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11.2.20

Il Mare Obliquo 55

Dharlemhiun è caduta e il Horr Vamaiun è morto, ma la situazione non è affatto pacificata. L'Arciduca Kostantin sta raccogliendo un'armata e i popoli antichi devono affrontarlo prima che sia troppo tardi.
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Dharlemhiun accoglie in silenzio il vincitore.
Vecchie case dei tetti di ardesia, strade chiare di pietre di fiume, bagnate dalla pioggia e la lunga fila dei nuovi soldati delle Case d'Acqua che salutano Teardraet levando le armi al cielo immobile.
Maldanea cavalca accanto al suo Id'Iun e vede passare i colori delle isole e delle coste dei Syerdwin. Dalla Porta Candeliera, la più antica della città, hanno risalito i quartieri di mare salendo verso la Sirena, la lunga collina dove sorgono le residenze delle più antiche Case e il Fondongiano, che raccoglie nelle sue mura il palazzo reale e la piccola rada di Rarin, dalla quale, ai tempi delle guerre con i Lupi-Drago, partivano e arrivavano i rifornimenti per la capitale assediata.
– Quanti morti, Nivel'iun?
– Non abbiamo ancora terminato di contarli, Liest. In quest'ultima settimana i fedeli di Vamaiun hanno forzato le porte di tutte le grandi case della città. Hanno trascinato via i vecchi vicini al cambiamento e i piccoli appena trovati sulle spiagge. Volevano farne ostaggi per costringerci a cessare l'assedio. Ma molti si sono rifiutati di seguirli, hanno combattuto, anche le femmine e gli anziani. Qualche Casa ha sprangato le porte ed è stata bruciata.
Teardraet annusa l'aria. – Ho avvertito l'odore. E dalla Yinnavaud ho visto gli incendi che coloravano le acque. Che ne è stato degli ostaggi?
– Li hanno rinchiusi nei sotterranei del Fondongiano. Quando i Lupi-Drago di Deshigu sono entrati dal varco nelle mura i fedeli di Vamaiun hanno aperto le chiuse e allagato i sotterranei. Ben pochi si sono salvati.
Teardraet china il capo e macchinalmente risponde al saluto di un gruppo di soldati provenienti da Kirup, l'ultima isola abitata dai Syerdwin prima della seconda linea dei ghiacci. Come gran parte di coloro che hanno abbattuto Horr Vamaiun non sanno ancora nulla di ciò che è accaduto durante il breve assedio della capitale ed esibiscono con soddisfazione le armi e le insegne.
– Abbiamo chiuso la via del mare, le vie di terra. Vamaiun e i suoi non avevano più alcuna speranza. Perché uccidere ancora?
– Forse proprio perché non avevano più alcuna speranza. E la punizione sapevano già sarebbe stata comunque terribile.
Nivel'iun non ama speculare inutilmente su reconditi motivi e lontane ragioni. Non è quello il suo compito. È un soldato, un vero soldato: da lui non otterrà di più.
La strada che sale verso la fortezza è stretta, sinuosa. Non ha nulla di grandioso, regale. È ritagliata tra i palazzi delle più antiche Case d'Acqua, nata quasi casualmente e ora corre nel silenzio, supera muri ombreggiati dal fumo, giardini macchiati di cenere. Dalle finestre sicuramente vi è ancora qualcuno che guarda passare i liberatori e il nuovo Reggitore del Trono delle Acque. Ma ancora per molto tempo ogni mattino come quello sarà occupato dal ricordo di quanti non sono tornati dal Fondongiano.
La strada si apre finalmente su una grande piazzale e sulla porta Airaillon, spalancata dall'interno dai soldati venuti da Baran e Verhida e da Therrelise.
Teardraet ferma la cavalcatura al centro della piazza. Accanto a loro passano soldati, servi, carri carichi di armi e degli oggetti rubati alla città, carri macchiati di sangue dove i difensori dell'usurpatore e le loro vittime giacciono abbracciati.
La porta e le mura non portano segni della battaglia. Le grandi macchine da guerra portate dalla isole, manovrate dalle sue navi alla fonda nel Rarin hanno aperto un grande varco nel Fondongiano dal quale sono entrati per primi i Lupi-Drago e gli Oddinak.
"È stata una manovra notevole" Aveva detto Saisek, il principe Gu'Hijirr che li accompagnava, ambasciatore del nuovo re di Farsoll, Tydly il testardo.


Teardraet in quel momento non aveva potuto trattenere un sorriso. Aveva dedicato un paio di notti, in compagnia dei maggiori ufficiali dell'armata, a studiare un modo per rendere più breve possibile l'assedio.
Fin dall'inizio aveva stupito il nemico con i suoi Oddinak, entrati in Dharlemhiun passando per i Cancelli di Roccia, impresa che nessuno aveva mai tentato. Dalla porta Candeliera, aperta dai guerrieri di Gudlinak, erano poi entrati a migliaia i suoi soldati, in testa le bandiere di Baran e di Wessiun.
Una "manovra notevole", come ha detto Saisek, un grande successo la cui eco arriverà fino alla Reggia di Dancemarare, alle orecchie di Konstantin. Una guerra è fatta soprattutto di parole.
Oltre la porta Airaillon lo attendono i trecento cavalieri dell Fama, da sempre la scorta dei Re delle Acque. Uomini, Lupi Drago, Gu'Hijirr uniti dalla fedeltà al re dei Syerdwin. Davanti a loro Marr Ghenerik solleva la spada all'altezza della fronte. La luce liquida della mattina scivola languida sul metallo rendendo il suo movimento lento, dolce come un carezza. Onore al Re! Gridano insieme trecento voci.
Teardraet abbassa il capo per salutare la sua nuova guardia personale e cerca con lo sguardo gli occhi di Marr Ghenerik.
– Fortunatamente non avete mandato la vostra ultima parola alla Marrak, Marr Ghenerik. È stato un bene per tutti.
– Per molti, Seliest, non per tutti. – Il lupo-drago esita, cerca le parole tra le pietre lucide del cortile. – Se avessimo davvero tradito, se fossimo rimasti accanto a Vamaiun fino all'ultimo istante e non avessimo abbandonato il Fondongiano, probabilmente avremmo evitato di contare tanti morti. Vamaiun e i suoi non si sarebbero sentiti tanto disperati da commettere questa vergogna. Così ho salvato il mio inutile onore. Molti innocenti l'hanno pagato.
– Non dovete tormentarvi, Marr Ghenerik. Gud'jen ark tennet veach. – Mormora il barone Deshigu in ordruke.


