso che il libro abbia visto la luce grazie alla Fondazione Siena Jazz, un’istituzione unica nel panorama italiano, con la cura editoriale di Francesco Martinelli, responsabile della Sezione Ricerca del Centro Studi sul Jazz “Arrigo Polillo”, al quale l’autore ha già donato diversi materiali, documentazioni di avvenimenti, fino ai suoi preziosi ricordi contenuti in questo libro.

Non è un caso, dico, perché la passione e la competenza di Franco Caroni, direttore della Fondazione, di Martinelli e di tutto lo staff di Siena Jazz, mantengono lo stesso approccio umanistico rispetto al loro impegno di valorizzazione, diffusione e di insegnamento della musica jazz, che ha sempre avuto, ed ha tuttora, Giuseppe Barazzetta.
 
Grazie Joe!


*********



ITALIAN JAZZ STARS
Label: Angel Records
Catalog# 60001
Format: 10 inch (25 cm)
Country: New York - USA
probably printed between 1956/1957


Tracklisting:


A1) Invenzione (P. Umiliani)
by Gianni Basso and His 5tet:
Gianni Basso (ten sax), Oscar Valdambrini (tp),
Piero Umiliani (p), Antonio De Serio (bass), Rodolfo Bonetto (drums)
recorded in Milan 1952, October 22
first print on 78 rpm Columbia - CJ 1004
first print on 33's Columbia - QS 6009 (1954)

A2) Gim Blues (O. Valdambrini)
by Oscar Valdambrini and His 5tet:
Oscar Valdambrini (tp), Gianni Basso (ten sax),
Adelmo Prandi (p), Antonio De Serio (bass), Rodolfo Bonetto (drums)
recorded in Milan 1952, October 22
first print on 78 rpm Columbia - CJ 1002

A3) Tenderly (W. Gross)
by Flavio Ambrosetti 4tet:
Flavio Ambrosetti (alto sax), Francis Burger (p),
Franco Cerri (bass), Gilberto Cuppini (drums)
recorded in Milan 1953, September 25
first print on 78 rpm Columbia - CJ 1012
first print on 33's Columbia - QS 6009 (1954)

A4) Cool-laboration (R. Nicolosi)
by Roberto Nicolosi and His Orchestra:
Oscar Valdambrini, Giulio Libano (tp),
Mario Pezzotta, Athos Cerroni (tbn),
Michelangelo Mojoli (french horn), Francesco Saverio Scorza (tuba),
Sergio Valenti, Glauco Masetti (alto sax), Fausto Papetti (tenor sax),
Giampiero Boneschi (p), Franco Pisano el. g), Franco Cerri (bass),
Gilberto Cuppini (drums), Roberto Nicolosi (dir, arr).
recorded in Milan 1953, January 16
first print on 78 rpm Columbia - CJ 1005
first print on 33's Columbia - QS 6009 (1954)



B1) Fascinating Rhythm (G. Gershwin)
by Flavio Ambrosetti 4tet:
Flavio Ambrosetti (alto sax), Francis Burger (p),
Franco Cerri (bass), Rodolfo Bonetto (drums)
recorded in Milan 1953, December 5
first print on 78 rpm Columbia - CJ 1018

B2) La Barca dei Sogni (C. Di Ceglie)
by Oscar Valdambrini and His 5tet:
Oscar Valdambrini (tp), Gianni Basso (ten sax),
Adelmo Prandi (p), Antonio De Serio (bass), Rodolfo Bonetto (drums)
recorded in Milan 1952, October 22
first print on 78 rpm Columbia - CJ 1001
first print on 33's Columbia - QS 6009 (1954)

B3) Nancy with the Laughing Face (J. Van Heusen)
by Giancarlo Barigozzi and His Quintet:
Giancarlo Barigozzi (tenor sax, cl), Sergio Mandini (el. g),
Ettore Ballotta (p), Edoardo Rossi (bass), Gilberto Cuppini (drums)
recorded in Milan 1953, September 11
first print on 78 rpm Columbia - CJ 1013
first print on 33's Columbia - QS 6009 (1954)

B4) Stelle Filanti (N. Rotondo)
by Nunzio Rotondo and the Sextet of the Hot Club of Rome:
Nunzio Rotondo (tp), Franco Raffaelli (alto sax),
Ettore Crisostomi (p), Carlo Pes (el. g), Carlo Loffredo (bass),
Gilberto Cuppini (drums)
recorded in Milan 1952, March 27
first print on 78 rpm Columbia - CQ 2342


