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13.12.18

Calibano vigesimo: Gli dei nervosi


Visto dalla navetta per lo sbarco Etico Cupo non sembra un pianeta tanto diverso da altri: i soliti oceani, le solite nuvole, le terre verdi, giallastre o brune con i sottili filamenti argentei dei fiumi e le calotte glaciali installate con silenziosa dignità ai poli.
In realtà la caratteristica principale di Etico Cupo non é visibile da lì e nemmeno da una quota più bassa, dalla quale si vedrebbero al massimo le cupole nere delle Chiese dell’Ultima Possibilità, sovrastate dalla Spada dell’Intervento accesa di riflessi fiammeggianti.
Con filosofica pazienza Ahriman osserva le tre astronavi a forma di croce avvicinarsi nella simulazione olografica del computer di bordo e dà istruzioni per una rotta geostazionaria in modo da permettere agli Etici Cupi di perquisire la sua nave alla ricerca di libri di argomento non strettamente religioso, pornografia, musica, anticoncezionali, spinelli, biologi evoluzionisti, astrofisici, liberi pensatori o membri della Chiesa Del Faidaté.



Il fanatismo religioso, ben lungi dall’essere una caratteristica esclusivamente terrestre, ha una solida presenza tra i popoli della galassia.
A tale proposito sono da ricordare i Conservatori di Katapulta III, così chiamati per la loro convinzione di essere predestinati alla difesa dell’opera del loro dio. Questi è raffigurato come una sorta di Asso di Picche dotato di un unico occhio irato e piace praticamente solo a loro, ma non importa: i Conservatori scrivono comunque lettere indignate a chiunque – stelle trasformatisi in nove comprese – abbia preso qualche iniziativa senza ottenere la loro speciale dispensa.
Anche meritevoli di menzione sono i Candidi di Rotula IV, che convinti che l’innocenza dell’infanzia sia la condizione più amata dal loro Dio – un’ enorme Orsacchiotto vestito di una salopette rosa – si ostinano ad obbligare i pochi turisti che visitano Rotula a vestirsi da bebé ed a parlare come infanti di una pubblicità di merendine, pena la morte data per ingestione di una spilla da balia aperta.
Ma tra tutti i fanatici religiosi solo gli Etici Cupi sono stati segnalati su tutte le guide turistiche galattiche con la quadruplice croce dell’intolleranza assoluta.
Ostili al divertimento, al sesso, alla cultura, alla scienza, all’arte, agli alcoolici, al fumo, alle droghe, a tutto ciò, in breve, che rende il passaggio in questa valle di lacrime un po’ meno lugubre, gli Etici Cupi non si limitano a praticare i loro precetti nella loro vita privata e sociale, ma si adoperano ad imporli a chiunque capiti a tiro, assolutamente convinti di dover scegliere anche per gli altri e soprattutto timorosi di scoprire che il peccato è molto più interessante della loro vita da vegetali perennemente con la luna storta.
Il fatto che esista gente di questa risma anche sul nostro pianeta e particolarmente sul continente americano, non è il risultato di uno sbarco degli Etici Cupi nella Bible Belt, ma solamente della facilità con la quale idee così idiote possono germogliare nella testa di creature supposte intelligenti.


(Notabene: il quarto capoverso dell’Assoluto Parziale, il notissimo testo del grande filosofo Thinbam, recita: «Il pensiero è fatica, la cultura è fatica, il dubbio è fatica quasi insopportabile, ma di queste fatiche devi intessere la tua vita, o ranocchio, (Thinbam fa parte di una razza di anfibi, N.d.A.). Diffida del tuo primo pensiero, del primo impulso, della convinzione più salda. Attendi senza giudicare, sii occhio ed orecchio. Coloro che hanno paura della propria mente nuoteranno in uno stagno putrido in cerchi sempre uguali.»)
In seguito a questo scritto Thinbam è stato condannato a morte per rogo (in contumacia) dopo lunga tortura (in effigie) dalla Sacra Cattedra della Chiesa dell’Ultima Possibilità.
Nell’edizione successiva dell’Assoluto Parziale Thinbam ha posto una nota al quarto capoverso nella quale definisce gli Etici Cupi «Un numero eccessivo di ignoranti microcefali plagiati da un’accolita di fanatici moralmente corrotti e sessualmente sgradevoli».
Su Etico cupo si è reagito con l’esumazione (sempre in effigie) ed un nuovo rogo.