La porta del passato è chiusa.
Quella frase non lo abbandona. Mentre attraversa le sale del palazzo reale, devastate e imbrattate, mentre si affaccia alle finestre e ai balconi, saluta i suoi soldati, visita i feriti e rende omaggio ai morti.
Per lui si è riaperta, ora è di nuovo l'unico re dei Syerdwin. Contro di lui in tutte le terre della Corona delle Acque è rimasta solo la piccola armata di briganti riunita da Liest Kaidiun, l'ex-primo ministro dell'usurpatore, già sconfitta da Tamu Hiniun e ora rifugiatasi nella selva di Wentur.
Ancora remoti, indefiniti nelle brume del futuro, ci sono l'Arciduca Konstantin e le innumerevoli schiere dei Cancelli d'Occidente. 
 


– Ci sono prigionieri? – chiede Maldanea.
Sulla grande terrazza che domina il Rarin sono rimasti soli. La sua Id'iun non gli ha rivolto la parola per tutto il giorno ma non si è mai allontanata da lui, eretta sul cavallo, forte e silenziosa come un'antica regina.
La luce grigia del giorno scompare lentamente nella caligine salmastra della sera. Molto sotto di loro un mare opaco stringe i moli scuri e le navi dalle vele grige e nere in un abbraccio freddo e instancabile. Le luci gialle accese sulle torri e sugli alberi dei vascelli navigano inafferrabili nell'acqua. La calma è tornata, una pausa nell'affannoso rotolare di una guerra che deve terminare presto.
– Pochi, mia id'iun. Qualcuno ferito. Li ho veduti poco fa. Portano ancora i colori di Vamaiun come se non capissero che sono divenuti i colori dell'infamia. Se facessi aprire le porte delle celle di loro non rimarrebbero superstiti. E nessuno avrebbe rimproveri da muovermi per un gesto tanto crudele. Tra loro non ci sono ufficiali né membri di Casa Vamaiun. Fuggiti o suicidi. Domani il Liessthion decreterà la cancellazione della loro Casa. I libri dei Nomi saranno bruciati. Sarà come se Vamaiun non fosse mai esistita. Ed io approverò.
– Che ne è stato di Vamaiun?
– L'hanno trovato nella Torre dei Cormorani. Ucciso a coltellate. Probabilmente qualcuno dei suoi debitori d'acqua che voleva ottenere la grazia del nuovo re. Ma nessuno è ancora venuto a reclamarla. Probabilmente gli Oddinak non l'hanno ascoltato. Una fine ben miserevole per un re: ucciso da un vassallo traditore. Anche se il suo sicario non deve aver avuto morte migliore.
Maldanea, appoggiata al parapetto della terrazza, è perfettamente immobile e i tratti del suo viso sono nascosti dall'ombra. Teardraet non vede la sua espressione e gli è difficile immaginarla.
– Un vecchio piangeva nel giardino dei Kurdem'iun. Diceva che solo un Moeld avrebbe potuto assalire il Fondongiano quando così tanti erano gli ostaggi nelle mani di Vamaiun. E insieme al suo nome malediva il tuo. I soldati volevano farlo tacere, ma non glielo l'ho permesso. L'ho ascoltato, fino a quando non mi ha visto. Ha sollevato la testa per guardarmi e non mi ha salutato. Aveva gli occhi pieni di paura per il Cambiamento e i gesti stanchi degli ultimi giorni. I nostri soldati erano a disagio, tenevano le mani sulle spade. "Il vostro regno ha inizio nel sangue, Lie." "No. È Vamaiun ad aver terminato così il suo." Non mi ha risposto. Accarezzava una sciarpa e guardava oltre noi. Me ne sono andata piano, camminando sull'erba secca e bruciata. Mentre gli davo quella risposta sentivo di dire la verità, ma non posso fare a meno di chiedermelo: chi decide qual'è la verità? Ma forse è perché c'è qualcosa di terribile e meraviglioso in questa giornata. Avevo visto Dharlemhiun solo altre due volte, in compagnia del mio padre-zio. Adesso la città ci attendeva, l'ho sentita respirare di sollievo ma anche nascondere il viso per la paura mentre camminavamo per le strade. Ho visto migliaia di syerdwin felici salutarci come divinità e tanti morti quanti non avrei mai neppure immaginato. È questa la guerra, Teardraet? Città, soldati, viaggi sangue e morti? E la paura che ti accompagna sempre, quella che ti spinge a muoverti, fare. Fatico a credere di essere divenuta anch'io la nemica di qualcuno, qualcuno che neppure conosco. Eppure possono colpirmi e uccidermi, perché sono di Casa Wessiun, perchè sono la sposa del re dei Syerdwin. Non ho paura per me, non temere. Ho paura perché una cosa tanto sciocca è divenuta reale. E ciò che è avvenuto qui mi ha mostrato che non esiste un limite. I miei cugini erano ansiosi di partire e combattere. Ma non esistono il coraggio e le bella morte, solo una serie di gesti, ciascuno dei quali provoca il successivo. In questo modo sono divenuta anch'io la nemica di qualcuno. Quanto ci fermeremo a Dharlemhiun?
– Pochi giorni. Davanti all'Isola del Cinghiale incontreremo l'armata di Tidly il Testardo. I soldati della Meridiana di Therrelise sono già arrivati ad Annadille e domani supereranno i confini del regno. Li attendiamo per unirci a loro. Li guiderà Deshigu. La nostra flotta partirà domani e incontrerà le navi del Gu'hijirr e insieme attaccheranno i porti di Konstantin. La nostra sola speranza è la rapidità. Se diamo settimane, mesi ai Cancelli d'Occidente l'Arciduca riuscirà a riunire un'Armata che spazzerà via i popoli antichi.

