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8.3.20

Il Mare Obliquo 58

Davanti alle mura di Ulfa, Kwister e i suoi amici si chiedono come potranno mai liberarla dalle migliaia di assedianti. Ma Oakin ha portato con sé un tipo di arma sconosciuto ai nemici.
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– Da dove arriveranno mai, le macchine da guerra? I Semurgh sono sempre stati così rissosi che da soli non avrebbero mai inventato nemmeno il cucchiaio. – Jay Wediliun, acquattato nell'erba alta, parla a voce bassissima, lanciando frequenti occhiate intorno.
– Non è difficile immaginarlo. Arriveranno da dove sono arrivate le frecce di Jeghu Eshida. Direttamente dai magazzini reali di Dancemarare. Se penso che quell'imbecille di Nyby Ornoll ha mandato i figli delle migliori famiglie del regno a morire per i Cancelli d'Occidente… mentre quelli ci cucinavano questo bel piattino.
– Piano, Oakin, ci sentiranno.
– Ma se riesco a ritornare a Farsoll…
– Fai silenzio, vecchio rospo. I Semurgh possono essere ovunque. Anche dietro la tua coda.
Il comandante della Goren resiste alla tentazione di voltarsi per non dare soddisfazione a Kirzil e scruta ostentatamente il dosso della collina che scende dolcemente verso la città. – Vedete le mura? Come sono scure, profonde e inclinate? Sono molto antiche: Ulfa è da anni e anni la capitale della Lega delle Chiuse ed ha già dovuto affrontare molti assedi. L'abitano uomini e gu'hijirr che vivono in pace e buon accordo, dediti ai propri commerci e alle proprie faccende. Solo da poco tempo si sono uditi profeti e arcimaghi che predicavano la superiorità della gente nuova. Così almeno mi hanno detto negli ultimi viaggi. Adesso comprendo chi li inviava e pagava i loro sporchi uffici.
– Come pensi di agire, Oakin? Quali armi formidabili ci nascondi? – Chiede il Barone Enklu.
– Nulla di nuovo. – Replica asciutto il gu'hijirr.
– Ma non avrete potuto portare la granatiera fin qui…
– La granatiera no, ma le granate sì. I miei marinai ne portano cinque ognuno. Si spargeranno lungo il declivio a nord, uno ogni cinquanta passi. Quando Usimbal lancerà la prima… là, la vedete barone quella grande tenda color mostarda? Lì sicuramente sta l'Anansi di Tedeki… quando questo avverrà gli altri marinai saranno pronti a lanciare le proprie proprio nel mezzo delle milizie assedianti. Poi, mi auguro che gli Ulfani siano pronti ad approfittarne.
– Ci sarà poco lavoro per le spade, ma sicuramente è meglio così. – Osserva il barone.
Oakin sorride. – Non siatene certo. Quando Uhban, Semurgh e Tedeki cominceranno a correre verso le cime della Corona ci passeranno molto vicini. E noi potremo contribuire ad aumentare il caos.
– E se da Ulfa non arrivasse nessun aiuto? – Chiede Harvaiun.
Oakin sbuffa. – E se invece dei piedi avessi un paio di pinne? Cammineresti male, non trovi? Se sarà così improvviseremo qualcosa, ci penseremo al momento. Adesso silenzio. 
 