Ahriman si specchia in una pozzanghera di una viuzza laterale di Espiazione Costante, la capitale del pianeta.
L’immagine che la pozzanghera imparzialmente gli rimanda è quella di un distinto sauroide dagli occhi verde smeraldo vestito di un saio grigiastro con una scritta sul petto che recita: “STRANIERO” e sotto in lettere più piccole “Arcipeccatore, incredulo, appena appena tollerato dalla Sacra Cattedra sempre che righi dritto”.
Ahriman guarda le lettere rovesciate nella pozzanghera e si chiede come farà a compiere la missione affidatagli dalla società, dal momento che finora anche una semplice richiesta di informazioni toponomastiche è stata accolta da sbatter di porte, preghiere, ostensione di crocifissi ed anatemi.
In subordine Ahriman si chiede se alla partenza gli saranno restituiti gli abiti che indossava, giudicati da Fratello Krissdahl, perquisitore della nave, un’empia arca di peccato, al pari dell’accendino, dell’orologio, del minicomputer (“Credi Forse Che Dio Non Sappia Contare, Eh?”) dell’olofoto della figlia Ghia in divisa da collegiale e del figlio Neurite neonato, nudo su una pelle di ragno-lucertola.
Il ricordo dello sguardo di Fratello Krissdahl alla vista del figlio infante in costume adamitico lo convince che perlomeno sarà molto difficile farsi restituire quella foto, se non anche quella della figlia.
A un centinaio di metri dietro di lui una trentina di bambini e ragazzi ha iniziato un lancio di pietre al suo indirizzo, al grido di “Morte all’Arcipeccatore”. Ahriman solleva l’orlo dell’abito e a grandi passi opta per un cambiamento d’aria non senza aver gridato ai suoi assalitori “Pensate al turismo!” facendoli se non altro esitare per qualche secondo.
Ahriman, privo del minicomputer che contiene l’indirizzo ed il modo di arrivare a Doppio Kuemmel, giovane regista nonchè il più grande esperto di effetti speciali del cinema galattico, infila prima un vicolo, poi un altro, attraversa una piazzetta, sempre inseguito da una torma di ragazzini urlanti, impreca contro la politica demografica di Etico Cupo, inciampa in una pila di giornali ad un angolo di strada con in prima pagina la frase: “Bruciati i peccatori colpevoli di fantasie impure” e si infila in un vicolo cieco.
Ahriman fissa il muro scrostato davanti a sé sul quale c’è una scritta stinta che incita alla masturbazione libera.
Alle sue spalle i mostriciattoli avanzano rumorosi, preceduti dalle pietre ed il sauroide si chiede se non sia il caso di abbandonare la Terra al suo destino. Per non pensare allo scoperto Ahriman si è comunque rimpiattato dietro una pila di bidoni che risuonano allegramente delle pietre lanciate dai piccoli cannibali.
– Psstt.
Il sauroide rotea gli occhi a destra e poi in basso. Da un tombino semiaperto un individuo incappucciato gli fa dei frenetici cenni con la mano indicando il buio sotto di lui.
Momentaneamente a corto di alternative, Ahriman si infila nel tombino e scompare alla luce del sole e agli occhi della torma di piccoli fanatici, dei quali alcuni, al primo linciaggio, resteranno delusi fino alle lacrime.
Giù per una serie oscura ed interminabile di corridoi debolmente illuminati dalla luce polverosa che spiove dalle inferriate dei marciapiedi, attraversando diramazioni delle fognature cittadine che dal puzzo sembrano perfettamente identiche alle omologhe di altre città galattiche.
La sua guida cammina veloce, con il piglio sicuro di chi conosce l’urbe ipogea. Procedono per una mezz’oretta poi il suo salvatore si ferma sotto una grata molto ampia ed abbassa il cappuccio. Ahriman impallidisce trovandosi di fronte la maschera metallica da cavaliere teutonico di un Fratello Correttore, i robot poliziotti della Sacra Cattedra.


