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lunedì 25 maggio 2015

Sandro Brugnolini & Modern Jazz Gang - The Milestrane 1959 - 1964 _ Vol.1


Vi ho già parlato della Modern Jazz Gang, una delle poche formazioni di jazz italiano che, evolvendosi dalla precedente incarnazione traditional che prendeva il  nome di Junior Dixieland Jazz Band, ha lasciato un segno indelebile tra gli appassionati, pur se attraverso una limitata manciata di registrazioni. Di Sandro Brugnolini, leader, compositore e arrangiatore della gang, c’è un po’ più di materiale sulla rete, come l’intervista realizzata da Formosa Coweater e pubblicata su hapsnow's whirlwinds. Di entrambi, resta comunque da scoprire un sacco di materiale sommerso: penso alle registrazioni della Junior rimaste su 78 giri (ed apparse solo su un CD allegato alla rivista Blu Jazz, #14 del 1991) ed alle diverse sonorizzazioni fuori mercato, come per i corti “L’Appuntamento” di Francesco [Gibba] Guido (10 minuti del 1965), “L’Assurdo” di Lino Del Frà (11 minuti del ‘66) e “Cenerentola” di Pino Zac (13 minuti del 1966), solo per fare un esempio.

Approfitto delle parole di Brugnolini, pubblicate sul #11 de Il Giaguaro nel 2005, per condividere con voi un’esaudiente compilation della MJG (allegata allo stesso magazine ed OOP), nella speranza di raccogliere altro prezioso materiale in futuro.


«La musica di Bix rappresentò per tutti noi un traguardo da raggiungere, perché era diversa, tracciava un percorso di ricerca che non si limitava all’improvvisazione ma spaziava anche nei campi della purezza del suono e soprattutto della ricchezza armonica. Non che fosse complicata, anzi – Bix era uno di quei trombettisti dal fraseggio semplice e non certo verboso – tuttavia l’attrazione per un ascoltatore attento, e noi lo eravamo davvero (i nostri preziosi dischi a 78 giri di Bix erano diventati quasi bianchi a forza di ascoltarli solco dopo solco in modo da carpire il segreto di quell’accordo così particolare eppure tanto affascinante) consisteva nel fatto che quelle frasi non erano banali, non erano state mai sentite, non ammiccavano per riscuotere l’applauso facile ma anzi si accartocciavano su se stesse quasi per pudore. Tutto questo per un giovane, e noi al tempo lo eravamo, ha un fascino irresistibile perché attiene all’emozionale, perché prescinde dal successo, anzi quasi lo respinge in nome dell’arte assoluta e della ricerca.


E così noi della Junior Dixieland Gang (“dixieland” era il punto di riferimento musicale; gli altri due termini erano due omaggi: “junior” perché a Roma eravamo i nuovi jazzisti rispetto ai già molto noti colleghi della Roman New Orleans Jazz Band; “gang” perché la formazione più celebre, e soprattutto la migliore, di quelle in cui aveva militato Bix Beiderbecke era stata appunto la Gang) ci buttammo a corpo morto a ricreare le atmosfere rigorose ed armonicamente complesse della musica bixiana, studiando e rifacendo quasi pedissequamente tutti i brani di quel repertorio, da Royal Garden Blues a Jazz Me Blues, da At The Jazz Band Ball a Margie, da Louisiana a Mississippi Mud. Cercavamo di assimilarne ogni più piccolo segreto nel fraseggio, negli accenti, in un collettivo così serrato e geniale coi suoi pianissimo alternati ad improvvisi fortissimo, cosa che le altre band non facevano mai suonando quasi sempre, diciamolo pure, al massimo dei decibel.


Ma poi, impadronitici finalmente di quel linguaggio, incominciammo ad usarlo anche su brani che Bix non aveva mai fatto e alla fine componendone anche alcuni originali: come Bixin’ The Blues che io composi nel 1953 e che incidemmo per la Voce del Padrone Pathé a Milano in omaggio al brano più celebre di Bix che era appunto Singin The Blues. Di questo pezzo comunque facemmo pure una versione particolare in cui il compianto nostro baritoni sta, Francesco Forti, arrangiò per quattro fiati l’intero storico assolo che Bix vi aveva inciso. La ricerca in campo artistico, si sa, quando è sostenuta e stimolata da passione sincera e non contaminata, porta ad andare avanti e a non adagiarsi sugli allori. Sicché proprio nel momento in cui, al termine di una serie di concerti in tutti i maggiori teatri italiani (a Livorno trovammo tutta la marineria americana che proprio in quei giorni era nel porto e che, letti i manifesti del concerto, aveva invaso la platea ed era sbalordita ad ascoltare dei ragazzini italiani che suonavano i pezzi più difficili di un repertorio jazzistico che già in USA era riservato agli intenditori) e dopo esibizioni in Radio e l’incisione di una ventina di brani, eravamo al culmine della notorietà e rappresentavamo una specie di punto di riferimento originalissimo nell’ambito di tutto il revival europeo, invece di sfruttare il successo come molti altri avrebbero fatto, decidemmo di ricominciare davvero tutto da zero.