Kwister appiattito al suolo – posizione che, nonostante la necessità, trova assai poco dignitosa – attende che gli giunga all'orecchio il suono della prima delle esplosioni. Ha già udito il formidabile fragore della granatiera della Goren, ma in quell'occasione il rumore era arrivato imprevisto e quindi non l'aveva scosso più di tanto. Ma questa volta l'attesa lo rende nervoso, molto più che nelle precedenti attese di battaglia.
Accanto a lui Usif-Lizhi solleva a intervalli regolari la testa sopra il livello dell'erba, ma quanto al resto sembra tranquillo come l'invitato a un matrimonio.
– Chissà che disturbo sarà per voi il rumore delle granate, Marr Usif-Lizhi. Mi dicono abbiate orecchie molto delicate.
Il notturno per guardare il massiccio Lupo-drago non solleva la testa, ma si appoggia su un fianco. – Non posso negarlo. Ma tutto è preferibile a quest'attesa.
– Non posso darvi torto. Chissà quando verrà il segnale dell'attacco.
– Da qui i nemici si distinguono agevolmente. I mantelli rosso scuro dei Tedeki. Dicono che vengono tinti con il sangue dei loro nemici.
– Sangue di porco e sterco secco. Infatti puzzano. – Mormora a mezza voce il Duca.
– … E gli elmi con il puntale degli Uhban, con il quale si lanciano a testa bassa contro i nemici…
– Come stupidi montoni…
– … e gli scudi alti di cuoio e legno dei Semurgh, che portano legati sulla schiena.
– Per gente abituata ad accoltellarsi alle spalle è certamente il posto migliore per portare uno scudo.
– Vedo che non avete molta considerazione per i nostri nemici, Duca.
– Idioti superbi e vigliacchi. Si sentono forti perché sono tanti, ma non si amano e se Ulfa dovesse cadere finirebbero per massacrarsi tra loro per il bottino. Non sono un esercito ma solo una grossa banda di tagliagole. Al primo spavento scapperanno come lepri. Quando i Notturni dominavano il Kie non avevano neppure il coraggio di mettere il naso fuori dalle loro tane.
– Già. Ma ora la mia gente non si interessa più di quanto avviene nel mondo. E comunque devono essere molto abili gli emissari di Dancemarare a riunire in un'unica armata popoli tra loro rivali.
– È ciò che la Lega delle Chiuse ha sempre temuto. Semurgh da Nord, Uhban da Sud e Tedeki da Est. Deve essere costata molto denaro questa alleanza. Speriamo che siano denari sprecati.
– In fondo siamo qui per que…
Il fragore della prima granata arriva molto più smorzato di quanto si attendessero. Una fontana di terra, erba, fumo e fuoco sorge improvvisa davanti a loro, dove fino a un istante prima sorgeva la tenda dell'Anansi.
Al segnale di Usimbal è la volta degli altri marinai della Goren di lanciare le proprie granate. Si alzano in piedi, mulinano la frombola e con un movimento secco, elegante lasciano partire piccoli oggetto neri e opachi che superano d'un fiato la distanza che li separa dall'accampamento degli invasori.
Kwister e Usif-Lizhi nascondono il capo nell'erba quando la granata giunge al suolo per risollevarlo un istante dopo, a controllare l'effetto dell'esplosione.
Terminata la prima serie di lanci i gu'hjirr attendono che il fumo si sia sollevato per riprendere il tiro. Dalla nebbia grigia che avvolge le prime tende dell'accampamento vengono urla e i nitriti terrorizzati dei cavalli.
– … povere bestie. – Mormora distintamente Oakin e dà a Usimbal, ancora in piedi, il segnale per il secondo lancio.
Come in un'innocua esercitazione le granate esplodono l'una accanto all'altra. Il terreno brontola e l'aria ha un odore secco e pungente.
Ussai, Farsoll! – Gridano insieme i marinai gu'hijirr, sollevando le frombole.
– Le porte di Ulfa… guardate! – Sibila Harvaiun quando anche il fumo della seconda serie di esplosioni si è sollevato.
Le massicce porte di bronzo della città scivolano lentamente sui cardini. Nell'ombra una fila di lancieri nella livrea azzurra e viola della Lega delle Chiuse abbassa le lance ed esce sulla spianata al piccolo trotto. Un silenzio innaturale domina la scena. Anche gli invasori, paralizzati, assistono alla manovra dei temibili lancieri Hymn come spettatori di una parata. Gli Hymn sono stati i loro nemici per decenni e i loro colori significano morte in tutte le terre del Kie. 
Quando il terreno rimbomba del rumore degli zoccoli dei cavalli, Usimbal urla con tutto il fiato che ha in corpo: – Adesso! Tirate! Ussai Farsoll!
Una lunga fila di fiori di fuoco e fumo si accende tra i Semurgh, gli Uhban e i Tedeki.
Nella piana i lancieri si allargano in tre lunghe file che travolgono i pochi guerrieri che hanno vinto il terrore delle granate per andare ad affrontare gli Hymn. Alle loro spalle vengono correndo i piccardi e gli arcieri di Ulfa, a terminare l'opera.
Ben presto gli invasori abbandonano ogni parvenza di resistenza organizzata, abbandonano le macchine d'assedio, travolgono i propri ufficiali, gettano le armi e corrono disordinatamente verso la cima delle montagne.
Usimbal attende che il primo gruppo di tedeki in fuga sia a un centinaio di metri per lanciare la quarta serie di granate.
– Adesso! È il nostro momento!
Il Duca Kwister non attende neppure che il fumo si sia diradato per gettarsi giù dalla discesa, incontro ai nemici.
– Attendete Duca Kwister! Ancora un lancio… – Grida inutilmente Usif-Lizhi, ma il Lupo-drago nemmeno lo sente. Al notturno non resta che alzarsi in piedi, snudare la egyri e seguirlo.
Se la vista del massiccio Lupo-drago che scende rapidamente l'erta mulinando la lunga spada aumenta il loro panico, vedere correre a pochi passi da lui un uomo-di-luna incurante della luce del giorno, con gli occhi accesi come lanterne e la grande spada ricurva che si accende di riflessi dolorosi, li getta definitivamente nel terrore.
Fuggono come lepri abbandonando armi e armature, qualunque cosa ostacoli i loro movimenti. Urlano: – Tradimento! – E – Antayul! – Il nome che i loro popoli attribuiscono ai Notturni. Ed è soprattutto questo secondo grido a rendere deboli e spaventati anche i più risoluti e coraggiosi tra loro. 