– Calma – dice questi. – Devo condurti davanti al Fatale Severo Custode della Sacra Cattedra.
Ahriman ha la sensazione che qualcuno abbia approfittato della sosta per rubargli le ginocchia e sostituirle con equivalente quantità di gelatina. Vorrebbe rispondere che invitarlo alla calma davanti a quella prospettiva è come chiedere ad un invitato ad un barbecue di sedersi sulla griglia, ma scopre che i suoi organi per la fonazione hanno fatto la stessa fine delle ginocchia.
Il fratello correttore gli fa cenno di seguirlo e Ahriman, troppo stordito per discutere, si avvia con passo da bambino al primo giorno di scuola verso un ampio corridoio illuminato da alcuni neon coperti da griglie molto sporche.
Un breve tragitto e sbucano da un altro tombino ai piedi della Torre dell’Infinito Dolore, una costruzione che per l’aspetto e il contenuto scatenerebbe l’entusiasmo del Dottor Mengele.
Stranamente il robot supera la Torre e si dirige verso la sede della Cattedra. Sale la scalinata, attraversa grandi stanze e corridoi, si inerpica su per altre scale con Ahriman, depresso e instupidito dalla preoccupazione, sempre alle calcagna.
La sala, foderata di legno nero ed arredata con arazzi che raffigurano le Quattordici Grandi Rinunce del Vero Credente, ha un solo occupante che Ahriman riesce a vedere quando finalmente il fratello correttore si toglie di mezzo.
– Doppio Kuemmel! – La voce del sauroide è insolitamente stridula e strozzata.
Il Severo Custode, che somiglia come una goccia d’acqua a un Richard Harris giovane, sfoggia un paio di eleganti baffetti biondi e una lunga tonaca bianca e nera. E sorride.
– Ahriman, vecchio brigante, ho saputo che mi cercavi.
Il sauroide annuisce con un cenno secco del capo. – Sì, ma non avrei mai pensato che…
Richard Harris /Doppio Kuemmel sorride di nuovo con minore convinzione. – Ti riferisci al mio lavoro, immagino.
– …
– Il fatto è… Ma siediti. Ragazze, scusatemi.– Il Custode schiocca le dita. Si apre una porta laterale e appare una giovane umana dalle forme procaci, con indosso solo un paio di autoreggenti nere che spinge un carrello di liquori, seguita da una coetanea vestita di un velo da suora (e nient’altro) che porta un vassoio carico di tartine. – Serviti pure. Grazie, ragazze, potete andare.
– Ma… – Dice una delle due.
Il Fatale Severo Custode annuisce paziente, le dà una pacca distratta sulle rotondità posteriori e quindi accarezza il seno della sua compagna.


– Sono la perpetue del mio predecessore. Queste abitudini gliele ha date lui. Non che io le trovi sgradevoli, intendiamoci, ma non è questo il mio modo di vedere il rapporto tra i sessi… Probabilmente loro pensano che sia omosessuale. Vabbé, niente di male in questo, ma c’è anche gente che mi guarda un po’ allarmata e giorno sì e giorno no mi arriva qualche giovinetto deciso a diventare il mio favorito. Buttare fuori le ragazze comunque mi dispiace: vivono e lavorano qui da molto prima di me… Ma serviti, dai.
Ahriman si versa un abbondante bicchiere del primo liquore che gli capita tiro e si siede su un divano.
– Sarai stupito, immagino, di trovarmi qui. Il fatto è che io speravo di liberare questo pianeta dalla tirannide della Sacra Cattedra.
– Infatti. Sapevo che le tue idee erano, diciamo, molto radicali. – Ahriman, con in corpo un bicchiere di liquore è più incline alla conversazione.
– E lo sono tuttora. – Doppio Kuemmel stringe le labbra e aggrotta la fronte. – È per combatterli meglio che sono entrato nella Sacra Cattedra. Poi, dal momento che dovevo rendermi conto della situazione, ho giocato al loro gioco per un po’ e sono stato promosso una prima volta. Dalla mia nuova posizione mi sono reso conto che salendo ancora di grado avrei potuto meglio colpirli e così, sia pure con dolore ho fatto la parte del boia e dell’assassino, del sicario e del giudice di un diritto criminale, la parte del confessore spergiuro e del predicatore che spinge al linciaggio… Fa schifo, lo so, ma vedi, sapevo che era per meglio combatterli, per minare l’organizzazione dall’interno, per svuotarla. – Beve. – Fatto sta che l’anno scorso ho fatto assassinare il precedente Custode e sono diventato il capo dell’organizzazione giudiziaria della Sacra Cattedra, il passo subito precedente al Supremo Decanato.
– Un risultato… notevole. – Ammette Ahriman.
– Già, notevole. Il fatto è che non c’è sostegno da parte del popolo. Io sono un Custode molto più feroce e sanguinario del mio predecessore, ma è tutto inutile: il popolo non ne vuole sapere di ribellarsi. Hanno solo paura, non cospirano, non lottano, non hanno solidarietà, passano il tempo a denunciarsi tra loro ed a linciare i turisti. Sono molto deluso.
– Ehm, succede.
– Eh sì, succede, purtroppo. Il fatto è che temo di non farcela. Anche se arrivassi al Supremo Decanato cosa potrei fare di ancora peggiore per spingere questa mandria di imbecilli alla rivoluzione? – Doppio Kuemmel solleva lo sguardo e fissa Ahriman. – Sono deluso, stanco. Alle volte mi chiedo se non sarebbe meglio mollare tutto e tornare al mio precedente lavoro, che non aveva nulla di rivoluzionario, è vero, ma almeno non mi obbligava a torturare nessuno. Tu che sei stato il mio produttore un sacco di volte, Ahriman, cosa ne dici?
Il sauroide annuisce con cautela: – Sono qui appunto per proporti un lavoretto…