Infatti l’esperienza compositiva e gli approfondimenti dovuti al messaggio bixiano, ci avevano portato inevitabilmente a spaziare su altri mondi, quelli del jazz più avanzato al quale certamente Bix sarebbe giunto molto prima di ogni altro, se la morte non lo avesse colto ad appena 28 anni immergendo la rua romantica figura nell’alone di una leggenda senza fine. Alla sua soria vennero dedicati almeno due film, Chimere con Kirk Douglas in cui, a parte Bix che era morto, suonavano davvero molti dei jazzisti della sua epoca, ad esempio Benny Goodman, e, recentemente, il Bix di Pupi Avati in cui, non essendoci purtroppo più nessun protagonista dell’epoca, tutto è stato sapientemente ricostruito come in una cover. C’è da ricordare che in anni più recenti è esistito una specie di secondo Bix, anche lui bianco, anche lui trombettista, anche lui un po’ pazzo e scriteriato, anche lui un po’ maledetto: Chet Baker, il cui suono purissimo e certi atteggiamenti non solo musicali fanno riferimento a quel clangore argentino che solo la tromba golden, aurea, dorata (quella dell’arcangelo Gabriele, insomma), suonata da Bix, aveva saputo evocare come per miracolo.


Ebbene io ebbi la percezione che si sarebbe potuta proseguire la strada intrapresa da Bix anche e soprattutto nel jazz moderno: così cambiai nome all’Orchestra che divenne Modern Jazz Gang (quel gang rimase come nostalgico omaggio alla matrice sonora). Il gruppo, con nuovi prestigiosi elementi come Cicci Santucci ed Enzo Scoppa che si aggiunsero al nocciolo duo rappresentato oltre che da me (passato nel frattempo dal clarinetto al sax) anche da Alberto Collatina al trombone, Leo Cancellieri al pianoforte e Carlo Metallo al baritono, incominciò a distinguersi per una sua caratteristica speciale: tutti i brani in repertorio non appartenevano ai consueti tunes o canovacci cari al jazz moderno ma erano tutti brani composti e arrangiati da me o dagli altri componenti dell’orchestra. Con Arpo, brano che io composi dedicandolo al logo di Arrigo Polillo, il più importante critico di jazz italiano, la Modern vinse il primo premio per il migliore brano originale arrangiato el Festival nazionale del Jazz del 1958; e con Miles Before and After, altro brano di mia composizione, la Modern Jazz Gang rappresentò l’Italia al Festival Internazionale del Jazz di Sanremo nel 1961. 


Seguirono concerti e dischi, e da qui incominciò anche la meravigliosa e avventurosa esperienza con il mondo del cinema, dapprima per me e per la Modern, poi soltanto per me allorquando, per essere diventato giornalista professionista, dovetti abbandonare i concerti ed i teatri smettendo purtroppo di suonare ma spostando la mia attenzione soltanto sul settore della composizione per il cinema e per la TV, attività che ho potuto poi condurre negli anni, in parallelo con l’impegno giornalistico (sono diventato anche parlamentarista e vice direttore del quotidiano Il Popolo). La Modern infatti era apprezzata da tutti i registi e cineasti d’avanguardia e io, che la dirigevo e ne curavo gran parte degli arrangiamenti e dei brani originali, incominciai ad essere chiamato per musicare decine e decine di documentari culturali d’ogni tipo, tutti ammessi alla programmazione obbligatoria. A volte si faceva come Miles Davis nel celebre film Ascensore per il Patibolo: in sala si improvvisava mentre passavano i rulli delle varie parti della pellicola; altre volte preparavo io i temi e li arrangiavo per la Gang ma poi davo sempre ampio spazio alla creatività dei vari solisti durante la registrazione. Il culmine di questa attività arrivò nel 1962, quando composi la colonna sonora, interamente jazzistica e quasi tutta registrata con la Modern, del fil Gli Arcangeli, che fu molto apprezzato ed ebbe un buon successo. Il disco uscì anche su un 33 giri della RCA e oggi, a distanza di ben quarantadue anni, è stato ripubblicato dalla DejàVu perché considerato un disco “cult”: tra l’latro, alcuni dei miei brani di quella colonna sonora (tra cui Helen’s Blues) erano stati interpretati dalla famosa cantante jazz americana Helen Merrill. A questo punto, dati i miei sempre più pressanti impegni col giornale e con il Palazzo (c’è, inciso anche su disco, un mio brano che si intitola infatti Montecitorio e che è stato per moltissimi anni la sigla televisiva del programma della RAI “Speciale Parlamento), la Modern Jazz Gang incominciò a perdere colpi e pian piano si sciolse, fatte salve alcune rimpatriate in occasioni importanti: per esempio nel 1964 composi le musiche per un documentario, che poi ottenne non pochi premi, e al quale partecipò quasi tutta la Gang con in più, ospite davvero d’eccezione, il tenorsassofonista Gato Barbieri».

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Credits:

The Milestrane 1959 - 1964 _ Vol.1
Label: il Giaguaro Records
Catalog #: GRC 013
Format: CD
Country: Italy
Executive Producer:
Alessandro Casella
Licenced by
Sandro Brugnolini


Tracklisting:


1. Robert's Tune - 03:35 (1959)
2. Arpo - 04:47 (1959)
3. Blue Mirria - 03:28 (1960)
4. Leopoldville - 03:53 (1959)
5. Miles Before and After - 04:29 (1960)
6. Flying Boy - 03:37 (1961)
7. La Città di Pavese - 04:21 (1960)
8. Trickery - 03:37 (1961)
9. Big Concert Blues - 02:26 (1962)
10. Milestrane - 01:53 (1961)
11. Blue Sinanthropus - 03:13 (1962)
12. Homo Sapiens - 01:35 (1962)