 
– Non abbiamo altri alleati?
– Quali? I Notturni sulle montagne sapranno della guerra solo quando sarà finita. E il loro tempo è ormai prossimo alla fine. La Lega delle Acque è già stata attaccata e lungo il Drew non abbiamo più amici. Le Porte d'Oriente sono dominate dalla gente nuova e comunque Bartsodesch sa che Konstantin per il momento non intende continuare la guerra. E anche a lui non importa molto della gente antica. Dentro i suoi confini ci sono solo pochi notturni e qualche mercante gu'hijirr che commercia lungo il Defin quando non è chiuso dal ghiaccio. Viviamo con le spalle rivolte al mare e non abbiamo nessuna via di fuga. Questa è l'unica risposta che potrei dare al vecchio Kurdem'iun. Lui ha perduto i suoi nipoti ma tutti li perderemo se Konstantin vincerà.
Maldanea accarezza con il palmo della mano la vecchia pietra del parapetto. Lo stesso gesto faceva sulle terrazze della piccola reggia di Baran. Subito dopo l'alba, davanti al sole pallido e confuso dal vento salato, il vento che portava fin lì l'odore dei ghiacci e le voci delle grandi sorelle dal ventre chiaro che nuotavano oltre gli scogli più lontani.
– Perché Konstantin ci vuole distruggere?
– Gli uomini sono più prolifici di noi, premono su tutti i confini per conquistare nuove terre. E non tollerano più di dover dividere lo spazio con i popoli antichi. I Cancelli d'Occidente hanno iniziato la guerra contro Bartsodesch per respingerlo oltre le Terre Notturne e le Montagne dell'Orlo. Questo era il sogno di Artamiro, che ancora rispettava gli antichi patti tra le genti del tramonto. Ma Konstantin ha compreso che gli Antichi Regni, le terre di Farsoll, Dharlemhiun e Therrelise sono più vicine e più deboli delle Porte d'Oriente. Per questo Bartsodesch non interverrà in questa guerra, almeno finché non sarà certo dell'esito e sia noi che Dancemarare ci saremo abbastanza indeboliti.
– E quando sarà terminata?
– Resterà la prova più dura. Il-Mondo-tra-molti-istanti.


– Seliest?
– Non la senti? È la voce di Bediun.
– La sento.
– Non rispondi?
Teardraet sorride. Alza le mani e la fa scivolare sulle spalle di Maldanea. È una carezza e insieme una richiesta di aiuto. Nessun'altra creatura è mai stata tanto importante per lui. Lei rabbrividisce, ha ossa sottili e fianchi appena disegnati.
– Sono qui Bediun.
Maldanea si volta. – Ti attendono, dunque. – Lo afferra per il braccio e stringe leggermente. – Vai. Ti attendo nelle mie stanze. Per continuare la nostra conversazione.


5.2.20

Il Mare Obliquo 54

Maldanea e Teardraet sono tornati a Casa Wessiun per condurre l'assedio al re deposto, Horr Vamaiun. Con loro ci sono i Syerdwin grigio-neri e i lupi-drago. La gente antica si prepara alla battaglia.
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– Ho visto le bandiere mentre arrivavo. Niente più bianco e vermiglio, ma solo il grigio e nero di Teardraet e l'oro-viola di Casa Wessiun.
– Ho legato la nostra sorte a quella del vostro consorte, Maldanea. Spero che gli antenati mi abbiano ben consigliato.
La giovane Syerdwin si volta a guardare dall'altissima finestra della Sala delle Acque le strade lucide di pioggia. Quanto tempo è passato dalla furiosa discussione con il primo ministro del Re Horr Vamaiun e la richiesta di matrimonio del Conte-Mago Teardraet? Essere ritornata nella propria rocca non ha mitigato le sue emozioni: la malinconia ed il senso di penosa insofferenza che ogni evento, anche il più banale, è capace di risvegliare in lei. Il viaggio sulla più grande nave della flotta del Conte-Mago, la "Yinnavaud", un alto vascello a tre ponti con un equipaggio di duecento marinai e cento soldati, se pure ha rappresentato un cambiamento rispetto le sue tristi giornate alla Residenza di Teardraet, non è servito a mitigare la sua solitudine.
Eppure sa di esserne solo lei la causa. Risponde a monosillabi a Dama Pascalina, cerca di evitare ogni incontro con il Conte-Mago e sfugge persino Difiduanna. Attende che qualcosa o qualcuno la scuota, la risvegli. Ha attraversato le strade del porto e quelle che salgono verso Rocca Wessiun tra centinaia di Syerdwin che l'hanno acclamata come una regina, ha visto Odden e Duff che l'hanno abbracciata, cinti dall'armatura di Capitani, ha incontrato nuovamente Toro, il capo della Guardia, pronto a partire per Dharlemhiun. Ha sorriso, abbracciato, promesso, ringraziato e adesso, alla presenza del Padre-Zio Conte Gast si sente svuotata, debole.
Ma anche lui sembra ormai soltanto l'ombra di se stesso, il Cambiamento per l'anziano Syerdwin è ormai vicino.
– Vorrei andarmene quando ogni cosa avrà ritrovato il suo equilibrio. – Dice il Conte Gast.
Forse ha letto nei suoi pensieri. Dicono le leggende che all'approssimarsi del Momento sorgono – brevi come arcobaleni – talenti divini.
– Il vostro Id'iun salirà tra pochi giorni al Trono delle Acque e voi sarete con lui.
Usa una forma di cortesia con lei, il vecchio Padre-Zio, come se avesse davanti una vera Lie e non la piccola Debah, che andava a nascondersi nella torre più alta per chiacchierare con una civetta e che lui andava a stanare, indignato, certo, ma in fondo divertito.
Il tempo l'ha trascinata con sè. Maldanea ha la sensazione di comprendere. Non può perdonare a nessuno ciò che le è accaduto.
– E Horr Vamaiun?
– Pochi lo difenderanno. Tutte le Rocche Syerdwin hanno perso molti dei propri nipoti nella battaglia di Canddermyn. Coloro che si sono salvati lo devono al Moeld ed ai Lupi-Drago. Horr Vamaiun è stato un alleato di Konstantin e dei suoi assassini, nessuno lo perdonerà.
Maldanea sorride. – E il suo primo ministro?
– Liest Kaidiun ha abbandonato il Palazzo delle Acque da alcuni giorni. Probabilmente si è rifugiato a Wentur o anche più a Nord. Corrono voci che voglia raccogliere un'Armata.
– E battersi per Konstantin?
Il Conte Gast annuisce grave. – È pazzo e disperato. L'Arciduca della Casa d'Occidente odia la Gente Antica. Sarà come abbracciare un serpente. Sempre che qualcuno lo segua, oltre ai servi ed alle concubine.
A ricordarle che il tempo è passato basterebbe quel conversare piano, sincero. Ora il Padre-Zio le parla come si deve parlare ad una Lie che conosce il mondo, i vizi e le bassezze di gente nuova e antica.
– Hanno posto blocchi sulla sua strada. E Vamaiun ha rinforzato la vecchia cinta dell'Anello del Fordongiano.
Un gruppo di armati con il mantello oro-viola di Casa Wessiun è appena uscito dalla porta di Mare. Le danno le spalle e Maldanea non può riconoscerli. Non si riparano dalla pioggia e camminano vicini, come a prendere forza l'uno dalla cadenza dei passi dell'altro. 