 

12.11.19

Il Mare Obliquo 41

Usif-Lizhi, Kirzil e il Duca Kwister continuano a navigare sul Drew, ma dopo l'incontro con una strana nave giungeranno a Uxsiell Flynnen dove troveranno un altro mistero ad attenderli.

– Non viene nella nostra direzione. – Il vecchio Oakin stringe le palpebre per valutare meglio le distanze ed una rete fitta di rughe sorge ad incorniciargli gli occhi. – Passerà un miglio a babordo della Goren.

Il barone Enklu mostra i canini candidi in un sorriso non riuscito. – Io spero che siate abile come sembrate, Mastro Oakin.

Il marinaio non si preoccupa di rispondergli e continua a fissare la titanica nave che scivola leggera sui campi, senza neppure piegare l'erba.

– Mavra. – Mormora a se stesso Usif-Lizhi.

– Cos'avete detto mio signore? – Chiede con lo stesso tono Kirzil Pennarossa.

– Non lo leggi tu stesso? È il nome della nave. Ogni cosa sotto l'ampia cupola del cielo deve avere un nome.

– Non riconosco quei caratteri.

Usif-Lizhi riflette a lungo prima di rispondere. – Li ho veduti ben poche volte io stesso, caro amico. Si tratta dell'alfabeto dei Lontani Primi.

– Sarebbe come dire che quella nave…

– È diventata polvere già da infiniti cicli del sole. In questo luogo, o forse solo nel nostro sguardo il tempo è precipitato in un profondissimo pozzo, in modo tale che noi possiamo vedere ciò che da tempo immemorabile non esiste più.

Oakin stringe ancora di più gli occhi ed indica l'altissimo castello di poppa del vascello di madreperla. – Guardate com'è alta, non sono mai corse navi siffatte sui nostri mari, né tantomeno sui nostri fiumi.

La grande nave è ormai quasi affiancata a loro e le sue alte e sottili finestre hanno vetri opachi dai quali la luce del giorno si ritrae senza riflettersi.

Khude il Silvano osserva a lungo il fantasma prima di parlare. – L'Orlo del Mondo è stato sollevato e non ci separa più da ciò che è stato e che sarà. E da ciò che non sarà mai.

La frase del Silvano fa vibrare l'aria come il rintocco di un pendolo, ma nessuno gli chiede spiegazioni, sulla Goren ognuno ha occhi solo per la grande nave che lenta attraversa il tempo dei Discendenti.

– Non sentite… questo odore… – Harvaiun rimane con la bocca aperta, immobile come un Tekk'sin della leggenda.

– Odore di polvere, di solitudine. – Usif-Lizhi distoglie lo sguardo dalla enorme murata della Mavra, attraversata da sottili screpolature, fitte come infinite ragnatele. – Il nostro mondo si ritrae da essa, le dona odori e colori adatti alla sua sostanza.

La Mavra supera l'ansa del fiume e comincia a curvare, diretta verso le pianure argentate del Kyuda. La sua forma sembra stranamente ridursi, accorciarsi come in una prospettiva sbagliata. La nave continua a curvare divenendo solo una sottile linea argentea che d'improvviso scompare restituendo pienamente libera la vista delle lontane alture che cingono la piana.

– Questa poi! Ma era dunque solo un fondale da teatro la nave dei Lontani Primi? Uno spettacolo di lanterna magica per spaventare i bimbi? – Kirzil Pennarossa ha ritrovato la voce ed il coraggio ed in piedi davanti all'albero principale della Goren fa sentire ben alti l'una e l'altro per dimenticare il brutto quarto d'ora. – E quali guerrieri la popolano? Maschere ed abiti vuoti, le teste come bolle di sapone? E le spade, di cosa saranno fatte mai? Di scaglie di pesci o di raggi di luna?

– Attento, Kirzil. I miei antenati sostenevano che le Ejiri sono fatte con i sospiri delle rocce e con i raggi di luna. – Usif-Lizhi appoggia la mano sull'elsa della spada. – Posso assicurarti che possono uccidere tanto bene quanto le migliori armi di Re Artamiro.

– Chiedo perdono umilissimo, mio Signore. Non volevo certo ridere dei tuoi antenati. Ma tu come spieghi questa strana apparizione e l'ancor più strana scomparsa?

– C'è spiegazione al mondo? Noi tutti lo accettiamo ad ogni risveglio per ciò che è fin da quando siamo tanto piccoli che né parole né pensieri né sogni tormentosi turbano la nostra mente. L'Orlo del Mondo conosce un Tempo che per noi non ha significato, tanto eccede la povera durata della nostra vita. Siamo entrati in un altro Tempo, Mastro Kirzil, e le regole che hanno accompagnato il risveglio della tua mente nei primi mesi della vita non bastano più a spiegarlo. Tutto qui. D'altro canto questo incrinarsi dell'Universo ha il pregio di fare di noi dei bimbi, di cancellare anni e decenni con un semplice soffio. – Il Notturno usa il suo tono più allegro e mondano per pronunciare quelle parole, ma lui stesso sembra credere ben poco a ciò che dice.– Probabilmente la stessa Ombra di Sangue finirà per dimenticare il suo crudele compito. Non è escluso che potremo incontrarla su questi campi cristallini a recitare ritornelli e filastrocche. 