__________________

[1] Adriano Mazzoletti, Il Jazz in Italia
[2] AAVV, Jazz e cultura mediterranea, ISMEZ,
[3] Musica & Jazz
[4] Gian Carlo Testoni, Arrigo Polillo, Giuseppe Barazzetta, Enciclopedia del Jazz, Messaggerie Musicali Milano, 1953
[5] Giuseppe Barazzetta, Jazz inciso in Italia, Messaggerie Musicali, 1960
[6] Enrico Cogno, Jazz Inchiesta Italia, Cappelli editore, 1971
[7] Franco Mondini, Sulla strada con Chet Baker e tutti gli altri, Lindau, Torino 2003
[8] Rudy Rabassini, Piccola Storia del Jazz a Lucca, Maria Pacini Fazzi editore, 2007
[9] Mingus at Monterey, Live at Jazz Festival, California, Jazz Workshop 001/002 , re-issue on Prestige P-24100, 1981

Nota al post:
Questo "pezzo" è stato scritto e pubblicato nel Aprile 2009, quando il Blog si trovava sulla piattaforma Splinder, oramai scomparsa dal web. In questo nuovo upload ho aggiornato i file di riferimento al vinile ma non i tempi/date del testo riferiti a libro.

Nota alla selezione grafica:
le cover pubblicate in questo post, sono una parte dei dischi che Barazzetta ha curato, scrivendo anche tutte le note di copertina, durante la sua consulenza presso la Carisch, dal 1954 al 1960.
Le fotografie sono tratte dal volume "Una vita in quattro quarti".


martedì 28 settembre 2021

Black and Blue - 10 italian Music postcard, in Blues flavor, from 1946 to 1977

TRACKSLIST:
l. Blues del Dom – 3:26
Nino Culasso (tp), Pietro Cottiglieri (cl), Jesùs Pia (tenor s), Eraldo Romanoni (p), Giuseppe 
Barenghi (g), Ubaldo Beduschi (bass), Claudio Gambarelli (drm), Roberto Nicolosi (arr)
Milano, February 13, 1946
From 78rpm Odeon H18158, “Jazzisti Italiani” series

2. Black and Blue – 2:45
Roman New Orleans Jazz Band: Giovanni Borghi (tp), Luciano Fineschi (trne), Marcello Riccio 
(cl), Ivan Vandor (tenor s), Giorgio Zinzi (p), Bruno Perris (g), Carlo Loffredo (bass), Peppino 
D’Intino (drm)
Milano, January 13, 1953
From LP Columbia 33QPX 8017, “Italian Jazz of the Roaring 50’s”

3. Blues all’Alba – 5:46
Eraldo Volonté (tenor s), Giorgio Gaslini (p), Alceo Guatelli (bass), Ettore Ulivelli (drm)
Milano, 1960
From “La Notte” OST, EP Voce del Padrone 7EMQ 189

4. P.N. Blues – 2:46
Sergio Fanni (tp), Eraldo Volonté (tenor sax, bar. sax), Ettore Righello (p), Giorgio Buratti 
(bass), Gil Cuppini (drm)
Milano, April 19, 1960
From EP Cetra EPD 38, “Jazz in Italy n.3” series

5. Thinkin’ Blues – 4:28
Chet Baker (tp), Piero Umiliani (p., arr), Big Band
Roma, March 1962
From “Smog” OST, LP RCA PML 10320

6. Echoes Of Harlem – 3:26
Bruno Canfora with Radio Rai Big Band: Cicci Santucci, Nino Culasso (tp), Marcello Rosa
(trne), Baldo Maestri (soprano sax), Beppe Carrieri (tenor sax)
Roma, July 12, 1977
From “Tribute To Ellington”, CD Twilight Music / Via Asiago 10 TWI CD AS 05 21

7. Una Tromba e un Blues – 5:10
Oscar Valdambrini (tp), Dino Piana (trne), Glauco Masetti (alto s), Eraldo Volonté (tenor sax), 
Giancarlo Barigozzi (bar. sax), Piero Umiliani (p., arr), Giorgio Azzolini (bass), Lionello Bionda 
(drm)
Milano, March 1966
From “JAZZ DALL’ITALIA n.2 : Big Band Blues”, LP Omicron LPM 007