 
Nessun campo di battaglia ha più visto Wessiun in armi dai tempi dell'Assedio di Bàrdok. Il Conte Gast e chi è venuto prima di lui ha sempre operato per la pace, più dura e meno gloriosa del gioco sanguinoso della guerra.
– Wessiun si è mossa.
– Dell'armata inviata ai Cancelli d'Occidente ben pochi sono tornati. Non vi è più nessuno nelle Terre di Mare che dorma sotto il proprio tetto. Le vecchie Case hanno messo armi in mano a pescatori e servi e persino i Tenathanjun delle Terre Gelate hanno mandato soldati e denaro per abbattere Vamaiun.
– Sono in molti con lui?
– Non più di un migliaio tra cugini, vassalli di Casa Vamaiun, Debitori d'Acqua. In più c'è la Fama, la Guardia Reale: trecento cavalieri.. Molti della gente nuova e dei Lupi-Drago. Ma questi particolari guerreschi non sono il mio forte, dovresti chiedere a Toro Kalnediun. So che attendono il grosso dell'Armata di Teardraet per assalire Dharlemhiun e che le strade di terra e di mare sono in mano nostra. Tra pochi giorni è convocato il Liessthion che deporrà ufficialmente Vamaiun per eleggere il tuo Id'Iun. E rompere il patto con la Casa d'Occidente. – Il conte Gast la previene. – Konstantin non si muove ancora e comunque poco gli importa di Vamaiun. Si muoverà certamente contro Teardraet, il principe Tidly il Testardo e la Meridiana di Therrelise. A migliaia i Soldati Uhban stanno arrivando a Dancemarare e Konstantin sta cercando di comprare i mercenari delle Terre d'Oriente. Non sarà una guerra breve, né gloriosa.
– Avremo bisogno di molti alleati.
– Certo. Ma forse il Cambiamento la spegnerà come la pioggia spegne un torcia. Avanza dal Nord e da Sud-Est.
Maldanea non dimentica la promessa che si è scambiata con Teardreaet, ma a cosa servirebbe dire al vecchio Padre-Zio che andrà con lui nel Mondo-tra-molti-istanti? Dovranno recare un pegno e tenui ricordi per ritrovare la strada e forse non basterà loro il coraggio per comprendere.
Ma la giovane Wessiun ha spezzato ogni legame con Debah, ed ora anche la Casa risveglia in lei solo uno stupore infastidito, il desiderio di rimanere sola. – Siete mutata, Lie Maldanea. – Non è un commento, solo un'osservazione innocua.
– Sì. Il tempo leviga ma apre ferite.
– Cercherò di dimenticarvi. Non voglio Cambiare con questo ricordo di voi.
Maldanea ride. – I bagagli per il Cambiamento non si scelgono, Padre-Zio. Si giunge alla forma di mare come bimbi immemori.
– Così dicono. – Il conte Gast ride a sua volta. – Ma so che non siete felice e non posso fare nulla per voi. Voglio dimenticare di avervi incontrata quest'ultima volta.
Maldanea fa sì con la testa piano piano, come se avesse paura di rompere qualcosa. La luce chiara della pioggia rende la sua pelle chiara come cera e dà al suo tenue sorriso la sostanza del ricordo.