Un anno dopo la fuga del Custode Kuemmel su Etico Cupo scoppiava una sanguinosa rivolta. Elemen Scharwadetter, nuovo Supremo Decano – in realtà un importante membro dell’intersistemi liberazionista – aveva vietato il linciaggio dei turisti, ordinando ai Fratelli Correttori di sparare sulla folla.
Mentre scrivo Etico Cupo, ora ribattezzato Playboy Fumato, è divenuto il pianeta “dove tutto è permesso”. Ma Elemen Scharwadetter è già disgustato dalla scarsa serietà del nuovo governo e ha deciso di partire per Plumbeo Granito, dove una casta ereditaria di feroci militari opprime il popolo.

9.2.18

Generi e sesso



No, non si tratta di un post un po' pepato, come il titolo può lasciar credere, ma soltanto la segnalazione della nascita dell'ennesimo gruppo su FB, nome DiverGender, gruppo chiuso – come constarete – per semplici motivi di iniziale approfondimento del tema, senza voler lasciare fuori nessuno. Infatti un po' alla volta allargheremo i confini del dibattito invitando altri autori a partecipare.
A farne parte sono, per il momento, sono otto uomini e sei donne, tutti coinvolti a qualche titolo – autore, editor, traduttore, editore – nella sf italiana contemporanea. 
Ma da che cosa nasce il desiderio di approfondire il tema del genere e che cosa si propone il gruppo? 
Potremmo dire, per cominciare, che a interessarci e stimolarci è la crescente affermazione del sesso femminile – un'affermazione comunque ancora insufficiente e spesso stentata – in un paese dove, nel contempo, è stato necessario coniare un termine apposito per indicare l'assassinio delle donne: il femminicidio

La distinzione tra genere e sesso è una delle prime acquisizioni comuni che ci preme sottolineare, e, contemporaneamente, vogliamo ripetere ancora una volta che l'educazione di uomini e donne è un dato storico piuttosto che naturale, come sembrano dimostrare anche i più recenti ritrovamenti in paleoantropologia e in archeologia, che ci raccontano di donne attive, vivaci e intraprendenti, che intraprendevano lunghi viaggi anche durante il paleolitico o che guidavano i vichinghi – i loro umani (termine volutamente non sessuale) – in guerra.
Se il genere o gender sembra essere diventato l'incubo di clericali arrabbiati e fascioleghisti ignoranti come zucche, per noi il genere è comunque un rompicapo di non facile risoluzione. La discriminazione sul lavoro – le donne mediamente hanno stipendi più bassi del 23% rispetto agli uomini (gender pay gap) [fonte O.N.U.] – sono una conseguenza del genere o piuttosto del sesso? E quanto c'è di sessuale nel comportamento violento e vessatorio dei gruppi di maschi che violentano donne inermi o «le donne del nemico», in Italia come in Africa o com'è avvenuto in Bosnia negli scorsi anni? C'è una componente di sesso o è una semplice questione di potere, quindi di genere, per il quale «tu sei debole e io sono forte»? 
E i trans, le prostitute, le escort, i gigolò hanno qualcosa di naturale, ovvero di sessuale, nel loro comportamento, o si tratta di un adattamento personale per la semplice sopravvivenza (con qualche optional), ovvero un modo per riaffermare l'esistenza di generi predeterminati?  
Ancora, i giochi prediletti dai bambini di entrambi i sessi, sono assolutamente naturali, ovvero dettati dai cromosomi, o determinati da ciò che i genitori hanno pensato fosse giusto per il loro futuro, case, bambole e bambini per le bambine (la versione aggiornata del KKK, Kinder Küche, Kirche [bambini, cucina, chiesa] di nazista memoria) e soldatini, costruzioni e macchinine per  i bambini? 
Gli esempi della prevalenza del genere nei comportamenti quotidiani sono innumerevoli, in realtà, talmente pervasivi da passare inosservati. 


