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giovedì 7 febbraio 2019

Blog Tour "Bianco Letale", di Robert Galbraith: ricapitolando i casi di Cormoran Strike


Amici, è ufficiale. Cormoran e Robin sono finalmente tornati. È passato ormai un po' da quando, durante il primo anno all'università, avevo divorato nella mia stanzetta da matricola la loro indagine introduttiva, scoprendo una Rowling divertita e perfettamente credibile nelle vesti di novella Agatha Christie: serviva forse uno pseudonimo maschile a farcene dimenticare la connaturata classe? Se tra me e la serie televisiva prodotta dalla BBC purtroppo non è scattata la scintilla e gli altri esperimenti della mamma di Harry Potter non piacciano affatto – Animali fantastici, dico a te, che con il tuo secondo capitolo ci hai regalato uno dei peggiori film dello scorso anno –, comunque resta una certezza: questa volta si intitola Bianco letale, sfiora le ottocento pagine per rendere meno doloroso l'inevitabile arrivederci e ha il pregio di fugare la nostra curiosità, si spera, attraverso un altro caso al cardiopalma. Facendo il conto alla rovescia per gustarmelo – in questo periodo preme la scrittura della tesi, e a malincuore risulta sconsigliato dedicarsi a letture tanto corpose lavorando a pieno regime: il romanzo, però, è già pronto sul mio comodino e vi ricordo il Review Party l'11–, nella mia tappa del blog tour a tema ricapitolo insieme a voi i casi precedenti. Pronti, via!

Titolo: Bianco Letale
Editore: Robert Galbraith
Numero di pagine: Salani
Prezzo: € 24,00
Numero di pagine: 784
Data di pubblicazione: 4 febbraio 2019
Sinossi: Quando il giovane Billy, in preda a una grande agitazione, irrompe nella sua agenzia investigativa per denunciare un crimine a cui crede di aver assistito da piccolo, Cormoran Strike rimane profondamente turbato. Anche se Billy ha problemi mentali e fatica a ricordare i particolari concreti, in lui e nel suo racconto c’è qualcosa di sincero. Ma prima che Strike possa interrogarlo più a fondo, Billy si spaventa e fugge via. Cercando di scoprire la verità sulla storia di Billy, Strike e Robin Ellacott – una volta sua assistente, ora sua socia – seguono una pista tortuosa, che si dipana dai sobborghi di Londra alle stanze più recondite e segrete del Parlamento, fino a una suggestiva ma inquietante tenuta di campagna. E se l’indagine si fa sempre più labirintica, la vita di Strike è tutt’altro che semplice: la sua rinnovata fama di investigatore privato gli impedisce di agire nell’ombra come un tempo e il suo rapporto con Robin è più teso che mai. Lei è senza dubbio indispensabile nel lavoro dell’agenzia, ma la loro relazione personale è piena di sottintesi e non detti…

Il richiamo del cuculo: l'angelo che non volava.
Ha avuto inizio tutto da qui. Cormoran cercava una segretaria che ne sopportasse gli odori, il disordine, i modi burberi; Robin si spingeva in un vicolo di Londra in cerca di un incarico che la distraesse da una relazione perfetta solo all'apparenza. Per la loro fortunatissima collaborazione, e per il nostro istantaneo colpo di fulmine, galeotto era stato un cadavere: quello della top model Lula Landry, detta “Cuckoo”, precipitata dal terzo piano del suo invidiabile appartamento con vista. Suicidio oppure omicidio? Se sei giovane, bella e hai il mondo dell'alta moda che ti rema contro, meglio accantonare l'idea della depressione e mettersi alla ricerca del colpevole. Sarà insospettabile.

Il baco da seta: l'editoria uccide.
Dalle passerelle alle case editrici, meno sfavillanti ma altrettanto letali, il passo è breve. Tanto era classico e teatrale l'intrigo del romanzo introduttivo, tanto scandalizza per violenza e causticità questo secondo tassello. La Rowling si sporca le mani, e a macchiarle è sangue copioso. Questa volta la vittima è Owen Quine, scrittore controverso in attesa di pubblicare Bombyx Mori: titolo quanto mai programmatico se l'ultimo manoscritto era una bomba a orologeria pronta a denunciare il peggio dell'editoria britannica. L'uomo è stato eviscerato, cosparso di acido, condannato alla medesima fine del protagonista del suo inedito. Tutti lo odiavano, tutti lo temevano. Investigare sarà meno facile, soprattutto se salterà fuori senza avvisare una ex di Cormoran a scombinare le carte in tavola: proprio quando tra lui e Robin, non più semplice segretaria bensì suo braccio destro, iniziava a esserci finalmente del tenero.

La via del male: le bugie hanno le gambe... mozze.
Robin, eterna fidanzata di Matthew, è pronta a fare il grande passo. Seduta nel solito ufficio, attende forse un mazzo di rose, forse le macchine fotografiche usa e getta da distribuire agli invitati al matrimonio. Il corriere, figura chiave nel cuore dei blogger di ogni dove, malauguratamente la sorprende con una consegna ben diversa: una gamba mozzata. Il mandante, vecchia conoscenza di Cormoran, mira a far crollare il detective privato. Se la stampa parla già del ritorno di Jack Lo Squartatore, la serie con la firma del fittizio Galbraith va facendosi sempre più pulp e irresistibile: la rosa dei loschi sospettati, a questo giro, somiglia alla formazione dei cattivissimi membri della Suicide Squad.

Calendario
3 Febbraio - Aspettando Cormoran - (Desperate Bookswife - Baba) 
4 Febbraio - Dove eravamo rimasti? (L'ennesimo Book Blog
5 Febbraio - Chi sono Cormoran e Robin? (La Tana di una Booklover)
6 Febbraio - Serie Noir. Perché leggere Roberth Galbraith (Un libro per amico
7 Febbraio - Ricapitolando i casi Di Cormoran Strike (Diario di una dipendenza)
8 Febbraio - E la Serie? Dal libro agli schermi della BBC (La tana di una booklover)
9 Febbraio - Londra e l'ambientazione per un giallo (Desperate Bookswife - Nadia)

giovedì 21 settembre 2017

Mr. Ciak a reti unificate - Aggiungi un post(o) in sala

Sai che c'è di nuovo, di giovedì? 
Che la rubrica a quattro mani di Pensieri Cannibali e White Russian - uno sguardo sui film in arrivo in sala, settimana dopo settimana - ha voglia di cambiare un po'. Le frecciatine fra il Cannibale e Mr. Ford, così, fanno spazio a un ospite. Per inaugurare post uguali ma diversi, guarda un po', hanno fatto posto proprio a me. Onoratissimo, mi siedo in mezzo ai due litiganti. Adesso arriva il bello, e lì li voglio sentire: ragazzi, che si va a vedere nel weekend?

