La piccola Anna viene alla luce nel momento giusto o forse in quello sbagliato. Insieme a lei, anche la serie TV che porta il suo nome. Quant’è macabro, infatti, con il Covid ancora in atto, vedere sul piccolo schermo un’Italia silenziosa, deserta e dalla mortalità alle stelle? Il futuro post-apocalittico di cui parla Niccolò Ammaniti, realizziamo con un brivido di sconforto, è già arrivato. Tratto da un buon romanzo pubblicato nel 2015, l’intreccio si amplia e s’infittisce fino a trasformarsi in un capolavoro della serialità nostrana. Il merito spetta all’amatissimo Ammaniti, qui anche regista di folgorante intuito, sempre apparso avanti coi tempi rispetto ai colleghi: questa volta è addirittura profetico. Ambientati in una Sicilia come non l’avete mai vista, trasfigurata in un incubo grazie al lavoro certosino di costumisti e scenografi, i sei episodi seguono il viaggio della protagonista: sopravvissuta a una pandemia che lascia scampo soltanto ai bambini, ha lo scheletro della madre in camera da letto e un fratellino da salvare. Durante il suo cammino, metafora del passaggio dall’infanzia all’adolescenza, si imbatterà in una corte spaventosa popolata da sadiche principesse, spregevoli talent scout, ermafroditi leggendari. Il regista, come recita il titolo di un altro suo famoso romanzo, non ha paura: né dei tabù, né delle svolte poco consolatorie, né degli accostamenti visionari. Acuisce a dismisura la crudeltà e la tenerezza. Anna è violenza, Anna è grottesca, Anna è imprevedibile, con i suoi bambini che a volte ammazzano e altre vengono ammazzati. Anna è l’intentato. E, dal basso della sua statura e dall’alto della sua saggezza, fornisce strumenti per trasformare l’incubo del virus in un’indimenticabile fiaba della buonanotte. Con i delfini nei campi di grano, gli elefanti in spiaggia, i pedalò contro la corrente. (9)
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mercoledì 9 giugno 2021
Le serie TV di aprile/maggio: Anna | Them | The Great | Halston
La
famiglia Emory si trasferisce in un sobborgo bianco
nella Los Angeles degli anni Cinquanta. In fuga da una perdita
indicibile, si imbatte nella scortesia del vicinato.
Popolato da mogli perfette e mariti spavaldi, il quartiere
alto-borghese si mette all'opera per rendere un incubo il soggiorno
dei protagonisti. L'incipit ci svela che resteranno lì
dieci giorni appena. Cos'è accaduto? I pericoli sono al di fuori dei
confini del loro giardino, ma soprattutto dentro di loro.
Ciascuno dei membri della famiglia, logorato dalle conseguenze della
discriminazione, convive con un demone da domare. Come in It, il
terrore assumerà di volta in volta forme personali e ancestrali. Serie antologica destinata a raccogliere con
successo lo scettro di American Horror Story – da qualche anno a
questa parte scivolata nel baratro del cattivo gusto –, Them è un
horror sociologico che affronta la tematica razziale senza l'ironia del cinema di Peele. Qui la crudeltà è una
maledizione antica quanto gli Stati Uniti. Potentissima e disturbante, questa prima stagione sceglie un approccio scioccante e
una deriva sanguinosa come in Tarantino. Di puntata in puntata – da
incorniciare la nona, girata in uno straordinario bianco e nero –,
trabocca di rabbia cieca, disperazione e violenza. Anche troppa, a
detta di coloro che hanno abbandonato la nave davanti alla crudezza
dell'episodio numero cinque: un apposito disclaimer, tuttavia, ci
avvisava sulla portata degli abusi (fisici, psicologici, sessuali, su
minori e animali). Peccato però che Them non vada troppo per il
sottile e che molte sottotrame – ad esempio quella di una bravissima Alison Pill, mogliettina modello dagli istinti omicidi –
vengano chiuse frettolosamente. Fa più paura il destino di un
neonato o la sequenza in cui un'adolescente camuffa il colore della
pelle intingendosi nella vernice? Fa più paura il già iconico Da
Tap Dance, ingegnosa personificazione del fenomeno del blackface, o
la consapevolezza che i mostri reali siano ben altri? Autoconclusiva,
coloratissima nella vezzosa messa in scena ma intrisa di profonda
inquietudine, la serie Amazon vi farà tremare. Oltre che per spavento, per l'indignazione. (8)
Se
l’avessi vista rispettando la tabella di marcia prefissata, The Great sarebbe finita nel meglio
della scorsa annata. Nominatissima alla stagione dei premi, benché
rimasta ingiustamente a bocca asciutta, è trainata da grandi nomi –
lo sceneggiatore è lo stesso della Favorita – e da un cast
che include due degli attori più versatili delle nuove generazioni.
La penna affilata di McNamara si riconosce sin dall’inizio e
contribuisce a rendere irresistibile la serie anche per chi, come me,
non ama i period drama. Ritratto pop, grottesco e deformante
dell’imperatrice di Russia, The Great a ben vedere è più
fedele del previsto nel delineare l’intelligenza rivoluzionaria di
Caterina II. Giovane candida e speranzosa, finita nella corte
promiscua di Pietro per via di un matrimonio combinato, ordisce un
colpo di stato per rendere la Russia moderna. Compagna,
amante e spia, persuade il marito con
le lusinghe e con le cospirazioni. Prima vorrebbe ucciderlo. Poi, confusa dall’insorgere di un nuovo sentimento,
cambia idea. Ama più il suo Paese, però, o il consorte? Elle
Fanning, radiosa come una giovane Kidman, ha tempi comici strepitosi e primi piani intensi: distribuisce macaron sul campo di battaglia e
porta l’Illuminismo a palazzo (con tanto di innesto del vaiolo).