13. Medium Herd - 03:15 (1962)
14. Train Up (Tema Lento) - 02:53 (1964)
15. Train Up (Medio Sold) - 05:19 (1964)
16. Train Up (Milestones) - 02:01 (1964)
17. Train Up (Velocistenor) - 02:09 (1964)
18. Things for Alto - 04:59 (1962)
19. Six Gospel Eight Jazz - 02:43 (1964)
20. Steel and Iron - 01:17 (1962)
21. A Trumpet for Veronique - 02:57 (1962)
22. Eliano City Blues - 02:19 (1962)
23. My Lady in the Night - 02:59 (1962)
24. Smog Time - 02:46 (1962)



Notes
all tracks composed by
Sandro Brugnolini

#1 and #4:
EP RCA - EPA 30-358
Cicci Santucci (tp),
Sandro Brugnolini (alto sax, arr),
Alberto Collatina (trne),
Enzo Scoppa (tenor sax),
Carlo Metallo (bar sax),
Leo Cancellieri (p),
Sergio Biseo (bass),
Roberto Petrin (drums)

#2:
LP Astraphon LPA 10001
Cicci Santucci (tp),
Sandro Brugnolini (alto sax, arr),
Alberto Collatina (trne),
Carlo Metallo (bar sax),
Leo Cancellieri (p),
Sergio Biseo (bass),
Roberto Podio (drums)

#3:
EP Cetra EPD42
Cicci Santucci (tp),
Sandro Brugnolini (alto sax, arr),
Alberto Collatina (trne),
Enzo Scoppa (tenor sax),
Carlo Metallo (bar sax),
Puccio Sboto (p),
Sergio Biseo (bass),
Roberto Podio (drums)

from #5 to #13, #18 and from #20 to #24:
documentaries soundtracks, performed mostly by
Cicci Santucci (tp),
Sandro Brugnolini (alto sax, arr),
Alberto Collatina (trne),
Enzo Scoppa (tenor sax),
Carlo Metallo (bar sax),
Leo Cancellieri (p),
Puccio Sboto (vib),
Tonino Ferrelli (bass),
Roberto Podio (drums)
in several cases the band is reduced to
only some of these elements;
in other tracks, however, also include
Maurizio Majorana and Gianni Foccià (bass),
Sandro Serra (perc), Silvana Masone and Simoncini (piano),
Angelo Baroncini (guitar),
Franco Morea and Maurizio Morandi (drums).

from #14 to #17:
ost of “Ogni Giorno” by Piero Nelli
Cicci Santucci (tp),
Sandro Brugnolini (alto sax, arr),
Gato Barbieri (tenor sax),
Franco D'Andrea (piano),
Carlo Loffredo (bass),
Gegè Munari (drums)

#19:
ost of "L'Iradiddio" by Pino Zac
Sandro Brugnolini (alto sax, arr),
Gato Barbieri (tenor sax, cl),
Carlo Metallo (bar sax, clarone),
Angelo Baroncini (el. guitar),
Franco D'Andrea (piano),
Gianni Foccià (bass), 
Gegè Munari (drums)


lunedì 12 gennaio 2015

Armando Trovajoli suona... Ciao, Rudy _ 1967


«Giovannini era più attaccato a Rugantino, Garinei sotto sotto preferiva Ciao Rudy perché gli piaceva il mondo di Fred Astaire. Ma lì ci fu una convergenza di fattori speciali. Il Sistina in quel momento sembrava davvero Broadway, c'erano le scene geniali di Coltellacci, un cast superlativo: Paola Borboni, Giusi Raspani Dandolo, Paola Pitagora, Giuliana Lojodice e poi ovviamente Mastroianni che, non dimentichiamolo, veniva da La dolce vita e da 8 e ½. In Ciao Rudy cantava, ballava, era quanto di più alto si potesse avere su un palcoscenico. Al punto che non è stato più possibile rifarlo»


«Per Garinei era un tormentone, ogni tanto mi convocava e mi proponeva un personaggio, ma alla fine non se ne faceva niente. Nessuno poteva prendere il posto di Mastroianni. Basta pensare a quando entrava in scena al momento di pensare a Quattro palmi di terra in California, che Rudy nello spettacolo immaginava come il luogo dove sarebbe stato sepolto. Mi ricordo che alla sera del debutto, dietro le quinte, Garinei piangeva. Io che lo chiamavo Torquemada, perché era impassibile, non si lasciava mai andare, rimasi di stucco.
Ciao Rudy toccò qualcosa di profondo che lo commosse fino alle lacrime».

Armando Trovajoli a Gino Castaldo, 18 maggio 2008



Credits:

Label: Vik
Catalog#: KLVP 161
Format: LP
Country: Italy
Released: 1967

Armando Trovajoli (piano),
Carlo Pes (guitar),
Maurizio Majorana (bass),
Roberto Podio (drums)



Tracklist :


A1. Ciao, Rudy – 4’55”
A2. Quattro Palmi Di Terra In California – 3’40”
A3. Abbiamo Julio – 3’44”
A4. Questo Si Chiama Amore – 6’14”
A5. Valentino Tango – 4’09”




B1. Gente Matta – 3’55”
B2. Così È Lui – 4’26”
B3. Il Mio Nome – 3’20”
B4. Piaceva Alle Donne – 3’49”

B5. Il Proibizionismo - 3‘27”



giovedì 26 dicembre 2013

Romano Mussolini with Nunzio Rotondo & Lilian Terry _ 1957


Ed eccolo l’esordio su disco della Lilian Terry, registrato a Roma nel 1957, quando la cantante nata al Cairo non aveva ancora compiuto i ventisei anni, e dato alle stampe inspiegabilmente solo tre anni dopo.


