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19.1.20

Il Mare Obliquo 51

Nivel'iun e Tamu Hiniun discutono sul proseguio della guerra mentre il conte Burlagh paga il prezzo del suo tradimento.
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Nivel'Iun, il generale di Teardraet è un Syerdwin se possibile ancora più magro della media della sua gente, ha la pelle scura dei Moeld ed è molto alto. Indossa un'armatura opaca e scura e sulle spalle porta un mantello nel quale grigio e nero si dividono esattamente a metà nel senso della lunghezza, con la T capovolta disegnata in grigio sul nero e viceversa. Tutti i suoi ufficiali portano un mantello simile ed un'uguale armatura ed altrettanto uniformi sono abiti e corazze dei soldati di Baran e Verhida.
Uno strano esercito quello del Conte-Mago, silenzioso e temibile, come hanno potuto sperimentare i soldati di Dancemarare.
– Che ne è stato dei nostri nemici? – Chiede il principe Syerdwin.
– Si sono ritirati verso Torre Aghmanta. Molti sono fuggiti e ancor di più sono caduti. Ma le nostre forze sono insufficienti a dare ancora loro battaglia, né – tantomeno – per marciare su Dancemarare. Ma loro non possono saperlo, per il momento. Così, finché non giungeranno le loro spie possiamo riposarci e progettare le nostre prossime mosse.
– Le terre di Occidente non vedevano più questi colori da molto tempo. – Osserva Tamu Hiniun fissando il generale delle Isole dell'Estremo Nord.
– È vero. E non li dimenticheranno più. – Il sorriso di Nivel'Iun è appena accennato e scompare subito dal suo volto. – Ho già informato il Conte-Mago di quanto avvenuto.
– Ed io ho già inviato messi a Therrelise. – Il Barone Deshigu ha l'espressione soddisfatta di un gatto a pancia piena. – Ma la nuova armata di Konstantin è quasi pronta e le nostre città corrono gravi rischi.
Nivel'Iun annuisce. – Sarà cura del mio signore informare la Corte di Dharlemhiun.
– Bisognerà informare anche la corte di Farsoll. – Dice Tamu Hiniun.
– Nyby Ornoll è caduto. – Il cavaliere Gu'Hijirr, rimasto fino a quel momento in silenzio in un angolo della tenda nel campo dell'armata di Teardraet fa un passo avanti. – Il principe Tidly il Testardo sta marciando lungo il Drew e tra due giorni cingerà la Corona dei Fiumi.
– E Bartsodesh?
– La Meridiana di Therrelise ha già inviato ambasciatori al suo campo per chiedere pace ed una nuova alleanza. – Il Lupo-Drago si volge verso il generale di Teardraet. – E credo che qualcosa di simile abbia già fatto il Conte-Mago di Baran e Verhida.
Nivel'Iun annuisce con un moto rapido del capo. – Bartsodesh è già in pace con Baran e Verhida.
– Ma allora… – Tamu Hiniun si solleva a sedere sul comodo giaciglio offertogli dal generale di Teardraet. – Allora voi non siete venuti in queste terre per battervi contro la Casa d'Oriente.
– Noi abbiamo riportato le nostre bandiere in queste terre, principe. – Ribatte ambiguo il Moeld.
– Voi volete dare la corona dei Syerdwin a Teardraet. – Dice il principe a mezza voce, quasi a se stesso.
– La corona deve essere di chi ne è degno, principe. Horr Vamaiun non ha nemmeno compreso cosa accadeva alla corte di Dancemarare, mentre io e voi abbiamo veduto i migliori giovani delle Rocche di Mare uccisi a centinaia dal tradimento e dalla cieca stupidità del vostro re. Credete che qualcuno vorrà ancora difenderlo?
Tamu Hiniun, stanco e ferito, tace per un attimo poi fa un leggero movimento di assenso con il capo ed il tronco, simile all'oscillare di un vecchio albero colpito dal vento e torna a sdraiarsi cedendo finalmente al sonno.
– Domani seppelliremo il nostro povero re. – Mormora un attimo prima di addormentarsi.