Accanto a lei, Nicholas Hoult: bello come il sole e stupidissimo,
si rivela una spalla preziosa grazie al dono dell’autoironia.
Storia dei vent’anni della Grande andata in moglie a uno zar
fanfarone, la serie Hulu è una commedia nera scritta
meravigliosamente. Una riflessione sul potere, e sulle donne al
potere, al passo coi tempi nonostante le guance
incipriate e i sontuosi abiti d’epoca. Dunque: huzzah! (7,5)
Anno
che vai, Ryan Murphy che trovi. Instancabile, prolisso, sempre uguale
a sé stesso, lo sceneggiatore e regista americano è uno di quelli che critico
sempre ma che sempre, poi, finisco per guardare con puntualità. Dopo l’horror, il
musical e le pièce teatrali, questa volta produce una miniserie su
Halston: stilista a me sconosciuto – divenne famoso per i cappelli
confezionati per Jackie Kennedy, ma realizzò perfino jeans, profumi
e costumi per il teatro –, morto di Aids nel corso della parentesi più
triste degli anni Ottanta. Nonostante Murphy si limiti a starsene
dietro le quinte, porta con sé la solita fotografia noiosamente laccata; il
solito trinomio queer di sesso, droga e disco music; un attore di
richiamo – un Ewan McGregor molto manierato: a tratti convincente,
a tratti pigro – a fare da traino per Emmy futuri. Schiacciato
dalla propria fama, inglobato dalla monotonia dei meccanismi
aziendali, lo stilista nutriva pessimi rapporti con la critica e
aveva per musa l’emergente Liza Minelli. Gli eccessi consueti,
ossia amanti e cocaina a gogò, con orchidee dappertutto e incursioni
frequenti allo Studio 54, non mancano. Ma a sorpresa mancano i
pasticci. Meno dispersivo di altri lavori passati, meno kitsch, il
lineare e gelido Halston ricerca in cinque puntate di lunghezza
variabile l’uomo dietro il marchio. Riesce nell’intento? Nì. La
sceneggiatura, che sembra letteralmente una pagina di Wikipedia, ne descrive
infatti vita, morte e miracoli con attenzione cronachistica, ma
purtroppo manca il guizzo. Evitabile, fatta eccezione per le
emozioni nascoste nel terzo episodio o per la saggezza dell’epilogo.
(5,5)
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sabato 21 dicembre 2019
Mr. Ciak: The Nightingale, Light of My Life, Ready or Not, Ophelia, Teen Spirit, Vox Lux
giovedì 1 agosto 2019
Mr. Ciak ad agosto: la mia ultima volta al cinema con Pensieri Cannibali e White Russian
Salve,
amici. Come state? Il caldo bestiale di quest'inizio di agosto è
tantissimo, sì, ma comunque non abbastanza da impedire le
rimpatriate in sala. Sapete chi ho incontrato di nuovo? Gli
amici-nemici Cannibal Kid e James Ford che, come già accaduto
qualche anno fa, hanno aperto le porte dei loro blog per commentare
insieme le uscite cinematografiche: non di questa settimana, ma
dell'intero mese. Sarà davvero la nostra ultima volta
insieme? Sperando di vederne delle belle – e di trovarli, soprattutto, belli
carichi –, vi lascio con la carrelata di un agosto che,
almeno sul grande schermo, promette al solito qualche ventata di
freschezza, fra commedie generazionali, horror "a mollo", titoli festivalieri da
rispolverare.
Mr.
Ink: Per anni e anni, da ragazzino, sono stato un patito di
wrestling. Non sono più aggiornato da un po’. Accanto a The Rock,
Triple H e John Cena, però, ricordo loro: le Divas. Bionde e sexy
come le conigliette di Playboy. Qualcuna se le dava di santa ragione.
Qualcuna – per esempio Stacy Keibler, ex fiamma di George Clooney –
era più interessata alle paparazzate che al ring. Fare un film sulla
giovane Paige, lottatrice atipica con il look da rocker e il nome di
una delle sorelle Halliwell, poteva essere interessante: mio fratello
mi parla di uno scandalo sessuale che l’ha vista coinvolta e di un
infortunio, purtroppo, che l’ha costretta presto al ritiro.
Restando su toni più superficiali, invece, il film è un’innocua
favoletta femminista sulla scia di Glow con la prezzemolina Florence
Pugh. Già visto, se ne scriverà a breve.
Cannibal
Kid: Mr. Ink era un patito di wrestling?!? Questa non me
l'aspettavo. Questo sì che è un colpo basso! Che Mr. Ink e Mr. Ford
in realtà siano la stessa persona? Se non altro, come chiunque abbia
superato gli 8 anni di età, Ink ha smesso di seguire questo “sport”.
Anche io comunque ho già visto questo film e devo dire che... mi è
piaciuto un sacco. Sorpresa! Dopo Glow, il wrestling femminile mi ha
messo di nuovo al tappeto. Quello maschile invece continua a
sembrarmi una fordianata pazzesca.
Ford: sapevo
della passione di Ink, che ovviamente sostengo e che anzi, sul buon
esempio del fratello, gli consiglio di rispolverare. Non ho ancora
visto il film - ma è tra le visioni obbligate delle vacanze -, ma
quello che posso dire è che la figura di Paige è stata senza dubbio
una delle più importanti per il cambiamento avvenuto nel wrestling
femminile degli ultimi anni: la ragazza è sempre stata parecchio
turbolenta - le sue relazioni sentimentali ed i gossip conseguenti ne
sono la prova -, ma sul ring era un vero talento, e l'infortunio che
l'ha costretta al ritiro giovanissima è stato uno dei più grandi
torti al wrestling che il destino abbia giocato nel passato recente.