 

– Io non ho nessuna voglia di ritornare bambino, caro Signore dei Notturni, con tutto il rispetto per i tuoi antenati e per la tua mente da poeta. Da bambino ho preso tante di quelle sberle e calci da non rimpiangere nulla di quella bella età. – Oakin infila una mano in un tasca del camiciotto dai bordi stinti e consumati e ne estrae una pipa dal bocchino lunghissimo. – I miei antenati si limitavano a dire che non bisogna fumare a stomaco vuoto, oltre ad altre regolette del genere, semplici semplici e forse molto stupide. Ma i miei antenati non hanno mai incontrato una nave come quella. I pirati magari sì, ma mai una cosa simile. Quindi adesso sappiate che mi riempirò la pipa ed andrò a fumarla sulla punta della prua. Alla vostra salute!

– E per quanto mi riguarda penso che andrò a mettere qualcosa sotto i denti: l'ora del primo pasto è passata da un pezzo ed il mio stomaco si è piegato e consumato come una vecchia bisaccia. Se qualcuno crede di voler seguire il mio esempio…

Intorno a Kirzil Pennarossa dei Mappin, diretto verso il sottoponte, si forma quasi subito un gruppo di sostenitori della sua idea ed il ponte si svuota così in un batter d'occhio, lasciando soli Usif-Lizhi, la fata Mahaderill ed il Duca Kwister.

– Alle volte mi capita di chiedermi… – Inizia col dire il Lupo-Drago, interrompendosi a metà per rimirare il riflesso d'oro del sole sulle acque.

– … Che ne sarà della mia Marrak, dei miei cari, del poco che ritengo davvero importante nella vita… – Continua la Fata Mahaderill.

– Ignoravo queste virtù di voi Fate. D'ora in poi starò molto attento a non pensare in presenza di una di voi. – Il Duca sorride senza voltarsi.

– Le fate non posseggono il dono di leggere nella mente. Solo taluni incantesimi della magia più antica rendono possibile farlo, ammesso che sia opera degna. No, il vostro pensiero è scritto sul volto, insieme ad una sorta di ira malsopportata, la stessa che ci prende di fronte alla sfacciataggine innocente di un bimbo. – Mahaderill scuote dolcemente il capo, adornato di piccoli fiori come è costume delle gwellyniuin.

Con una punta di malinconia il Duca nota che i fiori sono già in gran parte sfioriti. Quell'emozione, dapprima delicata e quasi piacevole si trasforma ben presto in una nostalgia bruciante, dolorosa, quale non avrebbe mai creduto di poter provare. I bastioni scuri della sua Marrak, aggrappati sul bordo di una profonda valle profumata d'erba sorgono davanti al suo sguardo tanto reali da dargli il desiderio di sfiorarli. Tra le vecchie pietre crescono decine di delicati fiori azzurri, muschi dalle mille sfumature di verde e marrone bruciato, ciuffi d'erba disordinata e caparbia, lunghi sottili steli del colore del miele. Le pietre illuminate dal sole mandano un delicato tepore che giunge fino a lui superando lo spessore del cuoio del guanto. Respirando affannosamente il Lupo-Drago cade in ginocchio, appoggiando le mani aperte sulla pietra del bastione, sentendola vibrare dolcemente, con lo stesso ritmo trasognato dei canti uditi oltre le porte del grande Salone della Luna, quando era solo un piccolo lupetto pestifero, amato dagli altri Marr solo quando finalmente dormiva.


Kwister di Lö vede i giorni correre veloci sulla pietra del bastione: sente il gelo afferrarlo, il vento attraversare le ossa come se lui stesso fosse divenuto un fantasma, il caldo delle ore più calde della breve estate appena temperato, la dolcezza estenuante della luce d'autunno ed i venti freddi che preannunciano il grande silenzio della neve. E la pietra scura della Marrak imbrunisce ancora sotto le sua mani, crepe dapprima leggere la attraversano, frammenti cadono facendosi polvere al contatto delle dita. La pietra ha cessato di respirare e quieta attende la propria fine. Il Lupo-Drago stringe i denti, afferra i frammenti di pietra e li ricaccia affannosamente nelle crepe, aprendone di più grandi, sempre più grandi, fino a vedere oltre gli orli spezzati il grigio polveroso delle residenze crollate, i tetti sventrati, le finestre vuote e silenziose. Ed ancora tempo passa, sempre più veloce davanti alle pupille dilatate del Duca: il giorno si confonde con la notte, il cielo brilla con la luce di un interminabile crepuscolo. Le montagne regrediscono velocemente a colline, insulse alture che proiettano ombre instabili e lunghissime. Solo il freddo non conosce tramonto, si fa più forte, arrogante: è l'unico tiranno dell'aria sottile rimasta a cingere quella terra piana e senza futuro. Kwister sente che il freddo ha ormai raggiunto anche il suo cuore, la mente. Quella terra del crepuscolo gli sembra tiepida, accogliente, pacifica. Gli occhi rimasti finora sbarrati si chiudono con un'ultimo spasmo ed il duca crolla sul pavimento della nave, rigido come un cadavere.