8. Donna Lu – 2:36
Oscar Valdambrini (tp), Gianni Basso (tenor s), Dino Piana (trne), Renato Sellani (p), Giorgio 
Azzolini (bass), Lionello Bionda (drm)
Milano, January 10, 1967
From “Exciting 6”, LP GTA Records JA 603

9. Circeo – 2:51
Same as #4

10. Blues For Alexandra – 5:20
Romano Mussolini (fender p), Piero Montanari (el. bass), Roberto Spizzichino (drm), Tullio De 
Piscopo (perc.)
Roma 1974
From “Mirage”, LP PDU Pld.A 6018

11. It Don't Mean A Thing – 2:33
Mario Schiano (voc), Cicci Santucci (tp, flgh), Maurizio Giammarco (tenor, soprano sax), 
Antonello Vannucchi (p), Giorgio Rosciglione (bass), Gegè Munari (drm)
Roma, March 1999
From “My Funny Valentine”, CD SPLASC(H) CDH 697

mercoledì 3 marzo 2021

78-33 = 45 _ Beginnin Of Modern Jazz in Italy


Lo so, il titolo è stupido ed io vi avevo promesso che avrei tentato di colmare il buco bibliografico del Jazz suonato ed inciso in Italia dagli anni Sessanta, fino alla fine degli anni Novanta e questo pensavo che sarebbe stato il Capitolo 1, perché da qualche parte dovevo pur cominciare però, proprio mentre lo scrivevo, mi sono reso conto che era necessaria almeno un’introduzione generale, prima di parlare del cosiddetto Jazz “moderno”, quindi il primo capitolo dovrà attendere e non sarà certo l’unica contraddizione... 


Il 1960 è sicuramente rimasto impresso nell’immaginario collettivo come il punto di svolta della nostra sgangherata società… Le Olimpiadi di Roma, il successo di Lascia o Raddoppia e de Il Musichiere, il trionfo della TV che già nel 1961 inaugura “addirittura” la seconda rete, il conseguente incremento dell’alfabetizzazione anche grazie alla trasmissione Non è mai troppo tardi del mitico Maestro Manzi, il miraggio del consumismo, la produzione industriale di automobili e grandi elettrodomestici in catena di montaggio (che in quell’anno si quadruplica facendo assegnare alla Lira l’Oscar di moneta più stabile dal Financial Times), la prima grande manifestazione pubblica per le strade di Genova, contro i missini aggiunti al Governo Tambroni, la consacrazione della Donna come nucleo centrale del focolare domestico (e null’altro, all’infuori di questo [sic!]), l’affermazione del “giovane” come target di mercato e l’esplosione del Cinema d’autore. Questo e tanto altro sembra essersi condensato in quella data comoda, rotonda e quasi rassicurante… 1960.


Ovviamente è una convenzione, come è stato per il Sessantotto, e sappiamo tutti che la spinta evolutiva è iniziata sicuramente prima, almeno nel 1953, quando nacque l’ENI e si è allungata fino a tutto il 1964, quando l’alleanza politica tra la DC e il PSI si concretizzò formalmente ed iniziarono a sgretolarsi i sogni di quei tanti che avevano partecipato a costruire fattivamente l’edilizia abitativa o le centinaia di migliaia di frigoriferi e che ora, nonostante i nuovi ritmi stressanti di rate e cambiali, non riuscivano a riempirli come sognavano… perfino la scena cult di quell’anno è un po’ posticcia, in quanto “l’esotica” Anitona, che attira Marcello, il belloccio, tra le correnti della passione ne La Dolce Vita, è in realtà un’interposta suggestione che Fellini ha avuto da una foto di Pierluigi Praturlon, che immortalò davvero la Ekberg nella fontana di Trevi nel settembre del 1958 per il Tempo, lo sapete, no?


Tutto questo, naturalmente, si è riflesso anche nel Jazz. 