Ad ogni modo, aspetto di essere messo al tappeto.
Hotel
Artemis (1 agosto)
Mr.
Ink: Un trafficante, un assassino, due ladri e un poliziotto
s’incontrano in un ospedale privato. Sembrerebbe proprio l’inizio
di una barzelletta triste, di quelle che raccontano gli zii alticci
(o Ford, anticipando la battuta del Cannibale) alle cene di Natale.
Si tratta, in realtà, di un thriller futuristico con un cast
decisamente popoloso, che medie disastrose e un poster italiano
realizzato con gli scart di Paint hanno reso a malapena adatto per
una timida distribuzione estiva. Neanche il piacere di rivedere Jody
Foster, di recente regista di film e serie TV tutt’altro che
memorabili, può spingermi a fare il check-in all’Artemis.
Cannibal
Kid: Film che latita nell'hard-disk da mesi, la sua uscita
italiana mi ha ricordato della sua esistenza. E ora che me ne sono
ricordato, posso dimenticarmene di nuovo. Di cosa stavamo parlando?
Ford: altro
film che mi pare sinceramente scarso e che non intendo recuperare
neppure alla vigilia delle ferie, quando la serata film diventa una
vera e propria goduria, specie sapendo che il giorno dopo ci attende
il mare invece che il lavoro. Passo oltre senza troppi patemi.
Mr.
Ink: The Rock e Jason Statham chi? Ospitato da due boss come
Ford e Cannibal Kid, esperti in risse (verbali) da orbi, mi sembra
una scortesia grande preferire la compagnia dei protagonisti
dell’ennesimo Fast & Furious (reboot, prequel, boh: non so cosa
sia) alla loro. Lo salterò per questo motivo perciò, e non perché
non abbia mai visto in vita mia un capitolo della serie action.
Cannibal
Kid: Mr. Ink, non hai mai visto manco un Fast & Furious?
Devi recuperare il primo, un caposaldo della tamarraggine dei primi
anni zero, mentre il resto della saga è più che altro trascurabile.
Curiosamente, a introdurre Ford alla visione di questa serie
cinematografica ero stato proprio io. Riuscirò a convincere pure il
poco tamarro autore del blog letterario Diario di una dipendenza?
Tutto può succedere, tranne che questo non necessario spin-off
dedicato alla versione action-hero di Ford & Me, ovvero Hobbs &
Shaw interpretati da Dwayne Johnson & Jason Statham, si riveli un
capolavoro.
Ford: questo
spin off di un franchise partito decisamente male e divenuto
interessante con l'arrivo di The Rock e del suo livello oltre misura
di tamarraggine promette di essere uno dei guilty pleasure fordiani
dell'estate: botte, casino, The Rock, Statham, altre botte,
esplosioni, altre botte. E, sempre in tema di wrestling, la
comparsata di un parente dello stesso Dwayne Johnson, considerato da
molti come il "nuovo John Cena", Roman Reigns. Direi che
non posso perderlo.
Mr.
Ink: Lui, asiatico, incontra lei, giamaicana con il visto in
scadenza. Hanno un giorno insieme, New York e pochissime speranze di
lieto fine. Sembra tutto talmente teen e adorabile, ovviamente, che
lo conosco già. Lo scorso anno ho letto infatti l’omonimo romanzo
di Nicola Yoon, giù autrice del passabile Noi siamo tutti, con un
coinvolgimento che non mi sarei aspettato. Un po’ Serendipity, un
po’ Prima dell’alba, come risulterà in sala un genere che, di
solito, preferisco leggere sotto l’ombrellone anziché guardare?
Cannibal
Kid: Finalmente Mr. Ink rivela il suo lato più cannibale, e
finalmente la programmazione cinematografica di agosto mi regala una
youngadultata strappalacrime come si deve. A piangere mi sa però che
sarà più che altro Ford. Dal terrore.
Ford: in
effetti, questo promette di essere l'horror più terrificante
dell'estate. E di fronte ad una cannibalata tale, giro bene al largo.
Mr.
Ink: Gli animalisti devono essersi rotti i cosiddetti.
Squali intrappolati negli uragani del trash, squali che nuotano nei
supermercati sommersi, squali alle prese con le grazie di Blake
Lively o Mandy Moore strizzate in drammatici bikini colorati.
Insomma, non soltanto Steven Spielberg. E alla lobby dei coccodrilli
giganti, invece, chi pensa? Il francese Alexandre Aja, dopo avermi
divertito da morire con Alta tensione, Le colline hanno gli occhi e
Piranha, ci porta in uno scantinato allagato. Una trappola mortale,
in cui la suddetta belva assassina può tormentare Kaya Scodelario:
piuttosto misera a livello di curve, vero, la fanciulla britannica di
Skins è comunque una bellezza da non sottovalutare. Produce Sam
Raimi.
Cannibal
Kid: Una robaccia survival trash con i coccodrilli giganti?
Ma questa è una fordianata gigante che non guarderò mai!
Ah,
la protagonista è Kaya Scodelario? Corro subito a guardarlo!
Ford: Aja
è piuttosto incostante, ma il suo livello di trash abbastanza
elevato da farmi considerare questo survival con coccodrillo gigante
annesso come un altro dei guilty pleasures da ombrellone che mi sa
tanto dovrò cercare di recuperare, immaginando una delle future
battaglie con il Cannibale con me nella parte del rettile mangiatutto
e lui in quello della damigella in pericolo.