Usif-Lizhi si china su di lui, lo rigira. – Ha il viso freddo, quasi gelato. – Si volta verso la gwellyniuin. – Cosa gli è accaduto?

– La nave portava con sé il principio e il termine di ogni cosa. Un'onda che ha colto forse il solo duca.

Usif-Lizhi chiude i grandi occhi e scuote la testa. – Non solo lui, Mahaderill. Ho sentito un vuoto, un languore che come un incubo non voleva abbandonarmi. Cos'altro dovremo affrontare in questo viaggio?

– Non lo so, Uomo-di-luna. E forse è meglio così per noi tutti.



Uxsiel Fllynnen è un piccolo porto poco frequentato sul percorso del Drew, posto a poche miglia dalle grandi chiuse. L'unico particolare degno di nota del villaggio è la grande torre detta l'Ago di Evresse che sorge accanto al minuscolo palazzo del Guardiano delle Acque. Costruita probabilmente dai Gu'Hijirr bruni si racconta esistesse già ai tempi delle guerre tra i Notturni ed i Lupi-Drago delle pianure del Sud. Dalla sua cima, una piccola cupola di cristallo di un paio di metri di diametro, lo sguardo può correre dalle montagne dell'Orlo fino ai primi lembi del grande territorio di Re Artamiro seguendo il lento e maestoso corso del fiume. In condizioni di tempo buono e di vento leggero è visibile per buona parte del percorso fluviale ed i riflessi del sole sulla cupola si dice possano essere avvistati con un buon cannocchiale già dai Nove monti di Verdevima.

– È alta più di duecento braccia. – Spiega Kirzil Pennarossa a Share Harvaiun. – E le fondamenta scendono fin sotto il livello del Drew. Non esiste nessuna costruzione più alta in tutto il vasto orlo del mondo.

Il syerdwin la osserva con una punta di compiacenza. – Non nego che alta sia ben alta, ma il Faro della Misericordia su nelle Isole della Regina è certamente più alto.

Kirzil aggrotta le sopracciglia. – Mai sentito nominare. Ma in fondo la valentia dei Syerdwin come costruttori non è particolarmente famosa. 

 

– Dicono che questa torre sia stata costruita dai Gu'Hijirr bruni. Secondo il Duca Kwister questi non hanno molto a che vedere con i Gu'Hijirr attuali, più o meno come non si possono confondere le tartarughe con i Lontani Primi. – Continua parlando in tono mondano, quasi distratto il Syerdwin. – Presso la corte la gente di Farsoll è chiamata con il nomignolo di Maiali di Mare mentre molto timore e rispetto ho spesso sentito esprimere per i Gu'Hijirr Bruni.

– Questo è niente. – Ride Kirzil Pennarossa. – Alla corte di Niby Ornoll la gente della tua razza è definita "Pesce Secco". In quanto al nomignolo di gusto delicato scelto dal tuo re e dai suoi sodali ti consiglierei di citarlo solo a voce molto bassa. La gente di Oakin è particolarmente permalosa ed ha l'abitudine di gettare nel fiume una dozzina di volta chi l'offende. Allora cosa ne dici di questa meravigliosa torre costruita dai miei antenati a buon titolo?

Il Syerdwin inghiotte un paio di volte a vuoto, scruta le espressioni poco raccomandabili della ciurma della Goren ed annuisce. – Davvero meravigliosa, sì. Ricordati di venirmi a trovare nella mia città una volta o l'altra, Kirzil Pennarossa dei Mappin che saprò ben come renderti una simile ospitalità.

– Prima dobbiamo portare a compimento la nostra impresa, pesciolino mio. Ma la nave sta rallentando, non pare anche a te?

– Sì. E mi sembra stia anche accostando a destra.

– Approderemo ad Uxsiel comesichiama dunque? Ecco, mio signore, trascorreremo la sera in un'accogliente locanda di questa piccola città?

Usif-Lizhi si scuote come chi è risvegliato da un sonno non particolarmente felice e si stringe nelle spalle. – Credo che questa sia l'intenzione di Oakin e del Duca. Dall'alto dell'Ago di Evresse speriamo di vedere fino a che punto sia giunto il Cambiamento e se le chiuse siano ancora praticabili.