Ma se il genere è storico, come ci sembra evidente, può anche divenire un elemento caduco nella nostra civiltà, a causa di mutamenti profondi della situazione generale – surriscaldamento globale o era glaciale – o in seguito all'incontro con civiltà extraterrestri. È sempre stata una passione degli scrittori di sf provare a immaginare una società diversa, non più legata strettamente ai generi. Windham, LeGuin, Delany, Butler, Bagicalupi, Egan, Farmer, Vance, Cordwainer Smith, Kress, Piercy, Russ, Shaw, Asimov, Tiptree sono stati solo alcuni degli scrittori che hanno dedicato romanzi e racconti al tema del genere, provando a eliminarli o a moltiplicarli o creando squilibri che rendono assurdi o superati i generi. Leggerli può cambiare profondamente il modo di concepire il genere, senza per questo voler eliminare il sesso dalla nostra vita (n.d.r.: no, per carità). 
Il nostro sforzo andrà in questa discussione come i nostri contributi, in forma di breve saggio e di narrazione. Avrete presto nostre notizie. 
P.S.:  Nei giorni scorsi ho pubblicato GRATUITAMENTE un racconto dal titolo Polaroid su Scribd e su Book Service.net che affronta il tema del genere in una maniera estrema. Il racconto non parteciperà all'antologia perchè è già stato pubblicato su Fata Morgana 12 [dicembre 2011], ma diciamo che può risultare indicativo di come è preferibile evitare il rapporto tra i sessi.


 

25.6.15

Raccontare il sesso




Il capitolo quattro del mio antico romanzo, L'ultima stella, che sto eroicamente ribattendo (ma anche tagliando, cambiando, mutando di tempo ecc.) mi ha riservato una sorpresa curiosa: una scena di sesso. 
Onestamente non mi ricordavo minimamente di essermi a suo tempo permesso – pardon – immaginato, di poter scrivere decentemente una scena di incontro ravvicinato del primo tipo (perdono, Spielberg), ovvero la più banale delle copule tra una (1) femmina e un (1) maschio.
Cominciamo col dire che la scena non ha nulla di piccante. Due individui, relativamente giovani, che condividono un momento di profonda crisi nella propria vita, passano una serata insieme, discutendo e confrontandosi e giungendo a  una reciproca confessione che sarà l'elemento decisivo per un accoppiamento, accoppiamento che nessuno dei due ha a suo tempo previsto o programmato, semmai semplicemente considerato come conseguenza possibile, anche se non molto probabile.
Si tratta di individui privi di altri legami di rilievo e non credo - o, per essere sincero, non ricordo con precisione - che la loro avventura avrà conseguenze di rilievo sulla trama della vicenda. Diciamo che lo scopo della scena era quello di presentare due personaggi in una bolla di tempo immobile, in una scena privata, del tutto personale, narrarne le paure, qualche ricordo, qualche fissazione personale. La scena di sesso è venuta quasi automaticamente, come una necessità fisica che una donna e un uomo non possono ignorare se provano un minimo di interesse l'uno per l'altro e non hanno particolari problemi emotivi o sentimentali. 
Il problema grosso - ovviamente in senso relativo - è la scelta che feci intorno al 1980 di raccontare il loro rapporto dal punto di vista di tutti e due, con frequenti passaggi di punto di vista nel corso dello stesso paragrafo. Ahi, ahi, ahi. Ricordo perfettamente di aver letto negli anni immediatamente successivi un manuale di scrittura scritto da C.J.Cherryh per la prestigiosa collana «Scuola per scrittori» della compianta Editrice Nord, dove la madre del ciclo di Chanur ripeteva pagina sì e pagina no la frase: «E non cambiate mai, ripeto mai, il punto di vista a metà di un paragrafo». 
Ohibò.
Sicché avevo trasgredito. E gravemente. 
Ma perché mai? 