La voce della Terry qui sembra molto più acerba, ed appena imbarazzata forse dalla prova di studio, degli EP che registrerà successivamente, come In Swing!, ma presenta già una vibrazione particolare, una dizione musicalmente eccelsa ed una vena bluesy rara per le cantanti allora presenti nel nostro Paese.
 

Questa insolita raccolta, perché di questo si tratta, conferma anche le doti del giovane Romano Mussolini, figlio prodigioso di quel Benito infame, qui appena trentenne con alle spalle un solo EP con quattro tracce, sempre per la RCA, in trio col fidato Carlo Loffredo ed il fenomeno Pepito Pignatelli alla batteria.


La vera stella, a mio modesto parere ma sarete voi a giudicare, è la tromba di Nunzio Rotondo, il più affermato dei tre che all’epoca aveva già inciso diverse facciate per la Columbia con il suo sestetto e con le Cool Stars.
 

Una curiosità: quelli che all’epoca venivano definiti dalla critica “gli insoliti titoli giapponesi” di Rotondo, come Thaganoghi o Noghitonghi Thagani, qui presenti, facevano ancora sorridere il Nunzio degli ultimi anni, che mi raccontò essere solamente il suo tentativo di trascrivere i suoni del primo linguaggio dei bambini, incomprensibili ai più, ma già significanti per un essere ipersensibile come lui.
  


Credits:

Label: RCA
Catalog#: LPM 10010
Format: LP
Country: Italy
Recorded in Rome, 1957
June 12, 13 and 14;
October 19 and 31;
November 2 and 8




Romano Mussolini (p),
Carlo Loffredo (bass)
A1) Gone with the Wind
A2) Topsy

Romano Mussolini (p),
Carlo Loffredo (bass),
Roberto Podio (drums)
A3) You and the Night and the Music
A4) Line for Lyons
A5) Polka Dots and Moonbeans
A6) You Turned the Tables on Me
A7) Laura

Romano Mussolini (p),
Nunzio Rotondo (trumpet),
Sergio Biseo (bass),
Franco Mondini (drums)
A8) There Will Never Be Another You



Romano Mussolini (p),
Nunzio Rotondo (trumpet),
Gino Marinacci (bar. sax),
Sergio Biseo (bass),
Roberto Podio (drums)
B1) Thaganoghi
B2) Noghitonghi Thagani

Romano Mussolini (p),
Gianni Sanjust (cl),
Carlo Loffredo (bass),
Roberto Podio (drums),
Lilian Terry (vc)
B3) I've Got It Bad and That Ain't Good

Romano Mussolini (p),
Carlo Loffredo (bass),
Roberto Podio (drums),
Lilian Terry (vc)
B4) St. Louis Blues

Romano Mussolini (p),
Franco Pozzi (bass),
Roberto Podio (drums),
Lilian Terry (vc)

B5) He's Funny that Way


lunedì 5 novembre 2012

Nunzio Rotondo _ Sound and Silence


Vi ho raccontato diverse volte dell’amicizia che mi ha legato a Nunzio e della stima che ho sempre avuto nei confronti della sua espressione musicale, forse più spesso sul vecchio blog di Splinder, come alcuni ricorderanno, che qui. 

In questi giorni ho ritrovato però un VHS con un vecchio filmato RAI, che lo riprendeva in quintetto al Festival del Jazz di Sanremo nel 1986, che ho voluto condividere con chi è interessato, ed ho cercato nuovamente le emozioni che la sua musica mi ha sempre donato.

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Nunzio Rotondo ha avuto un inizio folgorante, con aperti riconoscimenti delle stars del jazz internazionale e della stampa italiana d’epoca, anche se le sue registrazioni ufficiali si contano sulle dita di una mano. 
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Sound and Silence, almeno questa volta, è davvero un titolo azzeccato.

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Nunzio ha sempre inciso solo il necessario, per seguire quel senso di coerenza che lo ha contraddistinto nel panorama musicale, e che gli è costato caro, lasciandolo ai margini per più di quarant’anni, nonostante fosse uno dei personaggi di spicco nel passaggio tra il primo jazz suonato in Italia e l’affermazione di questa musica nell’attuale forma moderna.
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Ricordo ancora le nostre interminabili chiacchierate quando nel 2005 fu pubblicata una raccolta per la Via Asiago 10, una label nata dall’unione della Twilight Music e la Audioteca Radio Rai.
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Quando uscì quel primo CD, che avrebbe avuto un seguito nel 2007, Nunzio mi chiamava per chiedermi consiglio (lui, quel gigante del jazz chiedeva consiglio a me, piccolo fan, capite di che pasta era fatto?) perché i tipi della RAI volevano che lui firmasse un contratto che regolarizzasse la cessione dei diritti per quelle musiche, dietro un compenso 0,10 centesimi di € per ogni copia venduta (!!!).
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Nunzio si era rifiutato non tanto per l’esiguità vergognosa della proposta, ma perché voleva che le royalties andassero ad un sassofonista che aveva suonato con lui, Romano Liberatore, tanto grande quanto sconosciuto,  e che ora, così Nunzio diceva, se la passava male.
Ma per la RAI questo non era possibile, almeno non formalmente.
Lui non capiva, e non firmava.