Mr.
Ink: Margo Mengoni ed Elisa sono le versioni italiane di
Donald Glover e Beyoncé. Doppieranno Simba e Nala, tanto nel cantato
quanto nel parlato, nel’ennesimo live action non richiesto. Ripeto,
signore e signori, Mengoni ed Elisa: e c’è chi, con anni
d’anticipo, osa lamentarsi se la prossima Ariel sarà impersonata
da un’attrice di colore? Di questo passo attendiamo Crudelia
doppiata da Alessandra Amoroso: i dalmata, così, si ammazzeranno
direttamente da sé, per la gioia delle pelliccerie di ogni dove.
Cannibal
Kid: Considerando che già la versione originale a livello
musicale non è niente di che, per quella italiana c'è proprio da
aver paura. Anche se la scelta di Elisa non mi sembra così malvagia.
Considerando inoltre che già ero stato tra i pochi al mondo a non
aver sopportato la ruffianissima e fordianissima pellicola animata,
questa “nuova” versione, non richiesta soprattutto da me, me la
sbranerò. Se mai la guarderò.
Ford: la
Disney, in evidente crisi di idee, continua a propinare al pubblico
live action dei suoi film d'animazione più noti e amati. E, a meno
di pressioni insostenibili dei Fordini, farò come ho già fatto con
Dumbo e compagnia bella. Finta che non siano neppure usciti.
Mr.
Ink: Inaspettato successo di critica in patria, Booksmart –
esordio alla regia dell’attrice Olivia Wilde – arriva in Italia
storpiato da un titolo a misura di Giffoni. Ritratto adolescenziale
annunciato come fresco e divertente, per alcuni già iconico,
potrebbe essere una delle maggiori sorprese di una stagione
dichiaratamente fiacca. Dopo Eight Grade (se vi manca, recuperatelo!)
ho lasciato un posto vuoto per un altro romanzo di formazione,
sperando che quest’opera prima sia proprio il diamante grezzo di
cui si legge in anteprima.
Cannibal
Kid: Dai, dai, dai. Un film teen che si preannuncia come il
Lady Bird di quest'anno e che si prenota un posto tra i miei nuovi
cult personali. Alla faccia di quello sfigato di Ford, uahaha!
Ford: nonostante
le apparenze cannibalesche - paurosamente cannibalesche - questo film
potrebbe rivelarsi la sorpresa del mese e forse dell'estate,
considerato che incuriosisce perfino un tamarro senza ritegno come il
sottoscritto. Speriamo bene.
Mr.
Ink: Nomen omen. Sumbergence, dramma romantico con a bordo
una coppia di belli e bravi da paura (Michael Fassbender, nella
fantasia di qualche fan, probabilmente si è spupazzato entrambi), è
stato sommerso e superato dagli altri titoli girati nel mentre da
Alicia Vikander e James McAvoy. Io stesso me l’ero procurato in
lingua per poi dimenticarlo presto e senza rimpianti sul mio Hard
Disk. C’è da aggiungere l’aggravante, poi, che il cielo non
brilli da un po’ sulla filmografia ondivaga del regista Wim
Wenders... Meriterà finalmente una rispolverata, e il recupero?
Cannibal
Kid: Se manco a un fan di Alicia Vikander come me è mai
venuta voglia di guardare questo potenziale polpettone che ha già
due anni sul groppone, dubito che verrà a qualcun altro. Forse
giusto a quel tenerone di Ford, uno dei pochi al mondo a cui
quell'altro polpettone con la Vikander, alias La luce sugli oceani,
era piaciuto ancora più che a me.
Ford: La
luce sugli oceani era stato una grande e inaspettata sorpresa, ma c'è
da dire che in quel periodo ero a casa per il mio anno sabbatico dal
lavoro ed avevo le energie fisiche e mentali per affrontare
polpettoni di ogni genere. Ora mi pare più difficile, dunque penso
che lascerò Wenders ancora per un pò in standby.
Mr.
Ink: Il famigerato Charles Manson si contende il titolo di
cattivo dell’anno con il nostro Matteo Salvini. Spunto prima per un
orribile film di serie Z con la rediviva Hilary Duff nei panni di
Sharon Tate, poi per l’ultimo attesissimo Quentin Tarantino, il
carismatico sussurratore dallo sguardo infernale ha questa volta il
volto di uno dei Doctor Who più noti nel ritorno in sala di Mary
Harron. Sia per il passaggio in Laguna, sia per la regista che – a
proposito di squinternati da manuale di psicologia – firmò il cult
American Psycho, ci si fida.
Cannibal
Kid: Come antipasto per il film di Tarantino ci potrebbe
stare. Anche perché pure io di Mary Harron mi fido, così come non
mi fido di James Ford, Charles Manson e Matteo Salvini. I tre cattivi
dell'anno. E di sempre.
Ford: Manson
è un personaggio che mi ha sempre infastidito, un pò come Cannibal,
e parlando di psicopatici e serial killers non è mai stato tra i
miei favoriti. Eppure, non fosse altro che per fare da anticamera a
Tarantino, una visione ci potrebbe stare. Potrebbe.
Mr.
Ink: Perché, ne hanno fatto pure altri due? Gerard Butler,
accusato del tentato omicidio del Presidente degli Stati Uniti (no,
non Donald Trump: la storia allora sarebbe molto diversa), si vendica
insieme a papà Nick Nolte. L’attore protagonista, per l’occasione,
rispolvera in parte il canovaccio di Giustizia privata – thriller
tamarro che, a sorpresa, mi era piaciuto parecchio ai tempi – e
ruba il ruolo all’ormai intercambiabile Liam Neeson. Gerard, che mi
combini: la precedenza agli anziani!