– … Ho freddo, tanto freddo….
Il conte Burlagh si alza di scatto a sedere sul letto, la mente confusa da un sogno impossibile da ricordare. Nella stanza una debole luce livida scivola sulla trapunta di seta e sui mobili attentamente lucidati. Il conte sbarra gli occhi confuso e rabbrividisce. Nella stanza il freddo è intenso, è un'onda cieca di ghiaccio e vento che nasce da quella luce d'argento, penetra sotto le coperte e attraversa i muri e le porte come la tramontana più forte.
– Chi è… cosa c'è. – Ed al conte la sua stessa voce sembra diversa, suona sorda, senza profondità, come se la parlasse con la bocca appoggiata ad un muro.
– …Ho freddo…freddo.– Quando ode nuovamente quelle parole Burlagh ricorda d'improvviso di averle udite pochi attimi prima nel sonno e un tremito furioso lo scuote.
– Vattene, chiunque tu sia! – Urla il conte afferrando la spada posata su uno scranno accanto al letto. – Vai via, ombra malefica, VIA! – Aiutami… Ho freddo, freddo… – Una risata simile al rumore del ghiaccio spezzato accompagna quell'invocazione e si ripete più volte frangendosi e moltiplicandosi sulle parete foderate di legno della grande stanza da letto del conte.
– Sei solo un'ombra, soltanto un'ombra, non puoi farmi nulla! – Grida istericamente Burlagh, agitando la spada nel buio.
– Aiutamiiiii…. – Ripete la voce ed un soffio di vento più forte gela le mani del Conte che lascia cadere la spada e crolla in ginocchio.
– Non le sento più… Aiuto, aiuto, le mani! Le mie mani sono congelate! – Un urlo terribile ferma il sangue di tutti coloro che dormono nel castello.
– Ho freddo… tanto freddo…
Il conte si rotola sul pavimento divenuto la superficie di un lago invernale ed ulula come un lupo ferito.
– … Aiutami…
Un gruppo di servitori e di soldati irrompono nella stanza recando alte con loro le torce.
Il conte ha il volto bianco come cera e giace su un fianco, la spada abbandonata a pochi passi da lui.
Ikkiname, il suo cerusico si china a toccarlo e ritrae la mano di scatto. – È più freddo del ghiaccio. – Grida.
Soldati e servitori fanno istintivamente un passo indietro.
– Chi…? – Mormora il giovane conte Odaskin, fissando il volto deformato dal terrore dello zio.
Ikkiname crolla il capo e stringe la mano che ha posato sul viso del conte Burlagh come se temesse di perderla. – La risposta, qualunque sia, è per sempre seppellita nella sua mente.
Odaskin impallidisce. – Sia avvertito l'Arciduca Konstantin.

13.1.20

Il Mare Obliquo 50

Il tradimento dell'Arciduca Kostantin ai danni di Artamiro è giunto al suo epilogo. Nel grande accampamento dell'armata scoppia una furibonda battaglia che contrappone la gente nuova ai popoli degli antichi re. 
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– Ho mandato messi al campo dei soldati di Teardraet. Ed altri al campo di Bartsodesh. Altri sono pronti a partire per le Case Reali di Vamaiun e Ornoll. – Il giovane Liest indica un minuscolo tavolino illuminato da una lampada ad olio. – In quanto a voi, so che avete raddoppiato la guardia intorno ai vostri attendamenti, non è vero Barone Deshigu?
Il Lupo-Drago annuisce. – Ho ricevuto istruzioni dalla Meridiana dei Marr ed una lettera del Duca Dymiu di Lö, Ombra del Duca Kwister.
– Cosa vi ha scritto?
– Non sono autorizzato a dirlo.
Il principe Tamu Hiniun annuisce. – Avete ragione, perdonatemi. Ma speravo che le decisioni dei vostri anziani potessero illuminare anche me e la mia gente.
– Avete incontrato il generale Kataiud?
– Si dice che egli sia gravemente malato. Ad assisterlo vi erano gli uomini del Conte Burlagh.
Il lupo-drago scuote il capo con un moto rabbioso. Il corto pelo intorno alla bocca è ingrigito dal tempo, ma il barone non sembra aver perduto né forza, né lucidità. – Gudiak Adhun! La vita del generale non vale più di un filo di paglia ormai. Sapete chi dovrà sostituirlo?
– Chi lo sa? Forse lo stesso Burlagh.
– Le nostre genti non possono rimanere oltre con le mani in mano, non credete?
– Siamo spiati, sorvegliati. Credete sia possibile organizzare qualcosa qui nel campo? Non siete arrivato qui voi stesso di nascosto? Sono certo che i sicari di Kostantin si muoveranno senza preavviso. L'unico luogo sicuro è il campo della gente di Teardraet, che non si è mai mescolata a noi.
– Diffido di Teardraet. Egli intende condurre una guerra solo per se stesso.
– Neppure le vostre precauzioni potranno salvarvi da Konstantin. Noi siamo dispersi, divisi, orgogliosamente e stupidamente retti mentre lui è contorto, spietato e procede per realizzare scopi che possiamo solo tentare di intuire. Molte sono le voci che riguardano il suo odio per la Gente Antica e il suo desiderio di un regno che vada da capo Wiggdon e Mune Kathani alle foreste di Cera ed oltre.
Il barone Deshigu annuisce. – Ho udito anch'io di tali voci. – Solleva la lunga spada ricurva fino all'altezza del petto con un movimento improvviso. – Possiedo la via per abbandonare una situazione tanto poco onorevole. E molti tra coloro che mi assaliranno dovranno seguirmi nella via oltre l'Orlo.
– Dovremo unirci, rafforzarci. Meglio ancora abbandonare il campo.
– Artamiro è ancora tra noi.
– Egli vive già tra le ombre. Quando ogni compito affidato da Konstantin ai suoi uomini sarà compiuto, egli morirà.
Il Lupo-Drago chiude gli occhi e scuote il capo. – So cosa si mormora. E io stesso sono tormentato da dubbi e timori.
– Una potente magia ha ucciso il mio buon amico, il Duca Rossiter. Un vile sicario ha spacciato Tiatikenn: il vecchio mago deve aver sentito o riconosciuto qualcosa.
– Non vi sono stati testimoni alla morte del Duca Rossiter.
– O forse un testimone c'è ed ora giace indifeso, circondato dagli scherani del Conte Burlagh.
– Invierò una memoria al Duca Dymiu.
– Forse sarà troppo tardi. Preparatevi: quando Artamiro morirà, verrà il nostro momento.