E sì, perché se il 1960 potrebbe essere un punto cardine “comodo” per localizzare l’esplosione del Jazz nel nostro Belpaese, c’è da dire che per gli storici l’esordio su disco del Jazz moderno italiano porta il nome del Sestetto Be-Bop Gilberto Cuppini, e viene attribuito ad un paio di sedute d’incisione realizzate molto prima: la prima registrata nel Giugno del 1948 riporta A Night in Tunisia / Salt Peanuts e Bop Bop / Drums Be Bop e la seconda è del Marzo del 1949, quando un altro Sestetto, sempre guidato dal prolifico Cuppini, registrò altre due tracce, per me più memorabili e non per i titoli curiosi, questa volta con Giulio Libano alla tromba, Glauco Masetti al sax alto e Franco Pisano alla chitarra «quei due titoli li inventai mentre eravamo in sala d’incisione, ispirato ovviamente dai vari Ornithology e Anthropology scritti da Bird & Diz» [1]


Esophagus e Egyptology, questi i titoli del '49, suonano davvero nuovi, forse per l’assolo di Libano (un trombettista che non ha avuto ancora il suo posto nelle cronache) e soprattutto per quello di Pisano alla chitarra, o forse sarà per il drumming più energico di Cuppini, che sembra aver finalmente accantonato per un attimo la lezione arrotondata di Gene Krupa o per le sue vocalizzazioni, gridate timidamente ma con sincera enfasi… insomma, sarà per quel che sarà, fatto sta che tutto quello inciso fino a quel momento, d’incanto, suona irrimediabilmente più vecchio.


Oggi questi brani celebri di Parker & Gillespie sono degli standard, a volte anche triti e ritriti, ma all’epoca il be-bop non è che fosse così diffuso, anzi… «Grande scalpore ha suscitato dagli USA il fiero proclama con cui il direttore della rete radiofonica KMPC bandiva dai suoi microfoni la musica re-bop, detta anche (altrettanto nebulosamente) be-bop. Come i lettori di Musica e Jazz sanno, il vocabolo re-bop, che ha sostituito nel cuore dei tifosi americani il boogie woogie, dopo aver designato in un primo tempo lo stile ultradinamico e acrobatico del trombettista Dizzy Gillespie e del suo emulo, l’altosassofonista Charlie “Bird” Parker (re o be-bop è appunto il suono onomatopeico che vuol imitare gli scoppiettamenti di Dizzy), designa oggi tutto un genere musicale. Si tratta di lunghe e indiavolate sarabande, di vago sapore cannibalesco, che giungono ad un vero parossismo attraverso una serie di riffs incalzanti, quasi sempre inarticolatamente vocalizzati» [2].


Ora, se anche volessimo andare oltre gli strali del futuro Direttore della più nota rivista italiana (all’epoca MJ era sotto la direzione di Testoni), che in seguito ammorbidirà di molto il tono, è necessario ricordare che all’epoca le incisioni americane “moderne” circolavano poco e niente in Italia dove, per tutti gli anni Quaranta era tutto un boogie-woogie e la parte del leone la facevano i brani di La Rocca e Fats Waller o, quando andava bene, era tutto uno swisare sulle canzoni dei fratelli Gershwin o di Duke Ellington… 


Ancora nel 1948 giusto la Parlophon (etichetta tedesca fondata da Carl Lindstrom alla fine del ‘800 come produttrice di grammofoni, poi riconvertita a stampare supporti discografici) pubblicava alcuni nomi dello “stil bop nuovo” e fu solo nell’autunno di quello stesso anno che il mercato discografico italiano ebbe una vera scarica defibrillante rispetto alla contemporaneità, grazie anche a Walter Gürtler (nato a Basilea ma residente a Milano) ed alla sua Celson, che offrì una più vasta offerta di matrici Dial, Keynote o Vox sul mercato italiano. Ma gli altri non seguirono l’esempio… Solo nel 1955 la Fonit ristampò alcune di quelle matrici, come il Quintetto di Parker con Miles Davis del 1947, nella serie “Riviera Jazz”, che infatti fu salutata con clamore dai fans italiani, visto che i Celson erano praticamente introvabili già all’epoca.

Anche per questo è diventata consuetudine definire quelle tracce del Sestetto di Cuppini come la “miccia” che ha fatto esplodere il Jazz moderno in Italia.


La paternità di modernità attribuita da Mazzoletti a quella manciata di incisioni è quindi tecnicamente indiscutibile (anche perché è un autore tanto contestabile per impostazione, quanto bravo a fare il suo lavoro di ricercatore), però solo se si è tra quei pochi fortunati che hanno avuto l’occasione di ascoltare quelle rare tracce.