L'inganno
Cannibal Kid: Quale modo migliore per aprire la rinnovata rubrica sulle uscite settimanali, se non il nuovo film della migliore regista del mondo? Sofia Coppola torna con un nuovo attesissimo lavoro e spero che Mr. Ink mi appoggi dagli attacchi del bruto Mr. Ford, che cercherà di convincere il mondo che la Coppola Jr. dopo Bling Ring sia un'Autrice finita, ma non è vero. Se proprio dobbiamo attaccarla, facciamolo per quella cacchiata natalizia di A Very Murray Christmas. L'inganno dovrebbe comunque segnare un ritorno alle sue origini, quelle del capolavoro assoluto Il giardino delle vergini suicide, nonostante il fatto che si tratti di un remake mi lasci un po' perplesso. Il film originale, La notte brava del soldato Jonathan, ho anche provato a guardarlo, ma devo ammettere di aver abbandonato la visione per noia dopo pochi minuti. Sarà che io già non sono un grande fan del Clint Eastwood regista, ma certo che come attore era (ed è) proprio una cagna maledetta, ahahah! Il film è tratto inoltre da un romanzo, che però manco Mr. Ink ha letto. E se non l'ha fatto lui che legge 3 mila libri al giorno, mi sa che non l'ha fatto nessuno né in questo mondo, né sulla città dei mille pianeti.
Ford: Sofia Coppola è per me un'incognita. È riuscita, negli anni, a tirare fuori film sopravvalutati e radical chic - Lost in translation -, produzioni decisamente interessanti - Marie Antoinette e Il giardino delle vergini suicide - e schifezzine inutili - Bling ring -. La notte brava del soldato Jonathan è un classico totale ed un thriller pazzesco e semisconosciuto, che ovviamente io adoro - la coppiata Siegel/Eastwood garantisce -, dunque un remake potrebbe scavare la pietra tombale per la figlia d'arte qui al Saloon, ma chissà. Quello che è certo è che la presenza di Mr. Ink potrebbe spostare gli equilibri di una rubrica troppo spesso rovinata dagli assurdi commenti di Cannibal Kid.
Mr. Ink: Riaprirò un’antica ferita del Cannibale, e chiedo perdono, ma a me Sofia Coppola non è mai piaciuta. Certo, ci sono Le vergini suicide e i fiumi di parole di Lost in Translation, che somiglia tanto a quelle commedie indie che dico io. Certo, dove lascio il buon gusto dell’irriverente Marie Antoinette? Sulla scia della noia di Somewhere, sotto gli zerbini dello stupidissimo Bling Ring. Vorrei dichiararmi scettico, ma L’inganno e il suo cast ispirano. Non abbastanza da recuperarsi quel romanzo troppo datato né da riscoprire il film con un giovane Eastwood che come attore no, non brillava di certo, ma tanto da fiondarsi al cinema.

Valerian e la città dei mille pianeti
Cannibal Kid: Non sono un patito di sci-fi come quel nerd di Ford e Luc Besson mi piace solo a tratti. Questo Valerian che qualcuno (stranamente non io) ha definito uno Star Wars sotto LSD mi attira però parecchio, complice un gran bel cast (Cara Delevingne + Dane DeHaan + Rihanna + Clive Owen + Ethan Hawke) e il fatto che sia una francesata e non un'americanata. Il rischio cacchiata è altissimo, però I want to believe.
Ford: ho sempre detestato Besson. Da prima che iniziassi a detestare Cannibal Kid. Cosa accadrà dopo questa settimana a Mr. Ink? Per scoprirlo non si dovranno girare mille pianeti, ma arrivare a leggere tutta la nuova versione della rubrica.
Mr. Ink: Correva l’anno 1994. Gli estimatori di Forrest Gump e Pulp Fiction guerreggiavano, in tempo di Oscar – scommetto che, almeno per quella volta, il Cannibale e Ford stavano dalla stessa parte della barricata. Da qualche parte, nascevo io. E, crescendo, mi sarei defilato dalla diatriba a modo mio: se penso a quell’annata, infatti, penso a Léon (mio fratello, sapete, non si è chiamato così per un soffio) e poi a tutto il resto del cinema. Ho un occhio di riguardo per Besson, e quanto amo il bianco e nero del suo Angel-A, ma gli effetti speciali a profusione e le due ore e venti di durata di Valerian non mi avranno facilmente. Con buona pace delle sopracciglia di Cara e del lanciatissimo DeHaan, che dal basso del suo metro e un po’ mi colpisce sempre con un carisma non da poco.

Kingsman – Il cerchio d'oro
Cannibal Kid: Il primo Kingsman m'era sembrato un action spionistico decente, una specie di versione più simpatica e teen del vecchio e antipatico James Ford... volevo dire James Bond. Detto ciò, non sentivo per niente il bisogno di un secondo capitolo che si preannuncia guardabile, ma tutt'altro che imperdibile.
Ford: il primo Kingsman mi era parso una robetta uguale a mille altre assurdamente incensata da gente che non capisce nulla di Cinema come Cannibal Kid. Non sentivo affatto il bisogno di un secondo capitolo, ma neppure del mio socio, eppure sono ancora qui a sopportarlo dopo anni.
Mr. Ink: Questa volta scontento entrambi! Quel lato di me che, da bambino, voleva fare l’agente segreto – tra i miei cult di infanzia, accanto a classici grandi e piccoli, ha un posto tutto suo la videocassetta del primo Spy Kids – aveva scalpitato per Kingsman. E se è bene diffidare dai sequel, il villain interpretato dalla Moore, il ritorno a sorpresa di Colin Firth e le prime impressioni diffuse online mi dicono: sta’ un po’ zitto e goditela, ti divertirai da matti. Di nuovo.