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In quei giorni, io ero lì a dirgli che, nonostante la distanza che prendevo dai pirati travestiti da benefattori (altro che downloading illegale, Nunzié, questo è sfruttamento legalizzato), quantomeno queste ri-edizioni avrebbero permesso a nuovi appassionati di ascoltare la sua musica, dal momento che le sue incisioni su vinyle erano ricercate e rarissime da trovare. A Nunzio, allora, si addolciva la voce al pensiero che dei ragazzi potessero conoscerlo attraverso questi nuovi CD ma, ogniqualvolta cercava di concludere l’affaire, c’era sempre un motivo che bloccasse le sue intenzioni.
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Uno di quelli che lo infastidiva di più era il fatto che, quando andava o telefonava in RAI, doveva sempre parlare con una segretaria, una bella donna educata, diceva, che lo trattava più come una pratica da concludere che come l’uomo che era, e che difficilmente riusciva a farsi passare il diretto interessato, cioè Dario Salvatori che cura le riedizioni per la Via Asiago 10, e questo era un mondo non solamente sconosciuto a Nunzio, ma abitato da personaggi che lui si rifiutava di accettare.
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Alla fine, per fortuna mi viene da dire reprimendo un rigurgito di disgusto, le pubblicazioni furono date alle stampe, anche se non credo che Nunzio abbia mai firmato un contratto, e ci permettono di godere di una panoramica di incisioni e collaborazioni, che in questo primo CD vanno dal 1964 al 1980, che vedono Nunzio Rotondo con Franco D’Andrea, Gato Barbieri, Mal Waldron, Joel Vandroogenbroeck e Romano Liberatore, appunto, oltre ai fidi compagni ritmici, Dodo Goya, Franco Mondini, Maurizio Majorana e Roberto Podio.
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Questo CD, come il secondo “The Legend”, non ha mai goduto di felice distribuzione e, anche se a tutt’oggi risultano entrambi disponibili a catalogo, raramente si trova nei negozi di musica. Niente è cambiato nemmeno dopo la scomparsa di Nunzio Rotondo, tantomeno una rilettura a posteriori della sua statura artistica.

È così che ho deciso di metterlo in condivisione con voi, probabilmente attirando le ire degli integralisti del copyright (ma mi facci il piacere...), ma certamente tutelato dal benestare di Nunzio che, dovunque sia in questo momento, sono certo che approverà.

So long Nunzio!

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martedì 31 gennaio 2012

Modern Jazz Gang _ Jazz in Italy vol.6_CETRA EPD 42


La Modern Jazz Gang, debuttò ufficialmente nel gennaio del 1958, durante una serata organizzata dal Jazz Club di Roma, ma per l’assenza involontaria di Sandro Brugnolini (alto sax), si dovette attendere il 14 aprile per poter esprimere un giudizio critico su questo complesso.


In realtà le sue origini risalgono a diversi anni prima, essendo la MJG l’evoluzione della Junior Dixieland Jazz Band, nata nel ‘51 all’epoca del revival italiano, influenzata dalla musica di King Oliver, Jelly Roll Morton e Louis Armstrong. La formazione iniziale era così composta: Giorgio Giovannini, tromba; Sandro Brugnolini, clarinetto; Alberto Collatina sax soprano, tenore e pianoforte; Ferruccio Piludu, trombone; Gino Tagliati, pianoforte; Ennio Marsico, chitarra; Boris Morelli, contrabbasso; Franco Morea, batteria. 


La JDJB è stata, con la Roman New Orleans Jazz Band, la Original Lambro Jazz Band e la Milan College Jazz Society, una delle quattro più importanti formazioni di stile tradizionale e l’unica che ha vissuto, con coraggioso slancio, una continua evoluzione.


Infatti, “dopo nemmeno un anno e mezzo di tentativi neworleanseggianti e quindi di musica nerissima, rimanemmo come magicamente folgorati sulla via di Davenport, la città di Bix Beiderbecke, proprio dalla sparuta componente bianca del jazz. E quella che era stata per noi la Junior Dixieland Jazz Band, già nota nel 1951 soprattutto per una street parade finalizzata a raccogliere fondi e indumenti per gli alluvionati del Polesine, divenne nel marzo del 1953 la Junior Dixieland Gang : laddove « Junior » era come un ossequio alla Roman New Orleans Jazz Band che, insieme con Carletto Loffredo, ci aveva tenuto a battesimo al Jazz Club Roma; « Dixieland » era l'indicazione generica dello stile prescelto e poi costituiva il nocciolo duro, appunto, della prima denominazione dell'orchestra; « Gang », infine, era il segno specifico del tipo di musica che avremmo suonato, in omaggio alla storica Gang di Bix per le incisioni del '27 e del '28”.


Oltre all’amore per le raffinate atmosfere bixiane, la spinta per il primo passaggio evolutivo venne soprattutto grazie alle capacità di arrangiamento e composizione di Sandro Brugnolini e di Francesco Forti, nuovo sassofonista inserito nel nucleo della formazione originaria, permettendo così ad Alberto Collatina di dedicarsi esclusivamente al trombone e, saltuariamente al pianoforte.


Nonostante tutto noi della Gang, giovani evidentemente animati da quel furore bixiano ben poco redditizio commercialmente però molto appagante artisticamente, ci provammo lo stesso e, per primi in Europa (quando si escluda soltanto un preciso momento della vita dello scrittore e musicista Boris Vian), ci rifacemmo in toto allo spirito di Beiderbecke, Trumbauer, Rollini, Don Murray, Bill Rank, Eddie Lang: ci buttammo a corpo morto a ricreare le atmosfere armonicamente complesse di quella musica, studiando e rifacendo tutti i brani del repertorio bixiano, da Royal Garden Blues a Jazz Me Blues, da At The Jazz Band Ball a Margie, a Louisiana, a Mississippi Mud, come ad assimilarne ogni più piccolo segreto di fraseggio, di accenti, di collettivo così serrato e geniale coi suoi pianissimo alternati a improvvisi fortissimo, cosa che le altre band non facevano mai suonando quasi sempre, diciamolo pure, al massimo dei decibel”.