Cannibal
Kid: La precedenza agli anziani non viene data nemmeno in
questa rubrica. Ford infatti è sempre l'ultimo a commentare. Mentre
sarà il primo (e unico) a guardare questo nuovo inutile capitolo di
una saga che per me poteva tranquillamente finire già al trailer del
primo film.
Ford: Gerardone
Butler è uno dei fordiani più fordiani degli ultimi anni, anche se
ammetto che la saga di Attacco al potere è quasi troppo perfino per
me. Avendo visto gli altri due ed essendo in agosto potrebbe
scapparci anche questo numero tre, ma non garantisco. A meno che il
Gerardo non mi prometta di darle a Trump, Cannibal o entrambi.
Mr.
Ink: Tante cose possono dirsi del Cannibale, belle e brutte,
ma non che non abbia un certo gusto per i colpi di teatro: me lo
conceda a cuor leggero anche Ford. Chi non legge le sue classifiche
di fine anno per sapere quale film di nicchia, all’ultimo momento,
ha tirato fuori dal cilindro? Nel 2018, fra gli altri, è stato il
turno di The Rider. Dramma western alla Kent Haruf, acclamatissimo
nel circuito indie, che potrebbe regalare gioie e lacrime di
commozione anche su White Russian. E quando un piccolo film mette
d’accordo il Gatto e la Volpe, diciamolo, non può che essere
grande.
Cannibal
Kid: Sono felice che i miei colpi di teatro siano
apprezzati, almeno da qualcuno. Un altro colpo di teatro è
l'annuncio che questa sarà l'ultima puntata della rubrica sulle
uscite cinematografiche. Però se non altro si chiude alla grande.
The Rider a me è piaciuto decisamente, ma credo che Ford potrebbe
trovarlo addirittura uno dei più bei film del decennio. E una
pellicola gradita da entrambi è un altro colpo di scena clamoroso.
Ford: non
mi ricordavo di questo colpo di teatro del Cannibale, e dunque mi
segno di recuperare questo The Rider - che promette benissimo - in
modo da poterne parlare appena tornerò dalle vacanze, anche se sarà
durissima farlo rischiando di essere d'accordo con il Cucciolo
Eroico, così come è stata dura essere d'accordo con lui nel
decidere di chiudere questa rubrica.
Mr.
Ink: Ha il titolo che fa pendant con una canzone dei Nirvana
ma, nella colonna sonora interamente cantata dalla protagonista, si
scorgono a colpo d’occhio alcuni dei successi pop più trasmessi di
questi anni. In attesa di vedere Natalie Portman in Vox Lux ed
Elisabeth Moss in Your Smell, ci si godrà con gli occhi a cuoricino
il talento e la bellezza della mia sorella Fanning preferita. Benché
il sottotitolo suggerisca un musical in stile Disney Channel, meglio
fidarsi della fotografia cupa alla Refn e della prova alla regia di
Max Minghella, figlio d’arte conosciuto come attore (è Nick,
l’autista innamorato) in The Handmaid’s Tale. Off topic: su
YouTube, intanto, cercate il duetto fra Elle e Woodkid e alzate il
volume a palla.
Cannibal
Kid: Per chiudere alla grandissima per sempre questa
rubrica, dopo il gioiellino The Rider ecco un altro potenziale nuovo
cult assoluto. Per abbassare un po' le aspettative devo ricordarmi
della cocente delusione provocata di recente da Vox Lux. Questa volta
spero comunque che tutto vada per il verso giusto. Elle Fanning in
versione popstar è già la mia nuova popstar preferita e un film del
genere qui su Pensieri Cannibali già solo dal titolo è a un passo
dal sogno. E a un passo dal cult.
Quanto
alla fine della nostra rubrica sulle uscite cinematografiche,
rappresenta invece la fine di un incubo. Almeno per un po' potrò
starmene beato senza le opinioni spesso discutibili, e ancor più
spesso detestabili, di Mr. James Ford. Tranquilli però che la nostra
rivalità continuerà ancora. Cannibal VS Ford, la sfida prosegue.
Coming soon su Pensieri Cannibali e WhiteRussian.
Ford: si
chiude questa puntata - e la rubrica - con un potenziale cult
cannibale che spero sinceramente di poter massacrare alla grande, più
che altro perchè, ora che un capitolo è alle spalle, la rivalità
più lunga della blogosfera ha bisogno di nuove sfide, e nuova
benzina gettata sul fuoco. Non sia mai che si lasci questo spazio
troppo vacante, del resto.