Noi siamo tutto
Cannibal Kid: Mr. Ink è un patito di young adult, sia romanzi che film, persino più di quanto lo sia io. Incredibile, ma vero. Ciò nonostante, non ha apprezzato un granché questo Noi siamo tutto. Perché, Mr. Ink, peeerché? Non è che ti stai trasformando in Mr. Ford? La romantica storia di una tipa reclusa in casa che si innamora del suo vicino ha davvero tutto per essere detestato con tutto il suo cuore dal perfido blogger di Lodi. Come Colpa delle stelle, persino più di Colpa delle stelle! Io l'ho già visto e a breve ne parlerò. Domanda retorica: secondo voi riuscirò a criticarlo?
Ford: lo young adult è un genere che ancora fatico a capire, a meno che non si tratti di uno young adult nello stile di Hank Moody. Lascio quindi al finto giovane di questa rubrica Cannibal Kid ed al giovane vero Mr. Ink il compito di dipanare la matassa a proposito di questo film.
Mr. Ink: Ammiccava a Noi siamo infinito, ma sperava di essere il nuovo Colpa delle stelle (in modo diverso, inutile dire, la mia anima teen aveva adorato entrambi). Purtroppo somiglia più a uno di quei filmini leggerissimi, estivi, che arrivano in sala col tempismo sbagliato. Male non gli si vuole, per carità, ma la fuga di Amandla Stenberg – Cannibale, le sue magliette attillate ti ispireranno forse il titolo “Noi siamo tette?” – non convince, neanche chi, in certi giorni, si fa rabbonire come me. Fatto sta, ho lasciato sfitti i miei dotti lacrimali per This is us.

Glory – Non c'è tempo per gli onesti
Cannibal Kid: Per la serie “pellicola autoriale della settimana che solo il Ford de 'na vorta si sarebbe sorbito e ora manco più lui”, ecco Glory, una produzione bulgaro-greca che racconta di un uomo che trova un sacco di soldi su un binario del treno e invece di tenerseli decide di consegnargli alla polizia. Eroe o pirla?
Ford: pellicola che ai tempi avrei scovato in qualche sala deserta di Milano per darmi un certo tono da critico e cinefilo radical. Per fortuna questi tempi sono finiti, ed ora prendo le cose come vengono, in pieno Lebowski style. E spero prenderà non troppo male questa collaborazione anche Mr. Ink.
Mr. Ink: Sono uno spettatore semplice. Mi sono fermato a “produzione bulgaro-greca”.

L'equilibrio
Cannibal Kid: L'equilibrio, il nuovo film di Vincenzo Marra. Chi è Vincenzo Marra?
E io che ne so?
Meglio chiederlo a Mr. Ink, che lui se ne intende di cinema italiano, al contrario di Ford che negli ultimi tempi se ne intende soltanto di vacanze.
Ford: l'arrivo di Ink a commentare le uscite in sala accanto al sottoscritto e a Cannibal darà equilibrio a questa rubrica? Non saprei davvero. Quello che è certo, è che questa rubrica potrebbe risultare più interessante del film.
Mr. Ink: Come può parlarvi di un film che si chiama L’equilibrio uno come me, che cade anche da seduto? Se Marra non vi attira, e chi vi dà torto, confidate di vedermi capitombolare dal vivo, un giorno di questi. Di sicuro vi divertite di più.

2 biglietti della lotteria
Cannibal Kid: Una commedia on the road che così, a un primo sguardo, sembra una versione rom di Tre uomini e una gamba e Così è la vita. Potrebbe anche essere simpatico, ma ho le stesse probabilità di guardarlo di quelle che ho di vincere alla lotteria. Soprattutto considerando che io non gioco mai alla lotteria.
Ford: non sono un patito di lotterie e gioco d'azzardo, dunque difficilmente punterò su questo film. Un po' come su Cannibal. Per quanto riguarda Ink, staremo a vedere.
Mr. Ink: A proposito di gioco, ragazzi, punto su altro. Magari sulla conta delle mattonelle del bagno: cose così.

Tiro libero
Cannibal Kid: Una pellicola italiana sul basket, che affronta anche il tema della disabilità?
Pareva un film interessante e coraggioso. Poi ho visto il trailer, che trasuda amatorialità e retorica da tutti i pori. E ho visto che nel cast c'è Biagio Izzo, uno che sta al cinema come Ford sta al... cinema. Ho così capito che questo, più che un tiro libero, è un colpo basso.
Ford: produzione molto casereccia italiana legata ad un tema sociale. Se l'avessero chiamato autogol avrebbe avuto più senso.
Mr. Ink: Ne so poco di sport, figuriamoci di basket. Le mie lacune, sospetto, non le colmerà Alessandro Valori, con Izzo e Conticini in squadra. Non esattamente l’NBA del nostro cinema.

venerdì 28 luglio 2017

Celebrating King | Le paure con (e dopo) IT


Buongiorno, amici. Come state? Oggi post diverso dal solito – una tappa di un blog tour, anche se ai blog tour sapete che poco sto appresso. L'eccezione: Stephen King. L'autore che mi ha iniziato alla lettura, una dozzina di anni fa, torna in libreria con la preziosa ristampa di IT. Sono passati trent'anni dalla sua pubblicazione e a ottobre, dopo la mediocre miniserie diventata in fretta cult, è atteso in sala il primo capitolo della duologia di Andrés Muschietti. La rilettura s'ha da fare: è nell'aria da un po'. Oggi, dopo ClarissaElisa Luigi, è il mio turno di parlarvi di Pennywise. Si parla di paura, in particolare, e della paura dopo IT. Sulla scia del pagliaccio assassino, ombra minacciosa sullo sfondo del più straordinario dei coming of age, chi ha provato a farci saltare dalla poltrona? Chi ha reso inquietanti i bambini, le donne velate, i programmi per l'infanzia e la sindrome da abbandono? Vi accompagno perciò in una veloce carrellata, tra must, prodotti di un piccolo schermo mai così grande, giovani leve e film festivalieri. Vi do, in questa estate noiosissima, qualche scusa buona per non uscire di casa e, magari, darsi ai recuperi. Galleggiate con me?

Instant cult.
Gli anni '80 e '90. I più rimpianti e vagheggiati. Tra le altre cose, la miniera d'oro del cinema horror. Il Michael Myers di John Carpenter, una maschera inespressiva e il coltello affilatissimo, colpiva già un decennio prima: un'infanzia in cui si nascondono le prime turbe, l'ossessione di una sorella da braccare, una natura a metà tra l'umano e il bestiale. L'incubo, semmai è finito, arriva fino ai giorni nostri – Rob Zombie, qualche anno fa, ne ha dato una rilettura personale e scabrosa, in due capitoli non troppo apprezzati. Un'altra icona a cavallo degli anni e delle generazioni, un altro mostro destinato a spauracchi e remake: Robert Englund è Freddy Krueger. Giardiniere dal maglione a righe, arso vivo dalla vendetta di un gruppo di genitori addolorati. Ha ironia da vendere, artigli aguzzi, colpisce negli incubi: perdere il sonno è la via. Non ci si sposta dal ricordo dell'indimenticato Wes Craven, spaventoso con ironia. E la saga di Scream, che ha ispirato una felicissima reunion e una blanda serie targata MTV, ora celebrata e ora parodiata, sta a Hallowen – e, in generale, alle visioni a tema – come il panettone a Natale.