Il Lupo-Drago è alto e imponente. Lunghi peli grigi ne decorano il muso e gli occhi sono sottili e stanchi.
Entra nella sala, la percorre con passo quieto, meditato e depone la lunga spada ai piedi dello scranno dove siede Teardraet.
Il sovrano delle isole lo osserva a lungo, fissa lo sguardo in quello del vecchio soldato e con un lento movimento del capo accetta l'omaggio. Fa segno a Nivel'iun di rendere l'arma al visitatore.
– Le acque sono calme oggi, Marr Ghenerik. So perché siete qui. So che avete dovuto attraversare il ghiaccio e la pioggia e che siete stanco. – Con un cenno Teardraet fa portare la lupo-drago cibo e bevande caldi.
Ma l'ospite guarda solo per un attimo i vassoi appoggiati sui tavolini bassi. – No, Liest Teardraet. Vi ringrazio ma potrò riposare solo dopo. Non sono soddisfatto del mio compito. – Il lupo-drago chiude gli occhi. – Porto la mia spada e quella dei trecento cavalieri della Fama all'ombra del vostro braccio. – Recita d'un fiato.
– L'accolgo con gioia e riconoscenza. In questo tempo ogni vita risparmiata è una vittoria. Tradire chi tradisce non porta disonore. Non siete d'accordo?
Il Lupo-Drago approva con un cenno secco. – È stato il mio unico pensiero per tutto il viaggio da Dharlemhiun a Casa Wessiun. È il mio solo rifugio. Ma forse avrei dovuto spezzare la spada e mandare l'ultima parola alla Marrak.
– Talvolta vivere ancora può essere più coraggioso, Marr Ghenerik.
– Può essere, tutto può essere in tempi tanto brutali e folli.
Maldanea, seduta tra Teardraet e il Padre-Zio, non può fare a meno di provare simpatia e ammirazione per l'anziano capitano della Guardia Reale dei Syerdwin. La Fama era l'ultima forza organizzata e addestrata schierata con Vamaiun e ora davvero il trono delle Acque è a portata di mano del Moeld.
– Non vi chiederò di pugnalare l'Usurpatore alle spalle di notte, non temete. Vi chiedo solo di condurre i vostri cavalieri fuori dalla città al più presto. Non attenderò il resto della mia armata, tra due giorni Nivel'Iun e Deshigu della Meridiana di Therrelise attaccheranno. Con loro ci saranno le Case D'Acqua che hanno già mandato i loro soldati.
– Non sono ancora soldati addestrati, fuggiranno al primo scontro. – È il commento del Lupo-Drago.
– Non possiamo attendere che Konstantin rinforzi le sue file, Marr Ghenerik. Dobbiamo prendere Dharlemhiun subito, prima che Vamaiun termini di rinforzare il Fondongiano, e subito dopo marciare verso Dancemarare.
– Avrete bisogno di molti cavalieri, Liest Teardraet. E non è questo il tipo di guerra al quale sono abituati i Syerdwin: una guerra di terra e a cavallo.
– Muoveremo dai mari e sulla terra. Swyerdwin e Gu'Hijirr sono creature d'acqua ed hanno grandi flotte. Non voglio non dare neppure un minuto a Konstantin: egli crede nelle enormi armate e nei lunghi assedi e io voglio precederlo, colpirlo anche con deboli forze ma obbligarlo a prendere decisioni sbagliate… Conoscete l'antico gioco del Bianco-Nero?
– Sì. – Il Lupo-Drago risponde quasi distrattamente, la mente occupata a immaginare la guerra di Teardraet.
– Bene, saprete quindi che il giocatore che ha l'iniziativa e la tiene ha le maggiori possibilità di vincere.
– Se ha le risorse e le forze necessarie…
– La Gente Antica si è risvegliata, Marr Ghenerik, nulla sarà più come prima. Nulla, mai più.



27.12.19

Il Mare Obliquo 48

Al ritorno da Verhida i rapporti tra Teardraet e Maldanea sono nettamente peggiorati. Il Conte-mago si tormenta cercando di capire che cosa li attende mentre il Cambiamento minaccia la sua stessa residenza. Ma Maldanea è pronta a giocare la vita per seguirlo.
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Una quiete innaturale è caduta sulla Residenza di Teardraet. I servitori, le guardie e i membri della minuscola corte del Conte-Mago ostentano modi gravi e parlano con voce controllata. Maldanea, ancora colpita da ciò che ha appreso a Verhida, ha notato questo cambiamento che è andato a rafforzare la sottile sensazione di panico che l'assale ogni sera, quando abbandona il mondo sensibile per sprofondare nel sonno. Ha finito anch'ella per adeguarsi al nuovo clima, per scegliere abiti scuri, poco appariscenti e trascorrere gran parte del suo tempo sulle terrazze a sud, fissando la remota linea dell'orizzonte per essere la prima a riconoscere i segni della malattia del mondo che li obbligheranno ad abbandonare le isole.
Incontra Teardraet anche meno di prima: da poco egli ha cominciato a disertare anche i loro pasti, un tempo l'unica occasione per la giovane Wessiun di incontrarlo. Ma forse Maldanea non ha provato né stupore né dolore: il gelo che avanza ha messo salde radici anche nel suo cuore e sempre di più ella si sorprende ad osservare le cose con il distacco del viaggiatore.
La piccola Difiduanna e Dama Pascalina osservano con pena questa metamorfosi della loro amica e protetta, ma seppure dedichino ore ed ore delle sempre più brevi giornate del nord a cercare nuovi modi per scuoterla, per averla nuovamente accanto a loro, si sentono depresse e tristi, come giocattoli dimenticati.
– È forse l'amore. – Ipotizza Difiduanna, deplorando in cuor suo che anche Debah sia caduta vittima di un sentimento tanto assurdo.
– Non partecipa più neppure ai suoi pasti, si incontrano per pochi minuti nella Sala delle Udienze, per vestire i panni dei Reggitori di Baran e Verhida, ma null'altro: la porta di T rovesciata resta chiusa per lei.
– Se devo essere sincera, Pascalina, anche il Conte-Mago non mi sembra di ottimo umore di questi tempi. – Osserva la piccola civetta.
Pascalina si stringe platealmente nelle spalle. – Con tutti gli strani pensieri che cova in quella testa di rame e tutte le manovre che passa il tempo a combinare… qualcosa gli sarà andato storto.
– Non so. Passa molto tempo nel suo laboratorio e comunica con quel generale che ha mandato nelle Terre Tiepide, quel Nivel'Iun dell'Isola del Tramonto.
– Persino gente dell'Isola del Tramonto. – Sbuffa Pascalina. – Ma è chiaro: tutti i matti dell'Orlo del Mondo stanno all'ombra delle bandiere di T Rovesciata.
– Questo ci riguarda assai poco. – Difiduanna si sente così saggia e pacata che per un attimo ha il dubbio che sia stato qualcun altro a parlare. – Ciò che ci preme è fare sì che Maldanea ritorni ad essere se stessa.
– E quel tipo strano, quel Mastro Nerubavel? Debah lo considera con molta stima e affetto.
– È partito per una missione per conto di Teardraet, non so né dove né a fare che. – La civetta ostenta molto scetticismo, ma d'altro canto è per lei virtualmente impossibile prendere sul serio la bizzarra creatura che ha conosciuto a Baran, con quell'odore così appetitoso addosso e con quell'accento impossibile.