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giovedì 14 febbraio 2019
Mr. Ciak: La vita in un attimo | How to talk to girls at parties | Film stars don't die in Liverpool
Un
Oscar Isaac dalla barba incolta parla della rottura con Olivia Wilde
sul divano della psicologa Annette Bening: aspiranti sceneggiatori, i
due facevano faville vestiti da Pulp Fiction
a Halloween e aspettavano un bambino. Olivia Cooke, cantante
arrabbiata con il mondo intero, annienta il romanticismo di una
ballata di Bob Dylan urlandola a squarciagola in chiave metal. Da qualche parte
in Spagna, invece, Antonio Banderas – proprietario terriero, ma non
del “Mulino che vorrei” - aiuta il figlio di Laia Costa a
superare un trauma insanabile. Una manciata di nomi noti, personaggi
agli antipodi nel tempo o nello spazio, le cui storie ruotano attorno
allo stesso avvenimento tragico. A lungo, così, è dalla tragedia che cercheranno
di allontanarsi. Sebbene sia un melodramma corale da inserire nel
filone di Collateral Beauty,
Life Itself lo si
approccia con un occhio di riguardo: merito del taglio indie e di un
inatteso black humor, delle audaci variazioni sul tema della prima
parte, dei cambi di rotta shock. Soprattutto, inutile negarlo, del
tocco magico di chi ha ideato This is us e
consumato 500 giorni insieme
a furia di visioni. La voce narrante della Wilde ci racconta con toni
alterni di famiglie disfunzionali, sentimenti da elaborare e altri
drammi; del destino sfortunato degli orfani e della bellezza
pericolosa di New York, scomodando fra le righe implicazioni
filosofiche e narratologiche che rendono senz'altro più estremo il
classico intreccio intergenerazionale. Questo nuovo giro di vite
prende avvio in maniera violenta e proseguendo, poi, si scopre più
accomodante senza grandi sensi di colpa. La morale, già consolidata:
cosa fare se la vita ti dà dei limoni? Facile, fanne una limonata:
spremila, zuccherala, bevine fino all'ultima goccia. E ricomincia
daccapo. Magari, all'interno di una sinfonia polifonica che si muove
al solito in cerca di risposte esistenziali, e al solito funziona
bene con i toni dolci della seconda metà. Grazie ai dettagli, ai
volti, alle piccole cose in cui piace riconoscersi. E di cui, nella
sera giusta, magari ci commuoviamo un po'. I narratori, si afferma, sono inaffidabili per loro stessa
natura: la narratrice per eccellenza, in teoria, resterebbe la vita
stessa. Come crederlo, però, davanti a una frenata agghiacciante, a
uno sparo a bruciapelo, a una malattia innominabile, a un tradimento
che ancora brucia nell'anima? Ci si affida, in quel caso, agli
sceneggiatori che non si allontanano mai dalla comfort zone.
Se anche la vita si rivela inaffidabile, Dan Fogelman, per fortuna,
non troppo. (6,5)
Prendete
un trio di amici e collocateli nell'Inghilterra punk. Alla ricerca
dell'ennesima festa trasgressiva, guardateli seguire la musica e
imbattersi in una casa di stranezze, sesso e piaceri in stile Rocky
Horror Picture Show: tutine in
latex coloratissime, proposte indecenti, bassi solletichi che d'un
tratto ti aprono le gambe e mondi interi, in barba alla virilità. I
protagonisti pensano che i tenutari siano gente strana perché
americana. In realtà, sono alieni in trasferta – e, per di più,
cannibali. Elle Fanning, così perfetta da apparirci a tratti una
marziana davvero, per quarantotto ore abbandona la base e segue con
il batticuore Alex Sharp, bruttino ma con carattere. Tempo a
sufficienza per affezionarsi all'idea di cantare in un gruppo, ai
baci ribelli di lui, alla tentazione di restare lì? La
classica relazione breve e impossibile, che ricorda un po' una fiaba
moderna in stile Splash: Una sirena a Manhattan,
regala sorprese se proviene, come in questo caso, dalla folle
inventiva di Neil Gaiman. Fantasiosa metafora di quel decennio di lotta
generazionale e incomprensione reciproca, How to talk to
girls at parties è una commedia
rock 'n' roll con la testa fra le nuvole e risvolti straordinari, che
fa faville nei momenti da puro boy meets girl –
questi ultimi culminano con un allucinato duetto, prima che il film
imbocchi la poco convincente mezz'ora conclusiva – e purtroppo si
sfilaccia un po' in un epilogo infarcito di dialoghi esplicativi,
toni grotteschi, stanze affollate. Festa discinta, rumorosa e
dispersiva – nella folla scorgiamo la talent scout Nicole Kidman, in un ruolo piccolo ma incisivo –, con un'irresistibile messa
in scena e un messaggio tutt'altro che sottile a sfavore, ma
una candida storia d'amore per centro nevralgico. Lontano dall'essere
un manifesto generazionale, How to talk to girls at
parties resta comunque un
apprezzabile teen movie d'autore. John Cameron
Mitchell, decisamente nel suo fra travestitismo, giovinezze scatenate
e pentagrammi, questa volta è troppo immalinconito per provocare.
Effetto non tanto delle droghe pesanti quanto della nostalgia di chi,
insieme a Gaiman, rimpiange il graffio dei vinili, i vent'anni e
quell'occasione persa un trentennio fa: con una aliena uguale alla
Fanning che, nell'allegria sconsiderata delle prime volte, ci aveva
promesso perfino le stelle. (7)
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domenica 3 dicembre 2017
Mr. Ciak - Torino Film Festival: Darkest Hour, Mary Shelley, Professor Marston and The Wonder Women
giovedì 21 settembre 2017
Mr. Ciak a reti unificate - Aggiungi un post(o) in sala
Sai
che c'è di nuovo, di giovedì?
Che la rubrica a quattro mani di Pensieri Cannibali e White Russian - uno sguardo sui film in arrivo in sala, settimana dopo settimana - ha voglia di cambiare un po'. Le frecciatine fra il Cannibale e Mr. Ford, così, fanno spazio a un ospite. Per inaugurare post uguali ma diversi, guarda un po', hanno fatto posto proprio a me. Onoratissimo, mi siedo in mezzo ai due litiganti. Adesso arriva il bello, e lì li voglio sentire: ragazzi, che si va a vedere nel weekend?