Dall'oriente con terrore.
Qualche fantasma viene da lontano. Ha gli occhi a mandorla, parla giapponese. Vedasi la presenza che infesta The Ring, classico orientale che ha ceduto – e non a torto – alla tentazione della lingua inglese. Raccontata nei romanzi di Koji Suzuki, Samara è un mistero nascosto dietro una cortina di capelli nerissimi: bambina infelice, tacciata di crudeltà, è stata destinata alla peggiore delle morti. Sigillata in un pozzo, al centro di un bosco. La sua vendetta viaggia sulle VHS e attraversa i vecchi tubi catodici. Chiunque abbia una televisione, nei primi anni Duemila, trema. 


La paura a puntate.
Incontrarla, la paura, facendo zapping. Da bambino erano gli appuntamenti fissi con Piccoli brividi, da grande le maratone di American Horror Story, l'attesa del nuovo Stranger Things, l'occhio curioso verso il sottovalutato Channel Zero. La serie antologica di Ryan Murphy, quest'anno, compie sette anni: quale sarà il tema, ci si domanda, se abbiamo avuto le ville infestate, i manicomi confinanti con l'Area 51, le streghe di New Orleans, il freak show, gli hotel assiepati di vampiri glamour, il mistero della colonia scomparsa di Roanoke? Eleven, erede segreta delle migliori bambine prodigio di King, fuggirà dal Sottosopra e si scontrerà con qualcosa di peggiore del passato Demogorgone? Infine, tornate sui vostri passi e concedete una possibilità alla prima stagione di Channel Zero: una serie, per quanto imperfetta, capace di una profonda suggestione. Si attinge ai creepypasta, i penny dreadful nell'era del digitale. Uno scrittore torna a casa, e qui fa i conti con la morte del fratello gemello, omicidi che riprendono da dove si erano interrotti e, soprattutto, un misterioso programma per bambini (fanno paura i pagliacci, ma non sottovalutate le marionette) che è l'ultima cosa che incrocerai, se un mostro fatto di denti umani bussa alla porta.


A casa di James Wan.
James Wan è la promessa indiscussa di un genere che non osa più. Giovanissimo, ha una mano riconoscibile – i film diretti da lui si indovinano a mille miglia: quanta cura, quanta eleganza nel rimaneggiare i cliché – e un intero mondo cinematografico in costruzione. I suoi film, le sue creature, si parlano tra loro. In The Conjuring, i coniugi Warren (cacciatori di misteri tra l'altro realmente esistiti) si imbattono prima in Annabelle, inquietante bambola di ceramica, poi nell'orrida suora di cui al momento poco si sa. Prequel e spin-off sono alle porte. Si chiama Lipstick Face, invece, il diavolo che tortura il bambino di Insidious, rimasto intrappolato in un viaggio astrale. Maestro dei sobbalzi, delle entrate in scena a sorpresa, si nasconde dietro una porta rossa, anticipato dall'inquietante Tiptoe Through The Tulips – canzone degli anni '20 con un motivetto innocuo e, tra le righe, cenni ributtanti agli abusi infantili.


Tra le righe, e negli armadi, del cinema indie.
Le sorprese più grandi, i messaggi più profondi, vengono dal circuito indipendente. Dove i mostri nell'armadio sono metafora di qualcos'altro, di mali autentici. Dove, in un insolito clima festivaliero, l'horror si scopre impegnato. E' il caso di The Babadook e Under the Shadow, in cui i mostri sono metafore da interpretare. Il primo, film d'esordio dell'australiana Jennifer Kent, salta fuori da un libro per bambini balbettando ossessivamente null'altro che il suo nome. Ha un cappello a cilindro, le mani lunghissime, una bocca grande per inghiottirti meglio. Terrificante, e protagonista forse del film di genere più bello degli ultimi anni, bracca una vedova e il suo unico figlio. Ricorda loro l'assenza della figura maschile, il peso del dolore: se non condiviso, se non nutrito, si mangia te. E quello che ti rende buono. Viene dall'Iran, invece, una storia di bombardamenti e case mal sicure. Un'altra mamma, un altro figlio: un'altra presenza che non è quello che sembra. I fantasmi non indossano più lenzuola con i buchi per occhi, ma il burqa. E fanno un ritratto originale e doloroso, per quanto non sempre fruibile, dell'essere donne – e ribelli – nella Tehran sotto assedio.

lunedì 3 luglio 2017

Premio Bancarella 2017: La parola ai librai

Ciao, amici! Manca pochissimo, ormai, alla proclamazione del vincitore del premio Bancarella. Il viaggio a Pontremoli, però, nonostante la gentilezza degli organizzatori, è un sogno irrealizzabile nel clou di questa famigerata sessione estiva. Ci si accontenta di seguirne gli sviluppi a distanza, perciò, dopo aver recensito alcuni dei titoli in lizza, parlato delle origini dell'iniziativa, condiviso chiacchierate e ipotesi. Oggi, dopo La Libridinosa e Due lettrici quasi perfette, ho il piacere di ospitare anch'io una delle libraie coinvolte. Avevo un'ampia lista di nomi tra cui scegliere, ma poca mobilità. L'occhio mi è caduto allora sulla cartolibreria gestita da Ilaria Barbati, inaugurata dal nonno ottant'anni fa al centro di Lanciano, una cittadina in provincia di Chieti – qualcuno saprà che studio lì, quindi il campanilismo pure ha fatto la sua. Si parla del destino delle librerie indipendenti, delle abitudini dei clienti e di piccole strategie di vendita, ci si sbilancia sul papabile vincitore. E si ringrazia – non so se ci saranno altri post a tema – Ilaria, la pazienza di Amanda Colombo e le colleghe di Bancarellablogger, gruppo Facebook super segreto.