Questa la formazione della JDG dal 1952 al 1954, con unica variazione di Roberto Trillò alla batteria che nel ’53 rilevò Morea : Giorgio Giovannini, tromba; Alberto Collatina, trombone, pianoforte; Sandro Brugnolini, clarinetto, arrangiatore e leader del gruppo; Francesco Forti, sax baritono, alto e arrangiatore; Gino Tagliati, pianoforte; Sergio Nardi, chitarra; Boris Morelli, contrabbasso; Franco Morea, batteria.


"Ognuno di noi, ovviamente, aveva preso a modello il musicista che nella Gang bixiana aveva ricoperto il medesimo ruolo; e tuttavia, pur avendo riprodotto alla perfezione tutti i brani classici di quel repertorio assimilandone compiutamente il fraseggio, impadronitici compiutamente del linguaggio incominciammo ad usarlo anche su brani autonomi, affrancati da quelli di Bix; al punto che, divenuto praticamente il leader del complesso di cui curavo la maggior parte degli arrangiamenti, io stesso mi cimentai addirittura nella composizione di un brano originale, non a caso intitolato “Bixin'The Blues” dove al "Singin" del notissimo pezzo di Bix-Trumbauer avevo voluto sostituire il nome del nostro ispiratore”.


Il 1953 fu un anno fondamentale per la Junior Dixieland Gang. Il 10 marzo tennero un concerto per commemorare il cinquantenario della nascita di Leon Bix Beiderbecke, organizzato dal Circolo Romano Del Jazz presso l’Associazione Artistica Internazionale di Via Margutta. 

Fu un successo di pubblico e di riconoscimenti della critica ufficiale “la JDG si è presentata nell’attuale formazione eseguendo i seguenti brani: Royal Garden Blues, Indiana, Louisiana, Margie, Way Down Yonder in N.O. (ottima esecuzione di Collatina al piano in assolo), Ballin’ the Jack, Mississippi Mud, Canal Street Blues e At the Jazz Band Ball. Il collettivo e gli assoli, di gusto nettamente « bianco », hanno confermato la piena assimilazione dello stile della « Gang » bixiana nei suoi elementi essenziali; non si creda però che non vi sia una personale elaborazione da parte di questi giovani musicisti che in pochissimo tempo hanno veramente fatto passi da gigante: la loro personalità ha modo di risaltare sia negli interventi « a solo » che negli arrangiamenti di gusto sicuro (dovuti alla penna di Brugnolini, Forti e Giovannini). Non avevamo mai sentito una tromba italiana suonare cosi « Bix » come Giovannini; Collatina è una colonna granitica dall’intonazione perfetta; di Brugnolini sono ben note le qualità ed il gusto musicale; a Forti, maestro nel contrappunto e nell’accompagnamento, vorremmo tuttavia raccomandare una sonorità più aggressiva. Ottimi i ritmi. […] È raro trovare in Italia un gruppo di musicisti cosi serii, coscienziosi e preparati musicalmente. Dopo tante caciare goliardiche fa veramente piacere trovare gente che preferisce la musica al frastuono” (Roberto Capasso – Musica Jazz Aprile 1953).


Il 7 e 8 maggio dello stesso anno, i ragazzi della JDG incisero a Milano le loro prime nove matrici, quasi tutti i pezzi suonati al tributo romano più quel “Bixin The Blues” di Brugnolini che, oltre ad essere un chiaro omaggio al loro ispiratore, affermava il loro desiderio, e le notevoli capacità, di creare nuove forme ispirate dalla musica di quel periodo. Poi “ fu proprio come accadeva nelle dorate favole dei film americani dell'epoca: il più importante critico di jazz, Arrigo Polillo, mi spedì a Roma il contratto per una serie di registrazioni con la mitica Columbia-Voce del Padrone-Pathè, dopo aver ascoltato una nostra prova incisa avventurosamente in casa di Alberto Collatina sul « Gelosino » di allora e speditagli senza alcuna speranza nemmeno di risposta. Registrammo i pezzi in una vecchia chiesa sconsacrata al centro di Milano, con i microfoni che pendevano dalle volte, le macchine in sacrestia e non senza problemi: al primo pezzo a Gianni Nardi cadde la penna dentro il foro della chitarra… si bloccò la registrazione e tutti a turno a cercare di sbattere quello strumento per farla uscire di nuovo… Poi, forse per l'emozione, per il fatto di essere al centro di una avventura musicale irripetibile, per l'ansia, per la responsabilità degli arrangiamenti e della direzione che ricadeva soprattutto su di me, a un certo punto mi mancò totalmente il fiato, non respiravo più e fu Nunzio Rotondo, grande nostro amico e maestro di tutti noi all'epoca, a massaggiarmi la schiena insieme con Polillo per farmi riprendere a suonare”.


Dal giugno al dicembre 1953 la Junior effettuò una lunga tournée, organizzata da Carlo Peroni, insieme al quintetto di Nunzio Rotondo, toccando Angera (VA), Torino, Cerano (NO), Livorno, Ferrara, Padova e naturalmente Roma. Rotondo, come fa Enrico Rava oggi, si è sempre accompagnato con molti giovani musicisti, dilettanti o professionisti, prendendo da loro la spinta innovativa ed influenzando, a sua volta. i loro primi passi acerbi. “con Nunzio abitavamo nello stesso quartiere di S. Bibiana, lui in via Cairoli, io in Viale Manzoni. Anche Enzo Scoppa, giovane sassofonista che poi entrò nell’orchestra che formai nel 1956, e che tanto suonò con Rotondo, abitava nello stesso quartiere”.


