I
sorrisi ai neonati sul treno ci dicono che non ha avuto figli. Parte
lesa in un matrimonio senza sesso, continuamente sul piede di guerra,
il giudice Emma Thompson ha un'aria rispettabile, un guardaroba
severo, ma piccoli dettagli ne rivelano l'altruismo e
l'istinto materno. Esperta in autentici casi di coscienza, chiama a
deporre la famiglia di un adolescente morente: in quanto testimone di
Geova, il ragazzo rifiuta la trasfusione.
Avvincente e umano, The Children Act è
nella prima parte un dramma giudiziario convenzionale ma solidissimo.
La seconda, più incerta ma senz'altro toccante, segue invece il
dipanarsi di un candido colpo di fulmine, di una subitanea affinità
elettiva, il cui significato si evince più in pratica che in teoria.
La protagonista, infatti, va al capezzale di Fionn Whitehead: per lui, intelligente e sfacciato, canta e recita Yates. Il giovane –
senza più famiglia, senza più Dio – si affida anima e corpo alla donna,
che ligia al dovere non vuole tuttavia portarsi il lavoro a casa. È già
troppo tardi: in seguito a un imprinting misterioso e immediato, lei gli è entrata sin nel sangue. Se l'ultima mezz'ora non basta
ad approfondire debitamente il rapporto tra il malato ribelle e il
giudice – “My Lady”, come la chiama Whitehead venerandola per
tutto il tempo –, ambiguità e svolte annunciate sono appianate dal monologo finale di un'attrice forse al suo meglio che, piangendo in
abito da sera, si confessa all'infedele Tucci. Ci sono ballate che
vanno cantate: al diavolo le scalette predefinite. Ci sono storie che
vanno raccontate anche se, grandi interpreti a parte, sortiranno
maggiore clamore nei romanzi di Ian McEwan. Ci sono casi straordinari – giudiziari e
non solo – davanti ai quali perfino la legge solleva bandiera
bianca. Abbandonandosi a un ritornello, lasciando andare chi
aveva le smania di farsi libero martire. (7)
Visualizzazione post con etichetta Ian McEwan. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Ian McEwan. Mostra tutti i post
venerdì 30 novembre 2018
Mr. Ciak: The Wife, Widows, The Children Act, The Guilty, Ritorno al bosco dei 100 acri
Etichette:
And the Oscar goes to Mr. Ciak,
Cinema,
Danimarca,
Emma Thompson,
Ewan McGregor,
Glenn Close,
Ian McEwan,
Libri per l'infanzia,
Meg Wolitzer,
Mr. Ciak,
Oscar,
Steve McQueen,
Viola Davis,
Walt Disney
sabato 10 novembre 2018
I film che leggeremo: Grandi autori, grandi attori
Widows
– Eredità criminale
15
novembre 2018
Sono
le mogli affrante di un gruppo di criminali colti in flagranza di
reato. I loro mariti avevano una doppia vita di cui non le donne non
erano a conoscenza e, siccome l'elaborazione pretende spietate
simmetrie, adesso hanno diritto a una doppia vendetta raccogliendo
fedelmente l'eredità dei compagni. Colpiscono il sistema
coalizzandosi e, insieme, le sale cinematografiche di un mese già
pieno di uscite. Se lo sviluppo da classico heist movie poco chiama – l'omonimo romanzo di Lynda La Plante ha già ispirato
una miniserie degli anni Ottanta –, lo stesso non può dirsi di un
cast femminile al tempo del #metoo.
Cuore della rapina una Viola Davis sempre e comunque in odore di
nomination. Le menti, invece, sono lo Steve McQueen di Shame e 12 anni schiavo e l'onnipresente
Gillian Flynn.
Chesil
Beach
15
novembre 2018
Squadra
vincente non si cambia. Lo sa bene Ian McEwan che, passato purtroppo
in sordina con l'intenso The Children Act di cui si parlerà a breve,
quest'anno torna sul grande schermo portandosi dietro una piccola grande
interprete a cui devo il mio amore e il mio odio smisurato per
Espiazione: maestoso
dramma in costume che sempre da un romanzo dell'autore britannico era tratto. Siamo nei primi anni Sessanta, il sesso è tabù. Come
se la caveranno a letto due timidi sposini – lei non poteva che
essere, allora, l'instancabile Saoirse Ronan – durante una travagliata luna di miele? Il romanzo, a
titolo preventivo, mi aspetta sul comodino.