Fortunati dicevo, perché quelle registrazioni, incise una per facciata su dei rigidi 78 giri in gommalacca della Voce del Padrone, sono di difficile reperibilità persino oggi, figuriamoci all’epoca, quando i dischi non erano alla portata di tutti, soprattutto in un Paese uscito da poco dalla devastazione di una guerra mondiale e la “rete” era ancora lontana pur dall’essere immaginata… per dirla con le statistiche, le fonti riportano 1.000.000 di 78 giri venduti in Italia nel 1946 [3], quando i residenti saranno stati 45/46 milioni circa; un 2% di fortunati, quindi, ben sapendo che i 2/3 delle incisioni erano a stampo classico o “canzone” ed il Jazz non aveva certo la parte del protagonista. 

Per cui, se è innegabile che quelle date tra il 1948 e ‘49 sono un “punto di svolta” storico, è vero anche che restano un “dettaglio da collezionista”, un pruriginoso e pignolo appunto da “discografo”, senza pensare che la maggior parte di noi poveri, mortali e piccoli appassionati, potremmo non averne mai nemmeno visto le fattezze né, tantomeno, udito la sua voce.


Ecco perché io ritengo che la “bolla” del Jazz moderno dovrà attendere ancora qualche anno per essere definita tale, perché se è fuor di dubbio che la musica è un’Arte, è altresì innegabile che il suo sviluppo dipenda, in maniera più o meno direttamente proporzionale, dai mezzi di diffusione di massa, come per tutte le altre Arti, ed ha come conseguenza la penetrazione della stessa nei diversi strati sociali e l’affermazione nei vari interessi culturali delle persone, in uno scambio evolutivo reciproco.


Potremmo quindi dire che è con la più ampia diffusione del microsolco in vinile, che ancor oggi tutti conosciamo come il Long Playing, che la musica diventerà moderna?
Possibile, anche se personalmente ritengo che sarà il trionfo dei 45 giri, con la loro leggera, economica e ben più dinamica accessibilità che la nostra amata musica affronterà la pubertà, di pari passo col supporto che la trasmette e la contiene.

78-33 = Jazz moderno in Italia? questo sarà un altro capitolo.


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Podcast: Italian Jazz on Shellac 78rpm - from 1940 to '49

 
Note alla Selezione musicale:

01. On The Sunny Side Of The Street - I Sette della 013 di Piero Piccioni: Stelio Subelli (tp); Riccardo Rauchi (cl); Dasy Messana (tenor sax); Bruno Martino (p); Enzo Grillini (g); Werther Pierazzuoli (bass); Paolo Tagliaferri (drums) _ Rome 1945

02. Boogie Woogie Per Tre - Franco Mojoli (cl); Giampiero Boneschi (p); Claudio Gambarelli (drums); Roberto Nicolosi (arr) _ Milano, October 16, 1945

03. Exactly Like You - Nino Culasso (tp); Pietro Cottiglieri (cl); Jesus Pio (tenor sax); Eraldo Romanoni (p); Giuseppe Barenghi (g); Ubaldo Beduschi (bass); Claudio Gambarelli (drums); Roberto Nicolosi (arr) _ Milano, February 13, 1946

04. Improvvisazione (I Got Rhythm) - Gorni Kramer (accordeon); Ubaldo Beduschi (bass) - Milano, October 1941

05. Night In Tunisia - Nino Impallomeni (tp); Marcello Boschi (alto sax); Eraldo Volonté (tenor sax); Giorgio Gaslini (p); Antonio De Serio (bass); Gil Cuppini (drums) _ Milano, June 10, 1948

06. Salt Peanuts - as track #5

07. Esophagus - Giulio Libano (tp); Glauco Masetti (alto sax); Pino Spotti (p, arr); Franco Pisano (g, arr); Antonio De Serio (bass); Gil Cuppini (drums) _ Milano, March 25, 1949

08. Egyptology - as track #7

09. Stupendous - Glauco Masetti (alto sax); Gianfranco Intra (p); Beppe Termini (bass); Rodolfo Bonetto (drums) _ Milano, December 1949