C.J.Cherryh
Beh, semplicemente perché i miei due personaggi non erano particolarmente presi dal rapporto sessuale in atto e troppo stanchi per riuscire a fare qualcosa di diverso dal lasciare andare il cervello alla deriva. Io, da perfetto guardone, seguivo le loro fantasie momento per momento personaggio per personaggio. Più o meno così: 

Milesia sente con una intensità quasi dolorosa che la sua vita quotidiana fatta di gesti automatici si frantuma e i frammenti sono lucidi, riflettono immagini del suo passato dimenticate...

e qualche riga prima:

Mentre parla Scentimel ha chiuso gli occhi e la voce di lei, nella penombra creata dalle palpebre abbassate, ha assunto un alone di risonanza fluida e carezzevole, la stessa sensazione provata da bambino, quando udiva la voci dei genitori oltre il tramezzo della stanza mal riscaldata dove dormiva.

Come avrete capito i due si chiamano Milesia e Scentimel. Nomi che possono sembrare strani ma che appartengono a esseri umani che vivono in un lontano futuro. 
Ho lavorato non poco sul loro incontro, tagliando, riducendo, cercando di chiarire, ma il doppio punto di vista è rimasto. Per il tempo del loro incontro e per quello del loro accoppiamento. Se non vi piace potete saltare sei o sette pagine e dar male di me in ogni occasione, ma comunque penso che tradirò C.J. Cherryh, nonostante la stima per lei.
«Sì, ma c'è una qualche descrizione, qualcosa di bbbuono?».
No, purtroppo no. Il mio IO di più di trent'anni fa era uno che aveva l'abitudine di mettere le mutande ai cavalli e il mio IO attuale è più o meno dello stesso parere. No, a parte gli scherzi, se non si vuole presentare una copula ppperversa o omosessuale [*], che richiedono un minimo di descrizione in più, la meccanica dell'accoppiamento è più o meno sempre uguale e perdere tempo e parole a descrivere il «pube di lei» o «l'erezione di lui» (ammesso che...) non è fondamentale. A meno che non si voglia scrivere un romanzo erotico o decisamente pornografico, il che, tuttavia, non è nelle mie corde.

Una scena dal film «Salem» che in qualche modo, non so quale, comunque c'entra.

 Semmai, rileggendo il breve incontro dei due ho respirato nuovamente per un istante l'aria di alcuni ambienti - la sinistra radicale, all'epoca sinistra extraparlamentare - verso la fine degli anni '70, quando era tutto sommato normale finire a letto insieme anche semplicemente per una simpatia temporanea o per terminare una discussione, più o meno quello che capita ai miei due personaggi. All'epoca era un sintomo di un'aria nuova, entrava nello stesso cloud di vivere in comune, allevare insieme i bambini, libertà nella coppia, liberazione femminile, intolleranza per la gelosia, libertà di rapporti omosessuali, uno spinello per chi lo voleva e attenzione per ciò che accadeva intorno a noi. 
Tempi passati, evidentemente.
Lo so, lo so, erano gli stessi anni delle BR, lo so bene. E le BR hanno curiosamente segnato la fine di quegli anni. Ciò non toglie che in linea di massima continui a pensarla così. 
E che abbia mandato a letto insieme due personaggi anche se non si amano alla follia. 
Succede.  

[*] Tanto per chiarezza: non trovo nulla di riprovevole in ciò che due adulti consenzienti possono fare in camera da letto. E la combinazione perversione/omosessualità è stata semplicemente una distinzione necessaria in campo narrativo, non un ritenere l'omosessualità in qualche modo assimilabile alla perversione. Infatti non potrete negare che per raccontare una coppia gay che passa il tempo a incatenarsi ci vuole più spazio e più parole che per raccontare due trentenni femmina e maschio che hanno un semplice, normale rapporto.