– In caso contrario, mio signore? – Chiede Harvaiun.

– In caso contrario dovremo proseguire a cavallo, guardandoci dalle scorrerie degli uomini di mezza-pianura, i Tedeki, e chiedendo ospitalità alle rocche dei Notturni sparse lungo la strada.

– Magnifica prospettiva mi pare. Ma forse è preferibile un pericolo reale ed afferrabile come quello dei mezzi uomini di pianura o una notte in una Rocca dei Notturni ad incontri come quelli avuti sul fiume.

Il Notturno sorride in modo appena avvertibile. – L'unico pericolo tra la mia gente è quello di morire di noia tra una raccolta di minerali ed una collezione di profumi ed essenze. I Tedeki sono un po' peggio, si dice, dal momento che hanno l'abitudine di nutrirsi degli occhi e della lingua delle loro vittime per acquisirne ricordi e capacità.

– E qual'è la sorte dei poveretti così ridotti? – Chiede Kirzil cercando di conservare la voce ben ferma.

– Lo ignoro. Ma quand'anche non infierissero oltre sulle loro vittime non credo che dalla cosa si potrebbe trarre gran consolazione.

– Indubbiamente, mio Signore, indubbiamente. – Ammette il Gu'Hijirr.

Nel frattempo la Goren ha terminato le manovre di attracco e nell'aria limpida della sera si ode il grido di Mastro Oakin che ordina di serrare i nodi d'ancoraggio.

7.5.19

Il Mare Obliquo 6

Fuggito Klog e senza notizie dai Syerdwin inviati nella foresta di Canddermyn, il Duca Kwister di Lö incontra il re, Artamiro, cercando di trovare una soluzione. Ma la corte del Re è esattamente come la ricorda: un immondo insieme di cortigiani, mestatori, adulatori, ipocriti e ruffiani.  
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– Ci sono notizie?
Harvaiun, il syerdwin, si inchina accompagnando il movimento con un ampio cerchio del braccio. – Nessuna, mio signore.
Kwister di Lö soppesa per un secondo il volume che sta leggendo, una raccolta di odi in lode e gloria di un antenato dell'attuale Re, Artamiro, e con un gesto di stizza lo scaglia contro il messaggero. Quest'ultimo si abbassa con prontezza per evitarlo e, ancora chino, corre a recuperarlo.
– Puoi anche tenertelo quel libro, serpe. Mi sai spiegare cosa stanno facendo i tuoi compari nella Selva di Canddermyn? Raccolgono mirtilli e fragoline?
– Non ci piace la frutta di bosco. – Puntualizza il Syerdwin.
– Attento, Harvaiun, alle mie spalle c'è un'intera biblioteca…
Il Syerdwin fa un rapido cenno di assenso e inghiotte a vuoto. – Credo che abbiano incontrato qualcuno… nella selva. In fondo anche Klog il Boldhovin non sembra sia mai arrivato all'accampamento di Re Barstodesh. La magia di Sealghan è molto potente e la selva è stregata, Signore. Essa era dominio del gran Mago Kerfilluan, al cui confronto anche Tiatikenn è solo un praticante.
– La tua gente non è paurosa, vero Harvaiun?
Il syerdwin ride, producendo un lamento singhiozzante che fa aggrottare la fronte al Lupo-Drago.
– Si ritiene comunemente che siamo noi una delle principali fonti di paura nel grande cerchio del mondo. Ma anche noi siamo fatti di carne e sangue, come tutti…
Kwister si appoggia col palmo della mano aperta sullo scranno e inclina la testa. – Ho i miei dubbi. In sostanza, secondo te, eventuali staffette di re Bartsodesh sarebbero fuggite a gambe levate alla vista dei tuoi… o meglio senza neppure averli veduti, visto che che camminano in compagnia dell'Invisibile. Non vi è nulla che ti suoni strano in tutto ciò?
Harvaiun sorride, un largo sorriso aperto sulla gola nera. – Questo è vero, mio signore… Un buon mago può averli visti, non c'è dubbio, ed aver loro tolto la protezione dell'Invisibile, un mago almeno altrettanto potente di Tiatikenn, tuttavia.
Kwister ed Harvaiun lasciano che i loro sguardi si incontrino ed il Lupo-drago scopre leggermente i canini con uno sbuffo, che il Syerdwin interpreta come un tacito giudizio verso l'Arcimago.
– Come sempre parlare con voialtri non serve ad altro che a riempirsi la mente ed il cuore di presagi, dubbi senza costrutto e malanimo. – Il Duca si alza in piedi di scatto in tutta la sua statura ursina e sbadiglia. – In quanto a Klog sarà da qualche parte del bosco a zufolare, in compagnia di Fate ed Erbani. Tutto ciò dimostra solo che i brillanti piani di Tiatikenn sortiscono solo confusione ed esitazioni colpevoli. Vattene, Harvaiun, vai a mangiare il tuo pesce crudo.
Il Syerdwin non si fa ripetere l'invito due volte ed infila l'uscita della tenda dopo un ultimo, profondissimo inchino, salutato da un lieve ringhio del Duca di Lö.
Egli esita ancora per qualche minuto, cinge la sua spada, afferra il suo elmo , appartenuto al grande Orrtha, il Reggitore di Therrelise, ed esce a sua volta, diretto alla grande tenda di Re Artamiro.