[1] Gil Cuppini su “Il Jazz in Italia” di Adriano Mazzoletti – EDT 2010

[2] Arrigo Polillo - Musica Jazz, 20 luglio 1946

[3] Vito Vita “Musica Solida” – Miraggi edizioni, 2019

sabato 29 ottobre 2011

The Man I Loved - Galleria del Jazz italiano 1946_1948


This cd has reprinted the complete series of ODEON “Jazzisti Italiani”, published only on 78 rpm, born after the radio broadcast “Galleria del Jazz” (from 1945 to 1946), conducted by Roberto Nicolosi (Genoa 1914 - Rome 1989), multi-instrumentalist, arranger and certainly one of the first italian jazz critics
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Cina, Cina alias Chinatown, My Chinatown

This series, with the “I Maestri del Ritmo” series (ODEON), a dozen discs recorded between 1941 and '43, the “Italian Jazz Stars” series, recorded between 1951 and 1956 and published for the first time on 78 rpm from Columbia, and the “Jazz in Italy” (Fonit-Cetra) that produced, from 1960 to 1961, 16 EP 45 rpm and one LP, build the foundations for a Italian jazz discography.


Credits:

Part One
(Jam Session A, B & C)


Part Two
(Jam Session D, E, F & G)




venerdì 3 settembre 2010

Italian Jazz Stars - 1952/1953

I'm here.
These days I stayed elsewhere, but not far from my passions.
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For example, for the first time I visited the Fondazione Siena Jazz, during the 40th edition of International Higher Masterclasses Workshop, thanks to the kind invitation of Francesco Martinelli, conductor of one of the most important International Centre for Jazz Information and Research.
It was a beautiful experience, involving all my senses and my emotions, difficult to explain only in words, even those of my native language...

What I want to say to you, is that:
if you only listened to records, you would may think that jazz, as we know, could die.
But if you spend a week in Siena, then you'll think that is alive and well, that jazz has more faces than you can remember in a lifetime and that speaks more languages than we could ever study.


Among the many meetings (Bobby Watson, Claudio Fasoli, John Taylor, Paolino Dalla Porta, Ettore Fioravanti, Avishai Cohen, Mauro Negri, Riccardo Del Fra...), in Siena I met some new friends.

For example Howard Mandel, a Chicago jazz writer who lives in New York, author of books like "Future Jazz" [Oxford University Press, 1999] and his last work "Miles, Ornette, Cecil: Jazz Beyond Jazz [Kindle Edition], also presented in Siena. Mandel is also the artistic producer for National Public Radio, a teacher at the University of NY and president of the Jazz Journalists Association.
Howard, who has a jazz overview with many nuances, which has a fascinating oratory skills, which can read the events that occur in the arts, without separate them from what happens in the USA society (and not everyone, believe me). But, he didn't know Nunzio Rotondo, Roberto Nicolosi or Umberto Cesàri.


In addition to Howard, I knew the delightful Thierry Quénum, a French jazz-writer, who writes on the historic Jazz Magazine, and collaborates with jazz.com. Thierry is also a jury's member for the Django D'Or and for the European Jazz Prize (Austria). He has been published for several years in Italy, on Jazzit magazine, the column ICI LA FRANCE, cut critical and challenging, as he is.

In Siena Quénum has presented an interesting lecture on "European Jazz after 1960", where he told the reason for the flowering of cool in Europe, where he compared the different European capitals to New Orleans, Kansas City, Chicago and New York in 1920, remembering that have generated many different scenes and substyles, and revealed many different soloists who have collaborated across the Atlantic.

Following the conference, Thierry has indicated that the strength of European jazz after the sixties, was to leave completely the American's jazz emulation.
In the same context he has presented some contemporary jazz-scenes, showing the programs and intentions of many European festivals, but he never contemplated Italy, more than Siena, of course.


So, this post is dedicated to Howard and Thierry - and also Francesco, of course, because he made me live a dream, and met two new friends -.
I hope that when you hear these rare recordings, you'll also have one more friend.

These rare tracks, that I share with you, are some of the recordings of the "Italian Jazz Stars" series, one of the first totally dedicated to modern Italian jazz, recorded between 1951 and 1956, published for the first time on 78 rpm from Columbia.

These recordings were reissued for the first time on microgroove 33 rpm in 1954 (Columbia QS 6009) edited by Arrigo Polillo.
The same collection on LP, was republished in the U.S. by Angel Records (60001).

Subsequently, by Alessandro Protti and Lino Patruno, were printed other matrices of this series, assembled with other traditional jazz tracks, recorded also for Columbia, published on LP in 1961, under the title "Italian jazz of the Roaring 50's".