Un
piccolo favore
13
dicembre 2018
Una
gentilezza tra mamme, una cosa da poco. Soprattutto se tu sei Anna
Kendrick, blogger goffa e svampita, e lei al contrario ha le forme statuarie di una Blake Lively affascinante e autoironica. Peccato che
l'invidiata moglie trofeo scompaia nel nulla, con una valigia carica
di segreti e un compito ingrato per l'altra. Il giallo è dietro
l'angolo, nel film campione d'incassi di Paul Feig, ma si tinge a
tratti di glamour e sorrisi sardonici come pare succeda nel romanzo di Darcey Bell. Un po' thriller, un po' chick lit: sarà all'altezza dei paragoni con Big Little Lies?
The
Little Stranger – L'ospite
31
agosto 2018 (USA)
Nemmeno
il tempo di buttare via la zucca intagliata, di chiudere la parentesi
dedicata a brividi freddi e salti in poltrona, che mi trovo di nuovo a
pretendere una visione a tema Halloween. E che visione! Una
villa infestata, l'arrivo di uno straniero, il confine invisibile tra
psiche e paranormale. Scrive Sarah Waters, consolidata promessa del
mystery. Dirige Lenny Abrahamson, che dopo l'indie si dà al gotico.
Ruth Wilson, Domhnall Gleeson e Charlotte Rampling, invece, figurano
come eccellenti padroni di casa. I tiepidi pareri d'oltreoceano
suggeriscono di non aspettarsi il bis, no, all'indomani dei fasti di The Haunting of Hill House. Male che vada, comunque, cosa pretendere di più
british di così?
Wildlife
19
ottobre 2018 (USA)
Ci
sono tanti, troppi buoni motivi per cui dovremmo affrettarci a
conoscere la storia dei coniugi Brinson. Proviamo a elencarne appena un
paio. Si tratta di un dramma neorealista in stile Revolutionary
Road che parla di sogni – l'amore per sempre, quello americano
– in crisi: a portarlo in libreria è stato
l'osannato Richard Ford. È l'esordio alla regia di Paul Dano, attore passato dall'altra parte della macchina da presa fra gli applausi di Cannes e del Sundance. Segna la prima collaborazione tra alcuni dei più grandi e sottovalutati di Hollywood: Jake Gyllenhaal e Carey
Mulligan. Abbastanza per diresì, sì, assolutamente sì?
Bel
Canto
14
settembre 2018 (USA)
Avrebbe
dovuto dirigerlo il nostro Bernardo Bertolucci prima dell'inattività, pare.
Lo ha salvato dal cestone delle sceneggiature dimenticate, infine, il
volenteroso Paul Weitz. È tratto da un titolo Neri Pozza atteso al
varco per una ristampa richiestissima in rete. Ha fra i protagonisti i premi Oscar Julianne Moore, qui splendida cantante
lirica, e un Ken Watanabe sotto sequestro. Insomma, quando è così,
viva il riciclo. Presi in ostaggio dai terroristi in un paese del Sud
America, i due saranno al centro di una storia di suspance,
solidarietà e forse amore. Che melodramma vecchio stampo sia, purché
appassionato.
Etichette:
Carey Mulligan,
Chesil Beach,
Cinema,
Ian McEwan,
Jake Gyllenaal,
Julianne Moore,
Mr. Ciak,
Neri Pozza,
Prossimamente,
Rizzoli,
Romanzi al cinema,
Sarah Waters,
Steve McQueen,
Trailer
giovedì 18 maggio 2017
Recensione: Nel guscio, di Ian McEwan
Non
voglio nascere, mai.
Titolo:
Nel guscio
Autore:
Ian McEwan
Editore:
Einaudi
Numero
di pagine: 173
Prezzo:
€ 18,00
Sinossi:
La
gravidanza di Trudy è quasi a termine, ma l'evento si prospetta
tutt'altro che lieto per il suo piccolo ospite. Ad attenderlo nella
grande casa di famiglia (e nel letto coniugale) non c'è il legittimo
marito di Trudy e suo futuro padre, John Cairncross, poeta povero e
sconosciuto, innamorato della moglie e della civiltà delle parole,
ma il fratello di lui, il ricco e becero agente immobiliare Claude.
