La cornice, quindi: una megera, che poi scopriremo essere una «strega Vistana» (ma i Vistani erano zingari, non una mostruosità come quella che ci viene mostrata!), raccoglie nel suo vardo (non che sia mai chiamato così…) le storie dei dannati che le si presentano, e offre loro una soluzione che spesso è peggio della maledizione che li affligge.
Si comincia con la fuggitiva Yvelda scappata dalla sua magione nel Dementlieu (già: per Amy Chase e Casey Gilly i confini dei Domini di Ravenloft si possono varcare senza problemi). Di umili origini, è riuscita a farsi impalmare dal nobile Laurent Aleund e quindi la sua situazione economica e sociale sembrerebbe migliorare di netto. Sembrerebbe. In realtà la suocera le regala un servizio da tè che butta sangue con cui farla sfigurare in occasione della prossima conventicola sociale cui parteciperà anche la Duchessa D’Honaire (Duchessa D’Honaire?! E Dominique D’Honaire che fine ha fatto?!). La megera risolve la situazione e qualcosa che non vediamo fa arrabbiare la Duchessa che polverizza la madre di Laurent invece che lei. Sì, come no… perché Dominic D’Honaire polverizzava la gente invece che ipnotizzarla… Sinceramente ho trovato questa storia poco comprensibile, e se c’è un significato recondito sotto la trama banalotta che si coglie al primo livello io non l’ho trovato. Come non mi è chiaro a che razza appartengano i protagonisti. Yvelda sembra un mongrelman o un bariaur a due zampe mentre Laurent potrebbe essere un elfo pallido (razza che mi sono inventato adesso) o un tiefling. I disegni delle parti “ricordate” non sono malaccio, però.
La seconda storia è più che altro un fitto scambio di battute, e d’altra parte i protagonisti sono attori. Uno di loro viene maledetto (forse dal tatuaggio del suo amante?) e invecchia prematuramente deperendo a vista d’occhio. Si rivolge alla megera del caravan che a quanto pare ci mette una pezza. Ma la storia finisce senza finire. Boh. Essendo ambientata a Kartakass (dove però ai miei tempi il ruolo di rilievo ce l’avevano i bardi e non gli attori…) non ci viene risparmiata la visione, per quanto di sfuggita, del ridicolo Harkon Lukas afro-tirolese introdotto nella nuova edizione. A mio gusto i disegni di questa parte sono i migliori del volume.
La terza storia prende le mosse a Tepest, ma forse il titolo Il Giardino di Maeve è un omaggio allo Shadow Rift. Una donna incinta, apparentemente umana per una volta, giunge dalla megera pensando che la sua gravidanza ottenuta tramite le fate, invise alla Signora di Tepest Lorinda (sì, ai bei tempi erano tre le “hags”…), possa degenerare oltre a quello che già le è successo. Questa storia è piuttosto suggestiva e se fosse stata disegnata decentemente avrebbe potuto essere anche abbastanza spaventosa, ma serve solo da introduzione per l’ultimo “caso”.
Ed eccoci qua: a leggere «Caravan» nel titolo a me era venuto in mente automaticamente il Carnival, uno degli ultimi (e più discutibili) supplementi del vecchio Ravenloft della TSR. Evidentemente gli autori hanno fatto lo stesso collegamento ed eccoci quindi nel “Dominio” di Isolde, che essendo tratto dal romanzo omonimo è un florilegio di paradossi e forzature non solo a livello di regole ma anche di coerenza interna al mondo di campagna. Guarda caso, è il “Dominio” che viene rispettato di più. Un’ultima storia dai disegni pietosi, uno sguardo ai bizzarri animatori del Carnival (sguardo filologicamente corretto, mi pare), la risoluzione della maledizione che imbrigliava la megera stessa e la tortura di leggere questo fumetto giunge alla fine.
I conoscitori del vecchio Ravenloft siano avvertiti: la lettura di questo volume, ma già sfogliare le prime pagine, potrebbe essere cagione di un Horror Check. Forse anche di un Madness Check.