1. Benvenuta, Ilaria. Cominciamo. I lettori che frequentano la sua libreria arrivano con delle idee ben precise su cosa acquistare o tendono a farsi consigliare?
La maggior parte dei clienti, "facilitati" da previe ricerche su internet, spesso si reca in libreria con idee ben chiare e precise! Il consiglio, quando sono predisposti ad accettarlo e sono aperti a eventuali opzioni alternative o integrative alla loro scelta, lo accettano e lo seguono con risultati positivi.
2. Con quale criterio scegliete i libri da esporre in vetrina?
Il criterio utilizzato nella scelta dei libri da esporre spesso si basa sul voler mettere in evidenza le novità, i premi letterari e i libri che riteniamo siano di maggior interesse per un pubblico interessato a letture serie; poi curiamo anche la parte dedicata ai bambini, mettendo in risalto libri e giochi attinenti sia alla stagione, sia alla rilevanza didattico-educativa.
3. Come combattete la crisi delle vendite, la concorrenza delle grandi catene e dei siti di vendita on-line?
La crisi delle vendite, finché come maggior concorrente esisterà internet, non potrà essere debellata! Nel nostro piccolo, oltre alle promo legate alla stagione e suggerite dalle varie case editrici, cerchiamo di coinvolgere la clientela nella frequentazione della libreria con buoni sconto e presentazioni di libri sottoforma di reading e/o spettacoli.
4. Cosa spinge un lettore a scegliere, oggi, una libreria indipendente?
Il motivo che porta un lettore a scegliere una libreria indipendente (purtroppo sempre meno rispetto agli acquirenti dei centri commerciali e di internet) è dato innanzitutto dalla possibilità di avere un contatto diretto con l'esercente, il che gratifica non solo da un punto di vista relazionale ma anche di consulenza e di guida, poi importante anche l'accoglienza, con la predisposizione di sale lettura, che possano mettere a proprio agio il lettore e effettuare i propri acquisti in relax.
5. Cosa pensa dei blog letterari?
I blog letterari li seguo poco, in quanto preferisco lo scambio di opinioni vis-à-vis, però non nego che siano uno spunto importante per analizzare le diverse tendenze e le diverse opinioni.
6. Ci consigli un libro.
Il mio genere è il poliziesco (Manzini, Carofiglio, ma anche Malvaldi; un "sui generis", quindi un titolo qualsiasi di uno tra questi autori è sempre ben consigliato!), ma ultimamente ho molto apprezzato Grossman, Che tu sia per me il coltello.
7. A proposito del Bancarella: su quale dei romanzi della sestina punterebbe?
Tra i titoli proposti, preferisco il libro di Alessandro Barbaglia, La locanda dell'ultima solitudine, dove le attese di Viola e Libero si riflettono su quelle che ognuno di noi coltiva.Un gioco di metafore che accompagna il lettore verso un'analisi del vissuto quotidiano.

lunedì 10 aprile 2017

Il Premio Bancarella | I librai

Buongiorno, amici. Come state? Io, a quest'ora in pullman, mi affido alla magia dei post programmati per parlarvi assieme a Deborah del Bancarella e di un aspetto che forse non conoscevate. Possiamo dare spazio in un post, infatti, a chi ha permesso che tutto ciò fosse possibile: oggi come allora. I preziosi librai pontremolesi. Per saperne di più, date un'occhiata al sito internet e seguite, passo dopo passo, gli approfondimenti della nostra squadra. Un abbraccio e buone letture. M. 
I romanzi sono di chi li legge. Soprattutto, di chi li ama a tal punto da investirci tempo e denaro. Gesto coraggioso, con questa crisi senza fondo che ci alita sul collo. Il contante scarseggia. La gente non legge. Nelle passeggiate in libreria – perchè non sono semplici visite, io tra gli scaffali cammino come se avessi a disposizione tutto il tempo del mondo – mi fido di un solo tipo di fascette. Quelle scritte a mano, che riportano il parere dei librai di turno. Sognatori che la lettura devono amarla più di me. In maniera purissima e disinteressata. Gli autori italiani, tra loro, o si spalleggiano o si ostacolano. La critica ufficiale, invece, è spesso troppo attenta ai best-seller, ai casi editoriali, per giudicare senza pregiudizi. Insomma: preferisco fidarmi di chi alla lettura consacra le giornate. Meglio affidarsi ai librai, sì. E' questo a rendere il Premio Bancarella diverso dagli altri. Meno asettico, ci ricorda sin dal nome il gusto di spulciare pile di tomi in cerca di libri che non ti aspettavi. Lo ha scritto Vittorio Sgarbi, lo ha ribadito anni dopo Andrea Camilleri: il Bancarella si vince con orgoglio. Filo rosso tra chi i romanzi li scrive e chi i romanzi li vende, senza scordarsi mai del pubblico. Quando ha avuto inizio questo lungo e fortunato dialogo?
Quali erano gli antenati dei librai che anche quest'anno, in quel di Pontremoli, esprimeranno la loro preferenza? La rete è piena di informazioni. La sitografia indugia nei dettagli, indica date e sfilze di nomi che potrebbero suonare sconosciuti. Chiamato a parlarvi dei reali protagonisti dell'iniziativa, ve li racconto come sono venuti in mente a me. Gli antichi librai pontremolesi, coloro da cui tutto ha avuto inizio, sembrano proprio usciti da una favola. Incolti, spesso, ma con un grande senso degli affari e un intuito infallibile. Partivano in primavera dall'alta Lunigiana. Generazioni e generazioni di venditori ambulanti, imparentati fra loro, che si davano appuntamento sul vecchio itinerario della via Francigena. Non si pestavano i piedi a vicenda, come in missione segreta. Non si facevano concorrenza. Si scambiavano volentieri informazioni sui grossisti, si dividevano equamente le zone in cui mettere le tende. Banchi stabili, più precisamente, montati nei punti strategici delle città. Alcuni non sono andati più via da lì. Molte librerie italiane delle città centro-settentrionali sono gestite, infatti, da emigrati pontremolesi. Quanto cammino a piedi. Quanti sacrifici. Dalle loro mani passavano Tasso e l'Ariosto, Manzoni e Boccaccio, i capolavori di Dumas. E sarebbero passati, poi, Hemingway, Pasternak, Singer. Vendevano all'aperto, a prezzi stracciati: spesso a contadini mossi da un'illuminante curiosità intellettuale, abituati quanto loro alle bizze delle quattro stagioni. Il primo raduno dei librai di Pontremoli risale al 1952. Così nasce il Premio Bancarella – l'unico, ribadiamolo, gestito interamente dai librai -, e a ricordarlo è Oriana Fallaci.

«Giunsero da tutte le parti d’Italia. Qualcuno arrivava in automobile, ma la maggior parte scendeva dal treno [...] Erano i librai più vecchi del mondo».