Dalla sua posizione ribaltata e cieca, il nascituro gode nondimeno di
una prospettiva privilegiata sugli eventi in corso, ed è lui a
metterci a parte di una vicenda di lutto e di sospetto dagli echi
assai familiari. Certo, la scena non è quella corrotta e
claustrofobica del castello di Elsinore. Certo, i due cognati
fedifraghi, Trudy e lo zio Claude, non hanno regni nordici cui
aspirare. Piuttosto a far gola ai due vogliosi amanti è l'edificio
georgiano su Hamilton Terrace, decrepito ma d'inestimabile valore,
incautamente ereditato da John, i cui pavimenti luridi e la cui
onnipresente immondizia prendono il posto del marcio in Danimarca. Ma
amletico è il crimine orrendo che il narratore vede (o meglio sente)
arrivare, e amletico è pure il suo inesauribile flusso di pensieri
dubitanti, gli stessi che hanno inaugurato al mondo la danza della
modernità.
La recensione
Una
casa in centro che fa gola a
tanti. Una coppia di amanti che pianifica il
delitto perfetto. A farne le spese, il marito di lei: editore sottostimato e poeta mediocre. Trudy e suo cognato, Claude, brindano e confabulano.
Non sanno che il loro non è un triangolo, bensì un quadrilatero.
Sembrano non pensare al testimone che intanto presta
ascolto. E diventa brillo per osmosi, vive l'imbarazzo
degli amplessi, risponde a tono. Nel guscio è
un thriller classico con un intermediario atipico. L'Amleto
contemporaneo non ha il
pentametro giambico del Bardo, ma i commenti sferzanti di
un narratore bambino. L'infida Trudy, infatti, chiacchiera di
cocktail letali – centrifugato di frutta e antigelo, ad esempio – mentre è in dolce attesa. Mancano due settimane al parto. Ma
il feto, nel buio del ventre, ha pensieri precoci
e un udito finissimo. La pancia di sua madre fa da cassa di risonanza. Nonostante i suoi estimatori mi
sconsigliassero di partire da qui, ho deciso di
prendere ugualmente in prestito l'ultimo romanzo di Ian McEwan –
uno dei maggiori autori viventi, forse, ma precisarlo è superfluo.
Imparare a conoscerlo con la riscrittura di un capolavoro. Farsene un'idea, magari sbagliata, con un
esercizio di stile lungo un omicidio efferato, un travaglio e un
altro po'. Pentito, cercavo scuse per
restituirlo intonso al mittente. Finché non le ho cercate nel
romanzo stesso, le scuse, e intrappolato nel guscio del titolo ci sono finito anch'io.
Merito di un nascituro egocentrico, teatrale e dotto, che ragiona di filosofia e decanta vini francesi. Al buio, allena l'immaginazione e aspetta. Come tutti i figli, si angustia per la fine del matrimonio dei genitori (ma ancora prima di imparare a parlare). Ascolta drammi
radiofonici sulla BBC e, senza smentirsi, si professa combattuto tra
l'essere e il non essere. Ironia della sorte: il narratore è
onnisciente, sì, ma impotente. Nessuno lo sente. Non può far altro che scalciare. Sa di essere indesiderato, di stare per nascere in una
famiglia di pazzi. Gli assassini vogliono fuggire con i soldi e
sbarazzarsi di lui. "Veleno" sarà la sua prima parola. Perché
nascere, rischiando di farlo in carcere? Perché non nascere, se non
per godersi il piacere di una vendetta trasversale? La mente, all'inizio, è una tabula rasa? Nel guscio
ci sono le considerazioni sparse, ora meste e ora esilaranti, di un
piccolo uomo già pentito di stare al mondo. McEwan confeziona una tragicommedia originalissima, di interni borghesi e pagine magistrali.
L'effetto è bizzarro, straniante. Il romanzo gira spesso a vuoto,
ambizioso e autocompiaciuto come sospettavo, ma è scritto talmente bene, ma talmente
bene, che non possiamo fargliene una colpa. L'autore è un
fuoriclasse, e lo sa. Lo sapevo anch'io a scatola chiusa, sulla
fiducia, e questo suo esperimento al buio di voci e spettri, di
scelte che pesano, me ne ha dato prevedibilmente conferma. C'è del
marcio in Danimarca – e in Inghilterra. C'è del marcio nel
superare a nuoto il mare del liquido amniotico, nel rompere il
baccello, trovando ad aspettarci a riva tutto il male del mondo.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Massive Attack – Teardrop
Iscriviti a:
Commenti (Atom)