– Cosa succede?
– È solo il vento. Annuncia la primavera.
– E queste voci? Sembrano pianti, lamenti.
Drjol, il mago Gu'Hijirr, si alza a sedere sul proprio giaciglio. – Sembrano provenire dalla tenda di Re Artamiro.
Tamu Hiniun annuisce. – Il momento è venuto. Chiama i servi. Che preparino le mie armi ed il mio cavallo.
Drjol annuisce e si affretta ad alzarsi.
Mentre si prepara il Liest ascolta con attenzione i suoni provenienti dalla grande tenda del Re dei Cancelli d'Occidente. – Non senti, Drjol? Non ti pare di udire rumore di spade e cozzare di scudi? 
– Temo di sì, mio signore.
Tamu Hiniun affretta i suoi preparativi, senza riuscire ad immaginare chi possa combattere al cospetto del Sovrano appena morto. Che Deshigu si sia mosso in anticipo, ubbidendo alle sue raccomandazioni? Eppure non vi era più stato modo di incontrarsi e le sue lettere erano rimaste tutte senza risposta.
Si affretta ad uscire dalla tenda trovando ad attenderlo un piccolo gruppo di cugini, già armati e pronti.
– Andiamo a vedere cosa accade. – Annuncia ad alta voce. – A cavallo.
Rapidamente raggiungono il Recinto Reale, illuminato da un ampio cerchio di grandi torce, la cui fiamma fuma e si piega agli urti del vento.
Davanti alla tenda si affollano decine di fanti, armati di tutto punto che vociano e si spingono senza riuscire a procedere di un palmo.
Alla luce incerta e fuggevole delle torce il Liest intuisce più che vedere le forme possenti degli Erbani, schierati in triplice ordine davanti all'ingresso della tenda reale, che colpiscono e uccidono i soldati del Conte Burlagh, molto superiori a loro per numero.
– Hanno ucciso il Re! – Grida fortissimo Faithe, il suo cugino più giovane. E senza fermarsi a riflettere il syerdwin si lancia con la spada alta verso il cielo trapunto di scintille rosse a caricare gli innumerevoli soldati del Conte.
Tamu Hiniun esita solo per un attimo, quindi si alza in piedi sulla sella e solleva a sua volta la spada, la Urvann che i suoi antenati avevano portato in battaglia contro i Lupi-Drago molti secoli prima.
Le ultime file dei fanti del Conte si volgono nel sentire il rumore degli zoccoli e le grida del piccolo gruppo di Syerdwin, e nella luce mutevole delle torce non riescono a comprendere il numero dei loro nemici. La terra asciugata dal vento sembra moltiplicare il numero dei cavalli e alcuni dei fanti del Conte schierati nelle ultime file lasciano cadere la spada e lo scudo e fuggono. Il panico si trasmette rapido come fiamma in un pagliaio, mentre le ombre urlanti dei Syerdwin piombano addosso ai pochi che non sono fuggiti, travolgendoli.
I soldati alle loro spalle si sbandano oppure arretrano verso i loro compagni, tuttora impegnati dagli Erbani della guardia di Artamiro.
In un istante il caos si è impadronito delle schiere fedeli a Konstantin, che lasciano cadere armi e bandiere, cercando scampo nel buio. Dubro, il primo degli Erbani, alza la sua grande scure che nella luce rossa delle torce sembra agli atterriti soldati del Conte un enorme pendolo che scandisce il tempo dell'eternità.
Le antichissime creature avanzano combattendo silenziose, muovendosi perfettamente all'unisono come i migliori tra i reparti del Re.
È bastata una manciata di minuti perché Erbani e Syerdwin rimangano padroni del campo.
– Dubro. – Grida Tamu Hiniun frenando il cavallo. – Hanno ucciso il Re?
Il Silvano annuisce insieme ai suoi fratelli. – Siamo stati traditi. Io-Noi sappiamo. Un veleno ha spezzato i suoi tristi sogni.
– Andiamocene di qui, presto. I soldati di Konstantin torneranno.
I Silvani esitano. Non hanno bisogno di guardarsi per sapere ciò che ognuno di loro pensa. Un attimo dopo due di loro portano all'esterno della tenda il corpo di Artamiro, disteso su una barella e vestito della sua armatura.
– Possiamo andare, ora. – Dice Dubro.