Da allora poco è cambiato. Quello è il bello delle tradizioni, in fondo. Ci si dà appuntamento in piazza, ai piedi della torre di Cacciaguerra. Sempre nella solita Pontremoli. Si assiste allo spoglio dei voti alla presenza del notaio, ma non c'è tensione. Leggere è una festa. I librai sono i padroni di casa, i libri gli ospiti d'onore. Venite eleganti e preparati. Divertiti. 
Con l'inchiostro sui polpastrelli, possibilmente, per via del tanto sfogliare.


lunedì 6 marzo 2017

I blogger al Premio Bancarella

Per antonomasia il lunedì è una di quelle giornate odiate dai più per diversi motivi: ha inizio una nuova settimana, si torna a scuola/lavoro, bisogna mettere mano al proprio planning, organizzare gli impegni, incastrare gli appuntamenti. Insomma ogni lunedì inizia, per ognuno di noi, una vera e propria battaglia. Non tutti i lunedì però sono circondati da quest'aura di negatività. Alcuni si accompagnano a belle notizie. Prendiamo oggi, ad esempio, è lunedì e sono qui per parlarvi di una importante iniziativa che coinvolge me e altri colleghi book blogger. Ed era anche un lunedì quando ne abbiamo ricevuto notizia e abbiamo dovuto mantenere la cosa segretissima perché, diciamocelo, quando accadono determinati avvenimenti, belli sia chiaro, abbiamo sempre il timore che ogni cosa possa sfumare da un momento all'altro, che così come è venuta a cercarci quella stessa possa girarci le spalle e andare via. Ma ora è giunto il momento, possiamo urlarlo ai quattro venti, con quella punta di emozione che non guasta mai. Ebbene, come avrete forse intuito dal titolo, insieme ad altri colleghi book blogger abbiamo avuto il piacere e l'onore, soprattutto, di essere invitati a prendere parte alla 65^ Edizione del Premio Bancarella 2017! Ora, è possibile che non tutti abbiano idea di che tipo di premio si tratti e di quella che è la sua reale importanza ed è proprio qui che entriamo in gioco noi. Nel corso di questi mesi, infatti, ripercorreremo insieme le varie tappe che ci condurranno alla premiazione del 16 Luglio a Pontremoli. Vi racconteremo com'è nato il Premio, in cosa consiste, della scelte della Sestina Finalista, che sarà comunicata a Novara il 10 di Marzo, del Metodo di Voto, dei Librai che prendono parte alla bellissima iniziativa, recensiremo i sei romanzi scelti stilando anche una nostra personalissima classifica di gradimento. Insomma daremo voce a tutto quello che si muove dietro una grande macchina quale è il Premio Bancarella perché raccontare ci aiuta a conoscere. Come anticipato non sono da solo/a in questa avventura infatti, a farmi compagnia, ci sono dei veri e propri amici, alcuni conosciuti meglio di altri ma pur sempre amici e colleghi. Insieme abbiamo accolto la proposta e abbiamo deciso di preparare il nostro bagaglio e partire per un vero e proprio viaggio, fatto di tappe, fermate, stazioni, che ci permetteranno di avvicinarci sempre più al capolinea. Tutto ciò potrete farlo anche voi insieme a:


A questo punto è doveroso ringraziare, nuovamente, gli organizzatori che hanno pensato di coinvolgervi in questa esperienza emozionante. Noi, dal canto nostro, non vediamo l'ora di iniziare. Manca pochissimo!

*piccolo siparietto*
Abbiamo pensato di mantenere il tono di questo post su un livello abbastanza serioso ma, alcuni di noi, seriosi non lo sono affatto. Per questo motivo abbiamo deciso di concludere in bellezza raccontandovi in poche righe quale sia stata la nostra effettiva reazione una volta appresa la notizia…

A proposito di lunedì, il mio è iniziato già da un po'. Sono in viaggio, direzione università, combattuto tra leggere il Kindle di soppiatto e il mal d'auto. Se tutto va bene e Blogger farà il suo dovere, mi leggerete mentre l'autobus mi proverà con curve a gomito e sorpassi audaci. Il post programmato sarà andato in porto? Avrò fatto bene, io che sono notoriamente pessimo con le scadenze e la coordinazione? Sperando di sì, mi direte voi, vi racconto di un ventiduenne che ha fatto del “Mai una gioia” uno stile di vita e che una mattina, durante la Sessione invernale, sente il cellulare vibrare e legge di una cittadina nella provincia di Massa-Carrara e di sei romanzi a proposito dei quali dire la sua. Un premio, uno di quelli importanti, per cui le fascette pubblicitarie vanno matte. Vuoi avere una piccolo, piccolissimo ruolo anche tu? Ripetevo – il dissidio tra Dante e Cavalcanti, precisamente, chi ha ispirato chi – e la contentezza, lì per lì, mi ha distratto. Le parole, per fortuna, sono tornate nel momento dei bisogno evitandomi scene mute. Vorranno tornare, magari insieme alla magia dei post programmati, tra recensioni scritte con un po' di attenzione in più e curiosità sui finalisti, le modalità, la giuria votante?
Intanto, dovrei essere quasi arrivato a destinazione.
Un abbraccio, M.

lunedì 26 settembre 2016

Aspettando 'Fine Turno', di Stephen King: Brady

Amici lettori, buongiorno e buon lunedì. Come state?
Oggi post un po' atipico, per me che non sono un amante dei Blog Tour, ma potevo forse fare orecchie da mercante al richiamo di Stephen King? Giocando d'anticipo, io e qualche collega blogger vi parliamo, perciò, del ritorno di Bill Hodges in Fine turno, puntuale conclusione della trilogia iniziata tre autunni fa. La mia tappa è finalmente arrivata, e vi parlo di quello che forse è il personaggio più controverso e irresistibile della serie: Brady, l'insospettabile maniaco omicida della porta accanto. Il prossimo appuntamento è il 3 ottobre, su Everpop, alla scoperta di Pete Saubers. Un abbraccio. M. 