– Magnifico Duca di Lö, è un immenso piacere incontrarla!
Kwister abbassa lo sguardo per scorgere l'autore di quel saluto così cortigiano e riconosce, a più di un braccio dai suoi occhi la piccola figura di Ant'Kisiel, primo Consigliere e Gran Siniscalco di Re Artamiro.
– Buongiorno a voi, Siniscalco. – Il Duca, per nulla amante delle finezze da cortigiani e cresciuto nel rarefatto silenzio della corte di Ruthen e Lö, esita lo stretto necessario per il saluto ed entra risolutamente nella tenda, seguito da presso da Ant'Kisiel.
Re Artamiro sta dedicandosi ad uno dei suoi svaghi preferiti: il duello tra animali, in qusto caso due enormi mastini tenuti alla catena da due gu'hijirr semiparalizzati dalla paura. Il suo ingresso non è neppure notato dal Re, affascinato dalla vista del sangue che sgorga copioso dalle ferite dei due animali.
Kwister di Lö si ferma al limite del cerchio formato dai cortigiani che strepitano ed incitano a gran voce i due mastini. Uno dei due, dal pelo più chiaro, con il passare dei minuti sembra avere la peggio nello scontro e reagisce con sempre minor vigore agli attacchi dell'altro, un animale dal pelo scuro come la notte, esaltato dal rumore e dalle urla dei presenti.
Il Re è un uomo sulla quarantina, dalle labbra sottili, gli zigomi fortemente sporgenti, il viso attraversato da profonde rughe che regalano al suo viso una ventina d'anni in più e racchiudono occhi nerissimi e profondamente infossati., La bocca è piegata in una perenne smorfia, ricordo del tentativo di ucciderlo del traditore Jere Enwu, una ventina di anni prima.
Egli osserva con attenzione ipnotica l'animale più vecchio che si trascina ai piedi del Gu'hijirr, costretto anch'egli a rinculare per evitare gli assalti dell'altro animale. Re Artamiro trova particolarmente soddisfacenti i suoi duelli quando qualcuno dei suoi animali, ancora in preda al furore, attacca i suoi cortigiani o un membro della servitù. Kwister si guarda intorno e nota che non vi sono uomini d'armi presenti, pronti ad intervenire e ringhia piano. Il re definisce quegli episodi "scherzi" e riempie di denaro le sue vittime o, in qualche occasione, vedove ed orfani.
Un urlo emesso da uno dei due mastini interrompe i suoi pensieri: il Gu'hijirr ha dovuto colpire con la catena l'animale scuro che l'aveva morso e che ora, acquattato e pronto al balzo, sta per attaccarlo. Paralizzato, il servo lo guarda, arretrando lentamente e trascinando con sé il corpo dell'altro mastino, che lascia sulla stuoia stesa per terra un'ampia scia di sangue. Il re sorride leggermente e fa un gesto al secondo gu'hijirr che libera l'animale dalla sua catena. Il balenare rapido dell'acciaio interrompe il volo del mastino verso la sua prossima vittima, caduta in ginocchio, con le mani incrociate sul volto. Il corpo dell'animale, decapitato, cade ai piedi del Duca Lupo-Drago, mentre la testa rotola fino ai piedi del re che la guarda con disgusto.
– Povera bestia. – Mormora Kwister, pulendo la spada nell'orlo del mantello.
– Splendido, magnifico, Duca! Voi certo avete il talento dello spettacolo con il finale a sorpresa. – Artamiro lo applaude e fa un piccolo gesto del capo, ad esprimere ammirazione ed insieme sottile scherno, applauso al quale si uniscono subito i suoi cortigiani.
– Sono un Lupo, Re Artamiro, ed non amo il sangue sparso inutilmente. – Risponde il Duca di Lö con voce cupa.
– Siete antico, caro Duca. È antica la vostra gente e sono antichi i vostri costumi. È forse questo che vi rende così tetro, così poco amante della buona compagnia e del divertimento?
Kwister si china a raccogliere la testa del mastino che un cortigiano, con un calcio, ha allontanato dai piedi del re. – In altri tempi, tempi più antichi, anche gli uomini avrebbero trovato inutilmente crudele tutto questo. – Il Lupo-drago alza fino all'altezza dei suoi occhi il cranio del mastino, lasciando che il sangue dell'animale scorra sul metallo della sua armatura. I cortigiani guardano con raccapriccio la scena, allontanandosi da lui. Il duca ride: – Non ho appetito in questo momento, signori, non temete. Voglio solo dimostrarvi che io, come tutti quelli della mia razza, non temo il sangue come voi, uomini. Esso non ha per me l'oscuro e morboso senso che ha per voi, quello che vi spinge a spargerlo per sfidare l'Ultima Notte. Se questo è il vostro divertimento, tenete: giocate! – Con un movimento improvviso il Duca di Lö getta la testa del mastino in mezzo al gruppo di cortigiani che fuggono inorriditi.
Re Artamiro osserva la scena a braccia conserte, sorridendo. Poi fa un cenno ad Ant'Kisiel che fa uscire tutti dalla tenda.
– Penso che aveste altro da dirmi , Duca, oltre ad insegnarmi l'etica dei Lupi-drago.