Vagano per il campo divenuto un caotico campo di battaglia, illuminato dagli incendi che gli uomini di Konstantin hanno acceso ovunque.
La guardia di Artamiro ed i cugini di Tamu Hiniun si trovano più volte a combattere e nel frattempo il loro gruppo aumenta e si popola di altri Syerdwin, di Gu'Hijirr, di fedeli ed amici del Duca Rossiter.
Alla fine non son meno di cinquecento a seguire la bandiera di guerra degli Hiniun e le grandi asce degli Erbani. Ma per quanto la piccola armata si adoperi e attraversi il grande campo per difendere gli attendamenti della gente degli antichi Re, i soldati di Dancemarare sono troppi ed il loro attacco condotto nel buio ha gettato nel panico i loro ex-alleati, rendendoli facile preda del tradimento.
Hiniun ed i suoi cavalcano per il campo, ma sempre più spesso ad attenderli trovano tende bruciate, cadaveri di gu'Hijirr e Syerdwin uccisi nel sonno, i loro oggetti rubati o spezzati, le insegne, gli onori dispersi e calpestati.
– Taressiun, Itiuun, Yodeniun… qui termina il futuro delle grandi Case Nero-Bianche. – Grida Tamu Hiniun, il volto pallido di Syerdwin reso fulvo dal riflesso della fiamma. – Cosa potrà mai ridarci la fiducia, la speranza di un altro mondo all'indomani di questa infamia? Uccisi nel sonno come cuccioli insani, da coloro che avevano considerato come amici e fratelli… Il mondo ha davvero esaurito i suoi domani. Cosa faremo, dove andremo con questo ricordo maledetto infitto in fondo all'anima? Come potremo ancora ridere, amare, vivere dopo aver conosciuto questo inferno? Come potremo allevare i nostri piccoli, curare i nostri malati se l'odio ci consumerà a tal punto? – Il principe Syerdwin si copre il viso con le mani coperte dai guanti metallici e per un attimo il suo volto diviene una maschera di sangue e acciaio. La gente della sua piccola armata rabbrividisce a quella vista e sente il cuore fermarsi per un istante.
– Cugino, rincuorati. Noi siamo ancora vivi e possiamo ancora combattere.
– Dici bene Faithe, ma nessuno potrà riempire ancora di sabbia l'ampolla della clessidra e ignorare il tempo malefico di questa notte. Tu sia maledetto Konstantin, maledetta la tua genìa fino all'ultimo giorno di questo mondo, che l'eredità di questa notte sia per voi un dolore senza speranza e senza remissione, lo stesso che abbiamo conosciuto noi e che ci avvelenerà il tempo che ci rimane.
Lentamente Tamu Hiniun solleva la sciabola coperta di sangue fino a illuminarla della luce antica del fuoco. – Andiamo, fratelli, non perdiamo altro tempo, lasciamo che il nostro sangue si dissecchi e diventi di sabbia fredda. Mandiamo altri morti sulla bilancia dell'Ombra di Sangue perché non ci creda vili!
Il principe abbassa la celata sul viso con un rumore secco e si getta al galoppo dove vede altre ombre muoversi ed ode rumore di armi cozzare e la sua gente lo segue, spinta da un dolore e da una rabbia che moltiplica le loro forze ed il loro valore. Combattono fino alle prime luce dell'alba, ma i nemici sono infiniti ed attraversano il campo numerosi e feroci come ratti.
Quando un sole scuro e velato di fumo sorge sulla pianura l'armata di Hiniun ha trovato quartiere sulla piccola altura dove sorgeva la tenda di Tiatikenn, ma i nemici sono ovunque intorno a loro, un mare limaccioso dal quale sale il rumore tempestoso delle armi.
Tamu Hiniun fissa lo sguardo sui suoi, ormai pochi e troppo stanchi, sui Silvani, raccolti intorno a Dubro, le grandi asce con il filo ormai ottuso per il troppo scontrarsi con le spade e gli scudi dei soldati di Dancemarare, sui guerrieri del Duca Rossiter che portano ancora in alto l'emblema Rosso e Bianco di Telegin, sui Gu'Hijirr dai volti e dagli scudi di cuoio e li paragona con il minaccioso brulicare steso davanti a lui.