Titolo: Fine Turno
Autore: Stephen King
Editore: Sperling & Kupfer – Pandora
Numero di pagine: 496
Prezzo: € 19,90
Data di pubblicazione: 11 ottobre 2016
Sinossi: In un gelido lunedì di gennaio, Bill Hodges si è alzato presto per andare dal medico. Il dolore lo assilla da un po' e ha deciso di sapere da dove viene. Ma evidentemente non è ancora arrivato il momento: mentre aspetta pazientemente il suo turno, infatti, Bill riceve la telefonata di un vecchio collega che chiede il suo aiuto, e quello della socia Holly Gibney. Ha pensato a loro perché l'apparente caso di omicidio-suicidio che si è trovato per le mani ha qualcosa di sconvolgente: le due vittime sono Martine Stover e sua madre. Martine era rimasta completamente paralizzata nel massacro della Mercedes del 2009. Il killer, Brady Hartsfield, sembra voler finire il lavoro iniziato sette anni prima dalla camera 217 dell'ospedale dove tutti pensavano che sopravvivesse in stato vegetativo. Mentre invece la diabolica mente dell'Assassino della Mercedes non solo è vigile, ma ha acquisito poteri inimmaginabili, tanto distruttivi da mettere in pericolo l'intera città. Ancora una volta, Bill Hodges e Holly Gibney devono trovare un modo per fermare il mostro dotato di forza sovrannaturale. E a Hodges non basteranno l'intelligenza e il cuore. In gioco, c'è la sua anima.  Dopo "Mr. Mercedes" e "Chi perde paga", King ha scritto il capitolo conclusivo della sua trilogia poliziesca, nella quale l'autore, come ci ha ormai abituato, combina il suo senso della suspense con uno sguardo lucidissimo sulla fragilità umana. Dalla trilogia di Bill Hodges sarà tratta una miniserie TV diretta da Jack Bender. 
                            Conosciamo meglio... Brady
Sono lì, al freddo, di notte, che elemosinano un impiego al di là delle transenne.
Con l'arrivo dell'alba, pian piano, si solleva la nebbia.
Le vittime della recessione, gente onesta e volenterosa, aspettano pazienti che la Fiera del Lavoro apra i battenti e li accolga, dando loro una seconda chance. L'impiego non ha importanza, basta lo stipendio. Della folla di disperati ricordo una ragazza madre che aveva portato con sé il suo bambino – un neonato da proteggere dalle intemperie, per quanto possibile, e dal mondo. Ma il mondo è cattivo e sanguinario, ha fari abbaglianti e pesa quintali di lamiere; si riversava su loro tutti, sotto forma di una rombante e infallibile Mercedes. L'uomo al volante indossava la maschera di un clown. 
A testimonianza del suo passaggio, una montagna di corpi – neanche il bambino l'aveva avuta vinta, la lotta contro le ruote – e un adesivo giallo; uno smile beffardo. Quanto impiegheremo per conoscere il vero nome dell'omicida, per odiarlo viso a viso, per vederlo finalmente alle corde? Si aspetterà il finale, per scoprire chi ha premuto senza pietà l'acceleratore?
Nel primo romanzo di una trilogia gialla che, proprio in questi giorni, giunge a termine, Stephen King giocava a carte scoperte. E sin dall'inizio dava un'identità, un indirizzo, connotati precisi al suo spregevole killer – alla luce della recente strage di Nizza, sotto i fuochi d'artificio del 14 luglio, il suo modus operandi ripugnerà e addolorerà perfino di più. Mr. Mercedes si chiama Brady, è sulla ventina: nerd mosso da un inquietante spirito di onnipotenza e da un complesso di Edipo latente. Smilzo, pallidiccio, dinoccolato, non spicca nella folla: una faccia che si dimentica, poche relazioni col prossimo e, nell'anonimato del suo quieto vivere, pensieri cattivi. Somiglia un po' a Chuck Bartowski, con tanto di riccioli, e un po' all'inquietante portinaio dello spagnolo Bed Time. Nella serie tivù di prossima uscita, sarebbe stato quell'Anton Yelchin, attore indie per eccellenza, di cui piango ancora la scomparsa. Gli occhi azzurri, il viso spigoloso, la schiena curva.
L'unica presenza in casa, la madre: una donna fragile e viziosa, meschina nel profondo, sopravvissuta a un marito scomparso prematuramente e a un figlio cerebroleso, morto in circostanze poco chiare ma piuttosto prevedibili. Sbarcano il lunario con gli stralci dell'assicurazione sulla vita dei loro cari estinti. 
Le mamme e gli scantinati, si sa, traviano gli Psycho di ogni era. Ma se l'altrettanto mite Norman Bates, nel sottoscala del suo motel, si dava alla tassidermia, Brady smanetta davanti a infinite schermate e, chino sulla tastiera, cracca il codice del caos. I capitoli alternati, che fanno di Mr. Mercedes anche un riuscitissimo e divertente caleidoscopio di intenzioni belle e brutte, ci raccontano dell'antagonista tanto quanto fanno di Bill Hodges, detective in pensione e con sporadiche tendenze suicide, che si muove seguendo i pochi indizi. Eppure sapete che, in un modo tutto suo, il soggiorno nella mente matta di Brady suscita compassione, interesse e una strana specie di simpatia? Affascina, scrivevo qualche anno fa, alla stregua di una belva rara allo zoo: vorresti sfiorarla, ma temi ci rimetteresti la mano o il senno.
Nel primo capitolo, sembrava lo avessero messo fuori gioco.
Nel secondo, era una comparsa marginale.
Nel terzo ritorna, atteso con la curiosità alle stelle. Presente, ma indebolito.
Fine turno ha nuove sfumature, su carta; un male infido, che assume altre forme.
Sarà saggio, adesso, allungare la mano oltre le sbarre; svegliare il can che dorme?


martedì 14 aprile 2015

Recensione: Ladri di sogni, di Maggie Stiefvater - Blog Tour

Certe cose vogliono essere trovate.