Nel 1954 Leo Cancellieri, pianista di Sulmona già attivo con Rotondo, sostituì Gino Tagliati, offrendo stimoli nuovi ed illuminando future tendenza della Gang. Il 3 e 4 maggio di quell’anno, incisero ancora una decina di facciate per la Pathé, con l’aggiunta di Sandro Serra al sax tenore. Tutti i brani della JDG furono incisi su 78rpm e ripubblicati in Cd solamente nel 1991, in allegato al n° 14 della rivista Blu Jazz, diretta da Adriano Mazzoletti.

Poi, nell’autunno del 1955 la Junior Dixieland Gang si sciolse “quando, dopo aver suonato alla radio, a vari festival, in tournée, aver inciso una ventina di dischi, eravamo al culmine della notorietà e rappresentavamo una specie di punto di riferimento originalissimo nell’ambito di tutto il revival europeo. Invece di sfruttare il successo, come molti avrebbero fatto, decidemmo di ricominciare tutto da capo”.


L’interruzione, dovuta anche a problemi di salute di Brugnolini ed al suo lavoro come giornalista al quotidiano “il Popolo”, dove per anni si occupò della redazione parlamentare, non fu motivo per perdersi tra i tanti gruppi cometa del jazz ma per elaborare nuove strade a loro più congeniali.
A quel punto io ebbi la percezione che si sarebbe potuta proseguire la strada intrapresa da Bix anche e soprattutto nel jazz moderno; cambiai nome all’orchestra che divenne “Modern Jazz Gang” (quel Gang rimase come nostalgico omaggio alla matrice sonora) e che, anche con nuovi prestigiosi elementi come Cicci Santucci, Enzo Scoppa e Roberto Podio i quali si aggiunsero al nocciolo duro della Gang rappresentato oltre che da me (passato dal clarinetto al sax alto) ovviamente anche da Alberto Collatina al trombone, Leo Cancellieri al pianoforte e Carlo Metallo al baritono, incominciò subito a distinguersi per una sua caratteristica molto speciale: tutti i pezzi in repertorio non appartenevano ai consueti tunes o canovacci cari al jazz moderno ma erano esclusivamente brani composti e arrangiati da me o da altri componenti dell’orchestra. Infatti l’esperienza compositiva e gli approfondimenti dovuti al messaggio di Bix ci avevano portato inevitabilmente a spaziare su altri mondi, quelli del jazz più avanzato”. 


E fu così, come dicevo in apertura, che nel 1958 nacque la Modern Jazz Gang, nella seguente formazione:
Cicci santucci (tp), Alberto Collatina (trne), Sandro Brugnolini (alto sax), Enzo Scoppa (tenor sax), Leo Cancellieri (p), Sergio Biseo (bass), Roberto Podio (drums). La stessa formazione ( con Adriano Pateri che sostituì Cancellieri al pianoforte), partecipò nella terza serata al II° Festival Nazionale del Jazz, organizzato al Teatro Quirino di Roma dal 6 al 11 Maggio ‘58. Di nuovo un tripudio di pubblico e critica, generato sia dall’attesa che dall’aspettativa che la nuova forma della promettente Junior Dixieland Gang avrebbe potuto assumere. Fu quella l’unica occasione in cui la MJG vinse il suo unico premio, la Coppa Paese Sera per il miglior pezzo originale, Arpo di Sandro Brugnolini, apertamente dedicato ad Arrigo Polillo.


Il 26 gennaio 1959, Alessandro Protti e Carlo Magnani, curatori della raccolta “10 anni di jazz in Italia” per la Astraphon, chiesero alla Gang di registrare la loro prima traccia in quella antologia, e la scelta ricadde nuovamente su Arpo, ma con Carlo Metallo (bariton sax) al posto di Scoppa.

Finalmente, tre mesi dopo, Salvatore G. Biamonte suggerì alla RCA di far incidere il primo disco a nome della Modern Jazz Gang, registrato con quella che si può definire la formazione abituale (tre saxes, trombone, tromba e ritmi), con la sola sostituzione di Roberto Petrin al posto di Podio alla batteria. Quattro i brani originali registrati su quel EP, Alexis (Cancellieri), Léopoldville (Brugnolini), Giardino di Boboli (Scoppa) e Robert’s Tune (Brugnolini), anche questi mai più ristampati, tranne i due di Brugnolini apparsi in un CD dedicato alla MJG allegato alla rivista “il Giaguaro” nel 2007.


Con la seguente formazione, Cicci Santucci (tp), Alberto Collatina (trne), Sandro Brugnolini (alto sax), Enzo Scoppa (tenor sax), Carlo Metallo (bar sax), Leo Cancellieri (p), Sergio Biseo (bass), Roberto Podio (drums) più Puccio Sboto al vibrafono, la MJG partecipò alla Coppa del Jazz, indetta nel gennaio 1960, arrivando al IV° posto su settantadue gruppi, dopo il quintetto di Gil Cuppini, il quintetto di Torino capitanato da Dino Piana e l’Enrico Intra trio. In quell’occasione la RCA pubblicò un LP con la singola traccia “Alichi” di Collatina eseguita dalla Gang. Solo nel 2009, per l’etichetta Via Asiago 10, furono pubblicati in CD altri due brani di quel concorso radiofonico, “Polimnia” di Scoppa, Santucci, Metallo e “The Drum is a Tramp” di Scoppa, Santucci, Brugnolini.