"Siamo riusciti a vedere ancora una volta il sole." Il principe chiude gli occhi e cerca di afferrare saldamente il profumo del mare che ha creduto di sentire per un attimo. "Mi dispiace morire qui, su questa terra arsa e scura, così lontano dalla mia rocca e dalle Acque del Crepuscolo." Riapre gli occhi per comandare l'ultimo inutile attacco per spezzare il cerchio di nemici, ma esita per un istante vedendo uno sbandamento, un'onda attraversarlo.
– Chi è, cosa succede? – Grida.
I suoi cugini scuotono il capo.
– Therrelise e Baran vengono. – Dice Dubro. – Sono qui a scuotere il trono infame di Konstantin.
Hiniun si alza in piedi sul cavallo ed aguzza la vista. – Come puoi saperlo, Dubro?
– I fratelli Immobili sanno, li hanno veduti attraversare la pianura uniti, Spettri di mare e Denti-rossi ed insieme combattere.
Il principe Syerdwin annuisce e finalmente sorride. – Li vedo anch'io. – Ed indica ai suoi soldati le bandiere con la T rovesciata e le torri rosse della Meridiana di Therrelise. – Deshigu e Nivel'Iun. Andiamo ad aiutarli!

17.11.19

Il Mare Obliquo 42

Re Artamiro si sente sempre più solo e tradito. E misteriosi eventi continuano a perseguitare il suo accampamento. Un'inutile carica di cavalleria lo trascinerà molto vicino alla morte.
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– L'hai assaggiato, qualcuno l'ha assaggiato? – Il servitore annuisce con un secco cenno del capo. – E allora vattene, non voglio spettatori ai miei pasti.

Artamiro lancia un'occhiata di puro disgusto al prosciutto di cervo ed al pasticcio di cinghiale e reprime a fatica il desiderio di lanciare per aria piatti, vassoio, coppe ed il tavolo stesso. A trattenerlo è solo il fatto che nessuno della servitù darebbe troppo peso al suo gesto ed entro pochi minuti si troverebbe apparecchiata davanti una tavola identica, fino a quando non si fosse stancato delle sue bizze. «Un re per quanto potente è sempre un bambino» medita tra sè «con il quale usare infinita pazienza ed insieme fermezza.»

Non ci sono notizie da giorni del Duca Rossiter partito con uno squadrone di Lupi-Drago ed un reparto di Arcieri di Eriud alla volta di Huma, alle spalle delle posizioni dell'Armata della Casa d'Oriente per disturbare l'arrivo dei rifornimenti dei nemici. Questi dal canto loro hanno trascorso gli ultimi giorni ad alzare un'alta palizzata di tronchi interrotta da frequenti torrette, come se non cercassero lo scontro in campo aperto ma si preparassero a trascorrere l'inverno su quelle posizioni.

L'invio di squadre di Uhban a cavallo per disturbare i lavori degli uomini di Bartsodesh non ha sortito alcun effetto e così adesso quando lo desidera Artamiro può fare una bella galoppata a nord della foresta per rimirare la lunga palizzata adornata di stendardi.

Dei rinforzi promessi da Vamaiun e da Nyby Ornoll non vi è alcuna notizia e in compenso i miraggi ed i fenomeni inspiegabili continuano. Una fitta nevicata all'interno della tenda del Consiglio ha interrotto una seduta dei generali del suo esercito, sono comparsi volatili smisurati sui quartieri dei Syerdwin presto svaniti senza lasciare traccia, nel corso di una caccia alla volpe i cani si sono azzannati tra loro sbandandosi e la sua concubina preferita, la splendida Dama Ariadne di Lagorosso, gli è apparsa per un attimo dinanzi priva del volto come un Oom.

Tutti quegli incidenti hanno reso Re Artamiro anche più crudele e arcigno del solito, aumentando la sua proverbiale sospettosità e donando ai suoi lineamenti magri e nervosi una patina di anni e di stanchezza, scavando profondamente le rughe sulla fronte e intorno alla bocca.