 

– Sì, Re Artamiro. Voglio informarvi che le spie da noi inviate nell'accampamento di re Bartsodesh non sono giunte a destinazione. Qualcosa o qualcuno ha impedito loro di uscire dalla Selva di Canddermyn.
Il re si siede sul suo alto scranno accarezzandosi una tempia con un lento movimento circolare. – Avete qualche proposta da fare per raggiungere lo stesso risultato, Duca?
– I nostri ed i loro maghi si annullano a vicenda. Ritengo di lasciarli continuare a giocare tra loro e di inviare sul luogo alcuni che abbiano buona vista e buone orecchie. Dovranno fare il giro più largo, attraversando le paludi del Defin, ma potranno mischiarsi con coloro che portano cibi e bevande all'esercito di Re Bartsodesh, provenendo da Fulleren e da Kroto.
– Avete già le persone giuste?
Kwister esita per un istante. – Ho le persone giuste per almeno due missioni. Quali devo scegliere?
– Ma è ovvio, caro Duca di Lö. Sono preferibili coloro che sanno muovere meglio un pugnale nell'ombra e con parole di miele guadagnare la fiducia degli intimi del nostro nemico. Preferiamo coloro che temono la rudezza dello scontro aperto e, veri artisti, prediligono la sottile arte dell'agguato, del tranello e dell'insidia. Gli splendidi artigiani ed orafi della lusinga e della cortese piaggeria. Non è ovvio?
Kwister inclina la testa da un lato per guardare con maggior attenzione l'autore di quella frase. – In questo caso, Siniscalco, io credo che voi dovreste essere messo a capo di tale meritevole centuria, se non altro per i meriti acquisiti presso questa corte.
Ant'Kisìel non cessa di sorridere cortesemente ma il suo sguardo si congela all'improvviso, come colpito da un incantesimo di Lungo Inverno.
Re Artamiro ride. – Servito, Ant'Kisìel. Ormai dovresti sapere che è meglio non "recare torce all'incendiario", come dice un vecchio detto di Runnegar. – Poi rivolto al Duca: – Provvedete nei modi indicati dal mio siniscalco. In fondo se Re Bartsodesh ed i suoi migliori comandanti fanno una triste fine avremo evitato una strage ed i soldati, nostri e loro, avranno motivo di rallegrarsi. Non è vero?
– Non c'è allegria senza onore. – Dice a mezza voce il Duca, dando l'impressione di parlare con se stesso e con uno scatto secco del capo si accomiata dal re.



– Ubbidirà? – Chiede con un sussurro il siniscalco di Re Artamiro, non appena sono trascorsi alcuni momenti.
– Rassicurati, Ant'Kisìel. Il duca di Lö sarebbe felice di vedere il colore delle nostre budella anche subito, ma il patto stretto dalla sua Marrak lo vincola a servirci. Non è divertente? Il senso dell'onore che lo porta ad odiarci è anche la catena che lo lega ai nostri destini.
– Orsi e lupi finiscono sempre per ribellarsi alla catena e anche quando sembrano vinti è solo per preparare le loro energie all'assalto finale. – Sentenzia il siniscalco.
Il re annuisce. – Non sono così pazzo di fidarmi solo dell'onore di Kwister, anche se questo è una garanzia quasi assoluta. Un incantesimo contenuto nel medaglione che porta al collo, il Collare di Therrelise, permette a Siah Teh, il negromante Syerdwin, di vedere ciò che vedono gli occhi del duca ed udire le parole che egli dice ed ascolta. Siah Teh ha l'ordine di guardare e riferire solo a me, nel caso vedesse o udisse qualcosa di strano. Questa doppia sicurezza mi rasserena, caro Ant'Kisìel e mi permette di prevedere il momento nel quale potrò privarmi anche dei servigi del nostro buon Duca.
Il re ride, ed alla sua risata si unisce il suo siniscalco. Chi passa in quel momento accanto alla sua tenda rabbrividisce, guarda il cielo basso ed ingombro di nubi del colore del ferro non battuto e tira dritto allungando il passo.