– Peccato. Forse Maldanea l'avrebbe ascoltato.
Difiduanna chiude gli occhi e scarruffa le piume…bei consiglieri si sceglie la giovane Wessiun. – No, Pascalina: dobbiamo prendere il toro per le corna: devi andare a parlare con il Conte-Mago e ricordargli i suoi doveri di sposo. E se le cose non dovessero cambiare neppure così salirò sulla prima nave diretta verso Dharlemhiun per riferire al Padre-Zio Wessiun, che certo non ne sarà felice.
Pascalina sbarra gli occhi e si porta una mano al petto. – Devo…
– Proprio così. Vuoi che sia io a chiedere di conferire con il Conte-Mago? Ti sembra serio?
– No, non credo. – Ammette Pascalina.
– Bene, allora vai.
– Come vai?
– E quanto vuoi aspettare? Se non vai ora, nel momento nel quale più forte e convinta è la tua – la nostra – indignazione, vuoi farlo quando la mente sarà tornata fredda e prudente?
– Ma forse…
– Vai, Dama Pascalina. Chiama l'addetto di Teardraet e fatti condurre senza indugio, capito? "Senza Indugio!", al suo cospetto.
Pascalina, ancora stordita per l'inaspettata piega che ha preso la conversazione allunga una mano per afferrare il cordone del campanello per chiamare Ghiza, il Boldhovin.
Lo sottile creatura compare all'improvviso e senza rumore come sua abitudine, e come il solito fa sobbalzare la Dama.
– Devo vedere il Conte-Mago. – Dichiara l'anziana Syerdwin. E un attimo dopo. – Senza indugio.
Il servitore si inchina. – Vi prego di seguirmi.
Pascalina lancia un'ultima occhiata a Difiduanna e abbandona il proprio appartamento con lo sguardo ed il passo di chi si reca al patibolo. La civetta la guarda scuotendo il capo e vola sul più alto scaffale della biblioteca di Maldanea. "Dovrò vedere il Conte Gast, temo." Conclude con un lungo sospiro.
– Il Conte-Mago si trova nella Sala dell'Arcobaleno.– Le comunica il boldhovin indicando la grande tenda che conclude il breve corridoio dalle pareti di vetro bianco. – Attendete un attimo e vi annuncerò.
Pascalina annuisce, resistendo alla tentazione di dire "Se non può non importa." Ormai si trova lì e quindi tanto vale portare a termine la sua missione, "In fondo certo non mi ammazzerà." Mormora a se stessa, come a convincere una parte di sé per la quale quella possibilità non è poi così remota.
– Il Conte-Mago vi attende. – La ricomparsa di Ghiza la fa sobbalzare anche più del solito e Pascalina si affretta ad entrare con improvvisa determinazione.
– Non è tollerabile né onesto, Liest Teardraet. Voi venite meno al patto sottoscritto privando Lie Maldanea della considerazione e dell'affetto che ella merita! – Pascalina è vagamente conscia della meravigliosa bellezza del luogo ove Teardraet conduce i propri esperimenti, ma non perde tempo, non riprende neppure il fiato, prima che il timore la freni. – Maldanea ha fiducia in voi e vi ama e come la compensate? Negandole anche la povera compagnia di un pasto consumato insieme! È forse costume dei Moeld trascurare così vergognosamente la propria Id'Iun o è costume delle Terre Fredde? Eppure avete avuto parole d'affetto e di simpatia per lei, le avete forse dimenticate o è vostro abitudine regalare parole come abiti smessi, senza riflettere e senza sentimento? Se non potete rinunciare alla vostra solitudine perché trascinare qui anche Maldanea a condividerla, lei che, sciagurata, ha tanta considerazione per i vostri pensieri? Perché farla soffrire, lei è innocente e curiosa come un cucciolo e come un cucciolo ama gli scherzi e le carezze. Non permetterò che voi le facciate conoscere prima del momento fissato il dolore del tempo che scorre troppo veloce!
Teardraet, seduto, il libro dei Messaggi aperto sulle ginocchia, ha ascoltato immobile la sfuriata di Pascalina, senza che il suo volto lasciasse trasparire né ira né stupore.
Quando la dama Syerdwin ha terminato china il capo sul libro, come se volesse tornare a leggere.