Artamiro mangia poco e di scarso appetito. All'esterno la luce è grigia e malinconica ed il mondo stesso sembra essersi quietamente accomodato ad attendere la sua fine. Dalla corte arrivano solo cattive notizie: rivolte in lontane provincie, la morte alla nascita del primogenito di sua figlia Calissa. Inoltre dalle città lungo il Drew giungono notizie di uno strano fenomeno che sembra trasformare il fiume, la terra, gli alberi e gli abitanti stessi in bizzarre forme cristalline inerti.

Artamiro ha dovuto prendere decisioni, mandare le poche persone delle quali si fida ad indagare, ricercare, senza riuscire a scrollarsi di dosso la sensazione, sempre più forte, che non solo il suo impero ma la sua stessa vita corrono rischi sempre più gravi.

Teardraet si è ritirato nelle sue isole ed alle sue chiamate attraverso gli specchi gemelli risponde solo raramente, rivolgendogli parole tanto cortesi quanto inutili.

Fa chiamare uno dei suoi ufficiali e gli chiede. – Avete notizie del Duca Rossiter?

– Purtroppo no, Vostra Volontà.

Artamiro sbuffa. – Mi avrà tradito anche lui, se ne sarà andato come il Duca Kwister.

– Le nostre vedette…

– Non mi importa nulla delle nostre Vedette. – Urla Artamiro. – Fate montare la cavalleria. Date l'ordine, presto!

Il giovane ufficiale esita per un istante. – Allora? Tutti gli uomini disponibili, immediatamente. E fate preparare Emmedil e Key. Ho atteso anche troppo. – Il Re percorre a grandi passi lo spazio che separa la sua stanza dall'ingresso della tenda ed indica il cielo grigio. – Il tempo ci è amico, le basse brume copriranno le nostre manovre. Correte.



Rinvigorito dalla decisione Artamiro fa chiamare i suoi Valletti, indossa l'armatura e le insegne che indossava al vittorioso assedio di Chari ed esce dai suoi reali quartieri seguito da un piccolo gruppo di ufficiali e nobili, i pochi che siano riusciti a prepararsi.

Il suo ordine ha scatenato il caos nel campo.

Artamiro lo attraversa ostentando un'espressione di rabbioso disgusto. Ordina di far frustare una ventina di soldati ed ufficiali che gli sono parsi insufficientemente zelanti e a chi gli chiede informazioni urla. – Avanti, si va da Bartsodesh, da quel cane rognoso partorito da una strega e da un sifilitico. A cavallo, presto!

I suoi ufficiali esitano, parlottano tra loro a bassa voce ma nessuno osa discutere con il Re. Nessuno ha il coraggio di dirgli che una galoppata di un'ora sfiancherà i cavalli, che senza le macchine da guerra è divenuto impossibile superare le difese della Casa d'Oriente. Sballottati come marionette nobili ed alti ufficiali seguono Artamiro, che convinto di essere ritornato agli anni della giovinezza, galoppa per il campo esortando, urlando, insultando e minacciando.

In capo ad un'ora si sono raccolte poche migliaia di cavalieri, i Lupi-Drago dalle pesanti armature e dalle lunghe lance, poco più di cinquecento, sono l'unico gruppo che abbia già assunto una formazione e si dimostri pronto. Artamiro con il suo piccolo seguito va a porsi in testa a loro ma prima si ferma a parlare con il loro generale, il Barone Deshigu.

– Mi compiaccio, Barone, i vostri cavalieri sono immancabilmente i migliori.

Il nobile Marr si inchina rigido.

– Fate suonare il trotto. Si va a trovare Bartsodesh.

La tuba dei Lupi-Drago, emette un cupo richiamo ed il terreno trema scosso dagli zoccoli dei grandi cavalli da guerra allevati dal popolo del Nord. Ben presto il cavallo del Re rompe il trotto obbligando i lupi-drago e dietro di loro gli altri cavalieri a lanciarsi di corsa all'inseguimento del Re.

Percorrono la pianura che costeggia la foresta in un lampo, lasciando dietro di loro un terreno devastato e sconvolto, si arrampicano sulle basse alture che separano i due eserciti e ne discendono precipitosamente per accalcarsi sulla piana che fronteggia le fortificazioni di Bartsodesh. Il terreno lì è più arido, basse rocce e sassi affioranti tra l'erba fanno cadere i cavalli più stanchi, ma Artamiro non dà segno di rallentare. Attorniato da una corte di poche decine di cavalieri vede avvicinarsi la palizzata degli Orientali ed ha occhi solo per quella. Alle sue spalle i Lupi-Drago hanno mantenuto una parvenza di formazione frontale e procedono con le lance alzate pronte ad abbassarsi per la carica.