Titolo: Ladri di sogni – Raven Boys
Autrice: Maggie Stiefvater
Editore: Rizzoli
Numero di pagine: 519
Prezzo: € 16,00
Sinossi: La magica linea di prateria è stata risvegliata e la sua energia affiora. I ragazzi corvo, un gruppo di studenti della scintillante Aglionby Academy, sono sulle tracce del mitico re gallese Glendower, che dovrebbe essere nascosto nelle colline intorno alla scuola. Con loro c'è Blue, che vive in una famiglia di veggenti tutta al femminile. A lei è stato predetto più volte che quando bacerà il ragazzo di cui sarà davvero innamorata, questi morirà. Sulle prime sembra che il suo cuore batta per Adam, ma forse è Gansey quello che ama davvero... Intanto Ronan s'inoltra nei suoi sogni, da cui può uscire di tutto. Del resto è uno che ama sfidare il pericolo. Mentre il tormentato Adam, con un passato pesante alle spalle, s'inoltra sempre più in se stesso, cercando una sua strada nella vita. Nel frattempo c'è un individuo sinistro che è anche lui sulle tracce di Glendower. Un uomo pronto a tutto.
                                        La recensione
Ormai non dovrei trovare più la cosa imbarazzante. Mi è capitata abbastanza spesso da diventare consuetudine. Essere coinvolto in un Blog Tour organizzato in grande, scegliermi la tappa più comoda e ritrovarmi a parlare, mio malgrado, con la difficoltà di chi dovrebbe pubblicizzare un romanzo e non sconsigliarlo, di una storia che non mi è piaciuta. Il rischio c'è sempre, ma non pensavo potesse esserci con una come Maggie Stiefvater. Scrittrice poliedrica, bravissima, che mi aveva incantato con il dolce Shiver e spettinato a dovere con lo sfacciato e originale Raven Boys. Due facce dell'urban fantasy, due volti dello stesso talento. Adoro lei, ma ho un problema con le saghe. Mi faccio affascinare dai volumi introduttivi, spesso li lodo, ma poi dimentico l'importante nel tempo che passa – se tutto va bene, un anno; se tutto va male, una vita – tra un capitolo e l'altro. Se solo non leggessi altro nel frattempo. Se solo tutti i libri fossero memorabili. Raven Boys mi era piaciuto, aveva avuto quattro stelle piene e menzioni speciali nel classificone di fine anno, ma avevo colto poco dell'idea di base. Volontà dell'autrice, immaginavo, perché una che crea una famiglia di personaggi tanto interessanti, dotati di vita propria, non poteva non sapere dove portasse la sua stessa serie. Ho iniziato a leggere il sequel, carico di speranze, mentre preparavo Letteratura Latina. Non andava né avanti né dietro, non scorreva, e avevo pensato che Maggie e Virgilio fossero inconciliabili. Momento sbagliato; colpa mia? La mia tappa è slittata fino ad oggi, perciò senza esami e università – nel periodo beato delle vacanze pasquali – non avevo scusanti. La copia che ci eravamo passati noi blogger, oltretutto, piena di post it e appunti a matita, così simpatica e così vissuta, faceva da piacevole incentivo. L'ho iniziato da zero: amici come prima. E più leggevo, più andavo avanti, superato il blocco non da poco delle prime centocinquanta pagine, più capivo che l'abbandono della prima volta non era stato un caso. Non condividevo l'entusiasmo che sprizzavano le emoticons e le note dei colleghi che mi avevano preceduto, mi annoiavo parecchio.. Ecco, mi sono detto: ancora io, l'alieno fuori dal mondo. La pecora nera dei Blog Tour. Dà dà dà dà... Perché, non vi addolcisco la pillola, a me Ladri di sogni alla fine dei conti non è piaciuto. Amo le cose ben scritte, ma odio quelle inconcludenti. Perdere tempo con persone che si inseguono la coda, girando in tondo. La Stiefvater firma un romanzo scritto come lei sa e vende fumo come lei e i centralinisti Vodafone sanno. Siamo a quota mille pagine, continuo a capirci pochissimo del mondo dei rampolli della Aglionby, mi incazzo. C'è qualquadra che non cosa. Tipo cinquecento pagine: piene piene di parole, anche scorrevoli dopo la legnosità dei primi capitoli, ma che introducono due soli nuovi personaggi e la dote misteriosa del ribelle Ronan, che tra l'altro svela anche il titolo e dunque tanto misteriosa non è. Da comprimario a protagonista il passo è breve e lui – i muscoli, il tatuaggio, i capelli corti: antipatico cronico che risulta adorabile a tutti, ma a me no: Ronan, va' fiero di me, io capisco il tuo caratteraccio – si presta agli apprezzamenti delle giovani lettrici e alle possibili situazioni da fanfiction. Situazioni che ho riscontrato anche qui, in momenti ironici che ho trovato grossolane cadute di stile, autoreferenziali e compiaciute al limite del fastidio. Il tutto sottolineato dai dettagli sugli addominali di uno e sul profumo di un altro (“menta e grano”: eau de Pastiera, e che è?) e dalla presenza di un antagonista tamarro che rimarca la mia infelice impressione con battute scollacciate e ipotesi di triangoli alla True Blood o alla Renato Zero.
Quelle amicizie disinteressate, invidiabili, sincere, rovinate dall'ottica di una che “shippa” spudoratamente, si dice così?, e dà a colpi di bromance pane per i loro denti ad adolescenti che scriveranno in giro di cotte e flirt tra Ronan e Gansey, Adam e Harry Styles e così via. 
Eppure Ladri di sogni piace anche a chi certi meccanismi li detesta: non solo io, dal mio personale punto di vista, li ho riscontrati, ma li ho trovati aggravati da dilungaggini che stavolta non mi sono andate giù e da rimandi alla prossima puntata che fanno girare le scatole. Mi ha catturato poco, me lo sono trascinato e ogni peletto mi è parso una trave. Compreso quello stile che inseguo e ricerco – con gli avverbi frequenti, una coppia di aggettivi per tutto, i colori e gli aromi che emergono ad hoc – un po' rococò. Le cose assolutamente positive: le ambientazioni particolareggiate, la traduzione ben fatta – più sicura e sciolta, le adorabili donne del 300 di Fox Lane e lo spietato ma non troppo Mister Gray. Killer, cercatore, factotum che mette una pietra – letteralmente – sul quasi omonimo di E.L James e ricorda i romantici e gentili sicari on the road di un certo Stephen King. Di Ladri di sogni vi hanno detto di tutto e di più e, per il resto, vi rassicurerà la media vertiginosa su Anobii che non mi spiego. Scorro le pagine e arrivo alla conclusione. Sui post-it volanti delle blogger prima di me c'è l'attesa, l'entusiasmo, i conti alla rovescia per quel Blue Lily, Lily Blue che chissà se vorrò leggere. E io mi sento tagliato fuori, col mio fare il bastian contrario. Come quando in quelle scampagnate colossali a casa di amici di amici ti senti fuori posto e non riesci a trovare spazio in mezzo a capannelli di persone che chiacchierano, ridono, spiluccano stuzzichini dandoti le spalle. E' stato così anche con i Ragazzi Corvo, questa volta. La Aglionby ha rifiutato la mia domanda di ammissione (ma tanto io punto a Hogwarts, sappiatelo) e loro parlavano dei fattacci loro – re sepolti, linee di prateria, baci che uccidono – facendomi sentire indesiderato nella loro cerchia diventata vip.
Il mio voto: ★★½
Il mio consiglio musicale: Imagine Dragons - Demons