– Queste parole vi fanno onore, Dama Pascalina di Rocca Wessiun. – Commenta dopo qualche attimo di silenzio. – Ma il dolore che sente Maldanea ha molte radici ed affonda profondamente nel suo cuore. Neppure io posso strapparla dalla contemplazione del mare reso grigio dall'inverno e dai suoi tristi pensieri.
Incredula Pascalina tace per qualche momento. – Ma neppure provate. – Prosegue rinfrancata. – Neppure cercate di distoglierla, di partecipare dei suoi timori.
– Avete ragione, ma condividere certi pensieri lascia ancor più amarezza. Non capite, Dama Pascalina: la stessa Maldanea mi ha chiesto di non dividere più i pasti con lei. Ella sta vivendo in un luogo inaccessibile e tiene lontano da sé chiunque cerchi di avvicinarla. Il mio dolore non è inferiore al vostro.
Pascalina rimane letteralmente senza parole. Sospetta che il Conte-Mago si stia prendendo gioco di lei per allontanarla e cerca di aggrapparsi a quel pensiero con una convinzione che ignora lo sguardo serio e la voce cupa del Liest, testimonianze della sua sofferenza.
– Voi dubitate di me, Dama Pascalina e non riesco a darvi torto. Certo le mie oscillazioni, le mie esitazioni, la mia abitudine alla solitudine hanno fatto molto per condurla a questo punto, ma se ho fallito quando il mio cuore era sgombro e infervorato di sempre nuove passioni come potrò riuscire ora?
Pascalina scuote la testa. Ha la sensazione che esistano le parole per rispondere a Teardraet, che siano a portata di mano e se aspetterà un attimo potrà afferrarle. Ma quell'istante scorre via veloce lasciandola muta e disperata. Si inchina al Conte-Mago e si volta bruscamente per ritornare nei suoi appartamenti.

Appena uscita Dama Pascalina Teardraet cerca nuovamente di immergersi nella lettura, ma come pochi minuti prima, la cosa si rivela impossibile. Pensieri lugubri, preoccupazioni, oscuri presagi hanno profondamente inciso la sua abituale sicurezza, l'acume ironico che è sempre stato la sua ricchezza. Soffre come un giovane dalla pelle ancora di un unico colore e così si sente confuso, impaziente.
Maldanea è riuscita a ferirlo, a spingerlo ad agitarsi inquieto, ad aprire cento libri senza leggerne nessuno, a comporre le prime righe di infinite riflessioni vergate con la calligrafia sottile e inclinata che tutti nei regni dell'Ovest conoscono, senza mai terminarle e senza trovare pace neppure in quel solitario esercizio.
La luce che scende dalla cupola di cristallo è cupa e sembra interrotta da delicati frammenti d'ombra che non riesce a cogliere ma che rendono il suo splendido studio una tetra replica di se stesso.
Chiamare ancora una volta Nivel'Iun è solo un modo per illudersi di controllare pienamente la situazione. Ma è il primo a sapere che la guida del gioco non è nelle sue mani in quel momento.
…Se Artamiro dovesse morire… Se Bartsodesh dovesse prevalere… Se Konstantin avesse la meglio nelle sue manovre di palazzo… Se i Re della Gente Antica di Therrelise, Dharlemhiun e Farsoll abbandonassero il campo dei Cancelli d'Occidente… I re alleati di Artamiro esitano ancora, anche se i suoi emissari tessono instancabilmente la tela del nuovo paesaggio al quale lavora da decine d'anni.
Si è legato alla Casa Wessiun, sa delle manovre di Konstantin nelle terre alle fonti del Drew – che vengono a fare così meravigliosamente il suo gioco – sa dei malumori alla corte di Nyby Ornoll e del disorientamento delle Marrak delle Terre Fredde adesso che il Duca Kwister è scomparso, sperduto tra i deserti e le magie del Sud, ma sente che il suo progetto è insidiato da qualcosa di imponderabile, inafferrabile. La sue insegne sono nuovamente oltre il mare, come era accaduto in un tempo che lui stesso teme di non riuscire più a ricordare, ma sono ben poca cosa quel pugno di soldati e il lavoro di un gruppo di messi a lui fedeli per ricongiungere nelle sue mani il destino dei Popoli Antichi.
Con un moto esasperato scopre la superficie lucida di Andòden. Riconosce il proprio viso nel riflesso e scuote il capo: a quanto pare lo specchio ha deciso di limitarsi alla più banale delle sue facoltà.
– Mostrami Artamiro, Andòden. – Ordina.
Il suo volto nello specchio oscilla debolmente, come nel riflesso di uno stagno frustato dai rami di un salice. Un attimo dopo vede il suo volto assumere i contorni di una vecchia statua, dai lineamenti usurati dal tempo, sfregiata e segnata dalla pioggia e dal muschio. 