Credits:

«Italian Jazz Stars»
Label: Angel Records
Catalog# 60001
Format: 10 inch (25 cm)
Country: New York - USA
probably printed between 1956/1957

Tracklisting:


A1) Invenzione (P. Umiliani)
by Gianni Basso and His 5tet:
Gianni Basso (ten sax), Oscar Valdambrini (tp),
Piero Umiliani (p), Antonio De Serio (bass), Rodolfo Bonetto (drums)
recorded in Milan 1952, October 22
first print on 78 rpm Columbia - CJ 1004
first print on 33's Columbia - QS 6009 (1954)

A2) Gim Blues (O. Valdambrini)
by Oscar Valdambrini and His 5tet:
Oscar Valdambrini (tp), Gianni Basso (ten sax),
Adelmo Prandi (p), Antonio De Serio (bass), Rodolfo Bonetto (drums)
recorded in Milan 1952, October 22
first print on 78 rpm Columbia - CJ 1002

A3) Tenderly (W. Gross)
by Flavio Ambrosetti 4tet:
Flavio Ambrosetti (alto sax), Francis Burger (p),
Franco Cerri (bass), Gilberto Cuppini (drums)
recorded in Milan 1953, September 25
first print on 78 rpm Columbia - CJ 1012
first print on 33's Columbia - QS 6009 (1954)

A4) Cool-laboration (R. Nicolosi)
by Roberto Nicolosi and His Orchestra:
Oscar Valdambrini, Giulio Libano (tp),
Mario Pezzotta, Athos Cerroni (tbn),
Michelangelo Mojoli (french horn), Francesco Saverio Scorza (tuba),
Sergio Valenti, Glauco Masetti (alto sax), Fausto Papetti (tenor sax),
Giampiero Boneschi (p), Franco Pisano el. g), Franco Cerri (bass),
Gilberto Cuppini (drums), Roberto Nicolosi (dir, arr).
recorded in Milan 1953, January 16
first print on 78 rpm Columbia - CJ 1005
first print on 33's Columbia - QS 6009 (1954)



B1) Fascinating Rhythm (G. Gershwin)
by Flavio Ambrosetti 4tet:
Flavio Ambrosetti (alto sax), Francis Burger (p),
Franco Cerri (bass), Rodolfo Bonetto (drums)
recorded in Milan 1953, December 5
first print on 78 rpm Columbia - CJ 1018

B2) La Barca dei Sogni (C. Di Ceglie)
by Oscar Valdambrini and His 5tet:
Oscar Valdambrini (tp), Gianni Basso (ten sax),
Adelmo Prandi (p), Antonio De Serio (bass), Rodolfo Bonetto (drums)
recorded in Milan 1952, October 22
first print on 78 rpm Columbia - CJ 1001
first print on 33's Columbia - QS 6009 (1954)

B3) Nancy with the Laughing Face (J. Van Heusen)
by Giancarlo Barigozzi and His Quintet:
Giancarlo Barigozzi (tenor sax, cl), Sergio Mandini (el. g),
Ettore Ballotta (p), Edoardo Rossi (bass), Gilberto Cuppini (drums)
recorded in Milan 1953, September 11
first print on 78 rpm Columbia - CJ 1013
first print on 33's Columbia - QS 6009 (1954)

B4) Stelle Filanti (N. Rotondo) *
by Nunzio Rotondo and the Sextet of the Hot Club of Rome:
Nunzio Rotondo (tp), Franco Raffaelli (alto sax),
Ettore Crisostomi (p), Carlo Pes (el. g), Carlo Loffredo (bass),
Gilberto Cuppini (drums)
recorded in Milan 1952, March 27
first print on 78 rpm Columbia - CQ 2342


*This last track, actually was not published in this series, but was also included in the Angel anthology.
In the «Italian Jazz Stars», Nunzio Rotondo has registered with His Cool Stars.

Here, you can listen one track of this combo.

Cool, Please (Rotondo)
Nunzio Rotondo (tp), Francesco De Masi (french horn),
Aurelio Ciarallo (bass cl), Gino Marinacci (tenor sax),
Vittorio Paltrinieri (hammond org), Tonino Ferrelli (bass), Gilberto Cuppini (drums)
recorded in Milan 1953, March 7
first print on 78 rpm Columbia - CJ 1006
first print on 33's Columbia - QS 6009 (1954)