Che la rubrica a quattro mani di Pensieri Cannibali e White Russian - uno sguardo sui film in arrivo in sala, settimana dopo settimana - ha voglia di cambiare un po'. Le frecciatine fra il Cannibale e Mr. Ford, così, fanno spazio a un ospite. Per inaugurare post uguali ma diversi, guarda un po', hanno fatto posto proprio a me. Onoratissimo, mi siedo in mezzo ai due litiganti. Adesso arriva il bello, e lì li voglio sentire: ragazzi, che si va a vedere nel weekend?
Cannibal
Kid: Quale modo migliore per aprire la rinnovata rubrica
sulle uscite settimanali, se non il nuovo film della migliore regista
del mondo? Sofia Coppola torna con un nuovo attesissimo lavoro e
spero che Mr. Ink mi appoggi dagli attacchi del bruto Mr. Ford, che
cercherà di convincere il mondo che la Coppola Jr. dopo Bling Ring
sia un'Autrice finita, ma non è vero. Se proprio dobbiamo
attaccarla, facciamolo per quella cacchiata natalizia di A Very
Murray Christmas. L'inganno dovrebbe comunque segnare un ritorno alle
sue origini, quelle del capolavoro assoluto Il giardino delle vergini
suicide, nonostante il fatto che si tratti di un remake mi lasci un
po' perplesso. Il film originale, La notte brava del soldato
Jonathan, ho anche provato a guardarlo, ma devo ammettere di aver
abbandonato la visione per noia dopo pochi minuti. Sarà che io già
non sono un grande fan del Clint Eastwood regista, ma certo che come
attore era (ed è) proprio una cagna maledetta, ahahah! Il film è
tratto inoltre da un romanzo, che però manco Mr. Ink ha letto. E se
non l'ha fatto lui che legge 3 mila libri al giorno, mi sa che non
l'ha fatto nessuno né in questo mondo, né sulla città dei mille
pianeti.
Ford: Sofia
Coppola è per me un'incognita. È riuscita, negli anni, a tirare
fuori film sopravvalutati e radical chic - Lost in translation -,
produzioni decisamente interessanti - Marie Antoinette e Il giardino
delle vergini suicide - e schifezzine inutili - Bling ring -. La
notte brava del soldato Jonathan è un classico totale ed un thriller
pazzesco e semisconosciuto, che ovviamente io adoro - la coppiata
Siegel/Eastwood garantisce -, dunque un remake potrebbe scavare la
pietra tombale per la figlia d'arte qui al Saloon, ma chissà. Quello
che è certo è che la presenza di Mr. Ink potrebbe spostare gli
equilibri di una rubrica troppo spesso rovinata dagli assurdi
commenti di Cannibal Kid.
Mr.
Ink: Riaprirò un’antica ferita del Cannibale, e chiedo
perdono, ma a me Sofia Coppola non è mai piaciuta. Certo, ci sono Le
vergini suicide e i fiumi di parole di Lost in Translation, che
somiglia tanto a quelle commedie indie che dico io. Certo, dove
lascio il buon gusto dell’irriverente Marie Antoinette? Sulla scia
della noia di Somewhere, sotto gli zerbini dello stupidissimo Bling
Ring. Vorrei dichiararmi scettico, ma L’inganno e il suo cast
ispirano. Non abbastanza da recuperarsi quel romanzo troppo datato né
da riscoprire il film con un giovane Eastwood che come attore no, non
brillava di certo, ma tanto da fiondarsi al cinema.
Cannibal
Kid: Non sono un patito di sci-fi come quel nerd di Ford e
Luc Besson mi piace solo a tratti. Questo Valerian che qualcuno
(stranamente non io) ha definito uno Star Wars sotto LSD mi attira
però parecchio, complice un gran bel cast (Cara Delevingne + Dane
DeHaan + Rihanna + Clive Owen + Ethan Hawke) e il fatto che sia una
francesata e non un'americanata. Il rischio cacchiata è altissimo,
però I want to believe.
Ford: ho
sempre detestato Besson. Da prima che iniziassi a detestare Cannibal
Kid. Cosa accadrà dopo questa settimana a Mr. Ink? Per scoprirlo non
si dovranno girare mille pianeti, ma arrivare a leggere tutta la
nuova versione della rubrica.
Mr.
Ink: Correva l’anno 1994. Gli estimatori di Forrest Gump e
Pulp Fiction guerreggiavano, in tempo di Oscar – scommetto che,
almeno per quella volta, il Cannibale e Ford stavano dalla stessa
parte della barricata. Da qualche parte, nascevo io. E, crescendo, mi
sarei defilato dalla diatriba a modo mio: se penso a quell’annata,
infatti, penso a Léon (mio fratello, sapete, non si è chiamato così
per un soffio) e poi a tutto il resto del cinema. Ho un occhio di
riguardo per Besson, e quanto amo il bianco e nero del suo Angel-A,
ma gli effetti speciali a profusione e le due ore e venti di durata
di Valerian non mi avranno facilmente. Con buona pace delle
sopracciglia di Cara e del lanciatissimo DeHaan, che dal basso del
suo metro e un po’ mi colpisce sempre con un carisma non da poco.
Cannibal
Kid: Il primo Kingsman m'era sembrato un action spionistico
decente, una specie di versione più simpatica e teen del vecchio e
antipatico James Ford... volevo dire James Bond. Detto ciò, non
sentivo per niente il bisogno di un secondo capitolo che si
preannuncia guardabile, ma tutt'altro che imperdibile.
Ford: il
primo Kingsman mi era parso una robetta uguale a mille altre
assurdamente incensata da gente che non capisce nulla di Cinema come
Cannibal Kid. Non sentivo affatto il bisogno di un secondo capitolo,
ma neppure del mio socio, eppure sono ancora qui a sopportarlo dopo
anni.