Alle loro spalle il resto dell'armata procede alla rinfusa, i reparti ed i seguiti dei nobili confusi e mescolati in un caotico incrociarsi di insegne e colori. Artamiro si volta più volte e sorride udendo il frastuono prodotto dalla sua cavalleria.

Non si avvede del sudore freddo, dell'incespicare frequente della sua cavalcatura: le basse torri del nemico sono davanti a loro, fragili costruzioni di legno che il loro impeto schianterà. Sugli spalti dell'esercito di Bartsodesh si nota ormai anche ad occhio nudo l'agitarsi dei nemici, l'accorrere alle difese.

Artamiro corre verso di loro come verso un miraggio, inebriandosi del proprio corpo ritornato giovane, e sentendosi forte ed invincibile.

Il barone Deshigu che cavalca al suo fianco è l'unico ad accorgersi della roccia celata nell'erba ed urla con tutta le sue forze attraverso la celata, ma il frastuono sollevato dalle migliaia di zoccoli copre la sua voce.

Il cavallo di Re Artamiro incespica, cerca di ritrovare l'equilibrio, oscilla, sgroppa ed infine crolla a terra con un terribile nitrito. Il re si aggrappa alla sella stupito e quindi precipita e cade immobile in una piccola macchia d'erba. Solo pochi si accorgono subito di quella caduta gli altri procedono ancora verso la lunga palizzata nemica. È il Barone Deshigu a far suonare la ritirata.






L'armata di Artamiro rientra nell'accampamento prima che la luce abbia abbandonato il cielo, portando con sè numerosi feriti ed un re che ancora respira ma la cui anima sembra aver abbandonato per sempre il corpo.

– Come sta?

Quiffrin il Cerusico, un rarissimo Syerdwin albino, apre esageratemente gli occhi di un rosa che ricorda il colore dei fenicotteri di Farsoll e si stringe nelle spalle, un gesto morbido, appena accennato.

– Siamo nelle mani di Miollkanei. – Dichiara a bassa voce citando una divinità del suo popolo. – La Polvere di corteccia di china combatte la febbre e l'infuso della Diedea mantiene leggeri e veloci i liquidi corporei. Sua Volontà non ha ancora ripreso conoscenza ma nulla nel suo capo sembra essere gravemente danneggiato. – Il Syerdwin nel pronunciare quelle parole lascia che il suo sguardo incontri quello di Drjol, il giovane mago Gu'Hijirr. – Questo almeno secondo l'onorevole opinione del mio stimabilissimo collega.

Il Duca Rossiter, appena rientrato, annuisce nervosamente, si siede sullo scranno posto al fianco del capezzale del Re per rialzarsi un istante dopo. – Ci sono movimenti da parte del nemico?

Il generale Kataiud sembra riprendersi da una breve parentesi di sonno, stringe con le mani i bordi del mantello allacciato sul petto e si schiarisce la voce. – Vegliano sugli spalti della propria fortificazione ed attendono.

– Certo, va bene, ma qualcuno sa dell'incidente occorso a Re Artamiro?

La calma sicurezza del militare sembra venire meno per un istante. – Non credo…Cioé in teoria è possibile che qualcuno abbia visto…

– E le spie? Vuol dirmi generale che il nostro campo non è imbottito di spie come un mulino che pullula di topi?

– ... Sì, certo, è probabile che…

– È stata predisposta una difesa? Se si trovasse al posto di Bartsodesh lei cosa farebbe? – Il Duca si avvicina al generale impalato nella propria posizione, il volto che va tingendosi di un bel colore porporino. – Eh? Lei cosa farebbe generale Kataiud se fosse appena un po' provetto di arte militare? Non coglierebbe al volo l'occasione per dare l'assalto al campo di un nemico con numerosi cavalieri feriti ed il morale a terra, il cui Signore giace tra la vita e la morte?

– Non se sapessi che il Duca Rossiter è ritornato ed ha preso in mano la situazione. – Dichiara serissimo Kataiud.

Il giovane Duca reprime l'impulso di scoppiare a ridere e fa un veloce cenno con la mano. – Sarà meglio non approfittare troppo di tanta insperata fortuna, comunque, ed erigere a nostra volta una palizzata dietro la quale prepararci a trascorrere l'inverno. Le prime nevi sono passate senza danno e l'Inverno ancora sonnolento ci ha concesso una breve tregua ma tra breve si risveglierà e cingerà d'assedio il campo. Non perdiamo altro tempo. Potete ritirarvi.