 
– Smettila con i tuoi stupidi scherzi, Andòden. Mostrami Artamiro. – Ma quali sono le terre che mostra ora lo specchio? Quali lande hanno l'erba del colore del cristallo e sono popolate da alti alberi immobili, le foglie di un colore bruno, metallico? Teardraet fissa inorridito il paesaggio inquadrato nella massiccia cornice di Andòden e un brivido improvviso lo scuote come un vecchio. Quelle sono le terre Cambiate, il destino che attende le sue isole e forse l'intero mondo, condannato da un'incomprensibile malattia.
Altre immagini si rincorrono sulla lucida superficie dello specchio: genti in fuga con le proprie povere cose, città abbandonate, silenziose e immobili, congelate da un sottile strato di cristallo scuro, i volti immemori di coloro che sono stati raggiunti dall'onda del Mutamento, schierati in mezzo ai campi e sulle strade che riflettono i raggi della luna, come giocattoli dimenticati.
Quale sarà il mondo che si troverà infine a possedere?
Quell'assurdità immota, tanto simile al Mondo-Tra-Un-Istante che ha conosciuto da Invisibile? Teardraet vorrebbe che qualcuno venisse a interromperlo, anche Dama Pascalina, con le sue preoccupazioni così naturali eppure così patetiche, ma nessuno entra nel suo studio e nessuna voce lo raggiunge. Non può che continuare a perdersi nel riflesso di Andòden e a sentire la sua determinazione spezzarsi mentre la paura mette salde radici nel suo cuore.
Copre nuovamente lo specchio.
Queidhen. Solo lui può inviargli quelle immagini: è l'unico a conoscere davvero gli Specchi Gemelli che i Signori del mondo della Gente Nuova hanno ereditato senza comprenderli. "Sette furono i Gemelli " è scritto nel Libro delle Rupi.
L'Unico vuole fermarlo, anche se è stato pronto ad aiutarlo quando si trattava di colpire Artamiro. Teardraet si alza per camminare. Pochi minuti davanti allo schermo scuro di Andòden l'hanno reso incerto nei movimenti ed esitante come un malato. Come spesso ha fatto cerca di immaginare il gioco di Queidhen, mentre una parte della sua mente gli ripete che cercare di comprendere le Sue azioni è vano e presuntuoso.
Ma il Conte-Mago è troppo stanco e troppo disperato per ubbidire a quella voce. Enumera nella sua mente le mosse dell'Antico Primo, le battaglie combattute dai suoi Oom, le apparizioni, gli incantesimi dei quali è stato complice. Artamiro si trova abbandonato sull'orlo della vita e solo Egmont Rossiter, suo nipote, è davvero pronto a rimanere con lui fino all'ultimo. Che sia questo il disegno di Queidhen?
Sostenere il giovane Duca di Dancemarare? Un debole sorriso fa per un attimo la sua comparsa sul volto del Moeld: dietro la bandiera di Egmont Rossiter viene la pace e la concordia e non può essere quello il Suo disegno.
A meno che egli non voglia condurre fino alla fine la disgrazia della casa d'Occidente, schierare tutti contro tutti nell'ultima battaglia, in un mondo impoverito e assediato dall'Onda del Mutamento. Teardraet esita davanti a quella conclusione, ma i suoi pensieri corrono e si affollano prima di riuscire a controllarli… Cosa sa, cosa ha visto Queidhen nelle sue peregrinazioni nel tempo che verrà? Quale futuro ha conosciuto? Non c'è che un modo per saperlo: seguirlo nel Mondo-Tra-Un-Istante e anche oltre, giungere dove nessuno se non Lui è arrivato.
La conclusione delle sue riflessioni è spaventosa e insieme obbligata: se non avrà la conoscenza dell'Unico non saprà mai, nonostante tutta la sua esperienza e la sua intelligenza. Teardraet si volta involontariamente a fissare il piccolo armadio dove conserva il liquido che gli permette di divenire l'Invisibile.


Non ha mai osato andare oltre le tre gocce, che lo hanno condotto in un mondo freddo e sgradevole, popolato di ombre inquiete e di suoni strascicati e rugginosi Ciò che si propone di fare adesso è passare a dieci, venti gocce, per cercare di raggiungere il Tempo nel quale ciò che ora teme sarà dimenticato. Non più il Mondo-Tra-Un-Istante, ma il Termine.
Chiude gli occhi. Se di follia si tratta spera che sia interamente sua, che nessuna mente sia penetrata nei suoi pensieri per condurlo a quella decisione.
– Mi avete chiamato. – È difficile dire se Maldanea sia infastidita o assolutamente indifferente alla sua richiesta. Il Conte-Mago esita cercando di ritrovare lucidità ed equilibrio.
– Se vi trovate qui… – Inizia a dire senza terminare la frase, disgustato lui per primo dai propri modi.
– Perché desideravate vedermi?
– Maldanea, certo tu sai…– La fissa con pena. Vorrebbe che lei la sentisse ed abbandonasse quei modi tanto freddi e distanti, ma non può perdonarsi di elemosinare così il suo sorriso, la sua comprensione e si fa ironico, sostenuto.
– Sapete quali e quanti sono i problemi che angustiano la mia corona. – Riprende. – Questo mi spinge a prendere iniziative che possono essere fatali anche per me stesso.
Maldanea tiene il suo sguardo fisso davanti a sé come una sentinella o un martire. Annuisce. – Intendete raggiungere Nivel'Iun e marciare di persona alla conquista di Dharlemhiun?
– Dovrò raggiungere un giorno i miei soldati. – Si preoccupa di rassicurarla, quasi temendo che lei possa mal giudicarlo. Sorride: aver vissuto tanti anni non l'ha immunizzato dal più assurdo dei sentimenti. – Ma non si tratta di questo. Temo ciò che il futuro ci nasconde. Il Mutamento assedia le nostre isole.
Un'ombra di emozione attraversa finalmente il volto della Id'Iun. – Ogni giorno temo di scorgere il suo riflesso di cristallo congelare le onde più lontane.
– Anch'io soffrirò quando sarà il momento di abbandonare questa Residenza e queste terre.
Le parole non pronunciate rimangono in equilibrio tra loro, come un etereo arco colorato. Ma i loro sguardi orgogliosi non si incontrano. Un momento prezioso scompare senza essere afferrato, come è accaduto tante volte.
Teardraet sente farsi il vuoto nella sua mente. Ha resistito tante volte alla tentazione di toccarla, di averla, di sentirla respirare accanto a lui ed ora probabilmente è troppo tardi. Lei è giovane e sincera, l'avrebbe trasformato profondamente, avrebbe reso futili tante cose, ne avrebbe arricchite altre che giudica così poco importanti. Ma perché ora brucia così la sofferenza per ciò che non è stato, per i giorni e le notti che hanno soltanto reso più formidabili le rispettive solitudini?
– Dovrò vestire l'Invisibile. – Spiega. – Dovrò vedere il Mondo-Tra-Molti-Istanti per sconfiggere l'Unico. È la sola strada che mi rimane.
– Verrò con voi.
– Lie Maldanea non potete parlare seriamente.
Lei ride senza allegria. – Non ho nulla di meglio da fare.
– Ben pochi hanno tentato di seguire la strada dell'Invisibile. Il prezzo può essere la pazzia ed una morte orribile. – Maldanea non lo ascolta neppure, fissa l'uno dopo l'altro i settori di vetro colorato che formano la Sala Arcobaleno, quasi volesse sceglierne uno. Un'assurda gioia gli impedisce di continuare a parlare: la propria libertà, difesa per tutti quei mesi, è una ben misera ricchezza.