Mr.
Ink: Questa volta scontento entrambi! Quel lato di me che,
da bambino, voleva fare l’agente segreto – tra i miei cult di
infanzia, accanto a classici grandi e piccoli, ha un posto tutto suo
la videocassetta del primo Spy Kids – aveva scalpitato per
Kingsman. E se è bene diffidare dai sequel, il villain interpretato
dalla Moore, il ritorno a sorpresa di Colin Firth e le prime
impressioni diffuse online mi dicono: sta’ un po’ zitto e
goditela, ti divertirai da matti. Di nuovo.
Noi
siamo tutto
Cannibal
Kid: Mr. Ink è un patito di young adult, sia romanzi che
film, persino più di quanto lo sia io. Incredibile, ma vero. Ciò
nonostante, non ha apprezzato un granché questo Noi siamo tutto.
Perché, Mr. Ink, peeerché? Non è che ti stai trasformando in Mr.
Ford? La romantica storia di una tipa reclusa in casa che si innamora
del suo vicino ha davvero tutto per essere detestato con tutto il suo
cuore dal perfido blogger di Lodi. Come Colpa delle stelle, persino
più di Colpa delle stelle! Io l'ho già visto e a breve ne parlerò.
Domanda retorica: secondo voi riuscirò a criticarlo?
Ford: lo
young adult è un genere che ancora fatico a capire, a meno che non
si tratti di uno young adult nello stile di Hank Moody. Lascio quindi
al finto giovane di questa rubrica Cannibal Kid ed al giovane vero
Mr. Ink il compito di dipanare la matassa a proposito di questo film.
Mr.
Ink: Ammiccava a Noi siamo infinito, ma sperava di essere il
nuovo Colpa delle stelle (in modo diverso, inutile dire, la mia anima
teen aveva adorato entrambi). Purtroppo somiglia più a uno di quei
filmini leggerissimi, estivi, che arrivano in sala col tempismo
sbagliato. Male non gli si vuole, per carità, ma la fuga di Amandla
Stenberg – Cannibale, le sue magliette attillate ti ispireranno
forse il titolo “Noi siamo tette?” – non convince, neanche chi,
in certi giorni, si fa rabbonire come me. Fatto sta, ho lasciato
sfitti i miei dotti lacrimali per This is us.
Cannibal
Kid: Per la serie “pellicola autoriale della settimana che
solo il Ford de 'na vorta si sarebbe sorbito e ora manco più lui”,
ecco Glory, una produzione bulgaro-greca che racconta di un uomo che
trova un sacco di soldi su un binario del treno e invece di tenerseli
decide di consegnargli alla polizia. Eroe o pirla?
Ford: pellicola
che ai tempi avrei scovato in qualche sala deserta di Milano per
darmi un certo tono da critico e cinefilo radical. Per fortuna questi
tempi sono finiti, ed ora prendo le cose come vengono, in pieno
Lebowski style. E spero prenderà non troppo male questa
collaborazione anche Mr. Ink.
Mr.
Ink: Sono uno spettatore semplice. Mi sono fermato a
“produzione bulgaro-greca”.
Cannibal
Kid: L'equilibrio, il nuovo film di Vincenzo Marra. Chi è
Vincenzo Marra?
E
io che ne so?
Meglio
chiederlo a Mr. Ink, che lui se ne intende di cinema italiano, al
contrario di Ford che negli ultimi tempi se ne intende soltanto di
vacanze.
Ford: l'arrivo
di Ink a commentare le uscite in sala accanto al sottoscritto e a
Cannibal darà equilibrio a questa rubrica? Non saprei davvero.
Quello che è certo, è che questa rubrica potrebbe risultare più
interessante del film.
Mr.
Ink: Come può parlarvi di un film che si chiama
L’equilibrio uno come me, che cade anche da seduto? Se Marra non vi
attira, e chi vi dà torto, confidate di vedermi capitombolare dal
vivo, un giorno di questi. Di sicuro vi divertite di più.
2
biglietti della lotteria
Cannibal
Kid: Una commedia on the road che così, a un primo sguardo,
sembra una versione rom di Tre uomini e una gamba e Così è la vita.
Potrebbe anche essere simpatico, ma ho le stesse probabilità di
guardarlo di quelle che ho di vincere alla lotteria. Soprattutto
considerando che io non gioco mai alla lotteria.
Ford: non
sono un patito di lotterie e gioco d'azzardo, dunque difficilmente
punterò su questo film. Un po' come su Cannibal. Per quanto riguarda
Ink, staremo a vedere.
Mr.
Ink: A proposito di gioco, ragazzi, punto su altro. Magari
sulla conta delle mattonelle del bagno: cose così.
Cannibal
Kid: Una pellicola italiana sul basket, che affronta anche
il tema della disabilità?
Pareva
un film interessante e coraggioso. Poi ho visto il trailer, che
trasuda amatorialità e retorica da tutti i pori. E ho visto che nel
cast c'è Biagio Izzo, uno che sta al cinema come Ford sta al...
cinema. Ho così capito che questo, più che un tiro libero, è un
colpo basso.
Ford: produzione
molto casereccia italiana legata ad un tema sociale. Se l'avessero
chiamato autogol avrebbe avuto più senso.
Mr.
Ink: Ne so poco di sport, figuriamoci di basket. Le mie
lacune, sospetto, non le colmerà Alessandro Valori, con Izzo e
Conticini in squadra. Non esattamente l’NBA del nostro cinema.
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