Più ancora dell’Uomo Ragno Iron Man ha avuto delle origini violente. Un inventore di armi (e già qui) che viene rapito in guerra, vede morire il suo compagno di prigionia e finisce con una ferita invalidante non poteva essere trasposto nel mondo Disney in maniera troppo fedele. Ben venga: così Steve Behling si è inventato delle situazioni originali e inedite. Anche se il fumetto presenta sequenze quasi drammatiche, per quanto possano esserlo in un prodotto destinato anche all’infanzia e non solo agi appassionati.
In procinto di andare a un appuntamento con Paperina, Paperino deve però prima ritirare da Archimede il progetto commissionatogli da Paperone di una escavatrice per recuperare oro sotto la crosta terrestre. I Bassotti spiano la conversazione e rapiscono Paperino, il quale però è riuscito a ottenere dall’inventore casinista solo una chiavetta usb in cui dovrebbe esserci anche il progetto che vuole Paperone. Una volta avuta la chiavetta perché i Bassotti non costruiscono direttamente loro il macchinario (con cui ambiscono di penetrare nel deposito) invece che costringere Paperino a farlo con i rottami che hanno raccattato? La divertente risposta la danno direttamente loro a Paperino.
Il resto è intuibile: Paperino rinviene anche i progetti per un’armatura hi-tech e la costruisce per cavarsi dai guai. E anche qui il soggettista o lo sceneggiatore se ne esce con un’ottima giustificazione per il fatto che il papero teoricamente monitorato dai Bassotti abbia potuto farlo senza attirarne l’attenzione.
La violenza è ovviamente molto ridimensionata e Behling (o Barbieri?) ha trovato un ottimo escamotage per aver ragione dei Bassotti senza ferirli: l’armatura che si costruisce Paperino era un progetto di Archimede per estirpare le erbacce del giardino e tutti i suoi gadget sono a tema. Erbacce con cui peraltro era iniziata la storia: tout se tient, con eleganza.
E alla fine c’è ancora tempo per l’appuntamento con Paperina e una simpatica gag finale. Insomma, un episodio molto divertente.
Buoni i disegni espressivi e dinamici di Donald Soffritti ben colorati dal solito Lucio Ruvidotti, mai così livido in alcune sequenze (ma è la storia che lo richiede).