Il 6 maggio 1960, la Modern entrò negli studi romani della Cetra, con Puccio Sboto al pianoforte al posto di Cancellieri ed incise ancora una volta “Polimnia” e “The Drum is a Tramp”, più due nuovi originali “Carme for J” (Metallo) e “Blue Mirria” (Brugnolini), per l’EP che venne dato alle stampe come il 6° volume della serie Jazz in Italy.


A quel punto, con quella visibilità acquisita, la Modern Jazz Gang ricevette molte proposte di nuove sedute di registrazione, tra queste segnaliamo quelle per la Adventure, una piccola etichetta romana fondata da Claudio Consorti, proprietario di un noto negozio dei dischi della capitale, tra cui il bellissimo “Miles Before and After”, registrato in due sedute, il 22 settembre del ’60 ed il 17 marzo 1961 e recentemente ristampato ad opera di Paolo Scotti, per la Déjà Vu. Con il brano che diede il titolo a quel fantastico LP, la Modern rappresentò l’Italia al Festival Internazionale del Jazz di Sanremo del 1961.


Molte anche le richieste di sonorizzazione per film e documentari, la maggior parte irreperibile su supporto sonoro, incise su pellicola per la Corona Cinematografica presso l’Elettronica Calpini o la International Recording di Roma. “nel registrare le colonne sonore s’improvvisava mentre passavano i rulli della pellicola; alcune volte i temi e gli arrangiamenti erano preparati, ma ampio spazio veniva lasciato alla creatività dei vari solisti”.


Su tutte citeremo la colonna sonora de “Gli Arcangeli” di Enzo Battaglia, uscita nel novembre 1962 per RCA e ristampata sempre dalla Déjà Vu con questa formazione: Cicci santucci (tp, flgh), Sandro Brugnolini (alto sax, cl), Enzo Scoppa (tenor sax, fl), Carlo Metallo (bar sax), Puccio Sboto (vib), Amedeo Tommasi (p), Maurizio Majorana (bass), Roberto Podio (drums). In tre brani di questa ost è presente la voce di Helen Merrill.


In quello stesso anno la Modern Jazz Gang inesorabilmente si sciolse, con Brugnolini sempre più impegnato nella sonorizzazione cine TV (suo il brano Montecitorio, che è stato per moltissimi anni la sigla televisiva del programma della RAI – Speciale Parlamento), con Santucci & Scoppa che inaugurano un loro quintetto che proseguì insieme per almeno un altro decennio e Carlo Metallo che riuscì ad essere assunto nell’orchestra della Radio.


Certo, ci furono alcune rimpatriate tra Brugnolini ed i membri della Modern Jazz Gang, come quelle del ’64 con Cicci Santucci per il documentario “Ogni Giorno” di Piero Nelli o con Carlo Metallo per “L’iradiddio” documentario di Pino Zac, in entrambe le sedute erano presenti anche Gato Barbieri e Franco D’Andrea. Poi ancora nel ’67 Brugnolini chiamò ancora Santucci ed Enzo Scoppa per l sonorizzazione di “Fantabulous”, film di Sergio Spina e nel ’68 incise con Santucci e Metallo la colonna di “Gungala, la pantera nuda” film di Ruggero Deodato.


Io però continuai la mia esperienza musicale trasferendo le ormai acquisite capacità compositive e di arrangiatore sul piano delle colonne sonore in generale, e dunque anche al di fuori dell’ambito strettamente jazzistico. Per la televisione ho musicato decine e decine di filmati e creato la musica delle sigle di non pochi programmi: la prima sigla del TG2, negli anni Settanta, è stata composta da me con strumenti elettronici allora davvero insoliti; un’esperienza che ha lasciato il segno e che ha avuto un positivo seguito, essendomi specializzato negli ultimi anni proprio nella computer music. In questo genere, che spesso appare inviso a tanti colleghi jazzisti cui forse manca la spinta di rinnovarsi, ho al contrario ritrovato la possibilità di esercitare quel « tutto da solo » che costituisce proprio la caratteristica peculiare del vero autentico jazzista il quale, pur essendo certamente in grado di socializzare nel gioioso ambito del collettivo, è però soprattutto un inguaribile narcisista solitario in quanto «creatore e al tempo stesso interprete» di tutta la musica che va sciorinando”.


Ecco, questa la storia della Modern Jazz Gang, e del suo leader Sandro Brugnolini che, pur non avendo mai vinto un premio (si, lo so, il Top Jazz non esisteva) è stata, e rimarrà per sempre, una delle migliori formazioni italiane di quegli anni Cinquanta e, forse, la più rappresentativa dello spirito sempre cangiante del jazz.


Nota: tutti i corsivi, a parte dove specificato, sono stralci d'interviste a Sandro Brugnolini tratte da Blu Jazz, www.jazzmeblues.it, ed il libretto del CD allegato a "il Giaguaro".

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Modern Jazz Gang  _ Jazz in Italy vol.6 



Credits:

Label: CETRA
Catalog #: EPD 42
Format: EP
Country: Italy

Recorded at Rome,
1960, Maj 6


Cicci Santucci (tp),
Alberto Collatina (trne),
Sandro Brugnolini (alto sax, arr),
Enzo Scoppa (tenor sax),
Carlo Metallo (bar sax),
Puccio Sboto (p),
Sergio Biseo (bass),
Roberto Podio (drums)



Tracklisting:

1) Carme for J - 3:15
2) The Drum is a Tramp- 3:18
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3) Polimnia - 3:45
4) Blue Mirria - 3:30


Thanks at the Centro Studi Siena Jazz for images