Il suo sguardo si posa subito dopo sul cerusico Syerdwin rimasto in piedi in un angolo della tenda. – Anche voi, Quiffrin, ritornate pure per la prossima applicazione.

Rimasto solo con Tamu Hiniun, il principe Syerdwin, ed il giovane mago Drjol, il Duca slaccia la cintura che sostiene la spada e torna a sedersi stendendo le gambe e abbandonando la testa sulla spalliera.
 – Invidia, incapacità, pigrizia, maldicenza, questi sono i fili dei quali è ormai intessuta la bandiera di Dancemarare. Su queste terre è riunita la più grande Armata che l'Orlo del Mondo abbia mai visto, ma essa è immobile, debole come un povero demente dalle fattezze terribili ma dal corpo malato.

– Ma perché Artamiro ha ordinato quell'impossibile assalto? – Si chiede Liest Hiniun. – Come pensava di superare la palizzata del nemico, quale visione, quale miraggio ha sconvolto la sua mente?

Il Duca Rossiter scuote il capo. – Una potente magia ha da tempo vincolato il cuore e la mente del nostro Re e talvolta penso che i suoi veri nemici non si trovino oltre Canddermyn ma qui tra noi ed a Dancemarare. O forse molto a Nord, dalle parti di Baran e Verhida.

– Ma se il Re non riprenderà presto conoscenza… – Inizia a dire Drjol subito interrotto dal Duca.

– Non dire, Drjol! Non chiederti neppure cosa accadrebbe! Corvi e sciacalli attendono da tempo il tramonto della Casa d'Occidente e l'affievolirsi del pugno di Artamiro. Non tutti gli Odo sono scomparsi nell'oblio e Vamaiun e Ornoll non attendono altro per allungare le proprie mani sulle terre della pianura. Il marito di Calissa, l'Arciduca Konstantin ha da tempo preparato amici e complici per la propria fortuna che ritiene quanto mai prossima ed anche qui non gli mancano sostenitori ed amici interessati.

– Il siniscalco del Re..



– Taci Hiniun, qui anche i muri hanno orecchie, piedi svelti e silenziosi e bocche per riferire.

Il Duca fissa il volto calmo e rilassato di Artamiro che sembra dormire finalmente tranquillo. – Il re deve tornare tra noi ad ogni costo, le sue insegne devono essere nuovamente issate alla testa dell'Armata, almeno finchè non sarà definita una volta per tutte la linea di successione.

– Tu sei il nipote del Re, figlio primogenito dell'amata Sorella Dama Ghifra. Non vi sono altre possibili linee: la Casa d'Occidente non prevede la successione femminile. – ricorda Liest Hiniun, ma con scarsa convinzione, quasi cercasse di rassicurare prima di tutto se stesso.

– La Casa d'Occidente o le armi di Artamiro? Vi è stata più volte una regina vestita dei colori degli Odo, Rachel, Regina dei Cancelli dell'Ovest, tanto per farti un nome. Capisci cosa intendo dire?

– Ammetto le tue buone ragioni, ma cosa ti fa pensare che un Re moribondo, appena appena in grado di cavalcare o anche solo lungamente convalescente possa mantenere unito il regno? In fondo Artamiro non è più giovane e ciò che accade oggi potrebbe accadere ancora domani.

– Non lo so, Drjol. È questo che volevi sentirmi dire amico mio? Ebbene te lo ripeto. Non lo so. Forse solo la paura mi spinge a mantenere in piedi sulla scacchiera un re ormai battuto ed assalito da ogni lato, in spregio ad ogni regola e a ogni uso. La tempesta infuria già e le armi del Re d'Oriente sono ben poca parte dei nembi che stanno ricoprendo il nostro cielo. Al buio topi e serpi assalgono senza vedere né sapere e la nostra luce si va facendo fioca, fioca come un tramonto senza la speranza di un'altra alba. – Il duca si alza per porre altra legna sul fuoco. – Fa freddo in questa tenda, non trovate amici miei? Il Re potrebbe avere freddo, potrebbe soffrire senza che noi possiamo udire la sua flebile, remota voce. La sua anima è debole come mai lo è stata e sola, tanto sola che neppure chi ha visto cadere il suo ultimo compagno nei deserti di ghiaccio può avere provato tanto freddo al cuore. Nel luogo dove si trova ora non vi sono voci di amici né sospiri di donne innamorate né canti o risa. Riscaldiamolo, amici miei, facciamo sì che il calore non abbandoni per sempre il suo corpo.